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domenica, agosto 16, 2020

Corona program




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mercoledì, maggio 20, 2020

Pipistrelli a Berlino (il Coronavirus in Germania, pt. 2)


Pipistrelli a Berlino


(Coronavirus in Germania, 2. parte)




La signora Müllerau nota dalla sua finestra un brulicare nerastro, uno sbattere di curve draculiane, con qualche faccia sorcina qua e là, e chiama i pompieri. "Del resto" si dice, "i pompieri spesso accorrono per salvare un gatto che non riesce a scendere dall'albero..." E poi si rammenta, in un flash che le aumenta l'angoscia causatele dalla visione di quelle creature sull'altro lato dello spiazzale: eh sì, però in ogni caso il conto per aver chiamato i vigili del fuoco risultano orrendi per l'autore della telefonata, e si tratti pure di incendio o di gatto da salv...
 - 112. Pronto?
La voce della donna della centralina (il 112 è il numero a cui fanno capo, oltre ai pompieri, anche il medico di emergenza e l'ambulanza) è abbastanza vivace. Si pensa subito a una persona sveglia, attenta. Ma, già dopo le prime battute della solerte Müllerau, la stessa voce si fa cupa. Annoiata in qualche modo, o comunque delusa. 
- Beh no, signora. Questo è un caso per la Protezione Animali!
C'è un po' di confusione sulla linea, qualche incomprensione e comunque, dopo un'ora circa, arriva a bussare, a casa Müllerau, una coppia di persone che, di prim'acchito, potrebbero dirsi fratello e sorella. Entrambi hanno occhiali di corno, lei è di cinque anni o giù di lì più vecchia di lui. Si fanno indicare la finestra fatale, dove si precipitano e... gioiscono. 
- Benissimo! - esclama la giovane donna. - Adesso Andreas - (Andreas ha, come armamentario, una macchina fotografica e un bloc notes) - andrà a fotografarli e a contarli. Quella è una vecchia fabbrica abbandonata, dice? Vi si è formata una bella colonia!
- Ma... non spargono... non diffondono il Coronavirus?
La zoologa - o veterinario che sia - scuote il capo energicamente. - Stiamo parlando di pipistrelli tedeschi, Frau Müllerau!
Lei e il suo assistente spariscono in un baleno. Per rispuntare ai piedi della costruzione il cui sottotetto è invaso dai mammiferi chirotteri. A vetri ben chiusi, Frau Müllerau continua a spiare l'attività eccitata di ali membranose, lo sciamare senza sosta dei laidi roditori volanti, qualcuno dei quali già pende capovolto dalle grosse travi... secondo tradizione pipistrellina.
Dopo circa un'ora,  Andreas e la donna torneranno e le diranno: - Grazie di nuovo per averci chiamati. Ci ha reso un grande servigio! È una bella comunità di pipistrelli, 92 esemplari... Vero, Andreas?
- Li ho contati tre volte. 92 - conferma il giovane. 
- Ma stanno costruendo i nidi e si spera che ben presto supereranno le 120 unità. Proprio qui, non lontano da Berlin Hauptbahnhof!
- Allora non debbo spaventarmi...
- Ma no!
- Beh, se sono pipistrelli tedeschi... - ragiona la signora Müllerau. - Sono innocui, nevvero?
- Certo! Anche se lei li prendesse a morsi - (e qui la povera Frau spalanca gli occhi) - o, che so io, volesse farsi una zuppa di pipistrelli...
- Una zup...?
- ... non le accadrebbe nulla. Da quell'insediamento lì non possono arrivare infezioni. Anzi! I pipistrelli sono ottimi per l'insalata, lo sa? Il loro guano è un efficace fertilizzante.




