venerdì, dicembre 25, 2020

Neil Ardley, jazz ed elettronica

 Cosa doveva essere la scena jazzistica inglese negli Anni Sessanta e Settanta! Un interscambio di esperienze, amicizie che esistevano per la durata di un concerto e altre che duravano per tutta la vita, "ospitate" nei dischi dei colleghi, il portare a spasso il proprio talento anche in generi musicali diversi e poter arricchire così di continuo le proprie conoscenze e il proprio repertorio... 

Un amalgama interessante - a Londra e dintorni - fu quello tra il jazz e il rock, con il vento che soffiava da Canterbury. Musica immaginifica, piena di colori, a volte meditativa, quasi sempre capace di sorprendere.



Neil Ardley (1937-2004) fu una figura singolare, nel senso di interessantissima, della musica jazz inglese. Suonava il piano (partì dalla tradizione, amava Duke Ellington e Gil Evans) ma era anche uno scrittore che compilò diversi manuali e guide divulgative per ragazzi: di tecnica e scienza. Persino libri di ornitologia, e ovviamente di musica. Si contano oltre 100 volumi scritti da lui! 

 Illustrazione di World of Tomorrow, dove Neil Ardley prospettava un futuro del mondo alquanto... glaciale


Era laureato in chimica ma fin da bambino aveva questo interesse per la musica che lo avrebbe portato dapprima a dirigere la New Jazz Orchestra (celebre ensemble nato nel sud di Londra) e poi a pubblicare album che tendevano verso la sperimentazione. Il suo era un misto di jazz e classica con l'impiego dell'elettronica. 

Nei dischi di Ardley suonarono gli amici che aveva conosciuto nella New Jazz Orchestra: il trombettista scozzese Ian Carr (Nucleus), il batterista Jon Hiseman (John Mayall's Bluesbreakers, Colosseum, Barbara Thompson's Paraphernalia...), la moglie di Hiseman, ovvero la sassofonista Barbara Thompson (Colosseum, Keef Hartley Band, i propri Paraphernalia ecc.), Dave Gelly (critico musicale e presentatore radiofonico, nonché sassofonista), il trombonista e tastierista Michael Gibbs, il sassofonista, flautista, clarinettista Don Rendell e il batterista Trevor Tomkins (ex membro dei Gilgamesh, poi anche lui Nucleus).


Prendiamo uno di questi album: Kaleidoscope Of Rainbows, del  1976. L'elenco dei musicisti che hanno partecipato alla sua realizzazione si legge come il Who's Who della fusion britannica e del prog canterburiano.



- Synthesizer: Neil Ardley * (Nucleus, Jon Hiseman, John Martyn)
- Tromba, flicorno: Ian Carr (Nucleus)
- Piano elettrico, synth – Dave MacRae (Matching Mole, Nucleus, Soft Machine)
- Basso: Roger Sutton (Nucleus,B rian Auger)
- Percussioni, vibrafono: Trevor Tomkins (Gilgamesh, Nucleus)
- Chitarra: Ken Shaw
- Batteria: Roger Sellers (Nucleus)
- Sax, flauto: Barbara Thompson 
- Sax: Bob Bertles (Nucleus)
- Violoncello: Paul Buckmaster (3rd Ear Band)
- Tastiere: Geoff Castle (Nucleus)
- Sax, clarinetto: Tony Coe (Nucleus)
- Sax, flauto, flauto alto (soprano): Brian Smith (Nucleus)


Armonia delle sfere

La musica di Ardley ha in sé un quantum di ingenuità voluta, con i tempi e il ritmo mantenuti abbastanza semplici ma con la libertà di improvvisare. Ardley cerca l'approccio etereo a questa variante moderna del jazz, con l'aggiunta di synth polifonici. È una musica che "bazzica" nell'universo di note tradizionale ma che presenta dissonanze ed effetti spaziali. Conseguenza: i suoi dischi sono "aldilà" dell'ascolto normale. Non possono accontentare i puristi del jazz né gli amanti del rock progressivo sinfonico, ma solo coloro che sono aperti a nuovi suoni (in quegli anni, sì, erano abbastanza nuovi) e che sono pronti a lasciarsi trascinare in una dimensione dove il tempo e lo spazio sono distorti.



