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sabato, maggio 26, 2012

Günter Grass torna all'attacco, stavolta contro l'Europa

Dopo la critica a Israele che così tante polemiche ha suscitato, il Premio Nobel per la Letteratura Günter Grass fa riparlare di sé con una poesia sull'atteggiamento dell'Europa Unita nei confronti della Grecia - che, come risaputo, al momento è lo Stato europeo finanziariamente più debole.
I versi hanno un titolo assai loquace: "Europa's Schande" ("La vergogna d'Europa"), e recitano:

"Messa nuda alla gogna in quanto debitrice,
sta soffrendo una terra verso cui,
come ben sai, debitrice sei tu."

(...)


(Qui fa riferimento alla Wehrmacht:)
"Quelli che con la forza delle armi
si riversarono su un luogo ricco di isole
portavano non solo l'uniforme,
ma anche Hölderlin dentro lo zaino."

(...)

"Dài bevi! Bevi! gridano i commissari della claque,
ma Socrate, incollerito,
ti restituisce il calice ancor pieno.

(...)

Deperirai miseramente senza quel Paese
il cui spirito ti generò, o Europa!"

Il componimento non dice niente di più o di meno di quanto ognuno sa, ma... apriti cielo! Per l'ennesima volta, Günter Grass viene subissato di commenti di disapprovazione.
Da quando, nella sua autobiografia Sbucciando la cipolla (2006), confessò di aver fatto parte delle Waffen-SS - ma vi si arruolò mentre la Seconda Guerra Mondiale era ormai agli sgoccioli -, c'è chi lo accusa di "doppia morale" e, conseguentemente, di "scarsa credibilità". Tuttavia, proprio Grass è sicuramente uno degli intellettuali più integgerrimi che ci sono in Germania, almeno per quanto riguarda la "vecchia guardia".

Le sorti della Grecia, giustamente, stanno nel cuore di chiunque abbia un minimo di sensibilità culturale, e il fatto che l'Europa di Angela Merkel (ma ancor più della Deutsche Bank) miri a far apparire i greci come un popolo di pelandroni, ferisce e, sì, suscita un moto di rabbia, dato che quel Paese è arrivato a tal punto giacché governato dalle regole "neoliberiste" sulle quali si basa la stessa Unione Europea.
Si è recentemente infuocato il dibattito se escludere o meno la Grecia dalla zona euro e disconoscerle o meno il "privilegio" di essere uno Stato membro dell'UE... Dunque è logico che uno scrittore impegnato come Grass ritenesse opportuno dire la sua sull'argomento.
La Grecia sta cercando faticosamente di risollevarsi dalle rovine causate dall'egemonia di banchieri e magnati assortiti (un armatore paga meno tasse, in percentuale, di quanto è costretta a pagare una cameriera!) e alle prossime elezioni - secondo le ultime prognosi - la Sinistra otterrà come minimo il 30% delle preferenze. La situazione nel Paese elleno è disperata: oltre mezzo milione di persone deve mettersi in fila per ottenere un piatto di minestra... Le banche appartengono quasi tutte agli oligarchi, che le hanno fatte indebitare con troppo azzardate manovre speculatorie, e a rimetterci è un popolo che si è sempre distinto per la sua dignità, la sua cultura e il suo umanesimo.

