A un certo punto dell'èra punk sembrava che i leggendari The Who avessero trovato la loro manifestazione più estrema, a base di chitarre falliche e accordi e testi stringatissimi e suonati a velocità massima: sui palcoscenici internazionali si affacciarono infatti i Tenpole Tudor.
Correva l'anno 1981. I Tudor constavano di due chitarre + batteria + voce. Quest'ultima apparteneva al leader, l'istrionico, quasi acrobatico Edward Tudor-Pole (alias Eddie Tenpole), che si degnava ogni tanto di soffiare dentro a un sassofono o di violentare anche lui una chitarra. Ma il suo ruolo principale consisteva nel "cantare" (le virgolette sono d'uopo) indossando originali capi d'abbigliamento; in un concerto in Germania lo si vide per esempio con un cappellino busterkeatoniano, una bacchetta in mano e la faccia dipinta di un nero tigrato che tanto bene faceva risaltare l'azzurro dei suoi occhi ossessi. Energia pura. Punk.
Il vero mestiere di Eddie Tudor-Pole (discendente diretto di Enrico VIII: un vero rampollo dei Royals inglesi!) è quello dell'attore. Lo era anche nel 1974, quando, con l'unico "bagaglio" musicale di uno smisurato amore per il rock'n'roll degli Anni '50, formò i Tenpole Tudor insieme al chitarrista Bob Kingston, al bassista Dick Crippen e all'occhialuto drummer Gary Long. Eddie non era propriamente un nuovo Chuck Berry, ma nemmeno un nuovo Johnny 'Rotten' Lydon, sebbene i Sex Pistols - e in particolare Sid Vicious, il quale però sarebbe tragicamente scomparso solo tre settimane dopo - avessero ad un certo momento pensato di assegnargli il posto lasciato vacante dal loro celebre cantante. La sua personalità sul palco era (ed è) comunque notevole. Gli erano soprattutto d'aiuto le sue qualità da commediante.
(Si trova molto anche su Amazon.it; alcuni CD sono "import from Germany")
I Tenpole Tudor si esibirono insieme per anni, sempre scatenando un'elettricità a migliaia di volt, ma riuscirono a firmare un contratto con l'etichetta Stiff Records (dopo essere stati brevemente scritturati dalla Korova) solo dopo che Eddie apparve nel film sui, dei e con i Sex Pistols The Great Rock'n'Roll Swindle (1980). Con i Pistols, Tudor-Pole canta una cover terrificante di "Rock Around The Clock", nonché "The Great Rock'n'Roll Swindle" e l'ultima canzone del soundtrack: "Who Killed Bambi", scritta da lui medesimo.
Il single dei Tenpole Tudor "Three Bells In A Row" (1980) ottenne un buon successo commerciale. Tutte le porte si spalancarono. Senonché, oltreoceano si verificò un disdicevole "incidente". Avvenne durante la prima - e unica - tournée americana del gruppo. In un'intervista, interpellato a proposito della recentissima morte di John Lennon, Eward Tudor-Pole pronunciò questa enormità: "Lennon? Era solo un vecchio, noioso hippy". Immediatamente gli arrivarono minacce di morte, non gli fu possibile uscire dalla camera d'albergo... e iniziarono le prime tensioni all'interno dei Tudor.
[ Nella sua affascinante Encyclopedia of Punk Music and Culture {Greenwood Press, USA, 2006}, lo storico e critico musicaleBrian Coganracconta tuttavia un'altra cosa. I Tenpole Tudor stavano tenendo un'acclamatissima gig in un night club di Cleveland quando si sparse la notizia dell'uccisione di John Lennon. "Quando il loro gargantuesco frontman Eddie Tudor Pole tornò sul palco per il bis, era in lacrime. Abbaiò una dedica alla memoria del grande artista assassinato e attaccò con il brano 'Rock and Roll, Part Two' di Gary Glitter." Da ciò si evince che l'atteggiamento cinico di Eddie davanti ai giornalisti era solo una posa. Un colpo di follia di cui si ebbe sicuramente a pentire. ]
Il loro primo album Eddie, Old Bob, Dick and Gary fece registrare anch'esso, insieme ai due 45 giri che ne furono tratti ("Wunderbar" e "Swords of a Thousand Men") ottime vendite.
Meraviglioso quel primo scorcio degli Anni '80. La voce di Eddie "Tenpole" ruggiva dal juke-box Wurlitzer: "Throwing my baby out with the bathwater..."
Nello stesso anno 1981 i Tenpole Tudor realizzarono il loro secondo LP: Let The Four Winds Blow. Altro successo, e memorabili shows in mezza Europa dello scatenato quartetto, con Eddie Tudor-Pole a tratti bardato in un'armatura medievale (!). L'entusiasmo però era smorzato: la consapevolezza di non poter mai conquistare gli U.S.A. a causa del faux pas di Eddie aveva spezzato l'impeto iniziale.
Già nel 1982 Eddie Tudor-Pole decise di sciogliere i Tenpole Tudor; il resto della band continuò a suonare sotto il nome The Tudors, mentre Eddie cercò a più tratti di risuscitare il gruppo (anche in versione cajun) concentrandosi però primariamente sulla sua attività recitativa ed esibendosi a più riprese in formazioni swing e jazz. Oggi i suoi concerti sono su base rigorosamente acustica, ma il "punker" in lui non è affatto morto; tutt'altro...