Don Rendell, Ian Carr, Neil Ardley
Greek Variations & Other Aegean Exercises





martedì, dicembre 22, 2020

Pietro Spanò - 'Prospettiva cosmica'


Su YouTube si trova l'album in versione integrale.


Abbiamo a che fare con un cantautore interessante del quale vale la pena ascoltare l'intera produzione. Anzi: conviene proprio includere, nella playlist, proprio le "vecchie" canzoni di Spanò per poter avere una visione più limpida dell'autentica rilevanza di questo artista palermitano. Ciò perché l'album di cui vogliamo parlare soprattutto qua, il suo nuovo, Prospettiva cosmica (titolo avvincente!), è nato in periodo di §%*³%*~@~virus (ovvio...), quindi senza l'apporto reale di collaboratori esterni. Tuttavia... "L'amante virtuale", "L'altare ibrido", "Come sonnambuli" (quest'ultima è stata scelta da Spanò come single trainante) e la stessa "Prospettiva cosmica", che chiude il concept, sono tracce interessanti e godibili individualmente, anche fuori dal contesto complessivo di tale lavoro targato "Anno horribilis 2020". 



Tra i brani del passato di Pietro Spanò (il quale, sia detto en passant, è laureato in pianoforte), ce ne sono parecchi che gli consentono di rifulgere di luce propria: ballate piacevoli e dai testi intelligenti, sequenze di film sonori e passeggiate in note che commentano il tempo presente e ci accompagnano attraverso eventi e situazioni esistenziali, eventi e situazioni che - logico! - news e telegiornali assortiti ignorano o fanno solo intravedere. Della serie: la storia siamo noi, siamo noi i veri eroi di quest'epoca... anche se non ne parla nessuno!
Poeticamente siamo al livello di De Andrè e De Gregori. Così, in Spanò pure i momenti personali si "universalizzano", facendo scattare nell'ascoltatore la molla dell'immedesimazione. Ed è un riconoscere e autoriconoscersi sicuramente intergenerazionale, ormai.


"Come sonnambuli"



Tra le canzoni del suo repertorio passato pensiamo soprattutto a "Il gregge", "Jenny dei pirati" e "Scendi dalla croce", davvero notevoli, dalla raccolta Tutto sta cambiando (2019) e in pratica a tutte quelle di Il terribile suono del silenzio (album risalente ormai al 2011, che ci rammarichiamo di aver scoperto soltanto adesso). E da ascoltare in toto è anche Vittime di sottofondo (2007).


"I fiori nel bosco", 2007


"L'immoralista", 2011



Complimenti davvero a Pietro Spanò per il suo estro e certa sua indubbia originalità - soprattutto nella scelta dei temi e nelle lyrics -, peculiarità che oggi purtroppo manca a molti suoi colleghi.
Se proprio vogliamo tirare fuori dal cappello qualche nome influente nel riferirci a Prospettiva cosmica, dobbiamo citare quello di Franco Battiato. E forse anche Max Gazzè, ma un Gazzé in Allegro moderato. Tuttavia, lo sottolineiamo, Spanò riesce a conservare un'impronta personale. E, mentre andiamo a riascoltare le sue canzoni, le sue poesie in musica, già ci rallegriamo nell'attesa delle prossime: quelle dell'album post-Covid!

 



Il disco è disponibile su Amazon e su tutte le piattaforme digitali. È
inoltre possibile comprare il CD scrivendo a 
pietrospano.78@gmail.com




Tracklist

1. "Allunaggio (prima parte)"
2. "Alla fermata dell’autobus"
3. "Il perseguitato"
4."L’amante virtuale"
5. "Allunaggio (seconda parte)"
6. "L’altare ibrido"
7. "Cosa penserebbe Freud di me? (2050)"
8. "Come sonnambuli"
9. "Prospettiva Cosmica"





Qualche nota biografica

 Pietro Spanò, nato a Palermo nel 1978, è laureato in pianoforte presso il Conservatorio "Vincenzo Bellini" del capoluogo siculo. Nel 2001 pubblica il singolo "L'incubo dell'ultima luna", le cui sonorità vengono apprezzate anche da Franco Battiato. Nel 2007, dopo alcuni anni di sperimentazione musicale, pubblica l'album Vittime di sottofondo. Nel settembre 2011 esce, ancora una volta in autoproduzione, Il terribile suono del silenzio, che lui stesso definisce "un viaggio dentro la coscienza dell'uomo e un'analisi profonda delle sue fragilità". 

