Visualizzazione post con etichetta cantautori. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta cantautori. Mostra tutti i post

mercoledì, novembre 08, 2023

Joni Mitchell. Dolce Joni

 Sono 80 per la cantautrice canado-statunitense...

     

Sweet Joni



           



Songwriter formidabile, Joni Mitchell ha dato tanto alla sua generazione.
Folk, pop, rock, jazz e world beat: questi generi li ha abbracciati tutti e fatti propri...
Il suo percorso inizia nelle caffetterie di Yorkville (l'equivalente canadese dell'Haight Ashbury di San Francisco e del newyorchese Greenwich Village: un fulcro culturale costituito da club, localini alternativi, gallerie di arte sperimentale, boutique hippy) per continuare con le tappe internazionali e gli album d'oro. Ha ottenuto onorificenze quali Juno, Grammy (dieci) e l'iscrizione, nel 1997, alla Hall of Fame. Il suo stile personale è stato emulato da molti altri cantautori. Ampiamente rispettata anche come artista visiva e poetessa, persino in età avanzata ha continuato a essere produttiva, completando il proprio mosaico di lirica estrosità.


    1968


    1974


    1975




A 20 anni lascia il college, che stava frequentando a Calgary, e si trasferisce a Toronto con l'intenzione di diventare una cantante folk. Cerca in tutti i modi di iscriversi al sindacato dei musicisti ma ha pochi soldi; molti locali si rifiutano di farla esibire senza tesserino. Allora va a lavorare ai grandi magazzini, incontrando nel tempo libero gli allora sconosciuti Neil Young e Leonard Cohen, oltre a numerosi altri artisti che ruotano attorno alle decine di coffee house, sedi del movimento folk.

Nel febbraio 1965 dà alla luce una bambina, nata dalla relazione con un ragazzo del college. La situazione economica si fa critica per lei. Incontra Chuck Mitchell, che si innamora di Joni e le promette di riconoscere la bambina come propria figlia. Poche settimane dopo, i due si sposano, tuttavia l'uomo cambia idea circa l'adozione della piccola e la giovane madre è costretta a darla in affidamento. 
Questa dolorosa esperienza rimarrà sconosciuta ai fans di Joni Mitchell per molti anni, seppure in alcune canzoni ci siano delle allusioni, particolarmente in "Little Green", composta in quel travagliato periodo della sua vita e pubblicata nell'album Blue del 1971.


Joni e Chuck Mitchell si trasferiscono a Detroit, dove si esibiscono come duo. Diventano la coppia folk più amata della città. Nell'estate del 1966, Joni partecipa al Newport Folk Festival, ottenendo una standing ovation.

Il matrimonio e il sodalizio artistico con Chuck dura poco: agli inizi del 1967 lei se ne va a New York alla ricerca del successo solista. Ben presto si crea, intorno alla sua figura, un piccolo ma devoto gruppo di ammiratori. 
Incontra Tom Rush, il quale rimane piacevolmente colpito dai suoi testi e soprattutto dalla canzone "Urge for Going". Rush propone il pezzo a Judy Collins che però declina l'offerta; decide quindi di registrarlo lui stesso. Ma la canzone diventa un successo solo quando viene incisa dal cantante country George Hamilton IV. Il crescente interesse verso le doti della cantautrice proveniente dal Canada spinge numerosi interpreti del rango di Buffy Sainte-Marie, Dave Van Ronk e Judy Collins a incidere le sue composizioni, portandole al grosso pubblico.