Come nel caso di "Was gesagt werden muss" ("Ciò che deve essere detto": la poesia sulla minaccia di Israele di bombardare l'Iran con armi nucleari), il nuovo intervento dell'84enne Günter Grass mette il dito sulla piaga. Questi suoi versi, pubblicati sulla Süddeutsche Zeitung, hanno di nuovo diviso l'opinione pubblica tedesca: c'è chi difende il poeta-scrittore di Danzica dandogli ragione e chi invece lo mette alla berlina facendo magari riferimento a una sua presunta "senilità". Questi ultimi ovviamente sono i più: trattasi di cittadini decisamente schierati dalla parte dell'alta borghesia e delle classi egemoni... anche se (è triste dirlo ma è così) nella "ricca" Germania ci sono masse enormi di sottoprivilegiati, di sfruttati: i nuovi poveri, coloro che pesano sull'altro piatto della bilancia del capitalismo selvaggio, un sistema che permette a grossi imprenditori, manager altolocati e al loro codazzo di politici di arricchirsi smisuratamente, spudoratamente.
E' la Germania monitorata con occhi acuti da Grass e da altri intellettuali che non si sono lasciati catturare dall'illusione di un facile arricchimento (illusione strombazzata dai giornali e da quasi tutte le emittenti televisive private - ed è ovvio: i media sono quasi tutti nelle mani di chi controlla e gestisce il capitale...). Il monito di questi "ribelli" è esplicito: anche la storia della Repubblica di Weimar si legge come un "successo" raggiunto nonostante la scarsa legittimazione popolare; si trattò di una manipolazione deelle leggi e dei principi democratici. E a cosa condusse? Condusse al malcontento delle masse e alle estremizzazioni a Destra e a Sinistra...


Günter Grass, website in italiano

venerdì, febbraio 27, 2009

L'Ombra sulle spalle di uno scrittore tedesco

E' un celebre giallista coinvolto lui stesso in un giallo. Veit Heinechen, 52enne tedesco che vive a Trieste, da più di un anno viene perseguitato da un'"Ombra" che lo diffama con telefonate e lettere intimidatorie.
14 mesi di incubo, in cui lo scrittore deve farsi dare del "pedofilo" senza poter reagire. Non tutti gli scritti sono indirizzati a lui: anzi, la maggior parte vengono recapitati a giornali, locali gastronomici e associazioni varie (persino a gallerie d'arte...). Evidentemente, qualcuno vuole che Heinechen si arrenda, che la sua disperazione diventi più grande dell'amore che nutre per Trieste (di cui si innamorò negli Anni Ottanta, decidendo prontamente di trasfervisi).



Ma perché? Quale può essere il motivo di tanto astio?
Veit Heinechen è l'autore della serie sul Commissario Proteo Laurenti, salernitano trapiantato a Trieste; in Germania un successo quasi senza precedenti, sulla scia di quello ottenuto dall'americana Donna Leon con il suo Commissario Brunetti (i casi di Laurenti - da I morti del Carso a Le lunghe ombre della morte -, come quelli di Brunetti, sono diventati una serie televisiva).
Forse al "Corvo" non è piaciuta qualche inchiesta di Laurenti/Heinechen che ha scavato un po' troppo a fondo nei fatti reali della città tra il Carso e l'Adriatico?
E' presumibile che l'anonimo persecutore sia un vero psicopatico, ma non uno qualsiasi (va considerata la sua maniera colta di esprimersi). Forse è un politico che non digerisce la schiettezza di Heineken. Il tedesco infatti ci è andato almeno una volta duro con la classe politica triestina. Sulla rivista dell'aeroporto di Lubiana, è apparso un suo articolo in difesa dei diritti della minoranza slovena e dove tra l'altro si legge: "A Trieste trovi i peggiori politici italiani".
Il che corrisponde al vero, ma la reazione è stata violenta. "Spieghi piuttosto come mai è venuto in Italia" ha detto il sindaco di Forza Italia Roberto Dipiazza. E il sottosegretario di AN Roberto Menia ha tuonato: "Smetta di pontificare, perché noi non siamo bambini!"
A quel punto, ancora non si sapeva ufficialmente nulla dell'Ombra che era scesa sulla vita di Heinechen.