Tutto sta cambiandoprodotto insieme a Guido Guglielminetti, è del 2019. Si tratta di un altro album di gradevole ascolto, interessante e impegnato dal punto di vista sociologico. “Portami via da qui”, canzone ivi contenuta, è stata pubblicata da Pressingline, etichetta discografica fondata da Lucio Dalla. 

Prospettiva cosmica, uscito il 30 novembre 2020, è un immergersi in un domani probabilmente già dietro l'angolo, una visione scaturita dall’analisi della nostra società con le sue sempre più ingarbugliate problematiche. Il tema dell’isolamento, dell’iperconnessione e dei suoi effetti collaterali ne costituisce la trama. Tramite queste nuove canzoni, il cantautore siciliano ci invita a leggere la storia e a guardare la vita oltre lo schermo: appunto, da una “Prospettiva cosmica".

 


domenica, dicembre 20, 2020

"I miei giorni ansiosi"

Giuseppe Alù. Dalla raccolta Lo Scritto e il Sigillo

 
I MIEI GIORNI ANSIOSI

 
I giorni si affollano sui miei occhi
come figli, diversi ed eguali
tutti confusamente annodati
con il lunghissimo filo dell’attesa.
Non so vedere altro colore,
altra illusione che questo filo
interminabile, questa passione
trattenuta, sospesa
sulla quale la vita procede
ma non avanza e non sa di finire.
 
I miei pensieri come sciabole
tentano d’attorno
ma ricadono sempre.
Antiche saggezze insulari
crollano il capo
e i mali covati restano offerti
alla morte paziente del tempo.
Per non morire prima
i miei giorni ansiosi
dall’alba
scrutano l’orizzonte.



 
(Dipinto: "Antithetis", di Victor Brauner, 1937)





Giuseppe Alù ha pubblicato La contessa Marianna, Mondadori 1989 (Premio San Vidal – Venezia – 1989); Storia e storie del Risorgimento a Treviso, Edizioni Galleria 1987; Lo scritto e il sigilloRaccolta di poesie 1971-1981. E: Tedeschi. Quadretti di una esposizione, Asterios 2018 (disponibile qui).





 

sabato, dicembre 19, 2020

Carole Bouquet e il 'Sangue d'Oro'

"Sono venuta in Sicilia per rinascere di nuovo"


L'attrice francese Carole Bouquet (classe 1957, una bellezza classica, che in Italia girò qualche film, primo tra tutti Bingo Bongo interpretato da Adriano Celentano), ha vissuto nel nostro Paese, parla correttamente l'italiano e possiede una villa e dieci ettari di vigneto a Pantelleria, in contrada Serraglia, dove produce il vino Sangue d'Oro, un Passito di Pantelleria.



 Pantelleria: vigneti al vento

  


Ecco la felicità della vita,
Amore e vino ugualmente dobbiamo aver vicino.

Aleksandr Sergeevič Puškin (1799 – 1837)...


Intervistata da Salvatore Gabriele





Da Bond Girl a produttrice di vino


"Ho scelto l'Italia, la Sicilia e Pantelleria per mettere le mie radici. I muretti lavorati a secco dagli uomini, con la loro determinazione infinita, mi danno la stessa emozione del Campidoglio, dei mosaici di Piazza Armerina. Senza luce io muoio, sono venuta in Sicilia per rinascere di nuovo."

     


Gettiamo via gli affanni! Scorri vino in un fiume di schiuma
in onore di Bacco, delle muse, della bellezza.

.........Puškin



 




mercoledì, dicembre 16, 2020

'Pick & Rock' - il basket e la musica

Giuseppe Catani

PICK & ROCK

Quando la musica va a canestro

arcana, 2020

 



(Articolo già pubblicato su Progetto Babele Rivista Letteraria)

 

Ma vai un po’ a discutere con uno alto 2 m...”