     David Crosby
Nella Big Apple, nel quartiere bohéme di Chelsea, dove ha preso residenza, Joni incontra Elliot Roberts, che diventa suo manager e la introduce nel circuito dei locali per artisti più frequentati. Durante un'esibizione in Florida, nasce la relazione sentimentale con David Crosby, ex Byrds. Crosby convince la Reprise Records affinché Joni possa registrare un album totalmente acustico. Nel marzo 1968 esce Song to a Seagull. Crosby promuove in qualsiasi maniera il disco, presentando la ragazza ai suoi amici di Hollywood e facendole girare i ritrovi di grido. Il nome di Joni Mitchell si incomincia a sentire alla radio e a leggere sulle riviste. La cantautrice riscuote grande successo al Troubadour di Los Angeles, alla Royal Festival Hall di Londra e al Miami Pop Festival. Ad accrescerne la notorietà, arriva nel dicembre 1968 la versione di Judy Collins di "Both Sides Now", che diventa una hit. Per la novella star, arrivano i primi incassi, frutto delle vendite dell'album di debutto e dei diritti d'autore sulle sue canzoni interpretate da altri.


Nell'aprile 1969 la Reprise pubblica il secondo long-playing: Clouds. Di nuovo, le critiche e le reazioni del pubblico sono positive e il concerto tenuto alla Carnegie Hall sancisce definitivamente la fama di Joni.

Si trasferisce a Laurel Canyon, Los Angeles, con Graham Nash (inglese, già nel gruppo The Hollies), che lei aveva conosciuto tramite David Crosby. La coppia acquista una piccola casa, la medesima descritta nella canzone "Our House" di Crosby, Stills, Nash & Young.


     Graham Nash
Dopo varie apparizioni televisive, Joni si prepara per il grande festival di Woodstock, celebrazione di "Love and Peace". Ma, dopo aver visto alla televisione le immagini del traffico sulle strade che conducevano verso l'amena località,  Roberts le consiglia di non andare, poiché il giorno dopo avrebbe dovuto essere presente al  Dick Cavett Show, programma televisivo molto seguito.

Essere mancata all'epocale meeting di Woodstock non le impedisce di scrivere circa l'evento. Il brano "Woodstock" diventa un vero e proprio inno: le immagini di amore e pace, di aerei da guerra che si trasformano in farfalle e l'esigenza di "fare ritorno al giardino" ("And we've got to get ourselves / Back to the garden") dipingono perfettamente la manifestazione e il frangente storico in cui essa si svolge.


Vince un Grammy per Clouds. Immediatamente dopo, la Reprise è pronta a pubblicare il terzo album di Joni Mitchell: Ladies of the Canyon, che le frutterà il primo disco d'oro. L'album contiene alcuni tra i brani più popolari del periodo folk: "Woodstock", "Big Yellow Taxi", "The Circle Game".


***

La lista degli uomini che hanno incrociato il cammino di Joni Mitchell colpisce non tanto perché è lunga, quanto per la qualità! Leonard Cohen, David Crosby, Graham Nash, James Taylor, Jackson Browne, John Guerin, Sam Shepard, Jaco Pastorius, Don Alias, Larry Klein.
Nella biografia scritta da Dave Yaffe con il titolo Reckless Daughter ("figlia spericolata"), di cui si può leggere una recensione sul Washington Post, si parla degli amori della Mitchell, delle canzoni da lei dedicate ai suoi lovers e del passaggio dal folk / folk rock al jazz, poi della perdita di popolarità e - inevitabile! - la perdita di salute. Un aneurisma cerebrale ha colpito l'artista nel 2015. L'ormai vegliarda ha cercato di riprendersi dal duro colpo, così come, da ragazzina, si era ripresa ottimamente dalla poliomelite che l'aveva colpita a 9 anni; però stavolta i segni sono rimasti. Ci hanno detto che Joni non fuma più tre-quattro pacchetti di sigarette al giorno, come ha fatto per decenni... 
Mentre era ancora in riabilitazione e non poteva né suonare né cantare, ha lasciato suonare e cantare gli altri per lei: Elton John, Bonnie Raitt, Brandi Carlile (che con i suoi 41 anni era sicuramente la più giovane dei presenti): tutti sono passati per il soggiorno di Joni. Si trattava dei cosiddetti "Joni Jams". Lei, quasi impossibilitata a muoversi, si limitava ad ascoltare sorseggiando del vino. Una volta si è messa improvvisamente a cantare, stupendo gli ospiti. Ha intonato "Summertime". E, come Belinda Carlile ha raccontato in un'intervista alla CBS, Herbie Hancock è scoppiato in lacrime. E pure gli altri si sono commossi...
(Mitchell e Hancock avevano fatto un album insieme nel 1998, dedicato a George Gershwin: Gershwin's World, dove non poteva certo mancare un'ispirata versione di "Summertime", con lo stesso Herbie Hancock al piano, Wayne Shorter al sax tenore, Stevie Wonder all'armonica e Ira Coleman al basso!)
Dopodiché la Carlile ha incitato Joni Mitchell a esibirsi al Newport Folk Festival; cosa che è veramente accaduta, nel 2022, nella cornice dello show 
"Brandi Carlile and Friends": sullo stesso palcoscenico in cui lei era salita nel 1969.