Spostiamoci un po' più in là. Altri appartamenti, a migliaia, a milioni. La Germania contra oltre 80 milioni di abitanti e molti di questi vivono in nuclei familiari. C'è il problema delle scuole, chiuse per via dell'emergenza Corona.
I genitori sono impazienti: la quarantena o meglio ancora il lockdown li ha stremati: vogliono che le scuole riaprano subito!
Ma gli insegnanti (categoria dallo stipendio sicuro...) spingono a maggiore precauzione. "Il governo sta andando troppo veloce" dichiara il loro Verband, la loro associazione. "Avremo di nuovo fin da subito classi sovraffollate e abbiamo visto che cos'è successo in Francia, dove oltre 70 istituti scolastici sono stati re-blindati per casi di infezione da Covid-19! Dobbiamo andarci con i piedi di piombo..."
I tedeschi però, i tedeschi con figli almeno, sono esasperati. "E noi come andiamo in ditta?" 
La seccatura, il grattacapo, ha - ovvio! - radici più lunghe di quanto non si voglia ammettere. La verità è che i "cari pargoli" si sono rivelati, in questi giorni, dei satanassi, delle nullità irrequiete, dei veri e propri saltamartini. Nonostante che in Germania nessuno abbia mai vietato a giovani e vecchi di uscire a sgambettare per le vie o nella natura aperta, anche senza mascherina, e fare sport, e ad ogni modo correre e sfogarsi, i bimbi e i ragazzetti entro le quattro pareti di casa propria fanno il diavolo a quattro. A madri e padri tocca constatare che i piccoli si annoiano, che non sono quei geni che i genitori speravano fossero: leggono poco, preferiscono semmai surfare nel web, e guardano film violenti oppure videogiocano per tutto il tempo... "E poi" insistono gli adulti, quando intervistati, "noi dobbiamo pur tornare al lavoro!" (E il vocabolo "lavoro", "Arbeit", suona, nelle loro bocche scocciate, quasi come "schiavitù".) "Non possiamo lasciarli soli in casa..."
Già. Perché altrimenti distruggerebbero l'intero mobiliario, forse farebbero saltare in aria il vicinato e ammazzerebbero se stessi e qualche innocente.
"Eh no. Impossibile. Soprattutto i più giovani. E poi quelli che vanno all'asilo, i piccini..."
È stata emessa, a questo proposito, una curiosa ordinanza: nei Kindergärten, nelle "Kita" (abbreviazione di Kindertagesstätte, una sorta di parcheggio per bambini aperto tutto il giorno), occorre insegnare ai fanciulli, ai pischelletti, a mantenere tra di loro almeno un metro di distanza. Anche quando giocano!
C'è tanta perplessità circa questo punto, giusto perché i bambini più piccoli tendono a socializzare toccandosi, sono inclini a mordersi e a graffiarsi, a salirsi addosso, a bagnare di bava i vestiti e la faccia degli amichetti e dei nemichetti...

Eh già. La crisi da Corona è una sfida per la salute mentale. Molte famiglie si scoprono incapaci di organizzare le proprie giornate, a strutturare - e dare un senso a - la quotidianità del gruppo, della tribù: a tratteggiare un qualsivoglia piano di emergenza. "E poi papà si lamenta contro il mondo intero e bestemmia stando tutto il tempo sul divano a bere birra..." Ne soffre la psiche di chiunque. 



Ma la psiche era toccata, picchiata, percossa già fin da prima. Probabilmente. Ciò è esatto in gran parte dei casi, in ogni modo. Molti portavano l'Aluhut ben prima dell'avvento del Coronavirus...

Un cappello di alluminio o Aluhut (gli inglesi lo chiamano "cappello di stagnola") è un copricapo fatto da uno o più strati di fogli di alluminio o materiale consimile. Apparve per la prima volta in un romanzo del 1927 di Julian Huxley, The Tissue-Culture King. Vi si narra la vicenda di un uomo che scopre che può bloccare le onde telepatiche governative e dunque evitare di farsi leggere i pensieri indossando appunto una sorta di "schermo" di metallo leggero. 
Oggi, metaforicamente, con "portatore di cappello di stagnola" (Aluhut; tin foil hat) viene indicato un sostenitore delle teorie della cospirazione e, più ordinariamente, "una persona tendenzialmente paranoica".

L'Aluhut, il cappello di alluminio - o di stagnola -, è stato assunto dunque a simbolo dei cospirazionisti. 
Una delle tante teorie dei complotti è questa (presa paro paro da un commento in calce a un video su Youtube):

Voi dite di iniziare a sospettare che USA e Cina sono dietro al virus... USA e Cina insieme... Ma no! Il virus è... made by sionisti, USA e Israele! Mentre invece la Cina, l'Iran e l'Europa sono stati prescelti come bersagli. Stiamo assistendo al primo test di arma biologica a livello planetario, cari ragazzi e ragazze. È comprovato che il Coronavirus NON proviene da Madre Natura. Ma quale animale! Ma quale zuppa di pipistrelli! (Was für Fledermaussuppe...????) Voi credete ancora a Babbo Natale? (Ihr glaubt auch bestimmt an den Weihnachtsmann.)

Curioso notare che i teorici cospirazionisti sono tantissimi anche in Germania. Gli italiani non hanno affatto - dunque - il record di folli paranoici. E i toni sono duri da ambedue le parti: dalla parte dei vegani / no-vax / antimerkel / anti-NWO e dalla parte di chi si dice razionale e avverso a ogni tipo di fake new e usa racchiudere tutti i cospirazionisti sotto il simbolo di... (dobbiamo ripeterlo perché è davvero comico) un cappello di carta stagnola, un Aluhut.

