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giovedì, novembre 28, 2024

Eggers ci ha già raccontato dei pericoli dei "social": in 'The Circle' e 'The Every'

"Secrets are lies", "Sharing is caring", "Privacy is theft". Questi sono tre dei motti che escono fuori da quell'enorme think tank di The Circle, la nuova corporation che, viaggiando su Internet, sta per entrare nella vita di tutti - influenzando anche la politica. "I segreti sono bugie", "Condividere equivale a prendersi cura" e "La privacy è un furto".

Di The Circle, il romanzo di Dave Eggers pubblicato ormai oltre dieci anni fa, esiste un film interpretato da Tom Hanks con una giovane Emma Watson.

Ora, il rischio di produrre una pellicola su tecnologie attuali è quello di avere insita la possibilità (possibilissima!) che essa venga superata dalle sempre rotolanti innovazioni proprio durante la lavorazione dello stesso film o poco dopo la sua proiezione nelle sale cinematografiche (o la pubblicazione su DVD e nei canali streaming).

Quando The Circle - il film diretto da James Ponsoldt - uscì, nel 2017, era già quasi troppo tardi: Internet si era trasformato in Internet 2.0 e i social networks avevano aspirato, risucchiandoli, milioni di utenti, li avevano inglobati, offrendo loro piattaforme per esprimere opinioni su qualsiasi argomento, fosse pure un giudizio espresso in stelline (da 1 a 5, ma c'è anche il sistema a 10 stelline), sottoforma di un commento rappresentato da un semplice pollice in su o in giù, da una faccina che ride oppure da un "frown" (da un emoticon che vuol significare disappunto oppure lieve delusione o, ancora, rabbia feroce).

The Circle venne inserito nella categoria "Science Fiction" ma... ciò che narrava era già la realtà. Almeno, nelle sue premesse. Tutte le companies online condividevano già allora (e da ben prima!) lo stesso percorso, avendosi prefissata una meta ben precisa: rendersi indispensabili in ogni ambito della vita, venire considerate uno strumento essenziale della comunità tutta e, in definitiva, sostituirsi alla politica e allo Stato medesimo. Non tanto per altruismo, certo: si mira ai guadagni!

Nell'ambito de Il Cerchio / The Circle, nessun cittadino deve poter dire di non avere un account. Tutti - non solo i parlamentari - vengono costretti a una trasparenza assoluta tramite centinaia, migliaia di telecamere installate dovunque, atte a seguire ogni loro gesto, tutti i loro spostamenti. La "trasparenza assoluta" diviene comandamento numero uno.

 Dave Eggers

Il romanzo è del 2013 (il film uscì dunque solo quattro anni dopo la pubblicazione del libro, ma in ambito tecnologico quattro anni sono un'eternità), e nel 2013 ancora forse si poteva parlare di "futuro prossimo" per quel che riguarda il potere di chi controlla le connessioni globali nonché i pericoli che celano i progetti e gli esperimenti sociali delle società di high-tech e di social media. Lo sviluppo rapidissimo dei dispositivi telematici e, soprattutto, l'inchinarsi del potere al cospetto della cibernetica, con l'adozione da parte di Nazioni e singoli governi dei network internettiani allo scopo - vero o presunto - di una facilitazione per i cittadini dello svolgimento di pratiche varie (e per le campagne propagandistiche ed elettorali portate avanti dai diversi partiti, in maniera più feroce quanto più sono estremisti), hanno reso quanto narrato da Dave Eggers se non proprio obsoleto perlomeno didascalico, semplice specchio di una realtà già in corso.

Una cronaca in forma di narrazione fantasiosa, quindi. Ma, in effetti, Eggers è un romanziere della vita quotidiana, delle esperienze umane di qui e di ora: prima di The Circle aveva scritto opere come 


L'opera struggente di un formidabile genio (A Heartbreaking Work of Staggering Genius, 2000), Mondadori, 2001. 

 

Conoscerete la nostra velocità (You Shall Know Our Velocity, 2002), Mondadori, 2003.

Se non è vietato è obbligatorio, o Dell'ottimismo (The Unforbidden is Compulsory; or, Optimism, 2004), Minimum fax, 2004.

Erano solo ragazzi in cammino. Autobiografia di Valentino Achak Deng (What Is the What: The Autobiography of Valentino Achak Deng, 2006), Mondadori, 2007.

Le creature selvagge (The Wild Things, 2009), Mondadori, 2009.

Zeitoun (2009), Mondadori, 2009.

Libro interessantissimo, questo Zeitoun. Nella cornice dell'Uragano Katrina che nel 2005 si abbatté sulla costa sud-est degli USA, Eggers rivela quant'è sottile il legame che permette agli statunitensi di convivere. Quant'è facile che il filo si spezzi e che, al posto della coesione sociale e della solidarietà, si faccia largo la diffidenza. E poi vi si parla anche della corruzione di certi enti statali... della polizia stessa. Della Guardia Nazionale.

