Questo è un libro che si deve leggere e far leggere. Io personalmente ne ho regalato una copia a mio fratello e l'ho raccomandato a molti miei conoscenti. Together we stand, divided we fall (che Randone ha scritto con il contributo di Nino Gatti) è un'analisi critica compiuta da un musicista; dunque abbiamo da una parte molti dettagli tecnici interessanti, tuttavia il grosso del volume è costituito dalle osservazioni di un grande fan dei Pink Floyd e del rock in generale, perciò possiamo stare certi che qui c'è dell'entusiasmo genuino, c'è il cuore, c'è la sensibilità di chi sa cogliere sentimenti e sfumature poetiche.
La storia la sappiamo: il film diretto da Alan Parker uscì nel 1982 e fu immediatamente un successo, sulle ali della fama del 'concept album' The Wall. L'ispirazione è ovviamente quella della straordinaria narrazione su pentagramma incisa sul doppio disco pluripremiato; inoltre ci si serve qui dell'interpretazione sentita e dunque credibile di Bob Geldof nei panni di una rock star in forte crisi. È un film tradizionale? No, come sappiamo. È un insieme - un vero mix - di linguaggi espressivi. Pink Floyd The Wall visualmente è basato in gran parte sulle animazioni di Gerald Scarfe, costruite su disegni iconici che nel frattempo hanno fatto scuola. (La scelta cadde su Scarfe non in maniera casuale: nel Regno Unito, era già noto come fumettista satirico.)
Nicola Randone fa un lavoro anche di ricerca linguistica, illustrandoci le espressioni idiomatiche e quelle inconsuete (per noi non-inglesi) contenute nell'opera.
>> A proposito dell'uso dei "modi di dire" in THE WALL, che abbiamo già avuto modo di riscontrare In the Flesh? nell'espressione "space cadet glow", è chiaro che l'autore Roger Waters non sia il classico paroliere che gira sempre intorno alle stesse parole ma che, da uomo inglese tutto d'un pezzo, ami servirsi della tradizione linguistica della sua terra proprio come uno scrittore colto. Non a caso, chi mastica un po' d'inglese e non ha alcuna difficoltà a comprendere il testo cantato di gruppi come i Led Zeppelin o i Deep Purple, quando si trova davanti a un testo di Roger deve spesso ricorrere al vocabolario. <<
Per questo motivo Randone ha analizzato anche l'etimologia dei modi di dire: per arrivare a una più profonda comprensione dell'opera. Oltre alla descrizione dei singoli capitoli, anzi: delle singole scene della pellicola, ci sono un mucchio di informazioni particolareggiate sul periodo in cui le singole canzoni sono state composte, per quale occasione, in quale situazione esistenziale di questo o quel componente della band, cosa vogliano dire veramente e, come c'è da aspettarsi, vengono scandagliati i retroscena dietro alle sequenze del film, gli incidenti sul percorso, le curiosità, i contributi di questo o quel membro della troupe, le scelte artistiche e di montaggio fatte da Alan Parker e dai suoi collaboratori...
Il lettore può così "gustarsi" Pink Floyd The Wall anche se non ha il DVD sottomano, rivivendo nel proprio spirito il racconto in tutte le sue nuances e persino imparando qualcosa di più circa i Pink Floyd. All'interno del gruppo, infatti, si erano già innescati quei meccanismi che avrebbero ben presto portato alla separazione di/da Waters...
Spesso le ragioni non dipendono affatto dal film... Esempio: Rock the Kasbah (2015), con Bill Murray
Bill Murray è uno stupendo attore e Barry Levinson lo ricordiamo come regista di Rain Man - L'uomo della pioggia (Oscar per la migliore regia) oltre che Sleepers, con Brad Pitt.
Levinson ha diretto anche Rock the Kasbah, dedicato a Setara Hussainzada, la ragazza che ha avuto il coraggio di cantare e ballare nel programma Afghan Star (il nostro X-Factor; o, se volete, un po' tipo American Idol - che, nell'universo dei talibani, è comunque una roba inaccettabile).