E' nella natura degli psicopatici disseminare varie tracce che fanno parte di un loro piano o disegno segreto. E così una volta, il mist,erioso tormentatore indirizza al tedesco queste parole: "Egregio Heinichen, anni fa hanno ucciso Arnaldo Franceschino, un mio amico". E lo invita a indagare sul caso.
Non è fantasia. E' cronaca. Il 13 ottobre 2000 un ispettore in pensione venne trovato ucciso a martellate in una dolina fuori Trieste. Era sparito 8 mesi prima. Vedovo, partecipava alla vita politica locale. L'indagine venne archiviata. "Hanno insabbiato" scrive l'Ombra "ed io so perché. Per anni sono andato via da Trieste, ma ora sono tornato e voglio sollevare il discorso". In un'altra missiva c'è un riferimento preciso alle misteriose telefonate estere (Pakistan, Siria, Libano, Romania e Olanda) fatte da Franceschini nella sua ultima notte. Un dettaglio che in pochi conoscono... Indagine riaperta!
Ma Heinichen non crede a questa pista. "Secondo me è un diversivo, l'Ombra è astuta".


Astuta, sì, e sembra avere una predilizione per i mysteries scritti dalla vita vera. Infatti, in un'altra lettera accenna ad Alessandro Moncini.
Moncini, imprenditore triestino, ex pilota di rally, rotariano, massone (il suo nome era nelle liste della P2), presidente dell' Automobile Club della provincia, ex-vicepresidente della Triestina calcio, titolare di un negozio di gomme nel centro, è stato accusato e condannato negli Stati Uniti per avere violato il Child Protection Act; l'uomo è reo confesso di aver spedito dall'Italia agli Stati Uniti materiale pornografico avente per soggetti bambini. Arrestato al suo arrivo a New York, ha scontato un anno di reclusione nel penitenziari di Anthony, Texas.


Come mai il serial writer fa riferimento a questi casi? Vuole per davvero che Heinechen se ne occupi?


Comunque sia, il Corvo non smette mai di denigrare pesantemente lo scrittore della Selva Nera. Nelle sue missive anonime (con testo battuto al computer e indirizzo scritto a mano), Veit Heinechen viene dipinto come un pericoloso pedofilo, scappato a Trieste dopo aver subito in patria - "a Francoforte" - un processo per abusi sessuali ai danni di alcuni minori.


L'unica arma di difesa a dispozione di Heinichen appare la denuncia contro ignoti per calunnia. Una mossa che spinge innanzitutto gli investigatori della Mobile e il Pubblico Ministero Lucia Baldovin ad indagare sulle accuse del Corvo, rivelatesi tutte assolutamente infondate e inconsistenti, e a spostare poi il tiro sull'identità del serial writer.
Prendono così il via le ricerche nel giro di amicizie triestine dello scrittore. Gli inquirenti passano al setaccio la vita di conoscenti, colleghi e vecchi "compagni di bevute", arrivando alla fine a individuare alcuni sospetti. In particolare, un uomo con cui Heinichen aveva troncato i rapporti diversi anni fa per via di alcuni comportamenti giudicati poco trasparenti.


Resta comunque forte il dubbio che l'Ombra / il Corvo sia soltanto un pesce piccolo. L'unica congettura che noi riteniamo realistica è quella di un politico triestino (non per forza direttamente noto a Heinechen) con forti tendenze nazionalistiche e pseudoreligiose, e più di uno scheletro nell'armadio.





Link correlato:

Heinechen fa l'identikit dell'Ombra

sabato, ottobre 07, 2006

Scandalo letterario turco in Germania

Fu plagio o si tratta di una geniale operazione pubblicitaria della casa editrice, la quale può così vendere due libri invece di uno? Noi pensiamo piuttosto alla prima opzione, anche se la seconda non è da escludere.

Nella primavera del 2006 esce Leyla, romanzo di Feridun Zaimoglu incentrato sulle vicende di una donna nata e cresciuta in Turchia e poi emigrata in Germania. I critici si uniscono in un coro di osanna, senza accorgersi delle strane somiglianze con Das Leben ist eine Karawanserei, una delle opere più belle e importanti di Emine Sevgi Özdamar, uscita per i tipi dello stesso editore - Kiepenheuer & Witsch - nel 1992.



Il 41enne turco Zaimoglu si era già dimostrato bravo a raccogliere con il suo registratore portatile le testimonianze di suoi connazionali e a trasporle su carta: lo ha fatto per Kanak Sprak e per Abschaum (titolo in italiano: Schiuma): libri l'uno sulla condizione dei giovani turchi in Germania (e anche sul loro modo di parlare: il "kanakster" è il gergo dei "canachi", degli immigrati in "Kanakistan"), l'altro su un carcerato che gli ha affidato la propria storia e quella dei suoi compagni di strada e di coltello, come lui anatolici.