 Il Dott. Christian Drosten


Le voci discordanti - e dissenzienti, per certi versi - sono anche all'interno dei media tradizionali. In TV si fronteggiano da mesi tre virologi, ognuno con idee, teorie e strategie diverse. E a vincere è Christian Drosten, che, a parte tutto, con il suo gruppo di ricerca ha sviluppato il primo  test diagnostico del virus - il primo in assoluto nel mondo. Drosten si è pronunciato tra l'altro a favore di un controllo più accurato delle notizie che provengono da Internet (è, insomma, per la censura), nel tentativo di bloccare "le informazioni false".  Questa è una di quelle cose che non va giù ai complottisti, il cui regno è "l'altra parte", ovvero la Rete. Ove spadroneggiano anche perché lì sono numerosi. Analfabeti nella maggior parte, ma alcuni sono persino laureati. Complottisti, sostenitori di una congiura a livello mondiale... al seguito di agitatori di masse che li spingono a scendere in strada e a protestare contro "il controllo dello Stato e la perdita dei diritti fondamentali di noi cittadini". Eccoli lì in effetti in una piazza di Berlino, Monaco, Amburgo, accalcati, senza mascherine, e spalleggiati (se non sostenuti a forza) da elementi e da gruppi neonazisti (Pegida, AfD e consorti).
Tutto ciò sarebbe da catalogare sotto "normale amministrazione" e "eventi che si potevano prevedere", se non fosse che persino i complottisti, qua e là, un po' di ragione ce l'hanno anche loro (come la signora Müllerau con la sua paura dei pipistrelli e come i genitori "in carriera" che sono stufi di dover condividere uno spazio ristretto con i loro spermii).



Certo una cosa è dare la colpa della rovina del mondo ai Bill Gates, ai Soros, ai Rothschild, ai Rockefeller... un'altra è picchiare selvaggiamente per strada, senza pietà, giornalisti e troupes televisive. L'Heute Show, programma di satira politica della ZDF (secondo programma nazionale), ha visto alcuni dei suoi collaboratori finire in ospedale. Avevano trasmesso troppe barzellette sull'estrema destra, evidentemente; e su chi porta l'Aluhut.
Questo movimento di protesta contro le restrizioni (coatte!) per il Coronavirus ha un nome: si chiama Widerstand 2020 (Resistenza 2020). Un bell'ammasso vario. Vi troviamo chi si rifiuta di mangiare carne e di farsi vaccinare e chi non crede al riscaldamento globale (odiano tutti "la Greta"! Greta Thunberg cioè), e inoltre vedono in "Bill Gage" (che sarebbe Bill Gates) il nemico numero uno e "persuasore occulto-ma-non-tanto" della Merkel e degli altri governanti mondiali (con l'esclusione di Trump e Putin ovviamente, che vengono da costoro considerati il non plus ultra della saggezza e dell'equità al potere).
Eh già. Così come Conte in Italia, anche Merkel in Germania "riceve una telefonata ogni mattina da Gage/Gates, che le ordina quanti germi deve mettere nell'acqua che beviamo, quali strutture chiudere e quali aprire, il numero di morti da Coronavirus da comunicare tramite i TG..."
Ma perché Gates, o chi per lui, dovrebbe avere interesse a uccidere la gente, se è proprio grazie alla gente, alla massa, che guadagna o dovrebbe guadagnare miliardi? (Prima con Windows, adesso con i vaccini... presumibilmente.)
Risposta: "Ti dico solo questo: QAnon". 
Uhm. QAnon significa in pratica pedofilia, satanismo et affini.
In Germania non ci sono stati i morti di Bergamo o di New York (anche se da un paio di focolai in Nordrhein-Westphalen e nell'Oberbayern provengono tuttora cifre terrificanti), né i tedeschi hanno conosciuto le ristrettezze imposte dallo Stato come quelle riscontratesi in Italia. Nondimeno, Widerstand 2020 cresce, e da movimento va diventando, passo dopo passo, un vero partito...

Alla radio intanto (e siamo già a maggio) danno una notizia rassicurante: "Sembra essere terminata l'ondata di Hamsterkäufe" - ovvero acquisti di grandi quantità di beni di uso quotidiano, in particolare prodotti alimentari, al fine di creare una fornitura che permetta di essere indipendenti da eventuali carenze o aumenti dei prezzi. 
E i prodotti dei quali i tedeschi hanno fatto incetta sono stati: pasta (in primis quella scontata, non quella di ottima qualità), passata di pomodori (idem) e carta igienica. Nei primi giorni dell'annuncio del lockdown, in molti negozi e grandi magazzini, di carta igienica non se ne trovava più.





Gli aiuti dello Stato tedesco, per chi deve stare a casa perché la sua ditta ha chiuso o per chi ha un'azienda piccola o media, ci sono stati. E sono arrivati abbastanza in fretta. (Ciò rende ancora più strano, quindi, il fatto che anche in questo Paese ci sia chi va a manifestare affermando che "il virus è un'invenzione... è poco più di un'influenza..." e che "insieme ai vaccini di Gage ci vogliono iniettare il microchip per poterci meglio controllare..." Molti tedeschi dovrebbero, di contro, ringraziare la pandemia e baciare i piedi alla Merkel e allo Stato, tanto democratico quanto munifico, della Bundesrepublik...) Senonché, sono ben più consistenti, e per certi versi inspiegabili, gli aiuti concessi all'industria automobilistica - già nota per la sua natura altamente parassitaria e per la sua carica ricattatoria nei confronti dello Stato - e alle compagnie aeree. 