I fatti reali ci dicono che, quando la 21enne Setara Hussainzada si è presentata sul palco davanti alle telecamere a cantare (il programma non lo prevedeva per le donne!), nell'intera nazione afghana si è levato un urlo di indignazione. Ad un certo punto, Setara ha cominciato a ballare. E, quando ha fatto scivolare pure il velo, mostrando un trucco come le attrici indiane di Bollywood, la frittata era completa. Scoppiò il finimondo!
Trailer
Il film con Bill Murray mostra molto di meno, è meno clamoroso, sebbene ben architettato e con l'implementazione di nuovi personaggi. Qui, la cantante afghana (incoraggiata dal suo manager) timidamente sale sul palco, sì, si toglie il velo, e poi canta... in inglese. La sentiamo esibirsi - nonostante sia visibilmente spaventata per le facce del pubblico - in una bella versione di "Wild World", di Cat Stevens.
Nel film vediamo Murray, in forma eccellente pur se con la faccia rugosa, nei panni di Richie Lanz, da Los Angeles. Richie è un manager e scopritore di talenti la cui carriera non ha mai avuto momenti davvero brillanti. La sua agenzia è in via di fallimento e ormai ha un'unica cliente, la giovane cantante spiantata Ronnie. Durante una visita in un locale da ballo / da sballo dove lei si esibisce, un amico avvicina Richie Lanz e gli consiglia di lanciare la bella e - secondo le nostre orecchie - anche brava Ronnie in Afghanistan, dove sono stanziati tanti soldati americani affamati di eventi che possano distrarli dal grigissimo (e periglioso) tran-tran di quella lontana e ostile terra. Detto, fatto: Richie e Ronnie partono. Quest'ultima purtroppo non si adatta a quella realtà così differente da tutto ciò cui lei è abituata e l'uomo rimane da solo nel suo misero albergo e, quel che più conta, senza neppure uno spicciolo in tasca; né passaporto. Lei, Ronnie, gli ha sottratto il portafoglio...
A sinistra: la bella Zooey Deschanel (Ronnie)
Girovagando senza meta per Kabul, Richie fa conoscenza con Merci, una giovane donna americana che è lì per prostituirsi. Poi viene agganciato da due tipi loschi (anche questi occidentali allo sbaraglio) che gli offrono un lavoro: trasportare armi fino a un villaggio pashtun. Ed è in quel posto sperduto nel deserto di pietre e sabbia che il vecchio e fallito manager scopre la voce straordinaria di Salima, una ragazza del posto. Fiancheggiato da Merci, decide di fare esordire Salima nel programma Afghan Star. Ma il padre della ragazza e l'intera tribù sono, per ovvi motivi (religiosi e culturali), tutt'altro che entusiasti dell'idea.
Nelle foto sopra: "Smoke on the water" suonato nella cerchia di guerrieri pashtun e (sotto) Kate Hudson in una scena a fianco di Bill Murray
Sia la story che la sua realizzazione - il prodotto finito - risultano essere tutt'altro che malvagi. Diremo di più: essendo in primis una commedia, Rock the Kasbah non pecca assolutamente di momenti divertenti; sempre restando che l'accento della narrazione cade sulla differenza di usi, costumi e mentalità tra noi - europei e americani - e gli afghani (i quali, come sappiamo, sono in guerra tra di loro e con il mondo intero).
La recitazione è più che discreta: a parte il fantastico, stagionato Murray (che non sembra faticare per nulla nello scivolare nei panni di Richie, un manager di spettacoli rock uso a darsi un po' troppe arie), da segnalare la naturalezza di Kate Hudson (la bella prostituta bionda Merci), Zooey Deschanel (attrice-cantante losangelina dal fascino innegabile, qui nel ruolo della schifatissima Ronnie), Bruce Willis come legionario-avventuriero "Bombay" Brian, nonché il simpatico Beejan Land, australiano di origini persiane, nei panni di Daoud Sididi, tassista di Kabul con la passione della musica angloamericana.
