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domenica, agosto 27, 2023

In memoria del batterista jazz Giampiero Prina ("Nimba")

 Una vita purtroppo breve (1957-2002), ma ricordata con affetto e a tratti con malinconia da numerosi amici e colleghi musicisti 

Nimba è un volume a cura di Carlo Verri


Non occorre essere un conoscitore del jazz per trovare piacere in questo libro, che è l'omaggio a uno dei batteristi migliori che abbiamo avuto in Italia. Il fatto poi che Nimba - Giampiero Prina - 1957-2002 sia uscito per la Scivales Music, casa editrice di un musicista (Riccardo Scivales), ne aumenta il valore. 

L'idea nasce da Carlo Verri, amico di Giampiero e fotografo legato al jazz: Verri ha voluto raccogliere pensieri e ricordi attorno alla cara persona scomparsa. Così, su oltre 130 pagine si dipanano episodi, particolari, tracce di vita... le asserzioni di dozzine e dozzine di persone che hanno conosciuto Prina; memorie ora tenere, ora non scevre da dettagli tecnico-biografici che farebbero la gioia di ogni musicologo.

Il libro è stato fortemente voluto anche dal pianista/compositore/didatta jazz Claudio Angeleri, che collaborò spesso con Prina e lo ebbe anche fra i pregiati docenti del suo CDpM-Centro Didattico produzione Musica - Europe.



Sostanzialmente Prina sulla batteria era autodidatta, eppure è riuscito a diventare uno dei drummer più apprezzati non solo in Italia ma in Europa. Al conservatorio aveva seguito studi regolari di clarinetto e sassofono. E se la cavava bene anche al pianoforte e al vibrafono... 

La lista di nomi di coloro che su queste pagine hanno lasciato la loro testimonianza fa rilucere gli occhi degli appassionati del jazz (e della buona musica)!


Nimba, il libro sul grande Giampiero Prina, si può ordinare qui: Amazon.com, Amazon.it

 Go!


Le fotografie a corredo delle varie narrazioni sono molto belle e richiamano l'atmosfera di club fumosi (non solo a Milano) e di stanze piene di quadri, arte, conversazioni interessanti... la cornice dell'evoluzione di Prina.


Inserisco qui sotto alcuni stralci delle tante attestazioni di stima per il percussionista e per l'uomo Giampiero Prina: note estemporanee che rappresentano altrettanti reperti esistenziali; brani di vita di un personaggio umano, colto, disponibile. Ho preso delle frasi e dei capoversi qua e là, quasi a caso. Ma sono dozzine, centinaia di ricordi, aneddoti...



Adrianne West:

Un grande musicista con un incredibile senso dello humor, divertente e allo stesso tempo capace di grande concentrazione… semplicemente fantastico!


Tullio De Piscopo:

Giampiero mi ha sempre colpito per la sua serietà e la determinazione nella musica jazz. Penso sia stato un punto di riferimento per il genere e un grande supporto per tanti musicisti sia italiani che stranieri come Franco Cerri, Giorgio Gaslini, Gianni Basso, Renato Sellani, Claudio Angeleri, John Taylor, Phil Woods, Mitchel Forman, Buddy Collette, Sam Rivers per citarne solo alcuni.


Daniele Panetta:

«Hey Dani, proviamo in questo modo. Esci dalla stanza e poi rientra improvvisamente emettendo dei suoni che esprimano tutta la rabbia che hai in corpo. Ad ogni tuo urlo corrisponderà un colpo delle mie bacchette. Poi proviamo con la malinconia ed altri stati d’animo e vediamo che succede…»

Questo fu l’approccio alle prove che stavamo facendo per quello che sarebbe stato il CD Duets, che purtroppo non abbiamo fatto in tempo a registrare.


Furio Di Castri:

È stato solo all’inizio del 2000 che Dado Moroni ci ha proposto di suonare in trio. Ricordo un concerto e una splendida session in Rai, di cui conservo gelosamente la registrazione come un bene prezioso. Quel trio avrebbe potuto fare grandi cose. L’empatia era totale. Giampiero era maturato con lo studio dell’armonia e della composizione ed era diventato un musicista ancora più straordinario. Sereno, attento, propositivo e con un grandissimo senso melodico. Aveva occhi dolci e profondi e un sorriso delicato che ispirava serenità e calore. Di poche parole, lasciava sciogliere la sua riservatezza in una grande forza espressiva e riusciva a trasfondere con leggerezza il dramma che stava attraversando. Era una persona unica, ed è passato nella nostra vita come un alito di vento fresco e salvifico.