Discografia
(solo gli album in studio)

1968 - Song to a Seagull (noto anche come Joni Mitchell)
1969 - Clouds
1970 - Ladies of the Canyon
1971 - Blue
1972 - For the Roses
1974 - Court and Spark
1975 - The Hissing of Summer Lawns
1976 - Hejira
1977 - Don Juan's Reckless Daughter
1979 - Mingus
1982 - Wild Things Run Fast
1985 - Dog Eat Dog
1988 - Chalk Mark in a Rainstorm
1991 - Night Ride Home
1994 - Turbulent Indigo
1998 - Taming the Tiger
2000 - Both Sides Now
2002 - Travelogue
2007 - Shine
2023 - Joni Mitchell At Newport



                    



LINKS

domenica, ottobre 09, 2022

David Bowie rivive in... 'Moonage Daydream'

 Presentatore: "E queste scarpe? Sono da donna, da uomo o da bisessuale?"

David Bowie: "Sono solo scarpe, sciocco!"






Solo David Bowie e la sua arte per 140 minuti. Moonage Daydream!

          Un vero e proprio trip per lo spettatore!

Uno straordinario lungometraggio. Il film ha richiesto quattro anni per essere assemblato e altri 18 mesi sono stati dedicati alla colonna sonora. 

Moonage Daydream è programmato (per il momento) solo il 26, 27 e 28 settembre al cinema (in Gran Bretagna). Ma il successo è assicurato e dunque lo potremo possedere presto su DVD...



#DavidBowie. La storia del "Duca Bianco".





La rivista inglese Uncut così recensisce Moonage Daydream, il documentario su David Bowie realizzato da Brett Morgen

<< È uno "sballante" resumée della vita di David Bowie
                 'Keep your 'lectric eye on me, babe'

Articolo di Damon Wise

Forse non si tratta della biografia approfondita e completa che molti pensano che il Duca Bianco avrebbe meritato, ma è di certo un film che lo stesso Bowie avrebbe amato: giocoso, intelligente e ammirevolmente diffidente nel presentare un argomento che a tanti di noi è familiare. È una fantasticheria da brivido: assomiglia più a un flashback "acido" che a un documentario.
Il regista, Brett Morgen, ha adottato un percorso simile a quello di 'Montage Of Heck' (su Kurt Cobain). 'Moonage Daydream' si apre con una sequenza ricavata dalla collaborazione di Bowie con i Pet Shop Boys nel 1995 ("Hallo Spaceboy"): questo non è solo un modo intelligente per sottolineare l'intenzione di evitare un resoconto lineare degli ultimi giorni sulla Terra della star, ma anche un segnale che Morgen è informato non solo sulla discografia classica di Bowie ma anche su quella "tarda". Alcune omissioni possono sorprendere – il ritmo frenetico del docufilm sembra portarci da 'Ziggy Stardust' direttamente a 'Low' – ma altre invece hanno una spiegazione: manca tutta la produzione degli anni '80 posteriore a 'Let's Dance', inclusi entrambi gli album dei Tin Machine. [Leggi l'intervista di 'Uncut' con il regista (articolo in ingl.).]