Ologramma per il re (A Hologram for the King, 2012), Mondadori, 2013.

È in Ologramma che l'autore si cala per la prima volta in una narrazione fantastica, dove centrale è la tecnologia della "realtà aumentata". C'è un uomo, Alan Clay. È americano, divorziato, con una figlia da mantenere. L'ex moglie, che vive in California, non intende contribuire in alcun modo alle spese e non fa che ripetergli di comportarsi da uomo. Ma che uomo è Alan Clay? Ha 54 anni ed è disoccupato. Per l'America delle aziende dinamiche, lui è un soggetto inutilizzabile, bizzarro e fuori posto: l'immagine simbolica usata è quella di "un aereoplano costruito con il fango". La crisi dei mercati e quella sua privata lo hanno stremato. È tendenzialmente un alcolizzato, con il conto in banca costantemente in rosso. Non ha dunque scelta: se vuole riuscire a pagare le tasse del college di sua figlia, deve trovarsi un'occupazione; ma non una qualsiasi, bensì una ben retribuita. L'unica chance che gli si presenta è impersonata da re Abdullah, il miliardario che detiene la corona di sovrano di Economic City, immensa oasi in mezzo al nulla destinata a diventare la città del futuro. Il compito di Alan, in qualità di rappresentante di una ditta di tecnologie avanzate, è di convincere il re arabo ad acquistare una mirabolante invenzione, ossia un ologramma in grado di far apparire chiunque in 3D, come dal nulla. Dunque ecco che lo stressato Alan Clay si trova ad Economic City- Peccato che del re non ci sia traccia alcuna! Nell'attesa, Clay sbatte di qua e di là nell'ostico Paese straniero; e arriva a conoscerne la bellezza, insieme alle contraddizioni.


Altri suoi libri in ambito narrativo e non solo:

Il Cerchio (The Circle, 2013), Mondadori, 2014.

I vostri padri, dove sono? E i profeti, vivono forse per sempre? (Your Fathers, Where Are They? And the Prophets, Do They Live Forever?, 2014), Mondadori, 2015.

Eroi della frontiera (Heroes of the Frontier, 2016), Mondadori, 2017.

Il Monaco di Mokha, Mondadori, 2018.

La Parata (The Parade, 2019), Feltrinelli, 2019.

The Every, 2021 (Il sequel de Il Cerchio, un mix di assurdità e terrore, satira e suspense).




   Chi è David Eggers. Fatti fondamentali:

Eggers è sposato con la scrittrice statunitense Vendela Vida. È il fondatore della rivista letteraria McSweeney's (divenuta poi anche casa editrice) e della scuola di scrittura non-profit di San Francisco denominata 826 Valencia (Link: https://www.826valencia.org/).

È stato il principale curatore ed editore del Futuro dizionario d'America.

Con Vendela, ha scritto la sceneggiatura del film di Sam Mendes American Life.


 Qui con Vendela Vida


   Curriculum letterario:

Eggers è nato a Boston, città-simbolo dell'America bianca, quella Boston giustamente considerata il fulcro del Newengland, la vasta zona ad Est degli USA che si vanta del proprio passato coloniale. 

Si è laureato in giornalismo alla University of Illinois, dunque nel Midwest. Infine si è trasferito a San Francisco. La California è più congeniale alla sua inventiva e alle sue prerogative liberalist... quelle del Modern liberalism, il liberalismo di sinistra, per intenderci. Inutile dire che lo scrittore è un fervente anti-trumpiano e ha scritto diversi articoli e anche un volume o due contro l'antico e nuovo Presidente degli Stati Uniti.

 The Captain and the Glory, una satira. In italiano il libro è stato pubblicato da Feltrinelli nel 2020

Da Erano solo ragazzi in cammino, che parla di Valentino Achak Deng, sopravvissuto alla guerra civile nel Sudan meridionale, è nata la "Valentino Achak Deng Foundation", che si dedica a costruire scuole medie nel Sudan meridionale. 

McSweeney's è la casa editrice indipendente di San Francisco fondata da Eggers e che fin dagli inizi è stata in odore di 'cult'. La McSweeney's pubblica un'omonima rivista trimestrale (per la quale hanno scritto David Foster Wallace, Rick Moody, Jonathan Lethem, Zadie Smith, William Vollmann...) oltre al mensile The Believer e a Wholphin (DVD trimestrale di film brevi e documentari). 