Lino Patruno: 

Purtroppo Giampiero aveva un male incurabile e le cure a cui si sottopose furono vane. Ci lasciò a 45 anni, affranti e commossi.

Aveva iniziato studiando percussioni giovanissimo presso la “Civica Scuola di Musica” di Milano (e anche il clarinetto) e dopo poco tempo era già sui palcoscenici e nelle sale d’incisione con alcuni fra i grandi musicisti italiani, fra i quali ricordiamo Franco Cerri, Giorgio Gaslini, Carlo Bagnoli, Massimo Urbani, Gianni Basso, Larry Nocella, Flavio Boltro, Dado Moroni, Paolo Tomelleri…

Con il passare del tempo ebbe l’occasione di suonare anche con alcuni grandi del jazz: Joe Venuti, Harry “Sweets” Edison, Milt Jackson, Buddy Collette, Tony Scott, Benny Golson, Jon Faddis, Gary Burton, Sam Rivers, James Moody, Sal Nistico, Bob Wilber, Slide Hampton, Barry Harris…

Attivo anche come insegnante, tenne seminari didattici a Siena Jazz, ad Asti e in Messico. Si esibì in Svizzera, in Francia, in Jugoslavia, in Grecia, in Tunisia, in Austria e negli Stati Uniti.

Uno straordinario talento musicale strappato prematuramente alla vita, ma ancora oggi ricordato con l’affetto di molti che difficilmente lo dimenticheranno.


Massimo Caracca:

Mi parlava spesso delle sue esperienze più recenti; ne citerò un paio qui di seguito. La prima riguardava una serata in un noto locale jazz milanese alla quale partecipai. Alla fine del concerto, mi parlò della difficoltà di essere filologici con uno specifico stile. Quella serata, infatti, era nata come bebop, ma in realtà fin dai primi assoli il linguaggio e il fraseggio erano stati contaminati con altri stili più recenti. In tal senso, mi fece notare quanto fosse impossibile poter suonare solo in un determinato stile in un periodo storico diverso. La seconda esperienza fu ad Umbria Jazz, accompagnando Gary Burton e Milt Jackson nello stesso concerto: in tale occasione, Giampiero palesò l’approvazione dei due interessati nelle scelte di aver accompagnato in modo libero Gary Burton, e invece più sobrio e lineare Milt Jackson.

Il percorso fatto con Giampiero è stato fondamentale per la mia crescita come persona, musicista e maestro.


Carlo Magni:

Lo conobbi nella scuola di musica dove insegnavo, il CDpM di Bergamo. Avevo già nella mia discografia alcuni vinili di gruppi che lo vedevano protagonista alla batteria e mi avvicinai, con il timore reverenziale di chi sa di avere davanti ancora una lunga strada da percorrere. Detto francamente, ero un pivello!

Trovai davanti a me un uomo dal cuore grande, disponibile e con un desiderio d’imparare e di migliorare sempre. Non mi balenava l’idea di chiedergli se avesse piacere a suonare in uno dei miei gruppi. Come ho detto, stavo imparando l’arte del jazz e mi sembrava un azzardo e, forse, anche un insulto, fargli una proposta del genere. Inaspettatamente, però, un giorno in cui stavamo registrando un album (era il lontano 1995), uscendo dalla sala d’incisione per una pausa, me lo trovai davanti con le bacchette in mano. Aspettava il classico allievo che dà buca. Presi coraggio e mi buttai: «Giampiero, perché non registriamo un brano improvvisato?» Mi attendevo una risposta del tipo: «No, non è il momento. Me lo dovevi dire in anticipo». E invece Giampiero era entusiasta dell’idea! Io ero euforico ma, allo stesso tempo, preoccupato di fare una brutta figura! Con Riccardo Fioravanti al contrabbasso, nacque così Impro nr° 2, poi pubblicata nel CD In Side Out, e iniziò una collaborazione.