Beejan Land (nel ruolo di tassista-guida) e Bill Murray
Sembra assurdo ma Rock the Kasbah è stato uno dei peggiori flop del 2015! Accolto negativamente sia dal pubblico che dalla critica, ha incassato non più di 2,9 milioni di dollari in tutto il mondo - e ciò dopo aver bruciato un budget di 15 milioni.
Motivi del flop?
Sicuramente estranei al valore della pellicola in sé.
Quando una cosa del genere accade, ci sono di mezzo il marketing e persino la politica.
Intolerance, 1916
In tutta la storia del cinema, non sono poche le pellicole valide che hanno fatto fiasco al botteghino. Elenchiamo di seguito alcuni casi celebri:
Intolerance, il film di David Wark Griffith che seguì Nascita di una nazione. A causa di continui ritardi nella produzione, Intolerance non venne rilasciato prima della fine del 1916, in un momento in cui il messaggio pacifista lanciato dal regista-produttore andava in direzione opposta e contraria allo spirito del momento (gli Stati Uniti erano prossimi a intervenire nella Prima Guerra Mondiale).
Altro significativo esempio di cause esterne che hanno causato il fallimento economico di una pellicola: United Passions, docudrama sulla FIFA del 2015 (stesso anno di Rock the Kasbah). United Passions venne stroncato dalla critica. Inoltre, per sua sfortuna venne proiettato negli U.S.A. nel periodo in cui i vertici della FIFA finirono sotto indagine per frode e corruzione! Ciò, unita alla risaputa indifferenza culturale e storica - in generale - per il calcio da parte degli americani, mantenne bassissimi gli incassi: soltanto 918 dollari nel primo weekend di programmazione nelle sale (!).
Il conquistatore non fu solo un fiasco commerciale: il film, girato nei pressi di una zona dove si tenevano esperimenti atomici, costò la morte prematura ad alcuni degli attori. Dick Powell morì di cancro nel gennaio 1963, anni dopo il completamento della pellicola, Pedro Armendáriz si suicidò sempre nel 1963, in fase ormai terminale, dopo che nel 1960 gli venne diagnosticato un tumore renale; Susan Hayward, John Wayne e Agnes Moorehead (questi ultimi due ad ogni modo erano forti fumatori) perirono di cancro negli Anni '70. John Hoyt morì di tumore polmonare nel 1991...
Alcuni film possono rivelarsi dei fiaschi commerciali se rilasciati in contemporanea a gravi catastrofi, come avvenuto per gli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001 o per la pandemia di COVID-19. E, non raramente, il flop di una pellicola comporta pesanti indebitamenti, talvolta fino alla bancarotta, per major e non-major: è accaduto con la RKO (Il conquistatore, film del 1956 diretto da Dick Powell e prodotto da Howard Hughes con John Wayne nel ruolo del condottiero mongolo Gengis Khan), la United Artists (I cancelli del cielo sotto la direzione di Michael Cimino, autore, appena due anni prima, del pluripremiato Il cacciatore), la Carolco Pictures (Corsari, alias Cutthroat Island, entrato nel Guinness dei primati come maggior flop cinematografico della storia; il regista, il finlandese Renny Harlin - all'anagrafe Lauri Mauritz Harjola - non terminò affatto la sua carriera: anzi...!) e diverse altre. In tempi recenti, il flop del film Milo su Marte (Mars Needs Moms), film d'animazione del 2011 diretto da Simon Wells (britannico; pronipote del grande scrittore inglese H. G. Wells), ha portato al fallimento della ImageMovers Digital. Milo su Marte è costato 150.000.000 e ha incassato complessivamente 39 milioni circa.
Per inciso, il primo e unico vero film di Simon Wells con attori veri, The Time Machine, trasposizione del racconto omonimo del bisnonno George Wells La macchina del tempo (il filmThe Time Machine usa il 'matte painting' e la computer grafica, oltre a esservi inseriti concetti New Age), ebbe un buon incasso: 123.729.176 dollari al botteghino, a fronte di un budget di realizzazione di 80 milioni di dollari; venne però accolto generalmente in maniera negativa dalla critica.