             Link alla McSweeney's: https://www.mcsweeneys.net/


826 Valencia è stato fondato da Dave Eggers insieme all'insegnante Nínive Calegari. Questo centro non-profit di scrittura e tutoring per ragazzi è sito nel Mission District, uno dei quartieri più storici di San Francisco, zona vivace con radici latine e uno dei centri della scena "alternative". 

  

   Perché è un autore particolare e amato?

Tutto ha inizio con A Heartbreaking Work of Staggering Genius (2001; L'opera struggente di un formidabile genio). Un romanzo sulla... fratellanza, che sprizza di esuberanza giovanile ma in cui nel contempo viene usato un linguaggio abbastanza "pulito" e dai toni classicheggianti. Il senso, come quello delle riviste McSweeney's e The Believer, era soprattutto dare voce all'America giovane che era anche l'America alia, anticonformista, che prendeva a farsi largo negli ultimi decenni del XX secolo sui modelli di scrittori ribelli e di correnti letterarie precedenti (la Beat Generation su tutte). Giochi serissimi; non sovversivi, non rivoluzionari, ma capaci ugualmente di lasciare il segno. 

   Eggers è prolisso?

Ebbene sì. È un anti-Carver. Ma prolisso lo era anche uno degli eroi e dei "fari" di molti grandi romanzieri americani moderni, ossia Thomas Wolfe (1900-1938). La classicità in fondo "è" prolissa e, in tal senso, David Eggers è uno scrittore classico. Uno di quelli che però tentano di ancorarsi all'attualità, producendo appunto romanzi come The Circle.

I protagonisti dei suoi libri? Antieroi della piccola borghesia o del proletariato, ma che si fanno rispettare perché sono dotati del dono della resilienza. A volte è una megacorp che li costringe a provare quanto siano resistenti e se hanno la ferma volontà di stare con la testa fuori dell'acqua (e così sopravvivere); ma più spesso ci si mette il destino. Ne L'opera struggente, due fratelli vedono morire, a cinque settimane di distanza l'uno dall'altro, i propri genitori, divorati dal cancro. La reazione a tale tragedia è poco americana: il ventenne Dave si ribella in prospettiva del futuro certo che con ogni probabilità aspetta l'amato fratellino Cristopher ("Toph"), 8 anni. Futuro che si prospetta così: parole e gesti di indulgenza da parte di tutti, domande strane (e inutili, se non addirittura dannose) di assistenti sociali, una commiserazione che tira giù anziché essere di aiuto, la diffidenza di padroni di casa e agenti immobiliari, proposte terapeutiche che sicuramente nientificano un individuo invece di dargli una vita nuova... Il mondo degli adulti non ama gli orfani e ne ingigantisce la catastrofe. E cerca di uniformare tutto ciò che è un po' bizzarro e colorato, cerca di piallare e possibilmente inglobare ciò che inizialmente appariva inservibile al sistema. 

 Col tempo, Toph Eggers (foto) si è distaccato da quel gran fenomeno letterario del fratello Dave

L'infanzia e l'adolescenza non sono affatto facili (il tema ritorna ricorrente dei romanzi di Eggers) e a salvare gli "outsiders" è soprattutto la fantasia; il raccontare e farsi raccontare storie. 

   Il Cerchio + The Every: trama in breve dei due romanzi, qui sintetizzati in uno solo

The Circle, il più grande motore di ricerca/società di social media del mondo (paragonabile a Google), si fonde con "La giungla", il sito di e-commerce che domina il pianeta (e a noi viene da pensare ad Amazon). Viene creato così un nuovo ricchissimo monopolio: The Every. 

Delaney Wells è stata assunta da poco a The Every. Ex guardia forestale e parecchio scettica riguardo ai trionfi della tecnologia, ha un unico obiettivo in mente: sconfiggere l'azienda dall'interno. Perché The Every, con varie apps e anche con i suoi dispositivi, sta entrando in pratica nella vita di ciascuno e, con i "like" ed emoji che offre, semplifica un po' troppo la realtà degli uomini. 

Con il sodale Wes (figlio di una madre "alternativa" e fuori dagli schemi lui medesimo), Delaney cerca i punti deboli di The Every, sperando di liberare l'umanità dalla sorveglianza onnicomprensiva e dall'infantilizzazione della specie umana. 

Ma... l'umanità vuole davvero essere libera? 

Un libro non eccezionale, The Every, ma che, oggi che così tanto si parla di IA (in inglese: AI; in tedesco: KI, Künstliche Intelligenz), proietta sulla nostra coscienza alcuni questiti fondamentali. Dobbiamo riflettere fin da ora su come potremmo ben utilizzare l'Intelligenza Artificiale. Forse è meglio lasciare a lei il compito di guidare il Pianeta Terra? Se sì, occorre innanzitutto farla girare intorno a un algorimo basato su "Love & Peace" (e in più giustizia sociale e in più principi ecologici)!

sabato, ottobre 01, 2022

Romanzo a puntate: 'Via Diaboli', di franc'O'brain. 1

 


franc'O'brain

 

V I A      D I A B O L I

 

 

Giudicate voi se questa è una storia d'amore,

una tragedia o una farsa popolata da maschere anche perfide.



