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lunedì, gennaio 16, 2023

Una poesia di Philip Larkin: '1914'

 Traduzione di Peter Patti.

Con note esplicative del traduttore.


[Philip Larkin: poeta piccolo-borghese e con idee di estrema destra.]




MCMXIV 

(pubblicata la prima volta nel 1964)


Quelle lunghe linee irregolari
Che stanno in piedi impazienti 
Come allungate esternamente
The Oval oppure Villa Park [1],
Le corone di cappelli, il sole
Sui volti arcaici baffuti
Sorridenti come se tutto ciò fosse
Un'escursione di Ferragosto;

E i negozi chiusi, e i nomi sbiaditi
Di premiate ditte sulle tende parasole,
I quattrini e i sovereigns,
E bambini che giocano scurovestiti 
E hanno nomi di re e regine,
Le pubblicità su latta
Per il cacao e le torsade, e i pub
Aperti tutto il giorno;

E la campagna ignora il tutto:
I nomi dei luoghi sono ombreggiati
Da erbe fiorite e da prati
Che confondono le righe del Domesday Book [2]
Sotto il silenzio inquieto del grano;
I servitori in tenute differenti
Con camere minuscole dentro enormi magioni,
Nuvole di polvere dietro le limousine;

Mai tale innocenza,
Mai prima né dopo,
Come è stato mutato il passato
Senza una parola: gli uomini
lasciavano i loro giardini in ordine,
Le migliaia di matrimoni
duravano un po' più a lungo:
Mai più tanta innocenza.

 


[1] Impianti sportivi rispettivamente di Londra (The Oval è dove si gioca a cricket) e di Birmingham (Villa Park è uno stadio di calcio).

[2] Con 'Domesday lines' Larkin si riferisce al 'Domesday Book' che risale alla conquista normanna del 1066. I Normanni, guidati da Guglielmo il Conquistatore, fecero un accurato censimento di città, cittadine e villaggi inglesi.

*************************

MCMXIV 
Philip Larkin, first published in 1964



Those long uneven lines
Standing as patiently
As if they were stretched outside
The Oval or Villa Park,
The crowns of hats, the sun
On moustached archaic faces
Grinning as if it were all
An August Bank Holiday lark;

And the shut shops, the bleached
Established names on the sunblinds,
The farthings and sovereigns,
And dark-clothed children at play
Called after kings and queens,
The tin advertisements
For cocoa and twist, and the pubs
Wide open all day;

And the countryside not caring:
The place-names all hazed over
With flowering grasses, and fields
Shadowing Domesday lines
Under wheat’s restless silence;
The differently-dressed servants
With tiny rooms in huge houses,
The dust behind limousines;

Never such innocence,
Never before or since,
As changed itself to past
Without a word – the men
Leaving the gardens tidy,
The thousands of marriages,
Lasting a little while longer:
Never such innocence again.


(from Philip Larkin: Collected Poems)



  NOTE ESPLICATIVE

"MCMXIV", dunque 1914. I numeri in caratteri romani suggeriscono le lapidi e i monumenti cimiteriali.
Philip Larkin, che era appassionato di fotografia, apre questo suo componimento osservando una foto d'epoca. È l'anno dell'inizio della Prima Guerra Mondiale (per gli inglesi, la guerra iniziò nell'agosto 1914) e il gruppo di uomini ritratto (le cui figure hanno orli sbiaditi, sono come allungate, a causa della tecnica poco sviluppata del tempo) ha qualcosa di arcaico in sé: portano i baffoni e le loro facce sono attraversate da un ghigno, come se si accingessero ad andare a una festa ("lark" in questo caso è il gioco, con riferimento al cricket - "The Oval" -, seguito dal calcio - "Villa Park").
Nella seconda stanza, il poeta allarga la visuale. Lo sguardo - suo e nostro - si sposta oltre le figure allineate. Ecco la campagna, e le proprietà signorili ove regna una rigida gerarchia di ruoli (i servi sono vestiti diversamente l'uno dall'altro, a seconda del ruolo che ricoprono nella casa): è il momento di transizione dal periodo pre-bellico al confronto armato e Larkin esprime una forte nostalgia per gli anni che furono. L'accenno al Domesday Book, al libro del censo dei Normanni, ha a che fare con l'idea che quasi 1000 anni di immutata storia inglese e struttura sociale inalterata sono stati cancellati dall'evento furioso, fatale: dal primo conflitto mondiale, appunto. 
Nella stanza finale, il poeta ribadisce il senso di perdita dell'innocenza: non ci saranno più gli uomini a tenere in ordine e ben curati i giardini (segno di un legame stretto con la natura); inoltre, i matrimoni dureranno di meno, attraverso anche l'assenza degli stessi uomini dovuta alla chiamata alle armi... e, spesso, a una morte straziante al fronte.