 

Il basket e la musica. Binomio magico, che, davvero, non avremmo mai preso in considerazione senza la lettura di Pick & Rock.

La pallacanestro è uno sport non da tutti né per tutti, e chi lavora a questa recensione ha visto risvegliarsi certe pulsioni "sportive" solo durante la lettura del libro di Giuseppe Catani. Come potevo dimenticare di essere stato, da piccolo, grande fan della Simmenthal di Milano (oggi: Olimpia Milano) e di aver giocato anch'io a basket, dapprima alle medie, dove passavo per un giocatore promettente (ma non se ne fece nulla, come spesso accadeva e accade nelle scuole italiane) e, durante e in seguito, nel cortile della casa di un amico, insieme ad altri ragazzini ma anche a qualche adulto, dove c'erano due bei canestri piazzati in alto su due grezzi muri dirimpetto con, sotto le suole, un bello strato di cemento armato?

 


Quando si ha a che fare con un libro a tema (che so io... La battaglia di Solferino, La vita segreta dei ragni, quello sugli alberi di Natale o un tomo sulla filosofia di Heidegger...) uno crede già di sapere a cosa va incontro e solitamente sceglie in anticipo se avventurarsi nella lettura o meno. Spesso si tratta di materiale arido, di argomenti attinenti a una materia speciale e per specializzandi, di blablabla tecnico. Ma poi si scopre che alcuni sono scritti in maniera passionevole, calorosa addirittura, e che contengono notizie curiose e interessanti, fino a riuscire a infiammare l'interesse del più malcapitato dei lettori. Nel caso di Pick & Rock c'è anche la musica, non solo la pallacanestro, e chi scrive qui si ritiene più un musicologo che un letterato: quindi non sono mancati (né mancheranno per voi, ve lo assicuro) i momenti "oh!" e "aaah!" durante la lettura.

 

Breve carrellata di visioni e sensazioni: il rumore delle scarpe da basket che "strisciano" sul parquet... le tante scene di film americani con neri (o anche bianchi) che sudano in un campetto tutto recintato... e i rapper, naturalmente.

 

I vari capitoli di Pick & Rock sono pezzi giornalistici usciti negli ultimi anni per dailybasket.it, sito che - come suggerisce il nome - è dedicato al gioco della palla a spicchi.

 

 Kobe Bryant

"La musica va a canestro", sì, e ci sarebbe tanto da dire sull'argomento. Ignoravamo anzitutto questo legame particolare tra la pallacanestro e il mondo delle sette note nei suoi diversi generi, sia indie sia rapper, sia in ambito di musica leggera sia di cantautorato. Si comincia nel libro con una carrellata di riferimenti italiani e si procede con i nomi grandi (e meno grandi) della musica angloamericana, con storie gustose di giocatori professionisti che si sono cimentati nel canto, con la rivelazione che Dan Peterson (che per quasi un decennio allenò la squadra di Milano) suonava la chitarra ed era un grande intenditore della country music, con gruppi semisconosciuti od obliati che fecero dediche apparentemente improbabili a personaggi della pallacanestro... Un esempio di questi ultimi sono i Grog di Reggio Calabria, che hanno scritto un brano per Kareem Abdul-Jabbar, gigante della NBA dalla biografia particolare e fervido amante del jazz.

Ovviamente, a ogni capitolo il lettore va a guardare, curioso, su Youtube o Spotify, per ascoltare il brano di cui si parla, e si imbatte in artisti che gli sono familiari e in altri tutti da scoprire. Spesso l'autore lega una situazione o un evento "cestistico" a una data canzone o gruppo. E... lo sapevate che anche Baglioni scrisse e cantò una sorta di ode a questo sport? La canzone si chiama "Il pivot". Sono andato a controllare (sì, esiste!) e me la sono pure goduta su internet.

E un altro Claudio, Claudio Lolli, bolognese purosangue, "si è sporcato le mani con il basket, usandolo come metafora di una vita che fugge, che ha bisogno di uno schema nuovo, che riesca a fermare il movimento prima della deriva". Il brano in questione, in cui Lolli accenna allo sport della palla a spicchi, è "La fotografia sportiva".