Una tecnica di inquadratura che utilizza filmati del promo di 'Blackstar' consente a Morgen di giocare con la metafora di Bowie quale extraterrestre precipitato in Gran Bretagna nel periodo del dopoguerra. D'altronde però il regista scava nelle origini terrene di Bowie, usando estratti di antiche interviste televisive in cui la star espone i suoi pensieri, rivelando che il successo iniziale significava per lui che non sarebbe mai diventato la persona che "avrebbe dovuto essere". Per accompagnare questi momenti, Morgen utilizza alcune interessanti riprese dal vivo, che sembrano sottolineare l'autoanalisi attenta di Bowie e include una versione fenomenale, particolarmente riuscita, del brano "The Jean Genie", che incorpora il beatlesiano "Love Me Do".

Numerosissimi i riferimenti: un torrente di immagini e concetti che saranno cari a chi ha confidenza con il lavoro da attore di Bowie, con i suoi dipinti, con la sua collezione di libri o il suo lavoro esoterico insieme ad artisti quali il cantante Klaus Nomi o la compagnia canadese di balletto La La La Human Steps. Chi invece non sa a cosa si riferisce Morgen, avrà forse qualche difficoltà ad apprezzare appieno 'Moonage Daydream'. Nel contempo, però, è piacevole imbattersi in un film che pretende che il lavoro di assemblaggio lo faccia lo stesso spettatore! 'Moonage Daydream' potrebbe non essere l'intera storia del Duca Bianco, tuttavia è un tentativo davvero potente di trasmetterci l'irrequieta curiosità che ha caratterizzato, fino alla fine, l'uomo David Bowie.

'Moonage Daydream' ha debuttato nel Regno Unito il 22 settembre. >>

          



domenica, aprile 04, 2021

Auguri, Francesco De Gregori!

 Uno dei cantautori che ci ha dato di più


   "Viva l'Italia"


Francesco De Gregori è nato a Roma il 4 aprile 1951. Dunque oggi celebra il compleanno (è il 70°). Noi ci uniamo agli auguri e alle celebrazioni riproponendo alcuni suoi brani.

   "Niente da capire" ("Le stelle sono tante...")

   "Alice non lo sa"

   "Pablo"

De Gregori inizia a suonare al Folkstudio di Roma dove conosce, tra gli altri, Antonello Venditti, con il quale pubblica il primo album nel 1971 (Theorius Campus). Il debutto da solista è nel 1973 con Alice non lo sa ma il vero successo arriva due anni dopo con Rimmel, che diventa uno dei dischi più venduti del decennio. Nella sua carriera ha pubblicato 21 album in studio più 16 live, testimonianza delle sue esibizioni dal vivo e delle tournée condivise con amici e colleghi, da Lucio Dalla (celebre il 'Banana Republic Tour') a Pino Daniele.

   "Quattro cani"

   "Rimmel"

   "Pezzi di vetro"

   "La casa di Hilde"

L'ombra di mio padre due volte la mia
Lui camminava ed io correvo
Sopra il sentiero di aghi di pino
La montagna era verde
Oltre quel monte il confine
Oltre il confine chissà
Oltre quel monte la casa di Hilde
Hmm, hmm, hmm, hmm, hmm
Hmm, hmm, hmm, hmm, hmm

Io mi ricordo che avevo paura
Quando bussammo alla porta
Ma lei sorrise e ci disse di entrare...


 

   "Piccola mela"
 

                                                                                                                                                                      


                                                                                                                                                                                 

   "Generale"



martedì, dicembre 22, 2020

Pietro Spanò - 'Prospettiva cosmica'


Su YouTube si trova l'album in versione integrale.