 

 

A Mary

 

 

 

1

 

 

Era il primo di ottobre e il cielo era nuvolo, ma l'autunno – quello vero – non era ancora arrivato. Me ne andavo in giro sbarbato e con indosso un vestito nuovo, comprato grazie ai soldi della buonuscita, o liquidazione che dir si voglia. La fabbrica in cui avevo lavorato per oltre dieci anni aveva chiuso i battenti e d'un tratto mi ritrovavo, poco più che trentenne, disoccupato.

Non si può dire che la cosa mi dispiacesse. Avevo trentamila euro in banca, il che significa che tenevo in mano lo scontrino della mia vita. Per la prima volta da quando ero venuto al mondo, potevo considerarmi veramente libero.

Fischiettando "Free Falling" di Tom Petty, filavo insieme alla città. C'era un che di catastrofico nell'aria, qualcosa che non poteva essere ascritto alle condizioni meteorologiche. A quell'ora (erano da poco scoccate le dieci del mattino) le strade di Monaco di Baviera pullulavano di gente.

Palesemente ero l'unico che esternava un bel sorriso. Oh, yes: tutto okay… per me. La mia passeggiata era una specie di caduta orizzontale in un mondo allo sfascio, un mondo con il quale – per fortuna! – non ero in sintonia.

 

 

And I'm free, free fallin'

Yeah I'm free, free fallin'

 

 

Il traffico ronzava come cento stuka. E sì che i media si ostinavano a parlare della crisi del mercato dell'auto! Io camminavo osservando con blando interesse le frenetiche molecole che mi circondavano: un meticciato di razze e volti tra i più disparati dai quali, qua e là, affiorava un rappresentante del vero "Deutschtum", essenza stessa della germanicità. Tutti quanti, ad ogni modo, occupati da pensieri frenetici. Avevano certi occhi da Caino...! Ma in questi giorni – mi chiesi – non si svolge la celebre Oktoberfest? Sì. Eppure ecco queste espressioni cupe, ecco quest'aria da "fate largo ché ho tanto da fare"...

Incrociai naturalmente anche molte persone che non avevano un bel nulla da fare e non lo nascondevano. Persino loro però sbandieravano la tetraggine che internamente li sconvolgeva, e il paradosso era che di sicuro provavano invidia per gli altri, per gli occupati, per gli eternamente indaffarati. Si sarebbe detto che lo spirito della Festa della Birra avesse dovuto sciogliere i problemi della gente come neve al sole, affratellando tutti, rendendoli più miti, ma evidentemente non era così. La sera andavano a ubriacarsi ai Wies'n (la spianata su cui si svolgeva l'annuale manifestazione) simili a una mandria impazzita e il giorno dopo si dannavano l'anima come al solito: chi per lo stress lavorativo e chi, viceversa, perché spiantato cronico o inguaribile senzasperanze.

Si vede che la birra non sempre giova. E, al fin della licenza, la vera seccatura non era forse il lavoro o la mancanza del medesimo, e neppure la mal sopportazione dell'alcol. Chissà quali drammi tempestavano l'esistenza di quegli individui! Provai quasi pietà per i loro tortuosi, oscuri destini, pur non potendo evitare di continuare a sentirmi bene.

Trentamila euro! Mai posseduti tanti soldi in vita mia.

Perseveravo a zufolare allegramente il motivetto di Tom Petty... sebbene anch'io ora facessi parte dei circa sei milioni di disoccupati in Germania. Un altro, al posto del sottoscritto, un giovanotto con la testa realmente sulle spalle, si sarebbe preoccupato e non poco. Io invece ero fiducioso. Inoltre, come molti che non avevano ancora superato la mia età, a me interessava il presente, o tutt'al più l'immediato. Il futuro poteva aspettare.

Telegiornali, notiziari radio e quotidiani cartacei e online cercavano di richiamarmi al senso del dovere: Krise! Krise! Krise! avvertivano. E io lì a fischiettare beato. Nelle lande tedesche, così come negli altri Paesi occidentali, era in corso una catastrofe sociale, d'accordo, ma sentivo che non mi riguardava direttamente. Il sostanzioso "premio d'addio" della ditta Schuuf mi poneva in una posizione avvantaggiata persino nei confronti di chi un impiego ce l'aveva.