***
Tra i film in cui recita Edward Tudor-Pole: Harry Potter and the Chamber of Secrets (2002)('scenes deleted'; ruolo: il proprietario d'emporio Mr. Borgin); GamerZ (2005); Some Voices (2002); Absolute Beginners (1986: il suo personaggio è Ed the Ted, e la canzone dei Tenpole Tudor presente nella soundtrack si intitola "Ted Ain't Dead"); The Great Rock'n'Roll Swindle (1980); Drowning By Numbers (1988); White Hunter Black Heart (1990; con Clint Eastwood); inoltre: diversi film diretti da Alex Cox, come Sid & Nancy (1986; storia della fatale relazione tra Sid Vicious e Nancy Spungen) e Straight to Hell (1987; in italiano "Dritti all'inferno", curioso spaghetti-western che ci offre la visione di un'isterica Courtney Love). E' stato visto recentemente anche in Quills (2000), romanza horror interpretata da Geoffrey Rush, Kate Winslet e Michael Caine, e in The Life and Death of Peter Sellers (2004) nei panni del famoso comico Spike Milligan.
Per chi volesse approfondire la ricerca su questo inverosimile discendente della casata dei Tudor, ecco alcuni suoi nomi alternativi: Eddie Tudor Pole, Edward Tudor Pole, Eddie Tenpole, Eddie Tudorpole, Tenpole Tudor, Eddie Tudor-Pole, Ed Tudor-Pole (... !)
Naturalmentesi parla di lui anche sui siti dedicati ai Sex Pistols.
Sono una sorpresa ancora oggi e vale la pena (ri)ascoltarli, anche se qualcuno li ha soprannominati "i Middle Of The Road in versione più rockeggiante".
Celebri tutt'al più per il loro superhit "Venus" del 1969, con il famoso riff di chitarra preso in prestito da "Pinball Wizard" degli Who, questi olandesi facevano quello che è stato definito "un pop psichedelico" sostenuto dalla stupenda voce della mezza-ungherese mezza-tedesca Mariska Veres, che a molti rammenta Grace Slick. E, in effetti, un'altra band a cui gli Shocking Blue furono associati erano i Jefferson Airplane: un paragone che calza loro a pennello molto più di quello con i M.O.T.R. ...
Quasi ogni track da loro sfornato è una vera gemma, e non è un caso che i Nirvana decisero di fare la cover di un loro brano: "Love Buzz".
Gli Shocking avevano un suono molto particolare e inconfondibile, che scavalcava le barriere tra gli stili, barriere allora molto accentuate e di cui tenevano gran conto i critici e lo stesso pubblico. "Sally Was A Good Old Girl", per esempio, è un country, la dolce "Water Boy" si avvale degli arabeschi di un sitar, "Little Cooling Planet" è alquanto funky... ma, tutto insieme, è il tipico sound "azzurro scioccante" di questa band.
Non è difficile procacciarsi una loro raccolta. Se potete, ascoltate "I Love Voodoo Music", la sunnominata "Love Buzz" o la ballata "Daemon Lover", con echi da West Coast. Robbie van Leeuwen (chitarra e sitar), che scrisse quasi tutte le loro canzoni - compresi i testi -, è senz'altro da annoverarsi tra i migliori "songwriters" del mondo.
Il gruppo andò in tour negli States insieme a Ike & Tina Turner, Sly & The Family Stone e Three Dog Night; fu in Sud America, Indonesia, Giappone, Hong Kong... Ma nel 1974 finì per sciogliersi, anche perché Robbie van Leeuwen si era stancato di fare da collante tra i singoli componenti e di sopportare la pressione della Elephant Pink, la loro label, che pretendeva almeno tre album all'anno.
La cantante Mariska Veres si dedicò quindi a una carriera solista, presentando brani in olandese, tedesco e inglese, ma ottenne un discreto successo unicamente in Olanda. Nel 1993 cercò di organizzare una reunion, ma gli altri ex componenti degli Shocking mostrarono scarso interesse e lei richiamò in vita il progetto con musicisti completamente nuovi. Per anni, i neoformati Shocking Blue parteciparono a numerosi festival di gruppi "Oldies". Mariska si dedicò a latere al blues, al jazz e alla musica tzigana. Non si sposò mai e, come ai vecchi tempi del "sex, drugs and rock'n'roll", condusse vita morigerata, non fumava e non beveva (la sua bevanda preferita era da sempre il tè...).
Di lei dobbiamo parlare purtroppo al passato, in quanto la leader degli Shocking Blue si è spenta il 4 dicembre 2006 all'Aja; aveva soltanto 59 anni. Paradossalmente, a ucciderla è stata un tumore: proprio lei, che non era mai caduta vittima dei vizi.
Veres fu la prima cantante europea a incarnare, nell'epoca del beat, l'ideale della giovane sexy, in grado di ammaliare con la sua voce sensuale milioni di fans. Emblema della sensualità vocale di quell'epoca fu "Venus", che decretò il clamoroso successo della band, restando per oltre sei mesi nelle classifiche dei dischi più venduti in Europa e negli Stati Uniti. "Venus" è stata poi rifatta da altri gruppi ed è stata utilizzata spesso anche per spot pubblicitari.