 Larkin e una delle "sue donne"


Non è una poesia di guerra. In questi versi, la riflessione è incentrata sulle conseguenze sociali ed esistenziali di un vasto conflitto. Larkin era un civile, non un militare. Mentre era studente a Oxford fu chiamato a combattere nella Seconda Guerra Mondiale ma lo riformarono per problemi alla vista.
Ora, mezzo secolo dopo l'inizio della Grande Guerra, scrive con ponderatezza, nell'intimità della sua dimora di Hull, nel Nord dell'Inghilterra, circa i mali di uno scontro bellico di cotali dimensioni. Il Regno Unito (anche quello di oggi) non è più quello precedente al 1914: così ragiona Larkin, che sente l'urgenza di idealizzare l'ieri. Come in Yeats e in Thomas Hardy, i temi affrontati nei suoi versi sono quelli elementari ma fondamentali della poesia di tutte le epoche: il trascorrere del tempo, i cambiamenti radicali, la perdita di valori e - assai evidente in lui - la perdita di certezze quotidiane, di sicurezza domestica, 
Le sue posizioni sono quelle di un cittadino dalle idee nostalgiche; alquanto conservative; anzi: proprio reazionarie (aveva forti simpatie per l'estrema destra). L'ieri è sempre migliore dell'oggi, il passato ha da essere presentato come mitico, nobile...


 Furono tre le sprovvedute che cadettero nelle sue grinfie: la bibliotecaria, la segretaria, la lettrice



Nei suoi componimenti, Philip Larkin (1922-1985) ha documentato e sezionato con infallibile precisione l'Inghilterra provinciale in cui era immerso pienamente, comodo biotopo, appropriato per enucleare l'essenza dell'umanità. L'amore gli procurava comunque qualche problema, sconvolgendogli - arricchendolo - il Tutti-I-Giorni. Philip Larkin era un amatore - più che un amante - in eterno conflitto, incapace di risolvere le sue intricate relazioni (non sempre sessuali). Soltanto diversi anni dopo la sua morte (avvenuta su un letto di ospedale di Hull) è emerso che, prima di espirare l'ultimo respiro, Larkin rivelò a una delle sue tre amanti (o comunque donne amate) chi fosse stata effettivamente la preferita.
Ma chi erano "le tre donne" di questo poeta che era ed è considerato, almeno in ambito artistico, un antiromantico? E che privatamente non nascondeva di essere terrorizzato dall'idea di sposarsi?
Erano Monica Jones, lettrice d'inglese, Maeve Brennan, una collega nella biblioteca in cui lui lavorava e Betty Mackereth, la segretaria. Ebbe relazioni con loro durante gli Anni '70 e le considerava (fecendosi tanti film mentali) in concorrenza reciproca. 
Prima di loro c'erano state Ruth, Winifred, Patsy (quest'ultima era rimasta incinta di lui, ma perse il bambino)... Era un uomo retrogrado che scriveva versi importanti e... possedeva una collezione di immagini pornografiche niente male.
Suo padre aveva tenuto in casa una statua di Hitler e lo stesso Philip crebbe non soltanto misogino, ma anche piuttosto razzista. 

Io mi sono imbattutto in Larkin leggendo Anthony Burgess; più precisamente, una recensione scritta dal grande romanziere di Manchester in cui veniva messo a nudo e sottilmente ridicolizzato l'estremismo delle opinioni politiche di Philip. Inutile dirlo: i due rimasero nemici per la pelle vita natural durante.