Ecco una clip di The Time Machine, per la regia di Simon Wells: tanto per ricordarci che di film da riscoprire ce n'è tanti
Il fiasco di un film può essere dettato, tra gli altri fattori, anche dalla pessima promozione (accade a tanti indipendent movies). O dagli elevati costi di produzione malgrado i discreti guadagni al botteghino. Spesso, il budget viene "sfondato" durante la realizzazione, a causa anche della lievitazione i costi. Il già citato I cancelli del cielo del 1980, di Cimino, per via di ritardi nella realizzazione, vide salire il budget da 12 milioni di dollari a 44, per poi incassarne appena 3,5 milioni. Simile destino ebbe Sahara, film del 2005, tratto dall'omonimo romanzo di Clive Cussler (anche se lo stesso scrittore ha molto criticato la sceneggiatura del film, considerandola distante dal libro), il cui incasso nelle sale fu di 119 milioni di dollari a fronte di un budget di (!) 281,2 milioni
Heaven's Gate, cioè I cancelli del cielo; locandina originale
Nel rapporto tra spese di produzione e incasso, il film di più basso introito è stato Le avventure di Stanley (A Troll in Central Park), cartoon statunitense del 1994 costato 23.500.000 $ ma che ne ha incassati appena 71.368, pari allo 0,3% del budget. Con una perdita del 99,7%, Le avventure di Stanley detiene il triste primato di film flop con il più basso introito.
Hanno fatto e sempre faranno fiasco, anche in futuro, film non necessariamente brutti ma semplicemente o troppo complessi (come nel caso de I cancelli del cielo) o, al contrario, talmente deludenti dopo le prime proiezioni da determinare il passaparola del pubblico: un elemento decisivo per sanzionare il successo o meno nei cinema.
I cancelli del cielo: Isabelle Huppert
Heaven's Gate è un western atipico, girato da Michael Cimino sull’onda del successo de Il cacciatore (The Deer Hunter). È un affresco potente e drammatico della storia nascosta degli americani, quella che loro non amano ricordare; un film assolutamente unico per fastosità, ambientazione e per la bellezza lirica delle immagini. Eppure, la United Artists (fondata nel 1919 come casa di distribuzione da quattro grandi attori e registi di Hollywood: Charles Chaplin, Douglas Fairbanks, Mary Pickford e David Wark Griffith, allo scopo di rompere lo strapotere delle major) andò in bancarotta. La United Artists passò poi nelle mani della Metro Goldwyn Mayer e, dal 2022, è parte di Amazon Studios.
Gigli (Amore estremo, in italiano), con Ben Affleck e Jennifer Lopez che allora - nel 2003 - erano una coppia anche nella vita, fallì semplicemente per essere un film pessimo; come tale, ha vinto tutti i Razzie Awards possibili (peggior film, peggior regista, peggiore sceneggiatura, peggiore attrice e via dicendo) ed è in quasi tutte le liste, se non tutte, di Worst Movies Ever (qui una delle tante).
Flash Gordon, 1980: un fumettone fatto bene. Eppure...
Altro flop o simil-tale fu Flash Gordon del 1980, una produzione di Dino De Laurentis che vedeva nel cast uno dei titani tra i mimi del XX secolo: Max von Sidow. Flash Gordon divenne un flop perché gli americani lo considerarono troppo poco americano, nonostante si ispirasse alle gesta di un eroe dei fumetti americanissimo. Fu un colossal di ben 35 milioni di dollari con un soundtrack comprendente brani dei Queen (autori dell'omonimo album). Ricavò negli Stati Uniti soltanto 27 milioni di dollari. Invece, nel Regno Unito andò bene: 13.864.652 sterline di incasso. Troppo poco comunque per essere considerato un vero e proprio successo. Oggi è un "cult" della fantascienza e, nel frattempo, anche i critici più duri di testa hanno rivalutato sia l'interpretazione dell'attore principale, Sam Jones (a suo tempo deriso con l'assegnazione di un Razzie), sia il lavoro fatto dal regista, Mike Hughes.