 

 


Pick & Rock è un libro di piacevole lettura e che strapperà qualche "oh!" e "aaah!" persino a chi ha poca o nulla confidenza con l'una o l'altra materia.

È, in primo luogo, un viaggio attraverso l'Italia tutta, quell'Italia che vive un po' lontano dai clamori, che ama il parquet dei palazzetti grandi e piccoli e non il prato o la terra battuta dei campi e campacci di calcio, e che apprezza la buona musica. Ci spostiamo così da Bologna a Caserta, da Cremona in Ciociaria, sporgiamo la testa a dare una sbirciatina nelle periferie che ci appartengono o ci appartennero (da Nord a Sud) per, infine, volare negli USA, alla corte di "Re" Michael Jordan... e dell'ormai compianto Kobe Bryant. Un viaggio entro coordinate che sembrano da sogno, ma esse fanno parte della realtà e di tutto ciò che eravamo da ragazzi, dove il playground, anche quello all'italiana, il cortile o campetto dunque, era, ed è, un luogo dell'anima.

E ora, se volete scusare... Mi sono procurato una palla da basket e scendo a fare qualche palleggio giù in strada. Con le cuffie in testa.

 

***

 

A proposito: non sarebbe male una bella compilation in formato digitale di tutti i brani nominati nel libro! L'autore ci ha già pensato?

 

 


  

Intanto, il pivot segna a tutto spiano (“Tre in fila ne azzeccò”) anche se a un certo punto ha bisogno di riposo e quel “Poi ci fermammo un poco nel cortile / odor di cena e di tv” indica forse un time-out oppure, più semplicemente, che qualcuno si è rotto di starsela lì a menare e non vede l’ora di mettere qualcosa sotto i denti. Non prima di aver salutato con un’azione da manuale: “Con una finta si smarcò / io svelto gli passai [licenza poetica] / e lui schiacciò di forza”. È l’apoteosi. I due archiviano la gara e immaginano, con un’indubbia punta di frustrazione, che il pubblico sia lì ad applaudirli: “Sotto il cerchio / parve quasi di sentir le gradinate / che tremavano e gridavano per lui / e anch’io battei le mani per quell’ultimo canestro”.

Il pivot se ne va, porta via il pallone, che è suo (“Il pallone sotto il braccio / e se ne andò”) e, chissà, la partita potrebbe essere giunta a conclusione non per sopraggiunta stanchezza ma per colpa di quel lungaccione antipatico, scappato via con la palla: figurarsi se poteva lasciarla a qualcuno. Ma vai un po’ a discutere con uno alto 2 m...

 

(Dal capitolo in cui si parla di "Il pivot", di Claudio Baglioni.)

 

 

 

 

Il libro Pick & Rock su Amazon (clicca!

 

 

 

peter patti

martedì, dicembre 15, 2020

Musica italiana a livello nazional-popolare: tristesse...

 Lasciateci sognare...

#Sanremo2021 Sappiamo ormai quasi tutto su come sarà il prox #FestivalDiSanremo. I media ufficiali ci bombardano già di informazioni sulla celebre manifestazione...


Di ospiti non ne avremmo bisogno. Costano tanto, c'è il lockdown eccetera. Sarebbe bello puntare tutto sulla musica... sulla MUSICA... almeno una volta tanto adottando una soluzione nuova e rivoluzionaria: cioè, dando visibilità a gruppi e artisti davvero bravi ma sconosciuti al grande pubblico.
Tipo: gruppi e artisti dediti al rock progressivo e giù di lì.
#Progrock.
Ma rimane ovviamente un sogno.


Appello ad Amadeus:

Amadeus, prova ad ascoltare anche questi "Magistri musicae"!






Quanah Parker, Sintonia Distorta, Eris Pluvia, Moongarden, Quel che Disse il Tuono, Eliesmere, Phoenix Again, Finisterre, Sezione Frenante, Aliante, Il Sogno Di Rubik, Silver Key, Qirsh, Cage... e tanti altri.










venerdì, dicembre 11, 2020

Grattacieli / Skyscrapers. Sempre più alti e slanciati... ma fino a dove?