I quadri e le poesie di Giampiero Prina (era bravo anche come pittore e come poeta) arricchiscono il libro, che contiene anche alcune ricette e uno spartito. Documenti che rendono più compiuto il ritratto dell'uomo e artista.

domenica, aprile 02, 2023

Il 'Dante' di Nicola Alesini

 

 

L'immagine "in copertina" dell'Inferno di Pieter Huys (seguace di Hieronymus Bosch) introduce Dante: disco uscito non in formato fisico ma solo in quello digitale per la MP & Records. Qui Alesini è con un nuovo collaboratore: Fabrizio Cicero (ai drums).

I brani rispecchiano i “quadri” danteschi più noti. L'album è un estratto dalla registrazione live (su due tracce) di cinque concerti settimanali, dal titolo “Viaggi Immaginari tra Inferno e Paradiso”, tenutisi nel luglio 2009 in Piazza dei Ravennati a Roma.

Dante è uscito il 25 marzo 2023... dunque, per Dantedì! (Ascoltalo su Spotify.)



  Nicola Alesini: saxes, loops, loop machines, voce 
  Fabrizio Cicero: batteria


Tracklist
  1 "Nel mezzo del cammin" (4:09)
  2 "Nella città dolente" (6:15)
  3 "Caron Dimonio" (8:09)
  4 "L’Ora che volge" (6:39)
  5 "La bocca sollevò dal fiero pasto" (5:10)
  6 "Amor che…" (4:35)
  7 "Come sa di sale" (7:48)
  8 "La miseria" (4:14)
  9 "Diverse lingue" (7:00)
  10 "Quali colombe (3:14)
  11 "Ombre portate" (5:49)
  12 "Come d’autunno" (2:59)
  13 "A chi più sa più spiace" (5:43)
  14 "Vergine Madre" (3:23)


M.P. & Records
is a branch of G.T. Music Distribution di Antonino Destra
Via Municipio, 5
35019 TOMBOLO (Padova) ITALY Ph. +39 49 9470749
   email:
   mprecords@mprecords.it

                                                Link: Nicola Alesini su Spotify

 Un viaggio molto lungo quello di Nicola Alesini nel mondo della musica. E a un certo punto ecco l'incontro con l'autore della Divina Commedia, opera somma che, risaputamente, tratta proprio di un viaggio: un viaggio a tappe nei Tre Regni Ultraterreni. La musica spesso è come una nebbia blu, è evanescenza. Ma i brani - in questo come negli altri album del sassofonista romano -, avendo un titolo ben preciso, ci fanno collegare le note a un luogo o personaggio definito e, pur navigando nel sogno, l'ascoltatore si rende conto di avere a che fare con un messaggio netto e diretto. 

Qualitativamente, non c'è il minimo dubbio: il sax di Nicola Alesini è una garanzia; e alla qualità si abbina la forza narrativa. Ogni suo album ha un tema, un argomento, un concept centrale. Questo lavoro su Dante assomiglia, nelle risonanze, a Cities (uno degli output più noti di Alesini, registrato insieme a Saro Cosentino). Lì si trattava di passare di città in città; qui il viaggio ci porta da girone a girone. Ciò che maggiormente deve aver affascinato il musicista è il significato di certi canti danteschi, nonché il loro riscontro con la realtà odierna. Nella Commedia, abbiamo inoltre il topos della selva. E l'incanto dell'amore puro...

 Breve bio

Nicola Alesini è nato a Sanremo nel 1947. È ancora un bambino quando la sua famiglia si trasferisce a Roma. E, nella caput mundi, Nicola prenderà la laurea in Fisica.

Ancora adolescente, si appassiona per la musica: a tredici anni acquista un Melodica Honer e inizia lo studio del pianoforte. Sempre in età adolescenziale, si mette ad ascoltare dischi dei Soft Machine, Ornette Coleman, Gunter Shuller, Modern Jazz Quartet, i Nucleus di Ian Carr, Traffic, Weather Report. Proprio in questi ultimi, scopre l’amore verso il sassofono grazie a Wayne Shorter.



Le sue prime apparizioni pubbliche sono nel 1979 con il contrabbassista Gianluca Taddei. Parte poi una lunghissima discografia dove ogni contaminazione globale si fonde al jazz e alla musica elettronica: tale connubio (jazz + elettronica) diventa la cifra stilistica di Alesini ed è alla base della sua concezione di far musica.