Altro flop: Ishtar, con Dustin Hoffman e Warren Beatty. I critici lo considerarono (ingiustamente) "uno dei peggiori film di sempre". È stato rivalutato soltanto molto dopo... La storia non è troppo dissimile da quella di Rock the Kasbah: in Ishtar, due cantanti mediocri vengono ingaggiati per intrattenere le truppe stelle-e-strisce in un piccolo Paese nordafricano ("Ishtar", appunto). E lì si trovano nel bel mezzo della rivoluzione. Si dice che sorsero dissidi tra Elaine May, la regista, Warren Beatty (che era anche il produttore) e il direttore della fotografia Vittorio Storaro. Un cambio di dirigenza ai vertici della Columbia Pictures durante la post-produzione causò altri problemi professionali e personali che ritardarono l'uscita della pellicola... Costi: 55 milioni di dollari. Incassi: 14.
Arnold Schwarznegger ricopre il ruolo principale in Last Action Hero - L'ultimo grande eroe, che ironizza sui cliché dei film d'azione, presentando diverse parodie e riferimenti tipici al genere. Last Action Hero non fu capito, almeno in America. Eppure, è un grande prodotto d'intrattenimento, con Schwarzenegger che, oltre al protagonista John Slater, interpreta se stesso. Ci sono numerosi riferimenti a tanti altri film e ottimi camei. Le varie comparsate di divi del cinema e della musica includono (nei panni di se stessi) Sharon Stone, Robert Patrick, James Belushi, Jean-Claude Van Damme, Damon Wayans, Tina Turner, Little Richard. Budget altissimo per l'epoca: 85 milioni di dollari, ma negli U.S.A. il film ne ricavò solamente 50 al botteghino. Recuperò parzialmente, a livello globale, con gli incassi in home video.
Buon per Spielberg che rifiutò la direzione del film: lui stava preparandosi a girare il capolavoro Schindler's List... McTiernan, regista di Last Action Hero, che veniva da Caccia a ottobre rosso ma anche dal clamoroso fiasco di Mato Grosso, riuscirà a riprendersi solo con Die Hard, filmaccio d'azionaccia con Bruce Willis.
Il caso di Dune, il film diretto da David Lynch tratto dai romanzi di Herbert, è arcinoto. La pellicola dura tre ore, tre ore in cui si cerca di condensare l'intero universo - ingarbugliato, ammettiamolo - del pianeta Arrakis (chiamato anche "Dune") con tutti gli eventi che coinvolgono la Casata Harkonnen, il duca Leto Atreides e suo figlio Paul... Lynch è riuscito a costruire un film geniale e visionario, purtroppo per lui però differente dalle classiche produzioni hollywoodiane ossia dai gusti del pubblico. Con il risultato di mandare in crisi De Laurentis.
Ce ne sono tanti altri: Ragtime, Rambo 3, 1941 allarme a Hollywood (il fiasco di Steven Spielberg!), Beloved (importantissimo film di Jonathan Demme tratto dal romanzo di Toni Morrison circa le conseguenze a lungo termine della schiavitù degli afroamericani), Bounty (con un giovane Mel Gibson), Un sogno lungo un giorno (il flop di Francis Ford Coppola, film con musiche di Tom Hanks e più tardi rivalutato), Waterworld (contrassegnato da risse verbali tra regista - Kevin Reynolds - e produzione)...
Riguardo a Rock the Kasbah (titolo che fa riferimento a un brano della band punk britannica The Clash), non si capiscono neppure certe critiche impietose: la pellicola ha "tempo", ha ritmo; non è povera di action, rimane tutto il tempo umana ed emozionale / emozionante, conservando un occhio di riguardo per la cultura o le culture aliene dell'Afghanistan e dell'Islam in generale; e ci mostra de facto la realtà di Kabul, un mare di edifici fatiscenti e rovine dove si assiepano numerosi cittadini anche stranieri e dove tribù e gruppi religiosi si antagonizzano a forza di mitragliate e bombe.
Io l'ho riguardato su un programma di film in streaming e, beh, ne sono rimasto abbastanza deliziato.
Quando scegliete un film, scegliete bene e, se vi è piaciuto, parlatene! Chissà che non diventi un cult a posteriori. (Basti pensare a Donnie Darko!)