Ero giovane, in ottima salute e, come detto, ciò che mi interessava non era precisamente un domani remoto. Sapevo bene come avrei trascorso il resto della mattinata e questo mi bastava. Prima cosa, comprai un fascicolo delle avventure di Rajabdo, un personaggio dei fumetti che mi aveva accompagnato per buona parte della gioventù.

Curioso che negli ultimi dieci-dodici anni non avessi più pensato a lui! Rajabdo non era il classico supereroe: era un uomo come tanti che viveva in un mondo analogo al nostro (mondo che, quando la serie uscì la prima volta, voleva essere un insieme di scenari futuristici). Le avventure che Rajabdo si ritrovava a vivere nascevano tutte da semplici casualità e – ovvio! – solitamente si trattava di dover salvare un'ancella in pericolo.

Guardai la cover sorridendo: ecco lì l'eroe, o antieroe, che lottava, tra automobili sospese a mezz'aria, contro alieni vampireschi...

Rabjabdo era tutto ciò che io da adolescente avrei voluto essere: il suo modo di vivere così spensierato, tutt'altro che impegnativo; il suo rapporto con le donne fondato su un dare e ricevere fuggevole e spontaneo; il suo campare alla giornata, senza curarsi del domani, senza angosce e senza inutili problemi per la testa se non quello di dover eliminare i fantomatici extraterrestri succhiasangue…

Oggi, finalmente, sentivo di assomigliargli.

Con il fumetto in mano mi diressi alla Trinkstall. Era un edificio di forma rigorosamente parallelepipeda nei pressi della Münchner Freiheit, apparentemente costruito con lastroni di cemento: una specie di scatola a vetri dalle pareti sconnesse, come tante ve ne sono nei cosiddetti quartieri del divertimento di ogni grande città.

Salutai uno dei baristi-camerieri, che conoscevo discretamente anche se non gli avevo mai chiesto come si chiamasse, mi inoltrai attraverso due file di tavoli semivuoti e andai a sedermi in fondo, accanto a una lampada a stelo. Ordinai un cappuccino e una ciabatta-con-prosciutto-emmenthal-e-maionese, quindi sfogliai amorevolmente il fascicolo fresco di stampa. Dovevano aver sostituito il disegnatore: oggi Rajabdo aveva una corporatura più squadrata – anche se non era necessariamente più muscoloso di prima – e l'espressione di tranquilla superiorità che lo aveva contraddistinto all'inizio delle sue imprese era stata sostituita da un'aria vagamente ombrosa, dovuta forse alle sopracciglia più folte e a una ruga che gli percorreva verticalmente la radice del naso. Uhm... Fisicamente non eravamo tanto diversi. Oppure io avevo finito per diventare simile a lui, crescendo? Il paesaggio che si intravedeva in svariate vignette era quello consueto: rispecchiava il cosmo urbano a me e a noi tutti familiare e si prestava pertanto come palcoscenico ideale per ambientarci le vicissitudini del Nostro. Soltanto i mezzi di trasporto avevano conservato la tipologia "avveniristica" voluta dagli ideatori della serie (alcune auto sembravano elicotteri privati...). Le tavole non erano firmate, notai.

Stavo mettendomi a cercare l'impressum, per vedere chi era adesso l'artista e chi scriveva le sceneggiature, quando la mia attenzione fu distolta da un movimento poco lontano.

Un uomo sulla quarantina si era acceso una Marlboro con gesti bruschi. Davanti a lui, un bicchiere di Helles Bier già mezzo vuoto. Inquieto e smanioso, l'uomo pareva interrogare con lo sguardo l'angolo di strada che si stagliava al di là del finestrone, come se attendesse qualcuno. Agitava nervosamente una gamba, di tanto in tanto cambiava posizione sulla sedia, lanciava nella sala uno sguardo circolare e tornava a osservare verso l'esterno, fremente.

In un'occasione i nostri occhi si incrociarono: i suoi erano blu trasparenti, pressappoco ittici. Nel suo viso di forma allungata, improntato di lineamenti energici, c'era una specie di bellezza devastata. Devastata da chi o da che cosa? Innanzitutto dal trascorrere del tempo, certamente: come già menzionato, non era più giovane, e del resto l'irrequietezza che lo distingueva era conforme al malessere della città, della nazione, del pianeta intero. Ma forse c'entrava, con questa tempesta interiore che gli aveva segnato anche la carne, l'amore.