Abbiamo a che fare con un cantautore interessante del quale vale la pena ascoltare l'intera produzione. Anzi: conviene proprio includere, nella playlist, proprio le "vecchie" canzoni di Spanò per poter avere una visione più limpida dell'autentica rilevanza di questo artista palermitano. Ciò perché l'album di cui vogliamo parlare soprattutto qua, il suo nuovo, Prospettiva cosmica (titolo avvincente!), è nato in periodo di §%*³%*~@~virus (ovvio...), quindi senza l'apporto reale di collaboratori esterni. Tuttavia... "L'amante virtuale", "L'altare ibrido", "Come sonnambuli" (quest'ultima è stata scelta da Spanò come single trainante) e la stessa "Prospettiva cosmica", che chiude il concept, sono tracce interessanti e godibili individualmente, anche fuori dal contesto complessivo di tale lavoro targato "Anno horribilis 2020". 



Tra i brani del passato di Pietro Spanò (il quale, sia detto en passant, è laureato in pianoforte), ce ne sono parecchi che gli consentono di rifulgere di luce propria: ballate piacevoli e dai testi intelligenti, sequenze di film sonori e passeggiate in note che commentano il tempo presente e ci accompagnano attraverso eventi e situazioni esistenziali, eventi e situazioni che - logico! - news e telegiornali assortiti ignorano o fanno solo intravedere. Della serie: la storia siamo noi, siamo noi i veri eroi di quest'epoca... anche se non ne parla nessuno!
Poeticamente siamo al livello di De Andrè e De Gregori. Così, in Spanò pure i momenti personali si "universalizzano", facendo scattare nell'ascoltatore la molla dell'immedesimazione. Ed è un riconoscere e autoriconoscersi sicuramente intergenerazionale, ormai.


"Come sonnambuli"



Tra le canzoni del suo repertorio passato pensiamo soprattutto a "Il gregge", "Jenny dei pirati" e "Scendi dalla croce", davvero notevoli, dalla raccolta Tutto sta cambiando (2019) e in pratica a tutte quelle di Il terribile suono del silenzio (album risalente ormai al 2011, che ci rammarichiamo di aver scoperto soltanto adesso). E da ascoltare in toto è anche Vittime di sottofondo (2007).


"I fiori nel bosco", 2007


"L'immoralista", 2011



Complimenti davvero a Pietro Spanò per il suo estro e certa sua indubbia originalità - soprattutto nella scelta dei temi e nelle lyrics -, peculiarità che oggi purtroppo manca a molti suoi colleghi.
Se proprio vogliamo tirare fuori dal cappello qualche nome influente nel riferirci a Prospettiva cosmica, dobbiamo citare quello di Franco Battiato. E forse anche Max Gazzè, ma un Gazzé in Allegro moderato. Tuttavia, lo sottolineiamo, Spanò riesce a conservare un'impronta personale. E, mentre andiamo a riascoltare le sue canzoni, le sue poesie in musica, già ci rallegriamo nell'attesa delle prossime: quelle dell'album post-Covid!

 



Il disco è disponibile su Amazon e su tutte le piattaforme digitali. È
inoltre possibile comprare il CD scrivendo a 
pietrospano.78@gmail.com




Tracklist

1. "Allunaggio (prima parte)"
2. "Alla fermata dell’autobus"
3. "Il perseguitato"
4."L’amante virtuale"
5. "Allunaggio (seconda parte)"
6. "L’altare ibrido"
7. "Cosa penserebbe Freud di me? (2050)"
8. "Come sonnambuli"
9. "Prospettiva Cosmica"





Qualche nota biografica

 Pietro Spanò, nato a Palermo nel 1978, è laureato in pianoforte presso il Conservatorio "Vincenzo Bellini" del capoluogo siculo. Nel 2001 pubblica il singolo "L'incubo dell'ultima luna", le cui sonorità vengono apprezzate anche da Franco Battiato. Nel 2007, dopo alcuni anni di sperimentazione musicale, pubblica l'album Vittime di sottofondo. Nel settembre 2011 esce, ancora una volta in autoproduzione, Il terribile suono del silenzio, che lui stesso definisce "un viaggio dentro la coscienza dell'uomo e un'analisi profonda delle sue fragilità". 