Il musicista si muove sia nelle tradizioni, usufruendo delle atmosfere del Mediterranean Sound, sia nelle sperimentazioni, con riferimenti alla scuola jazzistica nord europea. Esordisce discograficamente nel 1988 con Mediterranea, insieme al pianista Andrea Alberti e al già citato Taddei. Suggestioni oniriche, introspezione, recupero della cantabilità e delle armonie del passato, oltre alla ricerca tecnica, sono gli ingredienti fondamentali delle sue composizioni, in una discografia già vasta e che si estende fino a oggi.

Nicola Alesini è stato anche sassofonista e storico collaboratore di fiducia di Claudio Lolli, nell'ultimo decennio di vita del cantautore bolognese. La cooperazione tra lui e Lolli ebbe inizio con l'album La scoperta dell'America, 2006, dove Alesini è presente nell'ultima traccia; dopodiché Lolli lo chiama a divenire suo arrangiatore e musicista anche per il futuro. 

In quello che risulterà essere il disco finale del rimpianto poeta-cantante, ossia Il Grande Freddo (2017), nella title track e poi nella riproposizione a chiusura del disco (la traccia n. 9: "Raggio di Sole [Il Grande Freddo Reprise]"), Nicola Alesini lascia la sua doppia firma, suonando magistralmente il tema e chiudendo l'album con una malinconica coda. Saranno anche le ultime note registrate da Claudio Lolli...

"Poesia senza parole": come tutti i brani del sassofonista. E come in Dante.



Ci sentiamo obbligati ad associare questo suo album sul celebre Vate a un altro suo prodotto, un prodotto recente: l'EP Un amore partigiano. E ciò perché siamo vicini al 25 aprile, in cui si celebra la liberazione dal nazifascismo, e non ancora lontani dallo scorso 25 marzo, che è appunto Dantedì.

Dante, già. In Dante stesso, il senso di giustizia e l'impegno civile sono ideali continuamente presenti, condizionandone le scelte di vita. L'Alighieri combatté persino in battaglie violente e sanguinose, rinunciando - sia pur involontariamente - alla libertà, dovendo subire la condanna dell'esilio...

Per Alesini la dedizione al bene comune è decisivo, come del resto testimoniato dalla sua partecipazione e presenza in manifestazioni e concerti di lotta; eppure, la sua musica risulta essere magia sonora, i suoi motivi, le arie, gli intercalari, non sono raffiche di mitra! L'impegno di Nicola Alesini si traduce nel sortilegio dei suoni.






            


Nicola Alesini usa i sassofoni attraverso gli effetti elettronici e, come detto, cerca di portare questi suoni anche alle ricorrenze e agli happenings di rilevanza sociale. (Per e con Articolo 21 per il giornalismo, Ossigeno per l'informazione, o l'ANPI.) Alesini è figlio di un partigiano (i suoi genitori si conobbero in Liguria durante la Resistenza: c'erano i rastrellamenti nazisti e sua madre, con l'aiuto delle suore, nascose il combattente Alesini nel "Castillo" di Sanremo). Proprio in ricordo dei suoi, nel 2022 il sassofonista ha pubblicato il suddetto Un amore partigiano: curiosamente, è lo stesso titolo del libro di memorie di Iole Mancini ("staffetta" delle Brigate Garibaldi), uscito nel medesimo anno; ma in realtà questo EP del musicista romano è nato come commento sonoro per il libro (e audiolibro) La ragazza nella foto - un amore partigiano, di Donatella Alfonso e Nerella Sommariva. Poi il lavoro di Alesini ha assunto una dimensione autonoma, divenendo un disco tutto suo sul tema della Resistenza. In Un amore partigiano, il sassofonista evoca, in maniera a tratti onirica, le gesta del padre in lotta contro fascisti e tedeschi. La fluida narrazione (che ricorda il flusso di coscienza nelle opere letterarie) riepiloga i racconti del genitore.