I R.E.M. (la sigla sta per "Rapid Eyes
Movement", una fase del sonno in cui le pupille si muovono) avevano già
debuttato con Chronic Town, un EP molto interessante, ma ogni
cosa ebbe veramente inizio nel 1983, quando Peter Buck, Michael Stipe, Mike Mills e Bill Berry (il batterista, che lascerà la band nel 1997)
registrano Murmur. L'album, caratterizzato da atmosfere cupe e
misteriose, catapulta i R.E.M. nel Parnaso delle band più significative degli Anni
Ottanta. I critici scambiano frasche per fiaschi e li paragonano ai Byrds,
non avendo altri cassetti in cui riporre il suono innovativo del quartetto di Athens.
Buck, Mills e Berry sono musicisti in gamba che, come i componenti di tutti i grandi
gruppi della storia della musica, sanno bene armonizzare le loro spiccate individualità.
La chitarra di Buck, in particolare, ha un riverbero "di campana" (o, meglio,
"di glockenspiel") che - non lo si nega - ricorda le magiche proprietà della
Rickenbacker a 12 corde di Roger McGuinn (attenti a non
pompare il volume: pericolo di tinnitus!).
Il titolo dell'album sembrerebbe descrivere a pennello lo stile
vocalistico di Stipe, che "addolcisce" i suoi enigmatici testi con manierismi
vocali da cantante pop. Gli smash-hits di Murmur sono
"Radio Free Europe" e "Talk About The Passion" (da cui furono ricavati
altrettanti single), ma il resto del materiale ("Pilgrimage", "Perfect
Circle", "Catapult", "Shaking Through"...) è ugualmente di alto
livello, e legato da un filo conduttore non solo per lo stile musicale.
Più o meno con l'uscita di Murmur
scoppiava negli States il fenomeno delle "college radio", e i R.E.M., che furono
adottati da molte di quelle emittenti, furono subito collocati su uno dei versanti estremi
dell'ampio spettro di stili che imperversava nell'etere rivoluzionato; sulla sponda
opposta campeggiavano gli Hüsker Dü...
A distanza di 30 anni, Murmur
continua a proporsi come un capolavoro della scena più creativa dell'underground marca
South States, e molti addirittura sostengono che rimane il migliore lavoro della band, mai
più superato. Ascoltando il disco, saltano all'orecchio esplosivi passaggi
intermediari (i "bridges"), ritornelli esplosivi, e soprattutto la voce di Stipe
(la quale anch'essa assume in qualche modo la funzione di strumento),
"mormorante" testi tanto belli quanto spesso incomprensibili. Notevoli anche
l'orgasmatica coda di "Radio Free Europe," il bridge surreale di "West Of
The Fields," la sorprendente "Conversation Fear", i cori di
"9-9," la rockeggiante "We Walk" e il brillante sfumando di
"Shaking Through". L'insieme contribuisce a infondere nell'ascoltatore una
sottile euforia, come dopo una dose di "dope". A MUST!
RECKONING
Già l'anno successivo, con Reckoning (il
"road record" dei R.E.M.), giunge un più vasto successo di pubblico. Reckoning
è un tantino più rockeggiante dell'opera precedente; i testi parlano di amori perduti e
perduti luoghi... come si addice a una band "on the road". L'album venne
registrato intorno al Natale del 1983, per un totale di 16 giorni lavorativi. (Bisognava
affrettarsi anche per riguardo al budget, allora invero scarso.) Il "work title"
dell'album era "File Under Water", a voler sottolineare un senso di continuo
fluire, una sfuggevolezza d'identità; la stessa sfuggevolezza che creava difficoltà a
critici e ascoltatori ad appioppare un'etichetta alla band. (Stavolta li avrebbero
paragonati ai Beatles!) Le prime tre canzoni trattano proprio
- in maniera letterale - il tema del "fluire". Per esempio "So. Central
Rain (I'm Sorry)", che parla delle inondazioni di cui fu succube la città di Athens,
con tanto di linee telefoniche completamente fuori uso e i componenti della band - che si
trovavano in tournée - impossibilitati a prendere contatto con familiari e amici.
"(Don't Go Back To) Rockville" testimonia dell'abilità compositoria di Mike
Mills. La canzone, registrata in una sola "take", originariamente era stata
concepita in stile garage rock, ma all'ultimo momento fu deciso di rallentarne il ritmo e
ne risultò una ballata country rock. "(Don't Go Back To) Rockville" divenne
immediatamente un inno della scena underground americana. In "Pretty
Persuasion", invece, un semplice giro di accordi apre la strada verso una strofa
composta da armonie corali. Giusto "Rockville" e "Pretty Persuasion"
sono i due poli stilistici di Reckoning: si spazia da un gentile
country a un rock energico, il tutto arricchito da una poesia di immagini liquide.
A
MUST!
FABLES OF THE RECONSTRUCTION
Nell''85 è il turno di Fables Of The Reconstruction
(curioso ma non insensato capovolgimento di "reconstrution of the fables"),
risultato artistico del periodo londinese della band. Peter Buck una volta lo definì un
"misery album", ovvero "album di un'epoca di miseria"; una definizione
che potrebbe essere pure tradotta con "album miserabile" (!). Più tardi
comunque si rimangiò la parola:
"Fables Of The Reconstruction è un disco molto cool, come
ora mi tocca riconoscere. Il fatto è che ci trovavamo in tour da 5 anni ed eravamo ancora
dei morti di fame, e intendo dire proprio di quelli con le ragnatele in tasca! A Londra
alloggiavamo tutti quanti in un'unica camera d'albergo, che distava un miglio dalla più
vicina stazione dell'Underground e altrettanto dallo studio di registrazione. In quel
periodo pioveva a catinelle: l'acqua scendeva senza requie e noi... non possedevamo
nemmeno una giacca adeguata!"