"... e poi con la scusa del virus mettono tutte quelle antenne 5G, e fanno entrare più negri, che ci succhiano il sangue: questi Asylanten le tasse non le hanno mai pagate..."

Solita musica ovunque, insomma.


"In Francia sono andati a ruba vino rosso e preservativi. E da noi? Carta igienica e pasta. Paese che vai..."


A febbraio prese d'assalto le farmacie. Le mascherine sono andate a ruba. Anche se proteggono da fumo e da polvere grossa, ma mai dai virus.

Scene assurde nei Warenhäuser: un cartello avvisa che "ogni cliente può comprare solo una confezione di carta igienica". Un cliente elegante, addirittura con cappello (e non col cappello di carta stagnola!), ha due pacchi con sé e chiede alla cassiera se non può prenderli ambedue. "Del resto sono due marche diverse, e uno è il tipo a due strati, l'altro a tre strati..." 
"Carta igienica è carta igienica. Solo un pacco!" è stata la giusta reazione dell'incorruttibile cassiera.




"Questa non è Angela Merkel. È una sua sosia." "Staneremo i poteri oscuri dello show business e della politica, grazie anche a Trump. Smantelleremo il Deep State..." "Weinstein e Rockefeller, Bill Gage e gli altri: bevono o si lasciano iniettare il sangue dei bambini e così ringiovaniscono!" 
E: "Il 5G è fatto apposta per arrostire i nostri neuroni..."


Aluhut!




martedì, maggio 19, 2020

"G'è sbazio abbasdanza!" (il Coronavirus in Germania)

"G'è sbazio abbasdanza!" 
           racconto


Si accalcano davanti all'orologio per timbrare, li sento dire: "G'è sbazio abbasdanza!", ridono, si guardano intorno come aquile, si scambiano pacche, prendono in giro chi mantiene le distanze e ancor più chi porta una mascherina... Gli stranieri sono i peggiori, ma nel frattempo in tutta la nazione si svolgono manifestazioni "di protesta contro lo Stato che ci toglie i diritti" e dove - tedeschi perlopiù, ma ovviamente non cittadini perbene... - si ammassano nella piazze, senza protezione, e non raramente sotto gagliardetti di estrema destra. Secondo l'ultimo sondaggio, l'AfD ('Alternative für Deutschland', formazione che conta tra le proprie fila molti neonazisti) ha superato l'SPD ed è, dietro ai cristiano-democratici, il secondo partito più forte in Germania.



Io comunque lavoro massimamente con stranieri; e sì, sì, con qualche irresponsabile tedesco. La mia idea di "strategia antipandemica" era che bisognava chiudere per due mesi, generalmente e totalmente: di sicuro così avremmo sconfitto il Covid-19. Credevo che il governo facesse proprio questo. Ma è successo l'imprevisto: si sono mossi piano e scoordinati, hanno lasciato tante strutture e tanti posti aperti, con il risultato che la ditta mia, insieme a una dozzina di altre qui nella zona, ha continuato a lavorare (i capi e i politici locali si saranno detti: "Tanto, i dipendenti sono stranieri: non sarebbe una perdita grave"). E così mi ritrovo a portare una mascherina (ne devo cambiare tre-quattro nel corso di un unico turno lavorativo, il tutto a mie spese) mentre mi muovo in mezzo a queste macchiette, a questi semianalfabeti che chiamare "colleghi" sarebbe un eufemismo. Dico loro: "Mantenete le distanze!" ma mi ridono in faccia, o latrano qualcosa rabbiosamente, annaffiandomi di saliva. "Non avete sentito il telegiornale?" chiedo, conciliante. "Hanno detto che è importante rispettare le regole, soprattutto in questa fase..."
Sbatto contro un muro di incomprensione. I telegiornali li seguono, certo, ma quelli dei rispettivi Paesi e nelle rispettive lingue. Giacché sono turchi, albanesi, bulgari, polacchi, kazachi. C'è anche qualche italiano, ma lui è ugualmente ignorante - se non di più.
Loro ignoranti... e io l'asino più asino della Terra. Eh già, asino: poiché, giovane idealista, mi ero innamorato della società multiculturale, multietnica, subito dopo la mia venuta qui... tranne abbastanza presto scoprire che, più sprofondi nei livelli di erudizione, più vai in basso nei gironi danteschi, e più ti sembra di stare svolgendo all'incontrario il film dell'antropogenesi. E ti ritrovi in mezzo a una massa di australopitechi e di rappresentanti della specie Paranthropus aethiopicus.
Come i fasciocostituzionalisti ivi nati ("la nostra Costituzione dice che non potete toglierci questo e quel diritto..."; ma inneggiano alla caduta della democrazia e alla dittatura di pochi, non a un miglioramento del sistema vigente), così anche gli stranieri analfabeti e incivili si oppongono a tutti i decreti precauzionali rilasciati dal governo centrale e dai vari Bundesländer. Capisco che tanti non si mettono la mascherina perché farlo equivarrebbe a un suicidio (puzzano dalla bocca lontano un miglio), ma che difficoltà avrebbero a mantenere almeno la distanza sociale?
Eppure, verso i primi di marzo, quando il capo ci ha radunati intorno a sé per ricordarci lo stato delle cose e lanciarci delle raccomandazioni, loro sembravano aver capito.
Dopo di allora, di tali discorsi ne sono stati fatti altri: un paio almeno. 