Infatti. Mentre io prendevo a morsi la ciabatta riccamente imbottita, innaffiandola con il cappuccino bollente, l'espressione dei suoi occhi si raddolcì e le labbra sottili si atteggiarono a un'allegria quasi tenera. Una ragazza attraversò lo scorcio che era distinguibile dalla vetrata e, curvandosi come se volesse celarsi, si affrettò a girare l'angolo della facciata principale della Trinkstall. Per i pochi secondi che lei scomparve dalla vista, l'uomo rimase ritto all'impiedi, tutta la sua attenzione concentrata sull'entrata. Quando la ragazza tornò visibile (circondata dall'alone di luce giallastra della giornata ottobrina), lui agitò vistosamente le braccia, per segnalarle dove si trovava.

La ragazza coprì il tragitto che li separava con un sorriso stanco sul volto, che era straordinariamente pallido, e, mentre le loro bocche si avvicinavano, sbirciò in mia direzione. Il loro non fu un bacio vero e proprio: probabilmente – ipotizzai – sono io a infastidirla.

Mentre prendevano posto l'una di fronte all'altro, aprii il fascicolo di Rajabdo e iniziai a leggere:

 

 

Figura 1: Rajabdo cammina lungo la strada di una metropoli senza nome, solcando con calma una folla eterogenea e poco amichevole. La didascalia diceva: "Fare cose, vedere gente. Una perduta fissazione".

 

 

Hmmm... sì, i toni poetici erano come me li ricordavo. Una poesia della disillusione.

 

 

Ci fu dell'agitazione al tavolo vicino. Volsi gli occhi: piegato in avanti, il quarantenne parlava alla ragazza con aria implorante. La sua sigaretta, dimenticata nel posacenere, stava morendo in una spirale bluastra. La Trinkstall era uno dei pochi ritrovi che ancora tolleravano il vizio del fumo: una spiaggia per relitti alla deriva. Lei se ne stava con le spalle appoggiate allo schienale e taceva, sempre bianca in volto. O-oh. Qui finisce un amore, pensai.

 

 

Figura 2: Rajabdo entra in un locale che un'insegna indica come il "Cement Rose". Strano. Sembra la Trinkstall...

 

 

Figura 3: Rajabdo saluta il cameriere-barista... che è lo stesso della Trinkstall, sputato!… e che inforca persino lenti paragonabili a fondi di bottiglie, come il cameriere reale… e pronuncia queste parole: "Come la butta, Johnny?"

 

 

Johnny? Si chiama così? Rizzai il capo proprio mentre Johnny (sì, era uguale! Gli stessi occhiali...) si appressava ai miei vicini di tavolo e chiedeva alla ragazza che cosa dovesse portarle. Lei tentennò la testa, e allora il presunto Johnny venne da me e prese in mano la tazza e il piatto vuoti.

«Ah!» esclamò, con un leggero cenno del mento. «Rajabdo.» Rise annuendo. «Una volta lo leggevo... da bambino.»

Ridacchiai anch'io. «Non è propriamente una lettura per bambini, Johnny» dissi, mentre mi accorgevo che la ragazza stava di nuovo sbirciando verso di me.

«Na ja, insomma...» disse lui. Rise, con occhi luccicanti sotto le lenti penosamente spesse. Non so come dovevo interpretare la sua risata: lo divertiva il fatto che io lo avessi chiamato con quel nome, Johnny, che apparteneva al suo sosia del fumetto, o per qualche altro motivo?

Il cameriere veleggiò via e io sollevai con decisione il mento. La ragazza ora mi osservava apertamente, infischiandosene del quarantenne (forse quarantacinquenne) che le parlava con disperazione arruffandosi i pochi capelli che gli rimanevano.

Era bella. Non bellissima ma bella. Aveva i tratti minuti e gli occhi chiari. Chiari ma non azzurri: probabilmente verde bosco (difficile appurarlo, con quelle condizioni di luce). Ancora una volta non riuscii a sostenere il suo sguardo e distolsi il viso, facendo dunque il contrario di quanto avrebbe fatto Rajabdo in una tale situazione.

 

 

Figure 4 e 5: Rajabdo va a sedersi proprio in fondo al Cement Rose. No, la lampada a stelo non è la stessa e l'oggetto di lettura che tiene tra le mani non è un fumetto bensì un libro: Gli inquilini di Moonbloom, di Edward Lewis Wallant. Però a uno dei tavoli accanto al suo chi c'è? Sì, proprio lui: il quarantenne. La somiglianza è vaga se non del tutto assente, ammettiamolo (il quarantenne del fumetto è ancora più pelato e ha il naso rincagnato), ma i dettagli (il nervosismo, la sigaretta, gli sguardi impazienti alla strada) corrispondono.

 

 

Sfogliai pagina: ecco che ora entra in scena la ragazza…


 

 

Misi giù il fascicolo e inspirai con forza. Un momento. Qui qualcosa non quadra. I personaggi della storia erano identici a...