Nell'album Dante, la coscienza civile è ancora più arricchita di suggestioni e visioni. Anzi tale coscienza - com'è di fatto nella Divina Commedia - serve a traslare le visioni profetiche fino ai nostri giorni.
Letteratura, teatro, danza: Nicola Alesini spesso integra la sua musica con altre forme d'arte. Parola, gestualità e immagine si incontrano e si fondono nelle sue creazioni pentagrammate. Che, non per caso, sarebbero e sono ideali soundtrack cinematografici.


Dante, album in digitale, MP & Records. Su tutti gli stores digitali. Maggiori infos: qui

Alesini ha lavorato con musicisti del calibro di Glen Velez, Hans Joachim Roedelius, David Sylvian, Roger Eno, David Thorn, Harold Budd, Steve Jansen, Richard Barbieri. Sylvian ha inserito due brani di Alesini nel suo doppio album antologico Anything and Nothing.




     Recenti collaborazioni

  Tim Bowness - Butterfly Mind  (Inside Out Music, Sony Music 2022)
   Nicola Alesini e Saro Cosentino - The Road To Now (Cat Sounds, 2022)
  Nicola Alesini e Theo Allegretti - In Search Of Light (Dodicilune Dischi, 2022)  

E poi c'è F.D.A., del 2006, dedicato a Fabrizio De André ed edito da il manifesto.  
Accolto con entusiasmo dalla critica, F.D.A. è un incontro con le musiche del grande artista genovese... senza voler per forza essere un disco di rielaborazioni di canzoni di De André. F.D.A. è un lavoro personalissimo di Nicola Alesini, in cui emerge il suo tipico stile a base di melodie e fraseggi che trasudano vita, passioni, sentimenti. In F.D.A., Alesini ha preso, di Faber, la nostalgia, l’ironia, l’amore e l’impegno, inserendovi  elementi della propria visionarietà compositiva. 12 pezzi, di cui 8 appartenenti al repertorio più conosciuto del primo De André: "Bocca di Rosa", "Amore che vieni amore che vai", "Il Testamento di Tito"... 4 sono i brani originali. Uno di questi, "Per F. & L.", ispirato all’incontro tra Fabrizio De André e Luigi Tenco, riesce particolarmente romantico e struggente, grazie anche alla straordinaria complicità dei Radiodervish, che con Alesini firmano il pezzo.

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Recensione di Cities (con Saro Cosentino)






domenica, giugno 19, 2022

Ryo Fukui - 'Live At Vidro '77 '

Se avete letto qualcosa su Ryo, saprete che molto probabilmente non avrebbe approvato l'uscita di questo album dal vivo. Il grande pianista di Sapporo viene descritto come un perfezionista. Voleva solo pubblicare il meglio e, nelle sue intenzioni, ogni registrazione può essere soppiantata da un'altra più riuscita, più accurata, più... tutto.

In questo album, Ryo Fukui ci dà un'altra interpretazione di "Mellow Dream", di gran lunga una delle sue composizioni più amate di sempre. Potrebbe in realtà essere la prima versione mai registrata del brano in questione, poiché sappiamo che ne completò la scrittura appena prima di questa esibizione. Possiamo inoltre ascoltare qui le prime versioni di Ryo Fukui di "My Foolish Heart" e "Speak Low". 

Fino all'uscita di Live At Vidro '77 (che ha visto la luce solo nel 2021), non avevamo ancora sentito l'artista eseguire gli altri tre standard jazz contenuti in questo album. Il suo gruppo - Ryo Fukui Trio, con suo fratello Yoshinori alla batteria - suona con vigore "Love For Sale", poi cattura in modo superbo la calma di "Body and Soul"... e la sua versione di "Mr. P.C." sarebbe sicuramente piaciuta a John Coltrane.

Tracklist:

00:00 "Mellow Dream"

15:57 "Speak Low"

24:18 "Body And Soul"

33:40 "Love For Sale"

45:38 "Mr. P.C."

55:45 "My Foolish Heart"

Performers:

Piano – Ryo Fukui

Bass – Satoshi Denpo

Drums – Yoshinori Fukui

Questo disco è il più lungo nella discografia di Fukui... e si pensi che costituisce la metà dell'intera sua produzione live rimastaci su supporto audio! Ryo non ci ha lasciato granché dei suoi lavori, ma è probabile che ci siano ancora registrazioni di suoi concerti, da qualche parte nel mondo, che attendono solo di essere tirate fuori pubblicate. Adesso abbiamo sei album di Ryo Fukui. Finora erano cinque: quasi impossibile crederci, considerando che Fukui era attivo da molto tempo e che si esibiva regolarmente al jazz club 'Slowboat' di Sapporo, i cui proprietari erano lui e la moglie Yasuko. Assurse a fama internazionale solo dopo la morte, avvenuta nel 2016. (Era nato nel 1948.)

