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martedì, aprile 14, 2020

Razzismo in Cina! Scene odiose

Secondo un servizio della CNN riportato dal quotidiano tedesco TAZ (ma sono diverse le emittenti anche africane che hanno trasmesso una documentazione a proposito), nella città di Canton la popolazione di pelle nera viene sistematicamente perseguitata e picchiata. È xenofobia sotto il cielo aperto in quella che viene altrmenti chiamata Guangzhou, capoluogo della popolosa provincia di Guangdong, nel Sud-Est cinese.








Nei McDonald's di Canton l'ingresso è "Vietato ai Neri". Gli africani vengono addirittura gettati fuori dalle loro abitazioni come fossero degli appestati. Le segnalazioni di insofferenza, ostilità e persino violenze (non più solo a Canton, purtroppo) si sono ripetute negli ultimi giorni: persone di chiara ascendenza africana sono state espulse dall'albergo in cui risiedevano, persino nottetempo, i loro passaporti sono stati ritirati e i malcapitati mandati a quarantena coatta. 




Il governo cinese ha totalmente respinto le accuse, come d'altronde fa in ogni controversia. "Noi non discriminiamo mai i nostri fratelli africani" ha affermato un portavoce del Ministero degli Esteri di Pechino. "Tutti gli stranieri che si trovano da noi vengono trattati allo stesso modo. L'allarme di razzismo proviene dall'ambasciata statunitense e serve solo a piantare un cuneo tra la Cina e l'Africa." 

Ma, nel frattempo, nei Paesi africani - sia nei media ufficiali, sia sul social network - si è sollevata un'ondata di indignazione.




Il giornalista e commentatore ugandese John Njoroge chiede su Facebook: "Noi africani dovremmo comportaci allo stesso modo di loro?" Lui stesso si risponde: "No, affatto. Ma i nostri governi e le alte sfere della politica dovrebbero urgentemente rivedere i loro rapporti con i governanti cinesi... e mandare aerei per riportare a casa i nostri fratelli!"

In Cina soggiornano molti studenti africani e, già all'inizio della pandemia - da gennaio in poi -,  non pochi politici del Continente Nero dibatterono se fosse il caso o meno di organizzare speciali voli per riprenderli. Sudafrica ed Etiopia decisero affermativamente, l'Uganda si dichiarò contraria. Il presidente ugandese Yoweri Museveni temeva che qualche connazionale infetto avesse potuto portare il virus in patria. Ma adesso è più che palese che gli africani non possono restare in seno al colosso asiatico. Per la prima volta, anche alti politici africani reagiscono con parole dure contro "la stigmatizzazione e la discriminazione" in corso in Cina. È evidente - dicono - che si vuol dare l'impressione che il contagio sia partito dagli africani. Ambasciatori cinesi in servizio in vari Paesi africani (Uganda, Kenya, Nigeria, Ghana, Sudafrica) sono stati convocati per un'interpellanza... o per subire direttamente una lavata di capo.





È caccia al capro espiatorio

La Cina ha da poco riaperto il focolaio di coronavirus del Paese, Wuhan, e sta allentando le misure restrittive un po' ovunque. L'elemento scatenante di tanta rabbia razzista è quanto successo a Guangzhou, dove un nigeriano risultato positivo ha violato la quarantena andando in un ristorante e infettando - a quanto pare - il proprietario e la figlia di 8 anni. 

Si stima siano tra 30.000 e 300.000 gli africani che vivono a Canton. I quartieri dove risiedono sono noti come “Little Africa”. Secondo Asia Times, le autorità locali hanno cercato di rintracciare e isolare quanti erano entrati in contatto con alcuni africani arrivati in città e risultati positivi al Covid-19, per scongiurare una nuova impennata di contagi dopo la riduzione registrata a marzo. Ad oggi la città ha avuto complessivamente 365 contagi. Il vicesindaco di Canton ha riferito di 111 africani risultati positivi alla data di ieri, tra cui si contano 19 casi importati, a fronte delle 4.533 persone sottoposte a test dal 4 aprile scorso. Tutti loro, ha aggiunto, anche gli asintomatici, vengono curati. Gli africani sarebbero stati messi in quarantena "senza alcuna discriminazione razziale o nazionale".