Io sono un tipo razionale. Sempre stato. Sono arciconvinto che non esistono fenomeni inesplicabili. Per ogni cosa basta trovare la chiave logica d'interpretazione. Dunque: riflettiamo...

«Vedo che sta leggendo Rajabdo

Sussultai. Era stata la ragazza a parlare. Quella vera, non quella dei comics.

«Mmm, sì.»

Mi guardò intentamente. E anche l'uomo mi fissò, aggrappato al suo tavolino e girato di sguincio. Lei sorrise, mentre lui sembrava volermi uccidere con gli occhi.

«E...?» insisté la ragazza.

«Molto interessante» dissi.

«Cazzate!» esplose l'uomo. Si alzò, gettò sul ripiano di formica dieci euro (di birre ne aveva bevute due) e si infilò il soprabito, il tutto sempre guardandomi con ostinazione. «Solo cazzate» ribadì, avvicinandosi. Diede un colpetto all'albo con il dorso della mano, facendomelo mezzo scivolare dalle dita. E se ne andò con l'andatura di un bufalo sfiancato.

Lo seguii con lo sguardo, a bocca aperta, finché la risata cristallina di lei non me la fece richiudere, la bocca. Anch'io abbozzai una risata, pur se non avevo ancora superato il momento di sconcerto. «Che… che gli è preso?» chiesi. «È forse per questo?» aggiunsi, sollevando il fumetto. Sulla copertina a colori, il profilo di Rajabdo segava lo skyline della città in fiamme, mentre diversi veicoli erano impegnati in una sorta di guerra aerea.

La ragazza si sollevò dal suo posto, afferrò la borsetta e mi si appressò. «Le spiace... ?» Indicò la sedia di fronte alla mia.

«No, certo che no.»

«Non deve prendersela» mi suggerì, mettendosi comoda. «L'ho appena abbandonato.» Aveva un'espressione tutt'altro che contrita. Anzi: sfoggiava uno splendido, imperturbabile sorriso. I suoi occhi, come potei constatare, erano davvero glauchi, con una sfumatura cenerina. Sedeva ritta e sottile.

«Un brutto colpo per lui» osservai educatamente. «Ma...? Aspetti.» Ritrovai in fretta la pagina che la riguardava e la girai per mostrargliela.

«Mi assomiglia ma non sono io» mi informò senza guardare. «Quella lì si chiama Lilla. Un nome assurdo, non le pare? Io invece sono Margarita.»

«Ciao, Margarita» dissi.

 

 

                                                       [Continua]             




         INDICE                                              

  Via Diaboli - 1 (Capitolo 1)     

  Via Diaboli - 2 (Capitoli 2 e 3)

  Via Diaboli - 3 (Capitoli 4 e 5)

   Via Diaboli - 4 (Capitolo 6)     

    

                              (...)                              


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sabato, ottobre 31, 2020

Antonio Mosca - 'L'Ultimo Messia'

 

Antonio Mosca

L’Ultimo Messia


romanzo

 


“...siamo sopravvissuti alle persecuzioni dei più potenti imperi e dei più feroci regimi, e abbiamo agito nell’ombra per guidare la storia del mondo, correggendone la rotta quando necessario, con un unico obiettivo: compiere la nostra missione.”

“Quale missione?”

“Preparare l’ascesa del Messia sul trono delle nazioni.”

 

          Antonio Mosca. L'Ultimo Messia.

 

 

 

Quanti romanzi deve firmare un autore prima che il suo nome diventi garanzia di qualità? Antonio Mosca io l'ho conosciuto grazie a La Chiave di Cristallo (vedi recensione), libro che mi rivelò al primo colpo lo scrittore di bestsellers relegato in un universo non suo per colpa della cecità e della sordità di un mondo editoriale traviato e incompetente.

Con L'Ultimo Messia (su Amazon: qui) superiamo tutti i confini (non solo quelli nazionali) e corriamo in prima fila con Dan Brown, Ken Follett, John Grisham e compagnia bella.

L'Ultimo Messia è un altro avvincente romanzo di Antonio Mosca, che si basa su una tesi dissacrante: quella che Gesù ebbe eredi.

 

 I "rotoli del Mar Morto"



Dodici erano gli apostoli, dodici sono oggi i membri del Consiglio dell'Alleanza... cioè, i discendenti degli ur-cristiani per così dire. Cioè ancora: gli Esseni. Ai quali si fanno risalire i celebri manoscritti del Mar Morto, scoperti per caso da un pastore nelle grotte di Qumran (nei pressi di Gerico). Gli Esseni erano sostenitori di Pitagora e delle sue teorie sui significati nascosti nei numeri e, nel corso dei secoli, avevano sviluppato metodi per predire il futuro...

 



 

“Che fine hanno fatto gli Esseni?” Gli occhi della donna lo scrutarono in profondità, Visconti si sentì tremendamente a disagio.