Il mercato dell'home video ha spesso mitigato la delusione dei produttori, permettendo alle major cinematografiche di rifarsi, almeno in parte, delle somme investite. Ci sono film, come i già citati Dune - regia di Lynch - e Waterworld - con Kevin Kostner -, costati uno sproposito e poi rivelatisi un fallimento clamoroso e che però, nel corso degli anni successivi all'uscita, hanno recuperato parecchio proprio grazie alle vendite di VHS e DVD. E grazie alla loro riproposizione sulla TV (in streaming o tradizionale).
Su Twitter, l'account dei Golden Globe Awards ha postato:
>> Remembering Golden Globe Winner and Actress Raquel Welch. Rest in peace ❤️ <<
E l'attrice Reese Witherspoon:
>> So sad to hear about Raquel Welch's passing. I loved working with her on Legally Blonde. She was elegant , professional and glamorous beyond belief. Simply stunning. May all her angels carry her home. 🕊️ Sending love to her family and her many fans ❤️ <<
Questo sketch dei Monty Python fa capire quanto fosse popolare l'attrice soprattutto da giovane. Il "piccolino" dice all'intervistatore, a proposito dei propri desideri: "I want to have Raquel Welch dropped on top of me."E l'altro rincara la dose facendo un'osservazione sul sedere della bella Raquel...
[Raquel Welch and Ringo Starr during filming of "The Magic Christian" 1969]
Con la morte di Raquel Welch si chiude davvero un'epoca.
L'attrice e modella di Chicago aveva 82 anni.
A cominciare dagli Anni 60 fu un sex symbol internazionale. L'immagine di lei semisvestita arrivò ovunque, anche nei calendari "osè" dei negozi di barbiere delle più remote province italiane. Io ricordo ancora quei calendari, che sembravano prendere fuoco nelle mie mani di bambino (innocente?). Raquel era una tentazione diabolica persino per un pischilletto di sette-otto anni come lo ero io quando per la prima volta ammirai le forme prorompenti dell'attrice statunitense.
Era bellissima e fu il sogno di tanti maschi di tutte le età. R.I.P.
Raquel Welch. Vero nome: Jo Raquel Tejada.
Chicago, 5 settembre 1940 – Los Angeles, 15 febbraio 2023.
Presentatore:"E queste scarpe? Sono da donna, da uomo o da bisessuale?"
David Bowie:"Sono solo scarpe, sciocco!"
Solo David Bowie e la sua arte per 140 minuti. Moonage Daydream!
Un vero e proprio trip per lo spettatore!
Uno straordinario lungometraggio. Il film ha richiesto quattro anni per essere assemblato e altri 18 mesi sono stati dedicati alla colonna sonora.
Moonage Daydream è programmato (per il momento) solo il 26, 27 e 28 settembre al cinema (in Gran Bretagna). Ma il successo è assicurato e dunque lo potremo possedere presto su DVD...
#DavidBowie. La storia del "Duca Bianco".
La rivista inglese Uncutcosì recensisce Moonage Daydream, il documentario su David Bowie realizzato da Brett Morgen.
<<È uno "sballante" resumée della vita di David Bowie
'Keep your 'lectric eye on me, babe'
Articolo di Damon Wise
Forse non si tratta della biografia approfondita e completa che molti pensano che il Duca Bianco avrebbe meritato, ma è di certo un film che lo stesso Bowie avrebbe amato: giocoso, intelligente e ammirevolmente diffidente nel presentare un argomento che a tanti di noi è familiare. È una fantasticheria da brivido: assomiglia più a un flashback "acido" che a un documentario.