 La sua costruzione doveva essere completata nel 2020 ma a quanto pare la data verrà spostata in avanti. Stiamo parlando della Jeddah Tower, detta anche Kingdom Tower, a Gedda nell'Arabia Saudita.



Con i suoi 200 piani, includenti abitazioni sontuose, ristoranti, negozi, uffici, uno degli hotel Four Seasons e l’osservatorio astronomico più alto del mondo, nonché un balcone sospeso a circa 652 metri sopra il livello del mare (!), arriverà a misurare 1008 m. effettivi, superando non di poco il Burj Khalifa, completato in un tempo record di 5 anni e che, con i suoi 163 piani, è alto 829.8 m.
Dunque la Jeddah Tower avrà il primato di essere il primo edificio in assoluto a superare il chilometro di altezza.

 Jeddah: come sarà il mondo visto da lassù? E i velocissimi ascensori, ci faranno sanguinare il naso?

... Ma solo fino a che non ne arriverà un altro più alto! E ciò è previsto nell'imminenza. Infatti, per il 2021 sarà ultimata la Dubai Creek Tower, che potrebbe superare la Jeddah Tower. E a Tokyo, inoltre, è prevista la realizzazione di un ennesimo super-grattacielo, la Sky Mile Tower, alto 1700 m., completamente ecosostenibile e resistente a tutto: dai terremoti agli tsunami più disastrosi, e in grado di ospitare quasi mezzo milione di persone...


 La Torre di Babele aveva un'altezza risibile in confronto a questi giganti, veri e propri aghi puntati verso l'Immenso

Per leggere dettagli sulla Jeddah Tower e su altri interessanti progetti di architettura (non solo in direzione cielo: anche in orizzontale!) vai sul sito Building Cue.






Per leggere la nostra 'Piccola storia dei grattacieli', i link sono questi:




 







domenica, dicembre 06, 2020

Per il centenario della nascita di Dave Brubeck

 Omaggiamo il grande pianista jazz con questi filmati di concerti del Dave Brubeck Quartet risalenti agli Anni Sessanta.



Per leggere altro su Dave Brubeck (la vita, gli album più importanti, le missioni "diplomatiche" oltre la Cortina di Ferro, il suo antirazzismo) vai a questo articolo sul blog Faust's Look, blog dedicato interamente alla musica jazz.

Brubeck: nato 100 anni fa come oggi (6 dic. 1920), morto 8 anni fa come ieri (5 dic. 2012)

giovedì, dicembre 03, 2020

The Mills Brothers

(Per la serie: "L'America che ci piace")

Grande gruppo vocale, responsabile di buon mood e melodie piacevoli. Particolarità: sapevano imitare gli strumenti con la bocca...

#musica #vocals #cantanti #jazz




I Mills Brothers sono un gruppo vocale jazz e pop statunitense, nato nel 1928 e tuttora in attività attraverso i suoi eredi musicali. 

Il gruppo era composto originariamente da quattro fratelli afroamericani, nati a Piqua (Ohio): John Jr. (19 ottobre 1910 - 23 gennaio 1936) basso (voce) e chitarra, Herbert (2 aprile 1912 - 12 aprile 1989) tenore, Harry (19 agosto 1913 - 28 giugno 1982) baritono e Donald Mills (29 aprile 1915 - 13 novembre 1999) tenore solista.


Il padre, John Sr., aveva costituito in precedenza un gruppo vocale di musica "barbershop" (un tipo particolare di musica a cappella), dal nome "Four Kings of Harmony". La madre, Ethel, si era dedicata alla musica operistica (opera buffa e dintorni). I fratelli cominciarono a loro volta a esibirsi nei cori di alcune chiese di Piqua e successivamente alla Piqua's Mays Opera Hous", creando il loro inconfondibile stile, basato sull'imitazione vocale degli strumenti dell'orchestra: John imitava la tuba, Harry la tromba, Herbert la seconda tromba e Donald il trombone. L'idea nacque casualmente quando Harry, avendo perso il suo kazoo, cominciò a imitare la tromba con le mani a coppa sulla bocca.