Le "lyrics" di Fables Of The Reconstruction
sono la prova della sempre maggiore maturità di Stipe, che qui narra - sia pure nella sua
solita maniera enigmatica - di una forte nostalgia di casa, trasmettendo le tristi
sensazioni che si provano nel trovarsi in un posto estraneo. ("We can reach our destination, / but it's still a ways away":
"Drive 8"). Tra le canzoni che risaltano per qualità musicale e/o poesia dei
testi ricordiamo "Drive 8", "Green Grow The Rushes" e "Can't Get
There From Here", quest'ultima trasmessa ripetutamente da emittenti radiofoniche
nazionali e internazionali e il cui suggestivo videoclip ebbe grande successo su MTV.
Fables of the Reconstruction è
sicuramente l'album più sperimentale - e comunque più cupo - dei quattro ragazzi di
Athens, e alcuni critici arrivarono ad asserire: "Con quest'opera, i R.E.M. hanno
oscurato la fama dei Joy Division".
LIFES RICH PAGEANT
Ancora un anno e ancora un album: Lifes Rich Pageant('86). A questo punto della loro carriera, i R.E.M. vogliono
solo divertirsi, e sfornano un disco che, a melodie volutamente poppeggianti, affianca
testi critici. Lo battezzano con una frase pronunciata da Peter Sellers nel film A Shot
In The Dark (della serie Pink Panther), frase da loro usata quando
si accorgevano che le cose si mettevano male: "Tutto questo fa parte del 'life's rich
pageant' " (ovvero: del carosello della vita) dicevano ironicamente, rifacendo il
verso all'Ispettore Clouseau. Era il loro modo di sdrammatizzare. Ma nessun incidente,
nessun imprevisto ostacolò il lavoro in studio, per cui impiegarono appena una settimana. Come già detto, Lifes Rich Pageant è un'opera più diretta,
più comunicativa delle precedenti, anche nei testi. L'album conferma il desiderio mai
sopito dei R.E.M. di aderire a sonorità rock senza cadere nella sindrome da arrangiamenti
elettronici (i famigerati "drum-delays") tipica di quel decennio. Per l'intera
la durata del disco, la voce di Stipe (con l'unica eccezione di "Superman", che
è cantata da Mills) si eleva nettamente sull'ordito strumentale. (Il contrario di quanto
accadde in Fables Of The Reconstruction e negli altri lavori
passati, dove i lead vocals erano spesso un "mormorio".) Lifes Rich
Pageant è un'opera decisamente assertiva ("I Believe"), e le
convinzioni politico-esistenziali del gruppo vengono fuori palesi quanto mai.
Anche qui, tutti i tracks possono fungere da "ispirazione
immaginifica" (chi fu ad affermare che i R.E.M. producono "music for
writers"?), come dimostra la bellissima "Full On Me". "Full On
Me" comincia con un accenno agli esperimenti di Galilei sulla forza di gravità
terrestre ("Feathers hit the ground / before the weight can
leave the air") per focalizzarsi successivamente su temi come la pioggia acida
e le multinazionali "che comprano e vendono il cielo".
Ma la vera canzone-capolavoro di Lifes Rich Pageant
è senz'altro "Cuyahoga", in cui un'innocua nuotata nelle acque rossastre
dell'Apalachee River richiama l'associazione (macabra, ma non gratuita) dei fiumi di
sangue versati dagli Indiani d'America: una carneficina che è una macchia indelebile
nella storia degli United States of America. Nei versi che seguono, a tale accusa se ne
sovrappone un'altra: quella che si riferisce al fiume Ohio, irrimediabilmente avvelenato
dagli scarichi industriali. I versi in apertura - "Let's put
our heads together, and start a new country up" - suonano come una chiamata
alle armi... ed è, di certo, l'invito a una militanza attiva contro tutte
le ingiustizie. A MUST!
DEAD LETTER OFFICE
Uscita nel 1987, questa raccolta contiene l'intero EP-debutto Chronic Town,
dell' '82, insieme a quindici "facciate B" e ad altri pezzi della band meno noti
o del tutto inediti, tra i quali alcune covers dei Velvet Underground. Consigliato solo ai fans più accaniti.
DOCUMENT
Document, sempre del 1987, è una polaroid
della "situazione della Nazione". Il titolo fu suggerito dallo stesso Stipe, il
cui scopo più alto rimaneva - e rimane - di riuscire comprensibile a tutti, ma che oggi
comunque non ha difficoltà ad ammettere di ignorare a cosa esattamente si riferiva in frasi come "tryin' to tell you
something we don't know" e "there's something going
on that's not quite right".