Nel 1992, durante un viaggio in America, incontrò Barry Harris, pianista jazz di Detroit che gli insegnò alcuni trucchi del be bop. A quel punto Fukui aveva realizzato due album: Scenery e Mellow Dream (scoperti solo decenni dopo dalla massa di appassionati di jazz, e rivalutati dagli esperti). A diciassette anni di distanza dall'ultimo, pubblicò My Favourite Tune, con lui da solo al piano. Quattro anni dopo fu la volta di In New York, in trio con il batterista Leroy Williams e il bassista Lisle Arthur Atkinson. 

A Letter From Slowboat fu ralizzato nel 2015, registrato direttamente nel proprio locale.
Dopo la sua morte, avvenuta per un linfoma, Barry Harris ha suonato più volte, nei concerti, il brano "Fukai Aijo (深い愛情)", composto per ricordare l'amico scomparso.


Discografia


  Studio albums


1976: Scenery

1977: Mellow Dream

1994: My Favorite Tune

2015: A Letter From Slowboat


    Live albums


1977: Live at Vidro '77 (released in 2021)

1999: Ryo Fukui in New York


   Brian Harris - "Fukai Aijo" ("Amore profondo", in giapponese)


sabato, maggio 28, 2022

'Nostalgia Progressiva' (un sentimento forte di chi ama la musica... praticamente un modo di essere; e anche il titolo di un album)

 Brunod, Li Calzi, Savoldelli - Nostalgia Progressiva



Su Bandcamp: vai! 

Oppure su Songswave

 

Nostalgia Progressiva (2018) è un'interessante, piacevole e intelligente rilettura di brani noti a tutti gli amici del prog-rock (dunque: brani "progressive") da parte di Boris Savoldelli (voce), Maurizio Brunod (chitarra) e Giorgio Li Calzi (tromba / tastiere). Vengono qui eseguiti, dentro un'avvolgente bolla di jazz ed elettronica, canzoni di: King Crimson, Soft Machine, Robert Wyatt, Nucleus, Kraftwerk, Le Orme, Beatles. 




       Tracce:

1. "Formentera Lady"

2. "Matte Kudasai"

3. "Tomorow Never Knows"

4. "Shipbuilding"

5. "Radio Activity"

6. "I Talk To The Wind"

7. "Starless"

8. "Taranaki"

9. "Moonchild"

10. "Gioco Di Bimba"

 

Maurizio BRUNOD - electric & acoustic guitar, samples

Giorgio LI CALZI - trumpet, fluegelhorn, keyboards, electronics

Boris SAVOLDELLI - vocals, electronics, vocal synth 3D prototype

Recorded on July 11, 2017 at Il Pollaio studio, in Ronco Biellese (Italy) by Piergiorgio Miotto. Mixed and mastered by Giorgio Li Calzi.
Reelased in Italy in 2018.
International sub-distribution by MoonJune Records.


lunedì, marzo 28, 2022

Musicista e autore di libri sul jazz: Riccardo Scivales



Pianista e compositore; nonché uno dei più apprezzati trascrittori di brani pianistici jazz a livello internazionale: è Riccardo Scivales. I suoi libri di piano jazz sono stati pubblicati negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Italia fin dagli Anni Novanta. Più tardi Scivales ha fondato una propria casa editrice e li ha ripubblicati, dopo che il vecchio editore ha chiuso l'attività per andare in pensione. Oggi presentiamo: Storie di vecchi pianisti jazz. Sottotitolo: ...e di come funzionava la loro musica.



  "Quando improvviso, penso in termini di sonorità, non di accordi o melodia. Alcune tra le mie cose possono non avere una continuità armonica convenzionale, ma se suonano bene e hanno coerenza ritmica, le faccio."