- Allora, per quel che abbiamo già detto: abbiamo notato che ignorate i moniti. Vi raggruppate troppo spesso, vi date pacche, chiacchierate con i volti molto vicini...
Mentre il caporeparto parla, io lancio un'occhiata circolare alle facce ebeti dei "colleghi". Già al momento di piazzarsi davanti, di lato e dietro al superiore, con parecchia fatica si sono lasciati convincere a stare a un paio di metri l'uno dall'altro. Ma non tutti lo fanno. Come magneti, tornano a sfiorarsi, tangersi, urtarsi. La turca ad esempio sta spalla a spalla con la russa... 
- Bisogna prendere la situazione sul serio. Mi hanno detto di dirvelo, e che faranno spesso controlli. E chi sgarra, va via.
- Addiriddura! - esclama Tareq, l'egiziano. (Egiziano e non egizio; ci tengo a precisarlo, perché c'è più di una differenza.) Tareq si trova alla mia sinistra e, anche se ci separano circa un metro e mezzo, posso quasi avvertire il suo alito caldo aleggiarmi sotto il naso. Le sue ascelle puzzano maledettamente, tra l'altro... Non penso che negli ultimi due mesi abbia indossato panni lavorativi puliti. Fa comunque sempre sfoggio della stessa maglietta e, se consideriamo che nelle zone dedicate alla produzione vige perennemente un bel calore, possiamo assumere che, dal punto di vista igienico, non è messo bene. 
- Certo - dice il caporeparto. - L'altro giorno, in città... non avete sentito? Qualcuno ha avuto la brutta idea di invitare parenti e amici alla festa del suo compleanno. E adesso un paio di loro sono all'ospedale, gli altri in quarantena...
Il discorsetto dura forse dieci minuti, più probabilmente un quarto d'ora. Quando se ne va, c'è il "rompete le righe!". Ed ecco che tre-quattro si congratulano ghignando e dandosi grandi manate, due-tre uniscono le teste parlicchiando animatamente, due tornano ai macchinari a braccetto, in maniera gaia, ballonzolando addirittura. Il turco starnuta direttamente dentro l'orecchio dell'albanese, il quale per la paura tossisce a bocca aperta... Al che io rivolgo loro le spalle mentre faccio un balzo per allontanarmi dall'area contaminata. 
Improvvisamente, davanti al mio viso si staglia quello di Jelena, russa del Kazachistan. 
- Ti ho messo paura? - sputacchia Jelena.
- Ma no, sai. Le regole... - borbotto imbarazzato. E indietreggio, mentre lei, spietatamente, mi segue da presso. - Che volevi dirmi? - domando sconsolato. 

No, non l'hanno preso seriamente, l'avvertimento. O meglio: hanno capito il senso delle parole, ma non possono lottare contro la propria natura di "animali sociali". Molti di loro sono contenti di vivere come vivono: in cinque, sei, sette addirittura in un alloggio ristretto. Per loro, la vita che conduco io non ha senso, è inconcepibile. (Abito in cima a una torre di legno con veduta sul centro storico ma a due passi dalla natura selvaggia - che comprende un bosco e il fiume -, pago un affitto alquanto caro per 70-75 metri quadri ma con impareggiabile veduta di architettura medievale da una parte, insuperabile cartolina bucolica dall'altra, e questi miei spazi voglio condividerli esclusivamente con la mia compagna; una terza persona mi farebbe già ansimare: "Basta! Mi manca l'aria! Fatemi uscire...") 
Li guardo e penso: "Bestie, proprio." E compio un largo giro intorno alla coppia formata dalla donna anatolica e dalla pseudorussa, che stanno ridendo e parlando con vivacità, stando appiccicate.