Perché "Document?" Presto spiegato: quell'anno i R.E.M.
erano impegnati a mixare le nuove canzoni usandole come un ideale soundtrack per
documentari storici e altre esperienze visuali, tipo le Olimpiadi di Berlino del 1936 e un
programma televisivo che illustrava la paranoia del Senatore McCarthy (quello che intentò
i famosi processi "anticomunisti"). Ma Document voleva
altresì proporsi come una sorta di diario dei dieci anni trascorsi assieme dai componenti
del gruppo e, parallelamente, come resoconto di quanto avveniva sul Pianeta Terra. Il
risultato finale fu uno degli album più "arrabbiati" della band; e ciò
nonostante che metà delle songs affrontassero apparentemente temi disimpegnati.
Alcuni tracks:
"The One I Love", come suggerisce il titolo
"convenzionalmente pop" (evento assai raro nella discografia del gruppo, così
ricca di titoli "ostici"), è una storia d'amore... e di tradimento. È
l'io-narrante, ovvero il cantante Michael Stipe, a tradire: nella canzone, cambia partner
senza rimorso alcuno e non mostra l'intenzione di giurare fedeltà alla nuova compagna
("a simple prop to occupy my time": "qualcuno
che serva da passatempo")...
"Finest Worksong" rispecchia invece "l'etica del
lavoro intrinseca nella mentalità degli americani", come Stipe dichiarò in
un'intervista al glorioso - e ormai deceduto - Melody
Maker. Ma è altresì la parabola della fatica che deve affrontare un
musicista "prof" per rimanere produttivo.
La trascinante "It's The End Of The World As We Know It (And I
Feel Fine)" rappresenta un po' la "Subterranean Homesick Blues" di Michael
Stipe. È una litania ossessionante di termini e luoghi comuni (similmente che nella
canzone di Dylan, per l'appunto) senza nessun altro
senso che quello di rendere il caos del mondo - felice o doloroso che lo si voglia
considerare.
L'ispirazione per questa song si può far risalire
all'assidua frequentazione degli ambienti hipster di N.Y. (con tanto di party alternativi)
da parte di Buck e Stipe: "... jellybeans, cheesecake, Lester Bangs ubriaco...".
L'elenco è "speziato" con l'aggiunta di nomi di personaggi celebri quali Leonid
Brezhnev, Leonard Bernstein e Lenny Bruce. "It's The End Of The World..." è,
insomma, il ritratto di un pianeta sul punto di ammattire definitivamente, come se
qualcuno avesse scoperchiato il Vaso di Pandora. Sul ritornello di Stipe, Mike Mills fa da
contrappunto con la frase "Time I had some time alone"
("È ora che me ne stia un po' per conto mio").
GREEN
"I'm very scared of this world" canta Stipe sui
mandolini di "You Are The Everything". Corre intanto l'anno 1988 e i
R.E.M. si sono proiettati nel firmamento del mainstream:hanno
infatti firmato un contratto fantascientifico con la Warner Bros.: 80 milioni di
dollari...(!) Green, che non avrebbe bisogno di presentazioni in
quanto è uno dei prodotti di maggiore successo commerciale della band, vede l'alternarsi
di canzoni "bombastiche" alle solite ballate dolci. Contiene tra l'altro
"Stand" (uscita anche come single), in cui si ripetono, come una litania
infantile, i versi:
Stand in the place where
you live
Now face North
Think about direction
Wonder why you haven't before...
"Turn You Inside Out" e "Get Up" sono i pezzi più roccheggianti di
Green, mentre "You Are Everything" è puramente
acustica. Altri highlights: "Pop Song 89" e "Orange Crush".
Molti fans, riferendosi ai miliardi elargiti dalla Warner Bros., gridarono allo
scandalo e "venduti!" In realtà la band continuò a seguire imperturbabile la
sua linea "attivista" - come se lavorassero ancora per conto della label
indipendente IRS -, con Michael Stipe impegnato più che mai sia sul fronte sociale che su
quello dell'ecologia. "Orange Crush" parla dell'Agent Orange, la velenosa
sostanza usata in Vietnam dall'esercito U.S.A.; "You Are The Everything" presta
la voce alla campagna antinquinamento; "Get Up" è un invito a farsi
attivisti; e "Pop Song 89" è carica di sana autoironia, essendo che tratta
della scalata del gruppo alla hit parade. Non c'è malaccio per dei "venduti"! Ovviamente, qui il suono è più limpido che in tutti gli album precedenti (il potere
delle major!), ma è anche alla creatività che bisogna guardare, e quella non è affatto
venuta meno. Green rocks! A MUST!
EPONYMOUS
Altro album-raccolta, ma di gran lunga più interessante di Dead Letter
Office. Racchiude il meglio degli anni con la IRS.
OUT OF TIME
Out Of Time, del '91, è stato definito da
Peter Buck "uno strano, piccolo disco". Contiene svariati hits, tra i quali
l'ormai leggendario "Losing My Religion". Inutile dire che è l'album marca "R.E.M." che ha fatto
registrare il maggiore numero di vendite. Uno dei dischi successivi sarebbe stato
battezzato "Monster", ma il loro vero "mostro" è Out Of
Time!
La copertina è senza dubbio tra le più brutte di tutta la carriera
della band, eppure racchiude songs sublimi, quali "Near Wild Heaven",
"Low", "Shiny Happy People"... oltre naturalmente a "Losing My Religion".
"Uno strano, piccolo disco": proprio! D'accordo: è più
pop che rock genuino; ma ascoltate "Texarcana"! Ascoltate "Belong"
oppure "Country Feedback"! E che ne dite di "Near Wild Heaven"?