(Dick Wellstood)


 Link Amazon


La passione è contagiosa. Un grande pianista e tastierista contemporaneo, Riccardo Scivales (noto come leader del gruppo di progressive rock Quanah Parker, oltre che di Mi Ritmo), si è dedicato a un notevole lavoro di divulgazione - in italiano e in inglese -; e, inutile specificarlo, con questo Storie di vecchi pianisti jazz è riuscito a risvegliare in noi la fiamma dell'ardore per quel tipo di musica che vive in una dimensione estemporanea e improvvisativa, per la storia - che non è solo biografia - di tanti eroi dei tasti bianchi-e-neri e per le varie tecniche esecutive. 


   Video: Marco Fumo suona "Squeeze me", un brano di Thomas "Fats" Waller e Clarence Williams nella versione che ne dà Willie "The Lion" Smith e nella trascrizione di Riccardo Scivales.


Questo è il primo volume della Scivales Music self-publishing house, intanto arrivata a cinque titoli, e vi incontriamo i migliori protagonisti del repertorio pianistico afroamericano. Buona parte dei quali (e dovremmo vergognarcene!) erano a noi sconosciuti o avevamo di gran lunga obliati.

 Riccardo Scivales

Il libro, che contiene diverse trasposizioni (di note che, originariamente, non nascono per essere fissate su uno spartito!), si rivolge ai professionisti del genere, ma riesce a catturare - e ad ammaliare - anche chi non ha mai toccato uno strumento in vita sua. Ovviamente è indispensabile che il lettore abbia una conoscenza di base o nutra comunque un reale interesse per il jazz... e per la musica tout court.


   
    
Dall'alto in basso: Art Tatum, Thelonious Monk e il "re del mambo", Mario Bauzá


Storie di vecchi pianisti jazz ci immerge fin da subito nell'atmosfera dell'America degli Anni Venti, con Eubie Blake (il quale fu il primo musicista ad apparire in un film sonoro, quattro anni prima di Al Jolson) e, come dice anche la descrizione (il sotto-sottotitolo), ci farà fare un viaggio fino a Thelonious Monk e dintorni, passando per Duke Ellington ("dal ragtime all'astrazione") e la Latin Music. Il libro è ricco di aneddoti e contiene un centinaio e passa di esempi musicali trascritti.

Jelly Roll Morton, Willie "The Lion" Smith, Duke Ellington, Thomas "Fats" Waller, George Gershwin... Art Tatum... Nat "King" Cole, John Dickson "Peck" Kelley, Johnny Guarnieri, Monk... e tutti gli altri: artisti straordinari che rifiutavano le convenzioni, spesso non senza rischiare di brutto, e che si imbarcarono in una vera e propria ricerca anche esistenziale, chi gettandosi anima e corpo su uno stile come lo swing, chi arrivando a sperimentare "una cosa dell'altro mondo" come il bebop... spesso concorrendo tra di loro in bravura (in velocità o in profondità oppure in entrambe le cose), a chi riuscisse ad andare più lontano, a chi riuscisse a inventare di più.


   Video: lo stride di James P. Johnson

    Video: Charlie & Eddie Palmieri, qui con Ismael Quintana


Troviamo, nel volume in questione, uno panoramica sull’evoluzione dello "Spanish tinge" e del Latin Jazz, dai suoi albori ai favolosi mambos di Mario Bauzá. Inoltre, uno studio approfondito (con applicazioni pratiche) circa i moduli poliritmici usati nell’improvvisazione pianistica afrocubana e Latin Jazz, desunti dall’opera di due colonne portanti: Charlie ed Eddie Palmieri. Infine, un utile saggio-guida sulle modalità e gli intenti "di una delle pratiche fondamentali per ogni studente e studioso di jazz, cioè la trascrizione nota-per-nota di brani e assoli tratti dalle incisioni originali dei maestri di riferimento".