Due settimane dopo. Torno a casa stanco. Accanto allo specchio dell'entrata, vedo che c'è un nuovo pacchetto di mascherine.
- Dove le hai prese? - chiedo a mia moglie.
- Alla farmacia. Hanno scalato il prezzo. Ora le mettono ottanta centesimi l'una.
80 centesimi non è male se penso che, ancora a febbraio e marzo, una mi costava un euro e sessanta. Tuttavia faccio un rapido calcolo, scontento: tre o quattro al giorno, per 80 centesimi...
- Forse non dovrei metterle più - osservo cupamente. - Tanto, in fab sono l'unico a portarle...
- Scherzi? Il decreto parla chiaro.
Il decreto. Già.
Usciamo. Nel frattempo hanno riaperto i locali. Ci sediamo a un tavolino in una terrazza semivuota. Arriva Massimo, il nostro gastronomo di fiducia. Porta maschera, guanti e tiene sollevato un bloc notes. Vuole da noi le generalità, l'indirizzo, il numero di telefono.
Mia moglie scoppia a ridere.
- Stai scherzando - sbotto io.
- Sono le regole - ribatte Massimo. - E non farmi aggiungere altro, perché sennò bestemmio fino a farmi venire l'orticaria.


L'indomani mattina, al lavoro: - G'è sbazio abbasdanza!
Eh? Cosa? Ch... Ah. 
Già.


martedì, aprile 14, 2020

Razzismo in Cina! Scene odiose

Secondo un servizio della CNN riportato dal quotidiano tedesco TAZ (ma sono diverse le emittenti anche africane che hanno trasmesso una documentazione a proposito), nella città di Canton la popolazione di pelle nera viene sistematicamente perseguitata e picchiata. È xenofobia sotto il cielo aperto in quella che viene altrmenti chiamata Guangzhou, capoluogo della popolosa provincia di Guangdong, nel Sud-Est cinese.








Nei McDonald's di Canton l'ingresso è "Vietato ai Neri". Gli africani vengono addirittura gettati fuori dalle loro abitazioni come fossero degli appestati. Le segnalazioni di insofferenza, ostilità e persino violenze (non più solo a Canton, purtroppo) si sono ripetute negli ultimi giorni: persone di chiara ascendenza africana sono state espulse dall'albergo in cui risiedevano, persino nottetempo, i loro passaporti sono stati ritirati e i malcapitati mandati a quarantena coatta. 




Il governo cinese ha totalmente respinto le accuse, come d'altronde fa in ogni controversia. "Noi non discriminiamo mai i nostri fratelli africani" ha affermato un portavoce del Ministero degli Esteri di Pechino. "Tutti gli stranieri che si trovano da noi vengono trattati allo stesso modo. L'allarme di razzismo proviene dall'ambasciata statunitense e serve solo a piantare un cuneo tra la Cina e l'Africa." 

Ma, nel frattempo, nei Paesi africani - sia nei media ufficiali, sia sul social network - si è sollevata un'ondata di indignazione.




Il giornalista e commentatore ugandese John Njoroge chiede su Facebook: "Noi africani dovremmo comportaci allo stesso modo di loro?" Lui stesso si risponde: "No, affatto. Ma i nostri governi e le alte sfere della politica dovrebbero urgentemente rivedere i loro rapporti con i governanti cinesi... e mandare aerei per riportare a casa i nostri fratelli!"

In Cina soggiornano molti studenti africani e, già all'inizio della pandemia - da gennaio in poi -,  non pochi politici del Continente Nero dibatterono se fosse il caso o meno di organizzare speciali voli per riprenderli. Sudafrica ed Etiopia decisero affermativamente, l'Uganda si dichiarò contraria. Il presidente ugandese Yoweri Museveni temeva che qualche connazionale infetto avesse potuto portare il virus in patria. Ma adesso è più che palese che gli africani non possono restare in seno al colosso asiatico. Per la prima volta, anche alti politici africani reagiscono con parole dure contro "la stigmatizzazione e la discriminazione" in corso in Cina. È evidente - dicono - che si vuol dare l'impressione che il contagio sia partito dagli africani. Ambasciatori cinesi in servizio in vari Paesi africani (Uganda, Kenya, Nigeria, Ghana, Sudafrica) sono stati convocati per un'interpellanza... o per subire direttamente una lavata di capo.





È caccia al capro espiatorio

La Cina ha da poco riaperto il focolaio di coronavirus del Paese, Wuhan, e sta allentando le misure restrittive un po' ovunque. L'elemento scatenante di tanta rabbia razzista è quanto successo a Guangzhou, dove un nigeriano risultato positivo ha violato la quarantena andando in un ristorante e infettando - a quanto pare - il proprietario e la figlia di 8 anni. 

Si stima siano tra 30.000 e 300.000 gli africani che vivono a Canton. I quartieri dove risiedono sono noti come “Little Africa”. Secondo Asia Times, le autorità locali hanno cercato di rintracciare e isolare quanti erano entrati in contatto con alcuni africani arrivati in città e risultati positivi al Covid-19, per scongiurare una nuova impennata di contagi dopo la riduzione registrata a marzo. Ad oggi la città ha avuto complessivamente 365 contagi. Il vicesindaco di Canton ha riferito di 111 africani risultati positivi alla data di ieri, tra cui si contano 19 casi importati, a fronte delle 4.533 persone sottoposte a test dal 4 aprile scorso. Tutti loro, ha aggiunto, anche gli asintomatici, vengono curati. Gli africani sarebbero stati messi in quarantena "senza alcuna discriminazione razziale o nazionale".