Quest'ultima è forse più bella di "Losing My Religion" (la quale, come i
R.E.M. hanno poi confessato, inizialmente non era neppure stata scelta come single!)...
"Near Wild Heaven" ci offre splendide armonie vocali, con il lavoro
percussionistico di Bill Berry che penetra fin nella spina dorsale... D'altro canto,
"Radio Song" è giusto quel che si perita di essere: una canzonetta adatta alle
stazioni FM per i gusti easy. Ma quante ne sentite di canzonette così piacevoli, alla
vostra radio?
No, Out Of Time non è un album perfetto come Automatic
For The People, ma non si tratta neanche di "uno strano, piccolo
disco". È, piuttosto, un meritevole saluto di benvenuto agli Anni Novanta ancora
freschi di rugiada. A MUST!
AUTOMATIC FOR THE PEOPLE
Automatic For The People ('92) è una
raccolta di canzoni tutte bellissime, senza eccezioni: "The Sidewinder Sleeps
Tonite" (in cui c'è il richiamo a "The Lion Sleeps Tonight"), "Everybody Hurts" (chi non ricorda il
suggestivo video girato per questa song? È quello in cui Stipe & Co. escono da
un'automobile bloccata nel traffico e si mettono a camminare sui cofani e sui tettucci
delle vetture ferme), "Nightswimmer", "Man On The Moon" (eseguita a
ogni concerto)... per non scordarci di "Daysleeper", storia di un uomo costretto
a lavorare di notte e a dormire di giorno, e che si vede così sconvolgere il suo
bioritmo.
Una noticina a proposito del titolo: "Automatic
for the people" è uno slogan inventato dal ristorante di Athens Weaver
D's, che in questo modo, grazie ai R.E.M., assurse ai fasti di un'inattesa
popolarità.
Da molte riviste specializzate fu votato "miglior
album pop/rock degli Anni Novanta". A MUST!
MONSTER
Ehi! Questi quattro tipi della Georgia, nel profondo Sud degli
U.S.A., sanno bene come si "rocka"! Monster (1994) vede i R.E.M. abbandonarsi al gioco (coatto, per ragioni
contrattuali) di Doctor Jeckyll e Mister Hyde. Trasmutazioni psichiche e fisiche in
seguito - probabilmente - a stress da tournée; o a terremoti emozionali causati da
avvenimenti luttuosi nella loro sfera personale. Coerentemente al momento
"alienante", il sound è quello tipico dell'hard rock. È quindi l'opera più
"dura" mai sfornata dalla band. Monster contiene l'irresistibile "What's The Frequency,
Kenneth?", che
secondo una delle tante interpretazioni è dedicata a un DJ radiofonico picchiato a
sangue da alcuni sconosciuti; uno di questi sconosciuti, a ogni colpo inferto, ripeteva:
"Allora, Kenneth, di' adesso qual è la frequenza!" Ma alla song sono stati dati
anche altri significati.
Inoltre:
"Let Me In": omaggio riverenziale - e fraterno - all'appena deceduto Kurt Cobain; con la chitarra di Buck stupendamente distorta.
"Crush With Eyeliner", "Bang And Blame", "I Took Your Name"
e specialmente "Star 69" e "Circus Envy" sono suonate con gli
amplificatori al massimo, risultando dunque tra le canzoni più "energiche"
dell'intero catalogo dei R.E.M.
Ma anche i pezzi "lenti" ("I Don't Sleep, I Dream",
"Strange Currencies", "Tongue", "Let Me In") sono intrisi di
un'urgenza emotiva che solletica i nervi sensori del consumatore.
L'unica obiezione che posso muovere è che nella seconda parte dell'album Stipe sembra
divenire più etereo, meno "presente". Forse il motivo deve ricercarsi nella
scomparsa del suo amico intimo River Phoenix. Una nota
all'interno della copertina dice che il disco è dedicato proprio allo sfortunato attore.
NEW ADVENTURES IN HI-FI
New Adventures In Hi-Fi, del '96, è
l'album preferito di Michael Stipe. Forse anche perché è tra quelli che costarono meno
fatica per essere realizzato. La maggior parte delle canzoni furono registrate "on
tour", e dunque in condizioni semicaotiche; molte di esse addirittura durante il
soundcheck che precedeva le esibizioni della band. Da qui, la loro indubbia spontaneità.
Non proprio entusiasmante comunque gli incassi ricavati...
Highlights:
"E-Bow The Letter", una delle canzoni più interessanti in assoluto dei
R.E.M., con Peter Buck come ideale gregario e Patti Smith
- musa ispiratrice di Stipe - a fornire il background canoro. "E-Bow The Letter"
ha uno dei testi più suggestivi - quanto bizzarri - del repertorio di Stipe:
I don't want to disappoint
you,
I'm not here to anoint you,
I would lick your feet,
but is that the sickest move...
L'album raggiunge la vetta con "Leave", canzone epica
della durata di 7 minuti.
Altre songs:
"Low Desert," "Binky The Doormat" e "So Fast So Numb"
: pezzi dal sapore fortemente "on the road" che
richiamano reminiscenze di Dylan e dei Rolling Stones. "How The West Was
Won...", che ci immerge - come "E-Bow The Letter" - in un'atmosfera dark,
fa capire quale grado di saggezza e maturità abbia raggiunto la band.