Il regista, Brett Morgen, ha adottato un percorso simile a quello di 'Montage Of Heck' (su Kurt Cobain). 'Moonage Daydream' si apre con una sequenza ricavata dalla collaborazione di Bowie con i Pet Shop Boys nel 1995 ("Hallo Spaceboy"): questo non è solo un modo intelligente per sottolineare l'intenzione di evitare un resoconto lineare degli ultimi giorni sulla Terra della star, ma anche un segnale che Morgen è informato non solo sulla discografia classica di Bowie ma anche su quella "tarda". Alcune omissioni possono sorprendere – il ritmo frenetico del docufilm sembra portarci da 'Ziggy Stardust' direttamente a 'Low' – ma altre invece hanno una spiegazione: manca tutta la produzione degli anni '80 posteriore a 'Let's Dance', inclusi entrambi gli album dei Tin Machine.[Leggi l'intervista di 'Uncut' con il regista (articolo in ingl.).]
Una tecnica di inquadratura che utilizza filmati del promo di 'Blackstar' consente a Morgen di giocare con la metafora di Bowie quale extraterrestre precipitato in Gran Bretagna nel periodo del dopoguerra. D'altronde però il regista scava nelle origini terrene di Bowie, usando estratti di antiche interviste televisive in cui la star espone i suoi pensieri, rivelando che il successo iniziale significava per lui che non sarebbe mai diventato la persona che "avrebbe dovuto essere". Per accompagnare questi momenti, Morgen utilizza alcune interessanti riprese dal vivo, che sembrano sottolineare l'autoanalisi attenta di Bowie e include una versione fenomenale, particolarmente riuscita, del brano "The Jean Genie", che incorpora il beatlesiano "Love Me Do".
Numerosissimi i riferimenti: un torrente di immagini e concetti che saranno cari a chi ha confidenza con il lavoro da attore di Bowie, con i suoi dipinti, con la sua collezione di libri o il suo lavoro esoterico insieme ad artisti quali il cantante Klaus Nomi o la compagnia canadese di balletto La La La Human Steps. Chi invece non sa a cosa si riferisce Morgen, avrà forse qualche difficoltà ad apprezzare appieno 'Moonage Daydream'. Nel contempo, però, è piacevole imbattersi in un film che pretende che il lavoro di assemblaggio lo faccia lo stesso spettatore! 'Moonage Daydream' potrebbe non essere l'intera storia del Duca Bianco, tuttavia è un tentativo davvero potente di trasmetterci l'irrequieta curiosità che ha caratterizzato, fino alla fine, l'uomo David Bowie.
'Moonage Daydream' ha debuttato nel Regno Unito il 22 settembre. >>
L'attrice francese Carole Bouquet (classe 1957, una bellezza classica, che in Italia girò qualche film, primo tra tutti Bingo Bongo interpretato da Adriano Celentano), ha vissuto nel nostro Paese, parla correttamente l'italiano e possiede una villa e dieci ettari di vigneto a Pantelleria, in contrada Serraglia, dove produce il vino Sangue d'Oro, un Passito di Pantelleria.
Pantelleria: vigneti al vento
Ecco la felicità della vita, Amore e vino ugualmente dobbiamo aver vicino.
"Ho scelto l'Italia, la Sicilia e Pantelleria per mettere le mie radici. I muretti lavorati a secco dagli uomini, con la loro determinazione infinita, mi danno la stessa emozione del Campidoglio, dei mosaici di Piazza Armerina. Senza luce io muoio, sono venuta in Sicilia per rinascere di nuovo."
Gettiamo via gli affanni! Scorri vino in un fiume di schiuma in onore di Bacco, delle muse, della bellezza.
Bohemian Rhapsodya me è piaciuto… ma bisogna capire che non è un vero e proprio ritratto dei Queen.
In questo pur bel film (bello esteticamente), Freddie Mercury e la band vengono presentati in maniera forse un po' troppo morbida, troppo fiabesca. Le problematiche vengono smussate, e lo stesso mondo dello show business sembra ritagliato a dimensione sogno, ingenuità, simil-Disney. Comunque, c'è la musica dei Queen. E il vero "champion" di tutta la faccenda è Rami Malek, che fornisce un'ottima interpretazione del personaggio Farrokh Bulsara alias Freddie Mercury.
Ecco una delle poche recensioni del film che a me sono piaciute:link (MoviePlayer)
Che lo si voglia o no, è una parabola dello straniero (inglese:"alien") che alberga in ciascuno di noi.