 Anthony Burgess

 

Insomma: Philip Larkin, la sua poetica e la sua esistenza da piccolo impiegato pieno di bizzarre convinzioni sono argomenti da approfondire! Interessante anche il fatto che un'altra sua passione fosse il jazz: Philip Larkin scrisse numerosi articoli sull'argomento. Reputo che sia uno spasso andare a cercare quegli articoli e paragonare le sue opinioni musicali con le nostre.




domenica, dicembre 20, 2020

"I miei giorni ansiosi"

Giuseppe Alù. Dalla raccolta Lo Scritto e il Sigillo

 
I MIEI GIORNI ANSIOSI

 
I giorni si affollano sui miei occhi
come figli, diversi ed eguali
tutti confusamente annodati
con il lunghissimo filo dell’attesa.
Non so vedere altro colore,
altra illusione che questo filo
interminabile, questa passione
trattenuta, sospesa
sulla quale la vita procede
ma non avanza e non sa di finire.
 
I miei pensieri come sciabole
tentano d’attorno
ma ricadono sempre.
Antiche saggezze insulari
crollano il capo
e i mali covati restano offerti
alla morte paziente del tempo.
Per non morire prima
i miei giorni ansiosi
dall’alba
scrutano l’orizzonte.



 
(Dipinto: "Antithetis", di Victor Brauner, 1937)





Giuseppe Alù ha pubblicato La contessa Marianna, Mondadori 1989 (Premio San Vidal – Venezia – 1989); Storia e storie del Risorgimento a Treviso, Edizioni Galleria 1987; Lo scritto e il sigilloRaccolta di poesie 1971-1981. E: Tedeschi. Quadretti di una esposizione, Asterios 2018 (disponibile qui).





 

domenica, marzo 01, 2020

Una poesia da 'Templi Moderni'





Un miraggio tremola all'orizzonte:
il miraggio di due amici.
Vagolano tra questi canyon
come animali del pleistocene.


Chi sono? Siamo noi.
E A regge la clava
e B già sa di essere
vittima designata. Ma ride.





Ride e piange e guarda l'amico
e guarda la clava
e gioca con l'eco: "Hey there!"
Gli risponde un supersonico.


Il carnefice assesta l'arma.
Chi è? È B. Sei tu, 
e hai il fiato caldo
come un abbraccio,


come la scia del jet
che passa sul cranio,
subsannando vent'anni
di giochi sorridenti.



     (Peter Patti, da Templi moderni)





v
v
v
templi-moderni




sabato, settembre 15, 2012

Bologna di nuovo in lutto. Stavolta è toccato a Roberto Roversi

ll signore della guerra

Il signore della guerra è
padrone del mondo. Il signore
della guerra è padrone del mondo? È
padrone del mondo?
Appoggio l'orecchio sulla terra
mi brucia il suo respiro misterioso
alzo gli occhi e un cielo turbato
grida sulle mie spalle come
una spada che cala.
Fra sabbie mari di onde
fra sole luna tempesta nebbia
               di neve
I'avventura dell'uomo non ha tregua
inquieta luce
ape inesorabile impazzita.
Rintanato nella caverna
ma salvato dalla speranza
ritornerà sui grandi fiumi con vele
gonfiate dalla voce di un bimbo
              bambina che ride.


(Da: Se tutti i mari del mondo fossero inchiostro.
Edizioni Cooperativa Culturale Centoggi, 1996)


Oggi, 15 settembre 2012, scrive Lorenzo Jovanotti su Twitter:
se n'è andato il grande Roberto Roversi un innumerevole poeta . Scrisse anche "chiedi chi erano i beatles".


Già. Se ne stanno andando tutti i migliori. Anche se Roversi, grande uomo di lettere, era alquanto vetusto e certamente stanco di trascinarsi in questo presente che sempre meno sa guardare al futuro, un futuro di cui lui auspicava una "visione larga". Si è spento nella sua Bologna, dove era venuto al mondo il 28 gennaio 1923.

"Quello che serve è una visione larga del futuro, che riconosca passato, che ce lo faccia leggere, e che lo voglia cambiare."



Oltre a essere scrittore e poeta, fu libraio: dall'immediato dopoguerra, e fino al 2006, aveva gestito a Bologna la Libreria Palmaverde, in via de’ Poeti, autentico fulcro della poesia giovanile della città, un eremo frequentato da Gadda, Bertolucci, Volponi, Calvino, Ungaretti.
La libreria era specializzata in antiquariato: conteneva non solo volumi antichi (20.302 libri solo dell'Ottocento e del Novecento!), ma anche manifesti del periodo risorgimentale, 282 testate di riviste sia storico-culturali che di attualità degli anni 1960-1980, carte geografiche del XVIII e XIX secolo, migliaia di opuscoli della Poesia Visiva italiana del Novecento e diversi ritratti incisi e litografati.