Nel 1928 si esibirono alla WLW, una radio di Cincinnati, e nel 1930 cantarono alla CBS Radio di New York; effettuarono la loro prima registrazione con la Brunswick Records, mentre nel 1934 presero a incidere per la Decca. Nel 1932 iniziarono le loro partecipazioni cinematografiche, con The Big Broadcast.

Nel 1936 John Jr. morì per le conseguenze di una polmonite, e i fratelli pensarono di sciogliere il gruppo ma, dietro consiglio della madre, proseguirono l'attività: il padre, John Sr., sostituì John Jr., e al complesso si unì Norman Brown come chitarrista.

Nel 1943 il disco "Paper Doll" raggiunge la prima posizione nella Billboard Hot 100 per 12 settimane, fino ad oggi ha venduto 11 milioni di copie e nel 1998 ha vinto il Grammy Hall of Fame Award.

Nel 1944 il disco "You Always Hurt the One You Love" raggiunge la prima posizione nella Billboard Hot 100 per 5 settimane.

Nel 1957 John Sr., all'età di 68 anni, lasciò il gruppo, che proseguì come trio.

Nel 1976, in occasione del cinquantesimo anniversario di attività, i Mills Brothers si esibirono al Dorothy Chandler Pavilion di Los Angeles, presentati da Bing Crosby. Successivamente, dopo la scomparsa di Herbert nel 1989, e di Donald nel 1999, il complesso proseguì la sua attività con John III, figlio di Donald, cui si unì Elmer Hopper, che aveva cantato con i Platters. Nel 1998 il gruppo ottenne il Grammy Award alla carriera.

martedì, novembre 24, 2020

L'Indignazione

 di Giuseppe Alù



Questa notte ho avuto una illuminazione (sì, anche io, perché? Ce l’hanno tutti, perché io no?) e ora sono tutto una luce. La luce dell’intendimento, direbbe Garcia Lorca. E la luce avvolge un mio prezioso pensiero. Quale? Ma l’indignazione, perbacco!

 


Vocabolario Treccani: “indignazióne (ant. indegnazióne) s. f. [dal lat. indignatio -onis, der. di indignari «sdegnarsi»]. – 1. Stato dell’animo indignato, risentimento vivo soprattutto per cosa che offende il senso di umanità, di giustizia e la coscienza morale). 2. ant. Infiammazione, irritazione di una parte del corpo.

 

Acclarato cosa significa “indignaziòne”, procedo.

Tutti (o quasi) si indignano. Ma – ecco la mia illuminazione - tutti in un grado diverso.

E in forme sorprendenti. Vi voglio sorprendere (se non lo volete, piantatela qui).



Avete mai pensato che per un unico fatto indignante si possono avere gradi di indignazione diversi? Seguitemi. Facciamo un esempio e così percepiamo meglio la eccezionale profondità della mia intuizione. Da 1 a 100 nella graduazione della indignazione, si può verificare questo.

Tangentopoli. Fatto unico di grande rilevanza oggettiva, sbriciolamento dei partiti, smarrimento politico, ascesa di un imprenditore unto del Signore (soprattutto nei capelli), ecc. A me, che ho molta (e inutile) passione politica, le ruberie scoperte da Tangentopoli mi indignano a livello 90; a mio fratello, che si e no guarda un telegiornale al giorno ma che era abituato ai partiti ed è più saggio di me, gli stessi fatti illeciti lo fanno indignare a livello 55; il mio vicino di casa, che era iscritto ad un partito cancellato e che in qualche modo aveva trovato il sistema per… non voglio farmi querelare…, i fatti disonesti scoperti da Tangentopoli non solo non lo fanno indignare affatto, ma anzi il suo giudizio scende sotto lo zero e si indigna, per la pulizia giustizialista e manettara compiuta da Tangentopoli, fino ad un valore di “meno” 40.

Fatto unico: indignazioni di grado diverso!



Volete un altro esempio? Eccolo.

Per il deludente gioco della Nazionale di calcio, io mi indigno fino a 35 o 40; mio fratello, al quale non gliene frega niente del calcio ma che comunque tiene per l’Italia, si indigna diciamo fino al 30; invece il solito mio vicino di casa, che da giovane all’Oratorio ha partecipato a due partite nella squadra della Virtus con il ruolo di mezz’ala tornante, e che è rimasto nelle viscere per sempre mezz’ala tornante, si indigna ad un livello di 90. Chiaro? Fatto negativo unico, diversi gradi di indignazione.