Un excerpt da Storie di pianisti jazz:

Zurigo, Tonhalle, 30 novembre 1934. Concerto dell'orchestra di Louis Armstrong. Al pianoforte, Herman Chittison, un pianista statunitense, venticinquenne, recentemente approdato in Europa (dove ha già inciso alcuni dischi a Parigi). Inframmezzati ai dodici brani eseguiti da Armstrong e della sua orchestra, il programma del concerto prevede una decina di assoli di Chittison. Tutto procede come stabilito, finché Chittison conclude il suo primo set di assoli e Armstrong si fa avanti sul palco per annunciare i titoli dei brani successivi, eseguiti dall'intera orchestra. Ma a questo punto il pubblico lo interrompe, gridando a viva voce: "Lascia suonare Chittison! Vogliamo sentire il pianista!" E Armstrong, sebbene riluttante, non può far altro che acconsentire a questa richiesta... Oltre che nell'effettivo talento di Chittison, una spiegazione a questo insulto ad Armstrong può essere ricercata anche nel fatto che in quegli anni il pianoforte "jazz" o "pseudo-jazz" (sia che si trattasse di Fats Waller, di Lee Sims, di Charlie Kunz o di Raie Da Costa) era apprezzato dal pubblico europeo (composto prevalentemente da appartenenti al ceto medio e alto borghese) più di qualsiasi altra espressione musicale afro-americana.

(Dal capitolo dedicato a Herman Chittison, 'L'eleganza e il brio'.)

 

[ Per inciso, Chittison fu un idolo giovanile sia di Monk che di Horace Silver, e fece una grandissima impressione anche sul giovane Chick Corea. ]

 

  

        Tutti i libri dell'Autore su Amazon


Altri link:

Articolo - in inglese - di Becca Pulliam su The Syncopated Times: "Riccardo Scivales Transcribes the Stride Masters"

Qui una bella presentazione/recensione di Storie di vecchi pianisti jazz sul blog MAT2020: https://mat2020.blogspot.com

... e qui (video su YouTube), un esempio di come suonavano i pazzi, originalissimi pianisti narrati in Storie di vecchi pianisti jazzEllington, Monk, ecc. hanno attinto a piene mani da loro. 

Altro esempio su video: trascrizione di Riccardo Scivales di un capolavoro assoluto di James P. Johnson, avveniristico per l'epoca in cui fu composto: click!  


Canale YouTube della Scivales Music

  

Quanah Parker (band)  


Riccardo Scivales su Facebook


       

 

 

    Breve bio di Scivales

Riccardo Scivales ha insegnato per molti anni (1999-2009) Storia del jazz e della musica latina al TARS (ex DUTARS) dell'Università di Venezia.

Ha scritto circa trecento programmi radiofonici sul jazz per RadioTre (RAI-Radiotelevisione Italiana).

Numerosi suoi saggi, articoli e recensioni sulla musica jazz e afrocubana sono stati pubblicati su importanti riviste musicali come The Piano Stylist, Keyboard Classics, Piano TodayMusica Jazz, Ring Shout, Musica Oggi, Jazz, Blu Jazz, Rassegna Veneta di Studi Musicali, Venezia Arti, Il Sismografo, e Il giornale della musica.

Molti suoi libri sono stati pubblicati prima negli Stati Uniti e più tardi anche in Italia con l'etichetta Scivales Music. Oltre ai volumi firmati con il proprio nome, ha scritto, con Enrico Intra, la raccolta di brani Jazz Piano Repertoire (Scivales Music, 2021) e il libro L'improvvisazione è improvvisata? (M&P/M’O, 2022). Enorme successo sta avendo il suo nuovissimo metodo PLAY… LATIN PIANO LIKE A PRO! (disponibile su Amazon) che tra le altre cose include 23 sue composizioni, molte delle quali si possono ascoltare su YouTube suonate da pianisti e band un po’ di tutto il mondo.

Come pianista e compositore, ha lavorato per diverse produzioni teatrali.

Negli anni ha collaborato con vari musicisti della scena veneziana.

Dal 1981 è il pianista/tastierista e compositore del suo gruppo rock progressivo Quanah Parker e dal 1995 del suo gruppo afrocubano Mi Ritmo.

Ha contribuito all'orchestrazione della prima italiana del musical di George Gershwin Lady, Be Good! (come rivisto da K. Cazan, K. Farrell e D. Sturrock. Venezia, PalaFenice, 2000).

Numerosi brani “Classic Latin” di Riccardo Scivales sono stati spesso eseguiti in programmi di concerti insieme a brani di Piazzolla, Ginastera, de Falla, Rodrigo, Ponce, Gardel, Ellington, Gershwin, J.S. Bach, Schubert, ecc.

 

 Uno dei libri in inglese di Scivales