"Electrolite" (il track conclusivo) lascia una porta aperta verso nuove
esperienze creative ed esistenziali, con il suo invito alla semplicità e alla chiarezza
di mente: "I'm not scared - I'm outta here".
UP
Copertina orribile, album non meno discutibile. Up ('98) è un'opera a suo modo coraggiosa che abbraccia diversi generi, dal folk acustico
all'elettronica. E proprio qui sta il cruccio: nell'elettronica... non sembra a volte di
udire l'eco di Enya? O le musiche da film di John Barry? Ma i gusti son gusti... C'è addirittura chi trova Up
un album ben riuscito... Intanto, però, l'unica vera song riconducibile ai livelli
"comuni" dei R.E.M. è "Lotus", che, guarda caso, è pure l'unico
pezzo realmente rock. Up è il primo lavoro dei R.E.M. senza Bill Berry. Contrari a voler
sostituire l'amico batterista, il gruppo usò per quasi tutti i tracks una "drum
machine". Purtroppo per loro, il disco fu pubblicato in un frangente poco propizio,
ovvero mentre in America imperversava il butt rock, ossia l'heavy metal più
monodimensionale che si possa immaginare. Come il precedente - ma ben più meritevole - New Adventures in Hi-Fi, anche Up, dunque, non fece andare
in tilt i registratori di cassa. Tranne che in Europa. Nel Vecchio Continente, infatti, la
band conta ormai più aficionados che in patria...
Come c'era da attendersi, l'assenza di Bill Berry si è fatta
sentire, eccome! Riusciranno i nostri (ridotti a "un cane a tre zampe") a
risolvere il gravoso problema?
REVEAL
Sìiiii! Il Nuovo Millennio comincia ottimamente.Reveal(2001) è, qualitativamente, senz'altro all'altezza di Automatic
For The People, pur se imbottito di idee musicali simili a quelle che
caratterizzano Up. Eppure, gli ingranaggi sono tornati a
funzionare.
"Se il nostro
ultimo album era Marte, Reveal è Nettuno."
(Michael Stipe)
"All The Way To Reno" e
"Summer Turns To High" (melodico tributo a Brian Wilson, così come lo è,
in maniera più palese, "Beachball") valgono già da sole il prezzo dell'intero
disco. Anche "Disappear", "Beat A Drum" e "Imitation Of
Life" sono splendidi tracks, sebbene somiglino a imitazioni di trascorsi successi (ma
forse è proprio per questo che riescono a piacere?). Sopra a tutti bisogna comunque porre
"I've Been High", "Chorus And The Ring" e "I'll Take The
Rain" (forse la più bella "sad song" dei R.E.M.), ballate dal ritmo
tranquillo che trasudano forte emotività.
I used to think, birds
take wing,
they sing through life,
so why can't we?
(Da: "I'll Take The Rain")
A MUST!
Nel 2002 i R.E.M. si aggregano al fitto coro antibellico
offrendo sul loro sito WEB la canzone "Final
Straw", "free to download".
"Final Straw", esplicita condanna del conflitto in Irak, recita: "Now I don't believe and I never did / That two wrongs make a right / If
the world were filled with the likes of you / Then I'm putting up a fight... / Then I
raise my voice up higher / And I look you in the eye / And I offer love with one condition
/ With convinction, tell me why."
Parole acide a Bush e alla sua politica. Con ciò, il gruppo si riallaccia direttamente
alla rabbia che aveva espressa nella metà degli Anni Ottanta in Lifes Rich
Pageant e in Document, due album che denunciavano
i giochi paranoici del potere ("Exhuming McCarthy"), l'ingordigia
("Hyena"), l'imperialismo stelle-e-strisce ("Welcome To The
Occupation"; "Flowers Of Guatemala"), l'inquinamento
("Cuyahoga")... Erano i giorni in cui Stipe cantava, in "These Days"
(nell'album Lifes Rich Pageant): "We
are young despite the years / We are hope despite the times..."
Dall'era Reagen a Bush junior, ben poco è mutatointorno alla band di Athens, Georgia.
Fino al 2011, anno del loro scioglimento ufficiale, i R.E.M. rimangono un trio, fedeli alla loro volontà
di non rimpiazzare Bill Berry; ma ovviamente si avvalgono di talentuosi support
musicians, sia nei concerti che durante le session in studio. Malgrado il crescente
proliferare di gruppi interessanti (Radiohead, Coldplay, Traves, Turin Brakes, Arab Straps, ecc.), Stipe & Co. riescono a mantenere una propria identità - o, più esattamente, uno stile ben
definito. Stile che, a conti fatti, si basa sulla personalità del loro lead singer e
"poeta" (Stipe, appunto).
Fin dall'inizio Stipe scrive testi che, impreziositi di termini colti, metafore ardite e
riferimenti a fatti e persone reali, possono considerarsi delle piccole composizioni
letterarie. Soprattutto i versi ermetici dei primi lavori della band hanno richiesto e
richiedono un intenso lavoro di ricerca - ed interpretativo - da parte di biografi e di
fans... E quanto, non può essere inteso subito, viene poi spiegato da Buck, Stipe e Mills
nelle loro tante interviste. Che sono sempre piacevoli e istruttive.