"Nessuno è mai solo con un libro in mano": è il motto che questo straordinario intellettuale forgiò per definire lo spirito della maratona di lettura "Ad alta voce", di cui fu il principale ispiratore.
Firmò inoltre molti testi di canzoni (per Lucio Dalla ma non solo) e diresse il giornale di estrema sinistra Lotta Continua.

 "Quando corre Nuvolari, quando passa Nuvolari, la gente arriva in mucchio e si stende sui prati." (Leggi: "Roberto Roversi, Nuvolari e la poesia")

Nel 1943 - a vent'anni - Roversi si arruolò tra i partigiani combattendo la Resistenza sulle colline piemontesi.  Grande amico di Tonino Guerra (anche lui scomparso quest'anno; così come sono purtroppo scomparsi quest'anno Lucio Dalla e lo scrittore e autore teatrale Stefano Tassinari), nel 1955 aveva fondato con Pier Paolo Pasolini e con Francesco Leonetti la rivista Officina. Nel 1961 diede alla luce una nuova rivista, Rendiconti. Di entrambe fu anche editore. Attorno alla metà degli Anni Sessanta compì una scelta destinata a segnare profondamente la sua attività letteraria: smise di pubblicare con i grandi editori, limitandosi esclusivamente a fogli fotocopiati distribuiti autonomamente e a collaborazioni con piccole riviste autogestite.
Agli Anni Settanta risale l'incontro artistico con il concittadino Lucio Dalla: Roversi collaborò come paroliere agli album Il giorno aveva cinque teste (1973), Anidride solforosa (1975) e Automobili (1976), molto apprezzati dalla critica, firmando i testi di canzoni come "Coyote", "Un'auto targata TO", "Tu parlavi una lingua meravigliosa", "Ulisse coperto di sale", "Anidride solforosa", "Nuvolari", "Due ragazzi" e "Il motore del 2000". Successivamente collaborò anche con gli Stadio (suo, ad esempio, il testo di "Chiedi chi erano i Beatles", ma anche le parole delle canzoni "Maledettamericatiamo" e "Doma il mare, il mare doma" dedicata a Maradona).
Nel 2006 la Libreria Palmaverde ha chiuso i battenti. Dopo oltre 50 anni di attività, Roberto Roversi e l'inseparabile moglie Elena hanno deciso di ritirarsi a vita privata. Tutti i libri sono stati acquistati da Coop Adriatica. Parte di essi sono stati venduti. Quelli invece di maggiore interesse sono stati donati a biblioteche.
Appena un anno dopo (nel 2007, dunque), i Roversi hanno subìto la tragica scomparsa, causata da un tumore, del figlio, Antonio, Sociologo e Professore Ordinario all'Università di Bologna.
Nel 2010 il poeta ha dato alle stampe - in cinquanta esemplari fuori commercio - la versione integrale del poema "L'Italia sepolta sotto la neve".
Recentemente, le edizioni Pendragon hanno ristampato tre dei suoi testi teatrali (Unterdenlinden, Il Crack e La macchina da guerra più formidabile) sotto la cura del professor Arnaldo Picchi, e hanno pubblicato il fino ad allora l'inedito La macchia d'inchiostro.
La famiglia di Roberto Roversi ha fatto sapere che per volontà del defunto non si terrà alcuna cerimonia funebre, neppure in forma privata, e non verrà allestita una camera ardente. 




Italia Italia Italia.
 Dice: il Che mi è caro e non è morto mai.
 Dice: in tanti lo fischiano io continuo a cantarlo.
 È il mio eroe di Alamo
 e la vita è battaglia all’ultimo sangue
 alle volte capita di dover fare
 di potere rischiare e di dover cadere.
 Hanno memorie rapide e leggere
 i mandarini di casa nostra.
[...]
Le miserie d’Italia maledizione d’Italia numero otto
 una volta gli aranci oggi una nuvola nera
 dove il mare ora l’onda si ferma nel rosso del fuoco tramonto
 dove la speranza intera e uomini pescatori di spade
 oggi pervade la landa un’idea di miseria dolore
 ho visto molte ombre nel corso di questa giornata
 ho potuto contare le orme
 ricordo in Italia minuetti sui piedi danzanti
 ariette napoletane in un cielo di Giove
 oggi crateri a Palermo vulcani a Milano
 con voli improvvisi di morte
 inesorabile fato questa antichissima Esperia
 nel fango non ha destino il futuro.
 Ammanettati con piccole catene d’oro
 simulacri di uomini tomba ridono liberi a Roma.
 Sono difesi da pietre porte di una città devastata.
 Solo il fucile d’oro è arbitro di queste contese
 se canta da usignolo
 sarà un nuovo mattino.