Un esordio di grande successo; autentica "letteratura sociale". Zaimoglu ne ha scritti altri, di libri, tutti incentrati su argomenti consimili (la vita degli emigrati), e tutti quanti giustamente lodati. Dunque: un bravo autore.

Dice di aver compiuto un'operazione uguale, ovvero una sorta di intervista, anche per Leyla: avrebbe poggiato il registratore sul tavolo tra sé e la propria madre e questa gli avrebbe raccontato le sue peripezie da bambina e poi da ragazza nella città natia, finché non prese la decisione di lasciare la Turchia per cercare fortuna nella mitica "Alamania". Dopodiché, Zaimoglu ha trasformato il racconto materno in prosa letteraria; una prosa ben diversa da quella - radicale - dei suoi primi lavori: meno rivoluzionaria, più del tipo "storia-della-povera-piccola-indifesa-indigena" che tanto va di moda in questo periodo. Leyla, uscito nel marzo 2006, ha fatto gridare al capolavoro, riempiendo i feulleittons delle maggiori testate tedesche.

Senonché, un giorno una critica letteraria che desidera rimanere incognita pubblica a sorpresa un pamphlet in cui elenca i "curiosi parallelismi" del romanzo di Zaimoglu con Das Leben ist eine Karawanserei, hat zwei Türen, aus einer kam ich rein, aus der anderen ging ich raus. ("La vita è un caravanserraglio, ha due porte, da una entrai e dall'altra uscii"), pubblicato quattordici anni prima da Emine Sevgi Özdamar, scrittrice di lingua tedesca e anche lei, come Zaimoglu, di origine turca.



La Özdamar, nata a Malatya nel 1946, è attrice, regista e commediografa. Si trasferì in Germania nel 1965, diciannovenne, spinta dall'amore per Bertolt Brecht; ma dovette fare l'operaia in fabbrica prima di poter partecipare a diverse produzioni della Volksbühne di Berlino Est. Alternò il lavoro teatrale con la frequentazione a Istambul di una scuola di recitazione (ma aveva calcato le scene già a 12 anni, in un teatro di Bursa). Si impiantò definitivamente in Germania per recitare alla Schauspielhaus di Bochum e passò poi al cinema, interpretando diversi ruoli in pellicole di Doris Dörrie, Fatih Akin e altri registi.

Cominciò a scrivere romanzi, poesie e racconti nel 1982. Il suo realismo intriso di magia, basato sull'abile tessitura di un materiale linguistico assai ricco, le ha fatto guadagnare numerosi premi e riconoscimenti, tra cui l'Ingeborg-Bachmann-Preis. Considerata tra le massime rappresentanti della cosiddetta "Migrantenliteratur", ha spianato la strada a tanti giovani autori, tra i quali è da annoverare Zaimoglu.



Feridun Zaimoglu è nato a Bolu, in Turchia, nel 1964, ma vive in Germania dal 1965. E' il classico turco-tedesco delle ultime generazioni, con due patrie e nel contempo senza radici. La sua dichiarata ammirazione per Emine Sevgi Özdamar va ben al di là dei comuni rapporti tra un'autrice e un suo fan, tant'è vero che Kanak Sprak, Abschaum e altri suoi libri dal carattere altamente ribelle, di protesta, possono dirsi ispirati non solo ai temi ma anche a certe innovazioni linguistiche della più anziana scrittrice.