Tutto sta cambiandoprodotto insieme a Guido Guglielminetti, è del 2019. Si tratta di un altro album di gradevole ascolto, interessante e impegnato dal punto di vista sociologico. “Portami via da qui”, canzone ivi contenuta, è stata pubblicata da Pressingline, etichetta discografica fondata da Lucio Dalla. 

Prospettiva cosmica, uscito il 30 novembre 2020, è un immergersi in un domani probabilmente già dietro l'angolo, una visione scaturita dall’analisi della nostra società con le sue sempre più ingarbugliate problematiche. Il tema dell’isolamento, dell’iperconnessione e dei suoi effetti collaterali ne costituisce la trama. Tramite queste nuove canzoni, il cantautore siciliano ci invita a leggere la storia e a guardare la vita oltre lo schermo: appunto, da una “Prospettiva cosmica".

 


mercoledì, dicembre 16, 2020

'Pick & Rock' - il basket e la musica

Giuseppe Catani

PICK & ROCK

Quando la musica va a canestro

arcana, 2020

 



(Articolo già pubblicato su Progetto Babele Rivista Letteraria)

 

Ma vai un po’ a discutere con uno alto 2 m...”

 

Il basket e la musica. Binomio magico, che, davvero, non avremmo mai preso in considerazione senza la lettura di Pick & Rock.

La pallacanestro è uno sport non da tutti né per tutti, e chi lavora a questa recensione ha visto risvegliarsi certe pulsioni "sportive" solo durante la lettura del libro di Giuseppe Catani. Come potevo dimenticare di essere stato, da piccolo, grande fan della Simmenthal di Milano (oggi: Olimpia Milano) e di aver giocato anch'io a basket, dapprima alle medie, dove passavo per un giocatore promettente (ma non se ne fece nulla, come spesso accadeva e accade nelle scuole italiane) e, durante e in seguito, nel cortile della casa di un amico, insieme ad altri ragazzini ma anche a qualche adulto, dove c'erano due bei canestri piazzati in alto su due grezzi muri dirimpetto con, sotto le suole, un bello strato di cemento armato?

 


Quando si ha a che fare con un libro a tema (che so io... La battaglia di Solferino, La vita segreta dei ragni, quello sugli alberi di Natale o un tomo sulla filosofia di Heidegger...) uno crede già di sapere a cosa va incontro e solitamente sceglie in anticipo se avventurarsi nella lettura o meno. Spesso si tratta di materiale arido, di argomenti attinenti a una materia speciale e per specializzandi, di blablabla tecnico. Ma poi si scopre che alcuni sono scritti in maniera passionevole, calorosa addirittura, e che contengono notizie curiose e interessanti, fino a riuscire a infiammare l'interesse del più malcapitato dei lettori. Nel caso di Pick & Rock c'è anche la musica, non solo la pallacanestro, e chi scrive qui si ritiene più un musicologo che un letterato: quindi non sono mancati (né mancheranno per voi, ve lo assicuro) i momenti "oh!" e "aaah!" durante la lettura.

 

Breve carrellata di visioni e sensazioni: il rumore delle scarpe da basket che "strisciano" sul parquet... le tante scene di film americani con neri (o anche bianchi) che sudano in un campetto tutto recintato... e i rapper, naturalmente.

 

I vari capitoli di Pick & Rock sono pezzi giornalistici usciti negli ultimi anni per dailybasket.it, sito che - come suggerisce il nome - è dedicato al gioco della palla a spicchi.