Da: Roberto Roversi,  Trenta miserie d’Italia
[Quarta parte de “L’ Italia sepolta sotto la neve”],
Sigismundus, Ascoli Piceno, 2011





Lettere d'amore a Diotima (sull'11 settembre 2001)

"20 settembre
Venti settembre partono/ i bombardieri di Bush per la giustizia infinita/
Dan Rather piange/ piange Dan Rather nello show in tivù/
Militari americani danno/ via libera alla partenza dei caccia/
per l'operazione giustizia/ giustizia finita infinita - Dan Rather/
piange/ È cominciata la giustizia infinita.

19 settembre
I Taliban: no a Bush/ Bush:prepariamoci a soffrire/ questa guerra non sarà breve/
Voglio Bin Laden vivo o morto

17 settembre
Cia: torna la licenza di uccidere/ Cheney: la guerra potrebbe durare anni/
L'incubo della guerra pesa sui mercati

16 settembre
Soldati d'America pronti a colpire

15 settembre
Bush prepara l'attacco/ Poteri di guerra al Presidente/ sapremo essere implacabili/
Blair: con quei nemici rischio atomico

14 settembre
Guideremo il mondo alla vittoria/ sugli aerei diciotto dirottatori

13 settembre
LA Nato dice siamo in guerra

12settembre
Attacco all'America/ L'Europa brucia 810mila miliardi
Adieu mon amour".


Roberto Roversi sull'infanzia:
"L'infanzia è come un'alba fresca e lucente, bagnata di guazza e toccata via via dal brivido del sole. Quanto straordinaria fantasia essa ci potrebbe offrire, e ci offre, per ripulire il nostro mondo; e noi, ripeto, la soffiamo via, con una frettolosa carezza, distratti e preoccupati".

E con ciò, torniamo a petardo al twitter di Jovanotti:
se n'è andato il grande Roberto Roversi un innumerevole poeta .
 

Del cantante, lo stesso Roversi aveva detto, in un'intervista all'agenzia stampa La Stefani:

"C'è un grande filosofo contemporaneo che ho già citato facendo ridere mezzo mondo. Ma l'ho citato con serietà in testi abbastanza seriosi: è Jovanotti che canta 'Penso positivo perché son vivo, perché son vivo': sembra Kant, Hegel, Leibniz, non oso dire Platone o Aristotele. Questa è la massima che i giovani dovrebbero portare con loro. Non con superficiale ottimismo, ma con generosa, drammatica volontà di superare le difficoltà".




sabato, maggio 26, 2012

Günter Grass torna all'attacco, stavolta contro l'Europa

Dopo la critica a Israele che così tante polemiche ha suscitato, il Premio Nobel per la Letteratura Günter Grass fa riparlare di sé con una poesia sull'atteggiamento dell'Europa Unita nei confronti della Grecia - che, come risaputo, al momento è lo Stato europeo finanziariamente più debole.
I versi hanno un titolo assai loquace: "Europa's Schande" ("La vergogna d'Europa"), e recitano:

"Messa nuda alla gogna in quanto debitrice,
sta soffrendo una terra verso cui,
come ben sai, debitrice sei tu."

(...)


(Qui fa riferimento alla Wehrmacht:)
"Quelli che con la forza delle armi
si riversarono su un luogo ricco di isole
portavano non solo l'uniforme,
ma anche Hölderlin dentro lo zaino."

(...)

"Dài bevi! Bevi! gridano i commissari della claque,
ma Socrate, incollerito,
ti restituisce il calice ancor pieno.

(...)

Deperirai miseramente senza quel Paese
il cui spirito ti generò, o Europa!"