L'hype intorno a questo autore è enorme. Leyla in pochi mesi ha venduto oltre 20.000 copie: più del libro della Özdamar in quattordici anni... La critica ufficiale non sembra affatto turbata dalla metamorfosi attraversata da Zaimoglu; dopo il successo delle prime prove letterarie, bissato da quello di alcune adattazioni filmiche, i suoi toni sono andati via via smorzandosi, e ora non scrive più di "noi Kanak" e "loro tedeschi", ma di "noi tedeschi" e "loro stranieri", capovolgendo insomma i termini del discorso. Mentre all'inizio criticava soprattutto la patria d'adozione, è passato a fare il ritratto spietato di quella "feccia turca" di cui i tedeschi hanno paura, il volto cattivo dell'immigrazione.



Lo abbiamo già detto: Emine Sevgi Özdamar era il suo idolo. Ma, da quando è scoppiato il pasticciaccio che lo vuole plagiatore, lui va giurando di non aver mai letto un solo romanzo della collega (!). Inizialmente, a proposito di Leyla, raccontava di aver contattato oltre cinquanta donne per mettere insieme il materiale per il libro, ma in seguito dichiarò di aver "intervistato" solo la propria madre. Promette ai giornalisti di far sentire i nastri con i racconti della genitrice (ovviamente con l'aiuto di un interprete), ma ci impiega settimane a tirarli fuori; infine ne mostrerà solo sei, decisamente pochini per un libro che consta di ben 500 pagine.

"Telefonate pure a mia madre!" dice impettito a chi va a trovarlo chiedendogli ragguagli sull'accusa di plagio, "domandate a lei se non è vero!" La donna intanto è tornata a vivere con il marito in Turchia. Al telefono piange, si dispera. Afferma: "Questa è la mia storia! Me l'hanno rubata!"
Rubata? E' curioso: la Özdamar ha pubblicato il suo romanzo oltre un decennio fa...

Zaimoglu si mostra apertamente sorpreso nel leggere delle somiglianze tra i due libri, illustrate in decine e decine di articoli. "E' davvero un caso di criminalistica letteraria" cerca di scherzare. "Non capisco..."

Entrambi raccontano di una ragazza che nasce e cresce a Malatya (Turchia Orientale) negli Anni Cinquanta. Ambedue le protagoniste attraversano le medesime esperienze (violenza familiare, le prime mestruazioni che diventano una ragione per vergognarsi...) e sceglieranno per ultimo di emigrare. Ambientazione topografica e temporale, nonché struttura, potrebbero pure essere una coincidenza. Ma, purtroppo per Zaimoglu, i parallelismi non risiedono solo nella storia. Ciò che maggiormente stupisce sono quelli linguistici (l'anonima esperta di Germanistica ne ha scovati 160), e spesso addirittura l'uso delle stesse identiche parole. In Leyla, espressioni e metafore sono state appena appena mutate. La protagonista di Zaimoglu ama l'attrice "Kessrin Hepörn" (Katherine Hepburn), mentre la giovane del romanzo di Emine Sevgi Özdamar stravede per "Humprey Pockart". Per la Özdamar, l'Eufrate è un "fiume matto", un "serpente d'argento"; nel libro di Zaimoglu le acque dell'Eufrate "sono matte", il fiume "riluce d'argento" e scorre in "serpentine". Entrambe le ragazze hanno un fratello morto, che loro paragonano a un ragno (una metafora tipicamente turca; ma in Turchia vi sono centinaia di metafore che indicano i defunti, dunque perché proprio questa in tutt'e due i libri?). A scuola il bel fratello di Leyla, ovvero Djengis, viene sedotto dall'insegnante di Istambul (una figura di cittadina fedele allo Stato: questo mi pare un particolare non irrilevante nel carosello di metafore e simboli assortiti che riempie il romanzo di Zamouglu), e un episodio praticamente uguale - però narrato in prima persona - si riscontra in "La vita è un caravanserraglio". Dopo l'atto sessuale, le due ragazze si infilano in bocca una gomma da masticare... e così via.


Bien entendu: al di là dei parallelismi con l'opera della Özdamar, Leyla impressiona per la gran quantità di originali allegorie e ammiccamenti alle condizioni e ai fatti della società anatolica. Inoltre è più che evidente che Zamouglu deve aver riflettuto a lungo sull'idioma della lingua del Paese in cui è cresciuto e dove ancora vive. Io ho rischiato di naufragare - piacevolmente, però! -, durante la ri-rilettura, nell'uso che Zamouglu fa della lingua tedesca. E non ogni cosa in Leyla è - o può essere - plagio; ergo: un lavoro notevole.