PerBowie, il ruolo della sua vita. Nessuno poteva riuscire più convincente di lui nei panni dell'extraterrestre!
Tratto dall'omonimo romanzo diWalter Tevis(in Italia pubblicato da Mondadori nella collana 'Urania'), questo è uno dei tre-quattro film-cult del regista Nicolas Roegche lasciò perplessi, al suo apparire, i soliti critici di scuola conservatrice, mentre entusiasmò molte menti giovani e - inutile dirlo - contribuì ad accrescere la fama di David Bowie quale "alieno".
Qui Roeg raffina il linguaggio che gli è proprio, un linguaggio basato su un accostamento di immagini apparentemente slegate tra di esse (episodi fonico-visivi che nel loro insieme costituiscono una storia compiuta). In tempi meno lontani, troviamo riscontro di questa - in senso lato - tecnica narrativa in un'altrettanto splendida pellicola "stravagante", ovvero Barton Fink dei Fratelli Coen.
In The Man Who Fell To Earth la storia c'è, su questo non si discute; l'unica questione su cui tuttora si dibatte è se questo particolare film rientri o meno nel filone della fantascienza. Secondo me, come tutti i prodotti "cult" (vedi Arancia meccanica), anche L'uomo che cadde... sfugge felicemente a ogni tentativo di cataloghizzazione.
E' proprio la maniera di raccontare di Roeg che crea difficoltà a quegli spettatori che - ancora oggi - non sono del tutto abituati a questa sorta di cinematografia (e ciò a quasi mezzo secolo da Otto e mezzo di Fellini!).
E' importante che un artista, quando lo voglia, possa trasgredire le regole "classiche" della struttura rigida, prendendosi la libertà di accostare immagini di carattere simbolico, frutti - in apparenza - di un onirismo gratuito, di... sì... surrealismo. (I dipinti di Dalì sono ad effetto sicuro, anche se non cadono mai nel cliché; e film come L'uomo che cadde sulla Terra oppure Insignificance dello stesso regista sono diventati oggetti di adorazione proprio per l' "obliquità" della constructio e per la predominanza di immagini surreali).
In letteratura abbiamo numerosi esempi di opere che "rompono" con le regole comuni. Questo non significa però che tali libri non raccontino una storia o che essi siano un unico pastiche! Persino dietro all'apparente "spontaneità" di On The Road è riconoscibile una costruzione rigidamente aritmetica. (A proposito di Kerouac: il suo vero capolavoro è Doctor Sax, non On The Road. Ma... ssst! Non rivelatelo a nessuno.)
In definitiva, di che cosa parla questo film datato 1976? Presto detto. Bowie interpreta un alieno ("Thomas J. Newton") che atterra sul nostro pianeta nella speranza di poter salvare il proprio, che si sta vieppiù trasformando in un unico deserto. Essendo dotato di conoscenze tecnologiche sconosciute ai terrestri, comincia a capitalizzarle con l'aiuto di un avvocato (peraltro molto sospettoso nei suoi confronti), arrivando a fondare un'immensa multinazionale. Ma la sua permanenza sulla Terra ha effetti deleteri sul suo corpo e sulla sua psiche, e nemmeno l'amore di una donna (pressoché perfetta l'attrice Candy Clark!) può farlo sentire meno estraneo al nostro mondo. Alla fine Tommy/David soccombe sotto la mercizzazione totale di cui siamo già schiavi noi, e il suo sogno di costruire un'astronave che lo riporti sul suo pianeta (e qui si inserisce il personaggio dell'ingegnere, interpretato dal fantastico Rip Torn, che in quello scorcio di tempo girava film dello spessore di Tropico del Cancro) svanirà miserabilmente. Una certa organizzazione del governo americano (la CIA? Meglio non dirlo, non si sa mai) scopre in Tommy l'alieno che lui in effetti è (mentre si spacciava per cittadino britannico) e lo sottopone a una serie di test che gli rovineranno gli occhi, costringendolo a restare per sempre quaggiù.
Un consiglio: leggete pure il romanzo di Tevis; è un piccolo capolavoro a sé stante.