Se è vero come è vero tutto ciò, per un famoso principio di logica che esiste, ma che ora non ricordo, deve essere vero anche il reciproco. Fatti negativi diversi e indignazione identica.

 Continuiamo con gli esempi? D’accordo.

Siamo in fila alla cassa di un Supermercato (non dico il nome del mio per non cadere nel divieto di pubblicità subliminale).

Personaggi: la cassiera, una prima cliente, una seconda cliente. Fuori piove furiosamente. La prima cliente sta lì a lamentarsi con la cassiera: dovrà inzupparsi per colpa del loro parcheggio lontano assolutamente scomodo e si indigna: “Che roba!”.

La seconda cliente che ha fretta ed è contrariata per la gente che alla cassa si mette a chiacchierare mentre gli altri aspettano, rivolta ai vicini esclama “Che roba!”

La cassiera che non vede l’ora di essere sostituita da una collega che al solito tarda ad arrivare infischiandosene delle esigenze familiari dei colleghi, guarda la fila sempre più lunga e disgustata mormora “Che roba!”

Stessa indignazione per tre situazioni del tutto diverse, al contrario degli esempi precedenti.

Ve lo dicevo, no?

Ma come è possibile?

E’ possibile se consideriamo non il fatto negativo osservato, ma l’occhio che lo osserva, il singolo punto di vista personale. Ecco che un unico fatto indignante, recepito da persone che hanno sensibilità, esperienze, esigenze diverse, può dar luogo a gradi di indignazione differenti. E viceversa.

Purtroppo questo fenomeno non giova ai rapporti umani, anzi vi porta fattori di confusione o meglio di incomprensione. L’errore sta nel fatto che tutti noi crediamo di avere la stessa sensibilità e quindi non comprendiamo come mai gli altri possano non indignarsi come ci indigniamo noi per fatti che noi consideriamo assai negativi.

 


A volte a me è capitato in una discussione di lasciare per ultimo l’argomento decisivo, davanti al quale non si può non cedere e alla fine di metterlo sul tavolo in maniera trionfante. E mi è capitato di sentire in risposta “E allora? Tutto qui? Ma questo non conta niente” con mia assoluta costernazione.

A questo punto vi domanderete: a che fine tutta questa tiritera? Sapendo questo ci sentiamo meglio?

Meglio non lo so, sono affari vostri e potevate fare a meno di continuare a leggere dopo i primi periodi.



Più lucidi nei giudizi forse sì. Ed è qui che volevo arrivare. Attualità. Corona virus.

Un onesto calabrese guarda lo sfacelo della sanità locale, si indigna e mormora “Che disastro!”

Un onesto laziale guarda l’affollamento nei Pronto Soccorso del vicino Ospedale dove si è ricoverati ma con ritardo, si indigna e mormora “Che disastro!”.

Un onesto trentino sente gli ululati lamentosi delle Ambulanze che sfrecciano per le strade e affranto pensa che forse non tutti potranno avere uguale assistenza visto il numero dei contagiati, e si indigna e mormora “Che disastro!”.



Tre indignazioni uguali per tre diversi gradi di carenze sanitarie dalla gravissima alla sopportabile. E mi chiedo se il trentino si indigna per la sua situazione, come si dovrebbe indignare il calabrese? Forse l’uno non conosce la situazione dell'altro…

Non lo so, fate voi. E mi raccomando, indignatevi sempre al massimo grado, un motivo ci sarà in ogni caso.

                                                 Saluti.




Giuseppe Alù (Caltanissetta 1936) è stato Magistrato Consigliere di Cassazione. Ha pubblicato La contessa Marianna, Mondadori 1989 (Premio San Vidal – Venezia – 1989); Storia e storie del Risorgimento a Treviso, Edizioni Galleria 1987; Lo scritto e il sigillo, Raccolta di poesie 1971-1981. E: Tedeschi. Quadretti di una esposizione, Asterios 2018 (disponibile qui).

 

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