Già all'inizio del libro, il lettore è costretto a una piccola pausa per potersi orientare:



"Besser ist es, erst Pfirsich und dann Melone zu essen, denn Melone ist süßer. Sagt meine Mutter. Wo ist dein Kettchen? Dort, wo mein Tand ist, sage ich. Und was hast du für einen Tand angesammelt? Kindertand. Runde kleine Steine."



"Tand"? "Kindertand"? ("gingilleria da bambini": così lo traduco io). Come può una bambina di 5 anni parlare così? - si chiede chi legge. Ma nella "terra degli avi" sembra essere proprio questo il linguaggio vigente; una poesia che si direbbe radicata nelle pietre e nella carne, e che fiorisce insieme alla stessa miseria... La descrizione del profumo delle arance stivate in casa dal padre putativo, quelle arance che vanno a male e che eppure "non possono essere toccate", rimane a lungo nella memoria... così come tutte le osservazioni "quotidiane" dei gesti e delle cose comprese entro l'orizzonte sensitivo della protagonista.

Insomma, proprio un bel romanzo!... Senonché, Leyla agisce e addirittura pensa in maniera "stranamente" simile al carattere del libro di Emine Sevgi Özdamar.
Il quesito che ci si pone è: si può essere tanto stupidi? Possibile che un autore di successo come Feridun Zaimoglu abbia bisogno di copiare? E' vero: di questi tempi in Germania va forte il filone della "piccola indigena infelice", ma perché Zaimoglu non si è limitato a scrivere ciò che sa e che può, invece di cercare di reinventarsi alla svelta come profondo conoscitore del mondo femminile?



Tuttavia, la cosa più sconcertante della vicenda è un'altra: la maniera in cui i critici affermati hanno cercato di negare le evidenze, declassandole a "vaghi indizi", invece di ammettere di aver preso un grosso abbaglio. In tal senso, si può dire che Feridun Zaimoglu sia nato con la camicia. Anche perché la Özdamar, dopo la comprensibile indignazione iniziale nei confronti del connazionale, ha deciso di chiudersi in un decente silenzio, spiegando di non aver "mai mosso accuse di plagio" (Frankfurter Rundschau del 10 giugno 2006).

Meno male per lei! Eh, sì, perché Zaimoglu aveva già minacciato di intraprendere provvedimenti legali contro la collega e contro chi altri facesse "certe allusioni". Ad un certo punto è stato persino lui ad alludere a un possibile plagio di lei: "Ho scoperto che una mia zia, sorella di mia madre, è stata nello stesso dormitorio femminile in cui per un certo periodo dimorò anche Emine Sevgi Özdamar. Si sa: a sera le donne si raccontavano episodi della propria vita, e forse la signora Özdamar si prese degli appunti dai quali è poi nato quel suo romanzo..."

Quindi, en passant, ha annunciato allegramente che il secondo volume della saga sulla "sua" eroina uscirà probabilmente già entro quest'anno.

lunedì, giugno 12, 2006

Testi online gratuiti

"Libera cultura, libera conoscenza" è il sito di Stampa Alternativa che contiene interessantissimi testi online gratuitamente scaricabili.

Altri romanzi, racconti e novelle, in varie lingue (compreso l'italiano), li trovate qui.

giovedì, aprile 13, 2006

Testi letterari online

Grande raccolta di testi letterari gratuitamente scaricabili. In lingua italiana ma non solo.

http://www.sound-fyles.business.t-online.de/testital.htm

lunedì, gennaio 02, 2006

Novità editoriali dalle lande di lingua tedesca

BUON ANNO 2006!


Ho inserito tre nuove recensioni su altrettanti libri usciti da poco in tedesco. Per leggerle:

vai al sito di L i t e r a e ed entra nella sezione "Articoli".