Da settimane ormai il governo di Pechino esalta la presunta vittoria contro il virus e sottolinea che l'epidemia è provenuta da "casi importati", che i responsabili sarebbero individui "arrivati dall'estero". Al medesimo motivo il governo imputa l'attuale parziale rinfocolarsi della crisi. Nei media statali viene taciuto che, in realtà, i contagiati d'importazione sono, per il 90%, cittadini cinesi. 


domenica, marzo 15, 2020

Autoformazione e crescita individuale nei giorni di quarantena

Come cercare di sfruttare al meglio il tempo che ci dona (o ci ruba) questa maledetta #pandemia causata dal #Coronavirus, o #Covid19


"... occorre imparare ad allietarsi lavorando. Facendo lo shaping della propria esistenza.Energici costruttori di un nuovo presente. Ma rispettando i nostri propri tempi."

Quella qui sopra è una citazione da un libretto (in forma di eBook) scritto da me sotto lo pseudonimo Peter Parisius. Ne La vera piramide della felicità, Parisius (sì, io!) ci invita a iniziare una sorta di rivoluzione personale, di autoformazione, partendo dalle quattro pareti di una stanza...




La quarantena viene da molti vista come una disgrazia ma, per certi versi, può rappresentare la chance di un ritorno a se stessi e/o l'inizio di una crescita individuale. 
Non si deve per forza stare a mangiare per tutto il tempo, sapete? Si può approfittare del tempo libero e dello stare reclusi per intraprendere un percorso di crescita personale.
In questo eBook (scritto ben prima del #Coronavirus), tra le altre cose si invita a riprogrammare la propria vita... partendo proprio dai recessi della nostra abitazione.


Parole-chiave: #autoformazione, #formarsi, #autorealizzazione, #quarantena

 (autoformazione, formarsi, autorealizzazione, quarantena)





La vera piramide della felicità
ovvero: come rendere vincenti le nostre nevrosi


(l'inizio)


Su Internet mi sono imbattuto in svariate "piramidi della fortuna" e "della felicità". Trattasi di talismani che vengono offerti a prezzi variabili.
La nostra piramide non costa nulla. Non è un oggetto. Non viene né fabbricata né smerciata in alcun luogo. Come già illustrato in NO SMOKE – Le sigarette sono nazi, un piano determinato, una programmazione, necesse per il raggiungimento di uno scopo. Sì, di astrazioni, teorie, proposte ecc. ce ne hanno già inculcate tante, ma è bene (e va tutto a nostro vantaggio) intendere la vita come progetto.
Magari anche come opera d'arte; perché ciò che non può fare la vita, può farlo l'arte, ovvero: realizzare il sogno di un'esistenza piena.

È bene intendere la vita come una piramide a spicchi da riempire, come una serie di piani da realizzare.

Va tutto a nostro beneficio l'azione; agire. Agire non tanto d'impeto, scagliandoci a testa bassa contro un muro, quanto più usando il metodo "step by step".


 NOTA : In questo scritto appaiono, inserite in capitoli pertinenti, alcune questioni sollevatemi da persone di svariata età e condizione sociale, persone alle quali ho cercato di dare sostegno personalmente o via Internet. In tali inserti (che seguono lo schema della "Domanda" e "Risposta"), il tono è spesso colloquiale, confidenziale; per forza di cose: trattasi di documenti di vita vera.



Contenuti:

1. Ragioniamo sul senso della vita
2. La piramide
3. Realtà e apparenza
4. Un atto di credenza
5. Aprire e dischiudere il mondo
6. Troppa filosofia per un manuale "pratico"?
7. Felicità, infelicità 
8. Il bel gioco
9. Ultimi dubbi e ultime obiezioni
10. I punti principali (sunto)





1. RAGIONIAMO SUL SENSO DELLA VITA


"L'uomo diventa spesso ciò che crede di essere. Se io insisto a dire che non riesco a fare una certa cosa, è possibile che alla fine sia realmente incapace di farla. Al contrario, se ho fiducia di poterla fare, acquisterò sicuramente la capacità di farla, anche se, all'inizio, magari non ne sono in grado."

  (Mahatma Gandhi)


La vita nasce come casualità e tocca a noi darle l'importanza di un dono prezioso.
L'esistenza deve essere interpretata come una missione e, se pur è vero che soffriamo (e non occorre essere buddhisti per sapere che esistere è "anche" soffrire), è altresì vero che il nostro compito principale è di dare, e dimostrare, amore.
Perché questo nostro essere al mondo, questo stare al mondo, un giorno finirà, e in complesso di una persona si ricordano soprattutto le gesta, gli atti compiuti durante la sua permanenza terrena. Tra le due parentesi che segnano la nascita e la morte, dobbiamo scrivere il romanzo – o film – nostro personale. Autorealizzazione: questa la meta. In tale fase formativa, che in sostanza non finisce mai, occorre che trasciniamo con noi, sul nostro sentiero, un discreto numero di nostri contemporanei, per "contagiarli" con il germe della gioia e dell'Amore.