 

 Kobe Bryant

"La musica va a canestro", sì, e ci sarebbe tanto da dire sull'argomento. Ignoravamo anzitutto questo legame particolare tra la pallacanestro e il mondo delle sette note nei suoi diversi generi, sia indie sia rapper, sia in ambito di musica leggera sia di cantautorato. Si comincia nel libro con una carrellata di riferimenti italiani e si procede con i nomi grandi (e meno grandi) della musica angloamericana, con storie gustose di giocatori professionisti che si sono cimentati nel canto, con la rivelazione che Dan Peterson (che per quasi un decennio allenò la squadra di Milano) suonava la chitarra ed era un grande intenditore della country music, con gruppi semisconosciuti od obliati che fecero dediche apparentemente improbabili a personaggi della pallacanestro... Un esempio di questi ultimi sono i Grog di Reggio Calabria, che hanno scritto un brano per Kareem Abdul-Jabbar, gigante della NBA dalla biografia particolare e fervido amante del jazz.

Ovviamente, a ogni capitolo il lettore va a guardare, curioso, su Youtube o Spotify, per ascoltare il brano di cui si parla, e si imbatte in artisti che gli sono familiari e in altri tutti da scoprire. Spesso l'autore lega una situazione o un evento "cestistico" a una data canzone o gruppo. E... lo sapevate che anche Baglioni scrisse e cantò una sorta di ode a questo sport? La canzone si chiama "Il pivot". Sono andato a controllare (sì, esiste!) e me la sono pure goduta su internet.

E un altro Claudio, Claudio Lolli, bolognese purosangue, "si è sporcato le mani con il basket, usandolo come metafora di una vita che fugge, che ha bisogno di uno schema nuovo, che riesca a fermare il movimento prima della deriva". Il brano in questione, in cui Lolli accenna allo sport della palla a spicchi, è "La fotografia sportiva".

 

 


Pick & Rock è un libro di piacevole lettura e che strapperà qualche "oh!" e "aaah!" persino a chi ha poca o nulla confidenza con l'una o l'altra materia.

È, in primo luogo, un viaggio attraverso l'Italia tutta, quell'Italia che vive un po' lontano dai clamori, che ama il parquet dei palazzetti grandi e piccoli e non il prato o la terra battuta dei campi e campacci di calcio, e che apprezza la buona musica. Ci spostiamo così da Bologna a Caserta, da Cremona in Ciociaria, sporgiamo la testa a dare una sbirciatina nelle periferie che ci appartengono o ci appartennero (da Nord a Sud) per, infine, volare negli USA, alla corte di "Re" Michael Jordan... e dell'ormai compianto Kobe Bryant. Un viaggio entro coordinate che sembrano da sogno, ma esse fanno parte della realtà e di tutto ciò che eravamo da ragazzi, dove il playground, anche quello all'italiana, il cortile o campetto dunque, era, ed è, un luogo dell'anima.

E ora, se volete scusare... Mi sono procurato una palla da basket e scendo a fare qualche palleggio giù in strada. Con le cuffie in testa.

 

***

 

A proposito: non sarebbe male una bella compilation in formato digitale di tutti i brani nominati nel libro! L'autore ci ha già pensato?

 

 


  

Intanto, il pivot segna a tutto spiano (“Tre in fila ne azzeccò”) anche se a un certo punto ha bisogno di riposo e quel “Poi ci fermammo un poco nel cortile / odor di cena e di tv” indica forse un time-out oppure, più semplicemente, che qualcuno si è rotto di starsela lì a menare e non vede l’ora di mettere qualcosa sotto i denti. Non prima di aver salutato con un’azione da manuale: “Con una finta si smarcò / io svelto gli passai [licenza poetica] / e lui schiacciò di forza”. È l’apoteosi. I due archiviano la gara e immaginano, con un’indubbia punta di frustrazione, che il pubblico sia lì ad applaudirli: “Sotto il cerchio / parve quasi di sentir le gradinate / che tremavano e gridavano per lui / e anch’io battei le mani per quell’ultimo canestro”.

Il pivot se ne va, porta via il pallone, che è suo (“Il pallone sotto il braccio / e se ne andò”) e, chissà, la partita potrebbe essere giunta a conclusione non per sopraggiunta stanchezza ma per colpa di quel lungaccione antipatico, scappato via con la palla: figurarsi se poteva lasciarla a qualcuno. Ma vai un po’ a discutere con uno alto 2 m...