Il componimento non dice niente di più o di meno di quanto ognuno sa, ma... apriti cielo! Per l'ennesima volta, Günter Grass viene subissato di commenti di disapprovazione.
Da quando, nella sua autobiografia Sbucciando la cipolla (2006), confessò di aver fatto parte delle Waffen-SS - ma vi si arruolò mentre la Seconda Guerra Mondiale era ormai agli sgoccioli -, c'è chi lo accusa di "doppia morale" e, conseguentemente, di "scarsa credibilità". Tuttavia, proprio Grass è sicuramente uno degli intellettuali più integgerrimi che ci sono in Germania, almeno per quanto riguarda la "vecchia guardia".

Le sorti della Grecia, giustamente, stanno nel cuore di chiunque abbia un minimo di sensibilità culturale, e il fatto che l'Europa di Angela Merkel (ma ancor più della Deutsche Bank) miri a far apparire i greci come un popolo di pelandroni, ferisce e, sì, suscita un moto di rabbia, dato che quel Paese è arrivato a tal punto giacché governato dalle regole "neoliberiste" sulle quali si basa la stessa Unione Europea.
Si è recentemente infuocato il dibattito se escludere o meno la Grecia dalla zona euro e disconoscerle o meno il "privilegio" di essere uno Stato membro dell'UE... Dunque è logico che uno scrittore impegnato come Grass ritenesse opportuno dire la sua sull'argomento.
La Grecia sta cercando faticosamente di risollevarsi dalle rovine causate dall'egemonia di banchieri e magnati assortiti (un armatore paga meno tasse, in percentuale, di quanto è costretta a pagare una cameriera!) e alle prossime elezioni - secondo le ultime prognosi - la Sinistra otterrà come minimo il 30% delle preferenze. La situazione nel Paese elleno è disperata: oltre mezzo milione di persone deve mettersi in fila per ottenere un piatto di minestra... Le banche appartengono quasi tutte agli oligarchi, che le hanno fatte indebitare con troppo azzardate manovre speculatorie, e a rimetterci è un popolo che si è sempre distinto per la sua dignità, la sua cultura e il suo umanesimo.

Come nel caso di "Was gesagt werden muss" ("Ciò che deve essere detto": la poesia sulla minaccia di Israele di bombardare l'Iran con armi nucleari), il nuovo intervento dell'84enne Günter Grass mette il dito sulla piaga. Questi suoi versi, pubblicati sulla Süddeutsche Zeitung, hanno di nuovo diviso l'opinione pubblica tedesca: c'è chi difende il poeta-scrittore di Danzica dandogli ragione e chi invece lo mette alla berlina facendo magari riferimento a una sua presunta "senilità". Questi ultimi ovviamente sono i più: trattasi di cittadini decisamente schierati dalla parte dell'alta borghesia e delle classi egemoni... anche se (è triste dirlo ma è così) nella "ricca" Germania ci sono masse enormi di sottoprivilegiati, di sfruttati: i nuovi poveri, coloro che pesano sull'altro piatto della bilancia del capitalismo selvaggio, un sistema che permette a grossi imprenditori, manager altolocati e al loro codazzo di politici di arricchirsi smisuratamente, spudoratamente.
E' la Germania monitorata con occhi acuti da Grass e da altri intellettuali che non si sono lasciati catturare dall'illusione di un facile arricchimento (illusione strombazzata dai giornali e da quasi tutte le emittenti televisive private - ed è ovvio: i media sono quasi tutti nelle mani di chi controlla e gestisce il capitale...). Il monito di questi "ribelli" è esplicito: anche la storia della Repubblica di Weimar si legge come un "successo" raggiunto nonostante la scarsa legittimazione popolare; si trattò di una manipolazione deelle leggi e dei principi democratici. E a cosa condusse? Condusse al malcontento delle masse e alle estremizzazioni a Destra e a Sinistra...


Günter Grass, website in italiano

mercoledì, gennaio 19, 2011

A Bologna si parla del poeta Adriano Spatola

Adriano Spatola (1941 – 1988) fu un importante esponente del Gruppo 63.
Ora, l’Associazione culturale Club di Fantomas,
in collaborazione con l’Archivio Maurizio Spatola,
organizza un incontro-dibattito sul poeta.