Questo, secondo me, è il Senso dell'esserci.

Ora, noi tutti siamo pazzoidi, nevrotici, e quale potrebbe essere la migliore "posizione lavorativa", la migliore occupazione per un nevrotico? Ve lo dico io: la catena di montaggio! Certo, oggidì è arduo trovare un impiego qualsiasi, figurarsi dunque finire dentro una fabbrica e ottenere addirittura il compito di assemblare pezzi a una catena di montaggio (da tanti demonizzata, da me curiosamente decantata)! Ma occorre interpretare le mie parole anche in senso figurativo: così come "ci inventiamo" un'ideale piramide, dobbiamo inventarci un'ideale attività. Ciò ha a che fare con lo "step by step" cui accennavo in apertura, con la voglia di gesti reiterati, la brama di riempire fruttuosamente i giorni e le notti; con la passione per il dettaglio, con il plasmare noi stessi, il modellarci. Giacché vogliamo muoverci, renderci utili, essere produttivi. O al limite (oppure come estrema conseguenza) riuscire utili a noi stessi.

La vera piramide della felicità si basa sul concetto che, se siamo in forma e felici noi, possiamo aiutare anche gli altri. Il nostro successo può trascinare in alto anche altre esistenze.
Intanto però siamo scontenti, fremiamo, non intravediamo una via d'azione... siamo, chi più chi meno, squilibrati, appunto. E perciò disperati.
La nostra disperazione nasce dall'ozio. E occorre stare attenti a non sboccare nell'isteria, nella psicosi, a non unirci al coro di gesti inutili e teatrali, di voci ossessive, di azioni vane e controproducenti. La nostra è una missione: ricordiamocelo! Abbiamo qualcosa di vero e importante da fare, perché la vita val la pena di essere vissuta. Un interesse creativo, imprescindibilmente sano, dovrebbere risiedere in ciascuna nostra azione, addirittura in ciascuna parola. Ergo, il primo passo è: reagire, uscire dall'apatia.
Quel che non facciamo adesso, non lo faremo mai.

Non bisogna prendere però questo proponimento come un dovere, e dunque come un'ennesima spada di Damocle. Nella vita, l'unico imperativo vero è: "divertirsi". Non intendo con ciò "far baldoria". Intendo che occorre imparare ad allietarsi lavorando. Facendo lo shaping della propria esistenza.
Energici costruttori di un nuovo presente. Ma rispettando i nostri propri tempi.


Odo qualcuno obiettare: "Sì, ma non tutti possono. Ci sono certe condizioni, certe situazioni che ci tengono inchiodati alla vuota quotidianità..."
Qual è il problema? Noi dobbiamo essere più forti, e migliori, dei fattori contingenti. Dobbiamo sfruttarli o, se non possiamo sfruttarli, dobbiamo saltarli a piè pari. Il presente deve appartenere a noi!
O è forse il passato a essere una pietra al piede? Ebbene, noi viviamo nell'oggi, non nell'ieri! Non mi stancherò mai di sottolineare l'importanza di resettare tutti i dati, di fare tabula rasa e cominciare a riscrivere la propria vita. Beh, se non la propria vita (l'hardware e le impostazioni di base non si possono mutare radicalmente!), quantomeno il programma. Con un piano d'azione, precisamente.


Domanda:Tu hai parlato di passato, hai parlato di presente... Ma... il futuro? È quello alla fin fine che ci interessa.
Beh, sì e no. Che cos'è il futuro? Il futuro è l'oggi. Se adesso non fai nulla, poi non ottieni niente. Il tempo è un fattore primario e la maledizione del tempus fugit la si scongiura impiegando le ore utilmente.
Mentre i politici dibattono con animosità sul "decreto del fare" per poi magari non fare nulla, noi ci muoviamo in avanti, e in alto, eleganti e silenziosi come iguana. Non abbiamo bisogno di emettere decreti o emendamenti vari: dobbiamo solo scrivere su un foglio quali sono i valori ai quali crediamo e quali gli scopi che vogliamo raggiungere. Spesso, valori e scopi combaciano. A farci da guida è un astratto modello di piramide, un monumento teorico, immateriale. Un tempio non sepolcrale ma dedicato alla vita.
Possiamo benissimo prendere a esempio i cosiddetti "persuasori occulti", gli inventori di slogan pubblicitari, e forgiare il nostro proprio motto, da incidere a fuoco su un muro della nostra piramide.
Questo ad esempio:


'The world in my pocket!'


Qualsiasi detto, qualsiasi massima va bene, purché serva a motivarci.




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