...A meno che uno non la pensi come Elvis Costello, il
quale arrivò ad affermare: "Ammiravo Stipe molto di più quando i suoi testi
rimanevano per me degli indovinelli. Poi si mise a rivelarne il significato, ed essi hanno
smarrito per me il loro fascino"...
Hanno detto di loro
"In certi momenti non si può fare a meno di pensare che a
questo mondo non ci rimane più alcun amico, nessunissimo alleato. Ma poi scopriamo che
esistono ancora i R.E.M.... Questi ragazzi di Athens, Georgia, non smetteranno mai, per
nostra fortuna, di esprimere continuamente la loro opinione." (Bill
Bragg)
"I R.E.M. mi piacciono perché sono affidabili al massimo, non
mentono mai e sono meritevoli di fiducia." (Mark Eitzel)
"È ammirevole la maniera in cui i R.E.M. si confrontano con la
propria popolarità: sono come santi..." (Kurt Cobain)
"Una volta per tutte: noi non useremo mai le nostre canzoni per
uno spot pubblicitario! Basta, chiuso, finito. Abbiamo ricevuto delle offerte
considerevoli per questa o quell'altra song, ma abbiamo un conto in banca abbastanza
congruo, quindi a che pro' venderle? Sarebbe ingiusto mettere a repentaglio
l'integrità della band." (Mike Mills, 1996)
Presentatore:"E queste scarpe? Sono da donna, da uomo o da bisessuale?"
David Bowie:"Sono solo scarpe, sciocco!"
Solo David Bowie e la sua arte per 140 minuti. Moonage Daydream!
Un vero e proprio trip per lo spettatore!
Uno straordinario lungometraggio. Il film ha richiesto quattro anni per essere assemblato e altri 18 mesi sono stati dedicati alla colonna sonora.
Moonage Daydream è programmato (per il momento) solo il 26, 27 e 28 settembre al cinema (in Gran Bretagna). Ma il successo è assicurato e dunque lo potremo possedere presto su DVD...
#DavidBowie. La storia del "Duca Bianco".
La rivista inglese Uncutcosì recensisce Moonage Daydream, il documentario su David Bowie realizzato da Brett Morgen.
<<È uno "sballante" resumée della vita di David Bowie
'Keep your 'lectric eye on me, babe'
Articolo di Damon Wise
Forse non si tratta della biografia approfondita e completa che molti pensano che il Duca Bianco avrebbe meritato, ma è di certo un film che lo stesso Bowie avrebbe amato: giocoso, intelligente e ammirevolmente diffidente nel presentare un argomento che a tanti di noi è familiare. È una fantasticheria da brivido: assomiglia più a un flashback "acido" che a un documentario.
Il regista, Brett Morgen, ha adottato un percorso simile a quello di 'Montage Of Heck' (su Kurt Cobain). 'Moonage Daydream' si apre con una sequenza ricavata dalla collaborazione di Bowie con i Pet Shop Boys nel 1995 ("Hallo Spaceboy"): questo non è solo un modo intelligente per sottolineare l'intenzione di evitare un resoconto lineare degli ultimi giorni sulla Terra della star, ma anche un segnale che Morgen è informato non solo sulla discografia classica di Bowie ma anche su quella "tarda". Alcune omissioni possono sorprendere – il ritmo frenetico del docufilm sembra portarci da 'Ziggy Stardust' direttamente a 'Low' – ma altre invece hanno una spiegazione: manca tutta la produzione degli anni '80 posteriore a 'Let's Dance', inclusi entrambi gli album dei Tin Machine.[Leggi l'intervista di 'Uncut' con il regista (articolo in ingl.).]
Una tecnica di inquadratura che utilizza filmati del promo di 'Blackstar' consente a Morgen di giocare con la metafora di Bowie quale extraterrestre precipitato in Gran Bretagna nel periodo del dopoguerra. D'altronde però il regista scava nelle origini terrene di Bowie, usando estratti di antiche interviste televisive in cui la star espone i suoi pensieri, rivelando che il successo iniziale significava per lui che non sarebbe mai diventato la persona che "avrebbe dovuto essere". Per accompagnare questi momenti, Morgen utilizza alcune interessanti riprese dal vivo, che sembrano sottolineare l'autoanalisi attenta di Bowie e include una versione fenomenale, particolarmente riuscita, del brano "The Jean Genie", che incorpora il beatlesiano "Love Me Do".
Numerosissimi i riferimenti: un torrente di immagini e concetti che saranno cari a chi ha confidenza con il lavoro da attore di Bowie, con i suoi dipinti, con la sua collezione di libri o il suo lavoro esoterico insieme ad artisti quali il cantante Klaus Nomi o la compagnia canadese di balletto La La La Human Steps. Chi invece non sa a cosa si riferisce Morgen, avrà forse qualche difficoltà ad apprezzare appieno 'Moonage Daydream'. Nel contempo, però, è piacevole imbattersi in un film che pretende che il lavoro di assemblaggio lo faccia lo stesso spettatore! 'Moonage Daydream' potrebbe non essere l'intera storia del Duca Bianco, tuttavia è un tentativo davvero potente di trasmetterci l'irrequieta curiosità che ha caratterizzato, fino alla fine, l'uomo David Bowie.
'Moonage Daydream' ha debuttato nel Regno Unito il 22 settembre. >>