Dove:

A Bologna, Teatrino di Fantomas, via Vinazzetti 1/3

Quando:

lunedì 24 gennaio 2011
alle ore 20,30


L'evento avrà il titolo

Da "Bab Ilu" e "Malebolge" a "Tam Tam"
Adriano Spatola faber di poesia

e vi parteciperanno, con Giorgio Celli (presidente del Club di Fantomas) e Maurizio Spatola, alcuni tra i protagonisti di quella stagione letteraria e artistica, docenti e critici:
Prof. Renato Barilli, Carlo Marcello Conti, Giuliano Della Casa, Eugenio Gazzola, Beppe Landini, Prof.ssa Niva Lorenzini, Carlo Negri, Giulia Niccolai, Maurizio Osti, Gian Paolo Roffi, Carlo Alberto Sitta, Alberto Tomiolo, Franco Vaccari, William Xerra, Davide Argnani.

L’evento a più voci è organizzato in omaggio all’opera e alle iniziative di un poeta che proprio a Bologna iniziò il suo multiforme percorso creativo. Dall’incontro del ventenne Adriano Spatola con il Docente di estetica Luciano Anceschi fondatore de “il verri”, scoccò la scintilla che nel volgere di pochi anni avrebbe condotto il giovane scrittore attraverso le esperienze del Gruppo 63 della Neoavanguardia e dello sperimentalismo, ad aprire la strada verso la Poesia Totale e a farsi egli stesso, da allievo, maieuta. Alle sue prime riviste collaborò attivamente anche il Prof. Giorgio Celli il cui contributo è stato fondamentale nella progettazione del Parasurrealismo, il movimento che propose fra il ’64 e il ’67 una rielaborazione del Surrealismo “a freddo”, mutuandone cioè tecniche e stilemi ma non i proclami ideologici.
Il critico e storico della letteratura Eugenio Gazzola è autore del libro Al miglior mugnaio , ed. Diabasis 2008, sugli anni di Mulino di Bazzano località della provincia parmense dove attorno alla rivista "Tam Tam" diretta da Adriano Spatola e Giulia Niccolai si creò una vera e propria “repubblica dei poeti”.



ADRIANO SPATOLA nasce a Sapjane in Istria il 4 Maggio 1941 e muore a Sant’Ilario d’Enza (Reggio Emilia) il 23 Novembre 1988. Dopo gli studi al Liceo classico Galvani di Bologna si iscrive al corso di laurea in Filosofia presso la Facoltà di Lettere. Nel 1961 pubblica la sua prima raccolta di poesie, Le pietre e gli dei, presso l’editore-tipografo Tamari di Bologna. Nel 1962 dirige la rivista di poesia “Bab Ilu” (ne usciranno due numeri) fondata in collaborazione con Miro Bini, Giorgio Celli, Gianni Cerati, Carlo Negri e Alberto Tomiolo. Nell’ Ottobre '63 partecipa a Palermo al convegno fondativo del Gruppo 63. Nel 1964 Pubblica presso Feltrinelli il romanzo sperimentale L’Oblò. Fra il '64 e il '67 collabora a Reggio Emilia alla rivista “Malebolge” con Giorgio Celli, Corrado Costa, Claudio Parmiggiani, Antonio Porta e altri. Del 1965 sono i due libretti di poesia concreta Poesia da montare e Zeroglifico, editi a Bologna da Sampietro. Nel 1966 pubblica con Scheiwiller (Milano) la raccolta di poesie L’ebreo negro. Nel 1968-69 è a Roma alla redazione di “Quindici”, ultima rivista del Gruppo 63. Nel 1968 fonda a Torino con il fratello Maurizio le Edizioni Geiger. Nel 1969 pubblica con l’editore Rumma di Salerno il saggio Verso la poesia totale, di cui uscirà nel 1978 una seconda edizione ampliata presso l’editore Paravia di Torino nella collana diretta da Luciano Anceschi. Nel 1971 fonda a Mulino di Bazzano con Giulia Niccolai la rivista "Tam Tam" e pubblica con Geiger le poesie di Majakovskij. Raccolte di versi successive Diversi accorgimenti (Geiger 1975); La composizione del testo (
Cooperativa scrittori 1978); La piegatura del foglio (Guida 1973); La definizione del prezzo (Tam Tam/Martello 1992 postumo). Fra il 1981 e il 1984 dirige la rivista romana “Cervo Volante”.


Per interviste: prof. Giorgio Celli: 338/8424901

Addetto stampa: Claudio Beghelli: 329/3231640

Sito internet: www.clubdifantomas.it