 

(Dal capitolo in cui si parla di "Il pivot", di Claudio Baglioni.)

 

 

 

 

Il libro Pick & Rock su Amazon (clicca!

 

 

 

peter patti

lunedì, novembre 02, 2020

"Sincerely Yours..." - Leonard Cohen, una biografia

 

 

   OWNING EVERYTHING


You worry that I will leave you.

I will not leave you. 

Only strangers travel.

Owning everything,

I have nowhere to go.

 

 

    POICHÉ POSSEGGO OGNI COSA

 

Hai paura che io ti lasci.

Non ti lascerò.

Soltanto gli stranieri partono.

Poiché posseggo ogni cosa,

non ho nessun posto dove andare.




INTRODUZIONE


"Give me a Leonard Cohen afterworld where I can sigh eternally"
                                                         (Kurt Cobain)

 

 

Personaggi del pop 'noir' inglese quali Nick Cave, Ian McCulloch e Morrisey riconoscono di essere stati fortemente influenzati da lui; il gruppo Sisters Of Mercy si è voluto battezzare così prendendo a prestito il titolo di una delle sue più celebri canzoni; tanti cercano di imitare il suo stile... Stiamo parlando di Leonard Cohen.

La biografia di Cohen è contrassegnata da una costante ricerca di valori esistenziali, nel tentativo di appagarsi a una dottrina che trascenda l'ordinario caos della società. Continui cambiamenti di rotta, repentine "fughe" (soprattutto in Europa) e vari rivolgimenti spirituali hanno caratterizzato il lungo cammino di questo poeta, scrittore e cantautore canadese di origine ebrea. Finché, alla fine del millennio, Leonard (che è venuto al mondo un anno prima di Elvis Presley) non ha trovato l'agognata pace in un piccola comunità Zen: una casupola arroccata su un monte a sud-est di Los Angeles, a 6.500 piedi s.l.m.

Per seguire e servire il monaco buddista Roshi, suo maestro spirituale di lunga data, L.C. non ha esitato a separarsi dalla sua fidanzata: l'attrice Rebecca de Mornay. Ciò succedeva nel 1993, ai tempi di The Future, uno dei suoi album più fortunati. Dopo nove anni, ecco che il Poeta ridiscende dal suo eremo e lancia Ten New Songs; e subito gli appassionati della musica tornano a interessarsi di lui. Ma tanto clamore intorno alla sua persona non sembra spiazzare il canadese. Lenny vive come canta: a bassa frequenza. Non deve sorprendere perciò l'aspetto alquanto modesto della sua attuale residenza, un appartamento situato in uno dei quartieri meno à la page di L.A.

 


Leonard Cohen versione last days


 



VOX POPULI

 "È musica da tagliarsi i polsi. Insieme ai suoi dischi dovrebbero fornire una lametta!..."

 

 

       Informazione per i non bene informati

Molti hanno di Cohen l'immagine del classico cantautore con la chitarra in mano; in realtà Lenny predilige suonare il synthesizer. Possiede solo quattro chitarre ma, di contro, dozzine di strumenti a tastiera...

 




Album essenziali:

 

Songs Of Leonard Cohen (1967)

Songs From A Room (1970)

Songs Of Love And Hate (1971)

New Skin For The Old Ceremony (1974)

Death Of A Ladies Man (1977)

Recent Songs (1979)

Various Positions (1984)

I'm Your Man (1988)

The Future (1992)

 

 

 

Per collezionisti:

 

Live Songs (1973)

Ten New Songs (2001)

Dear Heather (2004)

 

 

 

Altri:

 

Greatest Hits (1975)

The Best of Leonard Cohen (1988)

Live (1994)

Never Any Good: More Best Of Leonard Cohen (1997)

Field Commander Cohen Tour of 1979 (2001)

The Essential Leonard Cohen (2002)

 

     [Per una lista di album più nuovi e per titoli di suoi libri, si veda più avanti.]