Da settimane ormai il governo di Pechino esalta la presunta vittoria contro il virus e sottolinea che l'epidemia è provenuta da "casi importati", che i responsabili sarebbero individui "arrivati dall'estero". Al medesimo motivo il governo imputa l'attuale parziale rinfocolarsi della crisi. Nei media statali viene taciuto che, in realtà, i contagiati d'importazione sono, per il 90%, cittadini cinesi. 


sabato, dicembre 06, 2008

Crisi in Zimbabwe: imperversa il colera

Nello Zimbabwe la situazione peggiora, eppure prosegue l'indifferenza del Primo Mondo verso ciò che succede in questa parte dell'Africa (vedi articolo "Cholera crisis in Zimbabwe") così come verso tutte le devastazioni che affliggono il Nord Kivu (Rep. Dem. del Congo), Eritrea, Somalia, ecc.


Nove mesi sono trascorsi dalle ultime elezioni nazionali, e nello Zimbabwe si è assistito a un impoverimento impressionante della popolazione (l'inflazione è da record mondiale: il governo sta per introdurre banconote da 200 milioni di dollari, dal valore di appena 20 US-dollari), a soprusi dell'esercito (cittadini picchiati a morte per strada) e ora anche all'epidemia di colera che, come tutte le epidemie, non conosce confini e ha finito per colpire le zone limitrofe di Botswana e Sud Africa.


Le Nazioni Unite hanno convocato una riunione straordinaria del loro Consiglio di Sicurezza per decidere sul da farsi. Ma, come al solito, per molti innocenti la decisione arriva troppo tardi.


Dopo il Segretario di Stato americano Condoleeza Rice, ha alzato la voce anche il Primo Ministro britannico Gordon Brown: "Enough is enough. Mugabe deve andarsene".


Peccato che le belle parole da sole non bastino. Occorre inviare aiuti - urgentemente! - e aumentare la pressione sul dittatore perché, per davvero, sgombri il campo... prima che succeda di peggio.


Donne e bambini attingono acqua da una fonte contaminata


La situazione nello Zimbabwe è sintomatica della crudeltà del cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale. Il "ricco" Occidente voleva la globalizzazione e, ora che la Terra è globalizzata (vale a dire: colonizzata dalle multinazionali), occorre che si prenda le sue responsabilità. Le nazioni che governano le sorti del mondo non possono continuare a rimanere impassibili di fronte a quest'altro dramma di immani dimensioni. Deve finire lo sciacallaggio sul Continente Nero, e non basta certo una vigilanza alla buona delle vicende interne di quei Paesi per calmare il proprio senso di moralità. A criminali come Robert Mugabe dovrebbe essere impedito già in partenza l'accesso ai canali del potere.


Secondo l'Ufficio per la Coordinazione degli Affari Umanitari delle Nazioni Unite, 600 sono le vittime del colera (la cifra è di questa mattina) e il distretto più colpito è quello di Harare, capitale dello Zimbabwe.


Fa rabbia tra l'altro il "cauto" immobilismo degli Stati confinanti. Soltanto lunedì il Sud Africa invierà una sua delegazione per "vedere come poter aiutare con cibo e assistenza medica". Perché lunedì? Perché non subito?


Purtroppo, l'unica organizzazione che agisce in maniera effettiva resta Medici Senza Frontiere, che ovviamente fa solo quel che può e dove può (ricordiamo che i suoi volontari hanno dovuto lasciare Lampedusa, dove prestavano aiuto ai fuggitivi, perché il governo italiano non ha prolungato loro il permesso per continuare ad operare sul piccolo avamposto del "dorato" Settentrione). Ma l'Africa, questo di per sé stupendo "pianeta nel pianeta", in parte ancora da scoprire, avrebbe bisogno di misure profilattiche e non di cure a posteriori.


Potenti della Terra, dov'è la vostra coscienza, se ancora sapete cosa sia?