“Di loro non si è saputo più nulla,” rispose con voce tremante, “Qumran fu distrutta dai Romani nel 68 e Giuseppe Flavio ipotizzò che i superstiti si unirono agli Zeloti di Masada, partecipando al suicidio collettivo che prevenne la sconfitta da parte dei Romani. Lo proverebbe il ritrovamento, tra i resti di Masada, di alcuni frammenti di pergamene identiche a quelle di Qumran.”

“Lei però non crede a questa tesi,” insinuò la donna, sorridendo in maniera ambigua.

“In effetti no,” ammise Visconti, “la mia ipotesi è che alcuni di loro scamparono alla repressione romana e lasciarono la Palestina, proprio come fecero anche i desposyni.”

 

          Antonio Mosca. L'Ultimo Messia.

 

 

 

 Nazismo ed esoterismo: realtà, non fantasia

E queste sono solo le premesse. La storia si svolge come un giallo, un mystery, un thriller...

Il Professor Visconti, lo Sherlock Holmes, il detective del caso, ha spunti geniali che non fanno altro che sottolineare la genialità medesima del romanziere. I twists, gli sviluppi, sono imprevedibili e, comunque, si succedono a tamburo battente.

Ogni capitolo è preceduto da una citazione ad hoc. E ci sono richiami a iosa di argomenti e temi cari ai romanzieri e... ai cospiratori. Ad esempio, si fa appello alla ricerca genetica compiuta da Josef Mengele sotto la svastica. Alla Thule Gesellschaft...

 

 La svastica dei teosofi (XIX sec.)

 

Ma tornando all’ipotesi centrale: Gesù ebbe eredi? Impossibile appurarlo... con metodi tradizionali. Nell’anno 70, l’esercito di Tito Flavio invase la Palestina, rase al suolo Gerusalemme e tutti gli archivi pubblici delle principali città furono bruciati. Poi - scrive Mosca - "i discendenti delle famiglie dinastiche [i desposyni di cui sopra] vennero perseguitati: prima per ordine degli imperatori romani, poi su richiesta diretta della Chiesa.”

 





  

“Dunque, Gesù era un Esseno?” chiese ancora la ragazza prima di restituire il microfono all’assistente.

“Dal confronto dei contenuti dei Manoscritti di Qumran con i testi evangelici, sembrerebbe proprio di sì,” rispose Visconti sorridendo, “mi limito a sottolineare un solo dettaglio, molto significativo: Gesù era della tribù di Giuda ed erede dinastico del re David. Le sacre scritture chiamano Gesù Nazareno, e al catechismo ci hanno sempre insegnato che l’appellativo deriverebbe dalla città di Nazaret. Eppure, tale villaggio non appare in nessuna carta, né viene citato in alcun libro o cronaca dell’epoca. Invece ancora oggi in lingua araba per identificare i Cristiani si usa il vocabolo nasrani: deriva dal termine usato nel Corano, nazara, che proviene dall’ebraico nozrim, ricavato dalla locuzione nazrie ha-Brit. Tradotto vuol dire Custodi dell’Alleanza, un altro dei modi con cui si indicavano i membri della comunità Essena.

 

          Antonio Mosca. L'Ultimo Messia.

 

 

 

 

È un romanzo che velocemente si insinua sotto pelle, incatenando i pensieri del lettore che non riesce, e a dirla tutta nemmeno vuole, sottrarsi alle pagine e ai capitoli.

Sia nelle parti descrittive che nella concatenazione degli eventi, Antonio Mosca dimostra profondità e tridimensionalità: le scene si vivono, gli attori si vedono e i dialoghi si interpretano. L'indagine tocca corde che regalano una tensione che si percepisce di pancia, tutto merito dell'idea di fondo, delle ricerche accuratissime e dello spiegarsi della lotta tra il Male (sì, sì! i nazisti c'entrano sempre!) e il Bene. L'assunto principale, poi, che coinvolge direttamente il protagonista, saetta tra tutti i capitoli, mentre viene innescato un conto alla rovescia che può condurre il mondo alla rovina o alla salvazione. Il tutto inserito in una scia di sangue e di indizi rappresentati da antichi manoscritti, reliquie cristiane poste sotto al microscopio... Ci ritroviamo a dare uno sguardo dietro ai fondali del Vaticano. Dove è stata installata una macchina di ricerca ed eleborazione dati che lavora incessantemente. Quella che ci rivelerà chi è oggi l’erede di Gesù. Chi il Cristo... e chi l’anticristo!

 

 

Ma qual è la posizione degli Esseni?

 

 

“Considerano la Chiesa come il nemico da abbattere, e il papa un essere abietto.”

 



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