Titolo originale: Hans Christian Andersen
Regia: Charles Vidor
USA, 1952
USA, 1952
Autori: Myles Connolly, Moss Hart
Interpreti:
Danny Kaye .... Hans Christian Andersen
Farley Granger .... Niels
Jeanmaire Zizi .... Dora
Joseph Walsh .... Peter
Philip Tonge .... Otto
Farley Granger .... Niels
Jeanmaire Zizi .... Dora
Joseph Walsh .... Peter
Philip Tonge .... Otto
E' una pellicola sul famoso scrittore danese che ci ha donato tante belle favole. Per molti, è questo il film migliore interpretato da Danny Kaye. Andersen è ritratto come figura gentile, amico dei bambini e degli animali. Nella storyline si intrecciano alcuni dei racconti più conosciuti del danese, e c'è inoltre posto per un balletto ispirato alla sua "Sirenetta".
Nella realtà Hans Christian Andersen (1805-1875) era un individuo pessimista, dunque alquanto distante dal personaggio interpretato da Danny Kaye. Da giovane Andersen fece esperienza della povertà, ma riuscì ad affrancarsene grazie al suo talento artistico. Le sue fiabe sono molto particolari: sempre tremendamente concrete e nitide, anche quando descrivono sogni e visioni, e hanno d’altra parte la capacità di infondere il 'fiabesco' anche negli oggetti più umili e prosaici della realtà ("Il tenace soldatino di stagno").
Lo scrittore, eccentrico e spesso scorbutico, nonostante il suo pessimismo era un credente. Con invenzioni fantastiche come "La sirenetta", "Le scarpette rosse" e "La bambina dei fiammiferi" (o "La piccola fiammiferaia"), ci fa riflettere sulla collisione tra un desiderio terreno (l’amore, la bellezza, la necessità di sfamarsi) e il desiderio di Dio. A volte si ha la sensazione che l’ascesa al cielo sia una compensazione di una realtà troppo crudele. E che Andersen tenda a reprimere la sessualità sublimandola nell’abbraccio con il Creatore. Ma la potenza ribelle dell’eros si manifesta comunque (è una possibile chiave di lettura per "Le scarpette rosse").
Un pezzo forte delle sue fiabe è la personificazione di animali e oggetti (cui avrebbe poi fatto ricorso anche Walt Disney): "Il tenace soldatino di stagno", "L’ago del rammendo", "Il vecchio lampione" e, ovviamente, "Il brutto anatroccolo". Ne "Il brutto anatroccolo" possiamo leggere l’aspetto autobiografico: la vera natura del cigno, prima misconosciuta e infine vittoriosa, sarebbe una figura traslata del talento del poeta. Eppure questa fiaba, nonostante l'happy end, è costellata di prove dure e solitudine...
Fortunatamente non c’è solo tragedia nelle fiabe di Andersen, ma anche ironia, scherzo e humor. Un classico esempio è "La principessa sul pisello": un'"autentica" principessa perché riesce a dormire male e a sentire il fastidioso pisello sotto la schiena anche se è coricata su venti materassi "più venti piumini".
Un pezzo forte delle sue fiabe è la personificazione di animali e oggetti (cui avrebbe poi fatto ricorso anche Walt Disney): "Il tenace soldatino di stagno", "L’ago del rammendo", "Il vecchio lampione" e, ovviamente, "Il brutto anatroccolo". Ne "Il brutto anatroccolo" possiamo leggere l’aspetto autobiografico: la vera natura del cigno, prima misconosciuta e infine vittoriosa, sarebbe una figura traslata del talento del poeta. Eppure questa fiaba, nonostante l'happy end, è costellata di prove dure e solitudine...
Fortunatamente non c’è solo tragedia nelle fiabe di Andersen, ma anche ironia, scherzo e humor. Un classico esempio è "La principessa sul pisello": un'"autentica" principessa perché riesce a dormire male e a sentire il fastidioso pisello sotto la schiena anche se è coricata su venti materassi "più venti piumini".
E soprattutto "I vestiti nuovi dell’imperatore", storia di due burloni che vanno alla corte del re, promettendo di tessere un vestito di filo magico, per cui l’indumento risulta invisibile agli stupidi e agli scansafatiche. Nessuno a corte, né i funzionari né il re, osano confessare di non vedere niente. E dunque la finzione va avanti come se niente fosse. I due burloni tessono il nulla, e il re finisce per andare in processione nudo. Anche il popolo finge. Finché la voce del bambino innocente, che esclama "il re è nudo!", non smaschera l’ipocrisia del potere e la sua pompa magna.
Nel film - lo ribadiamo: non è biografico! - viene fuori soprattutto la poesia contenuta nelle opere di Andersen. Tra le canzoni scritte da Frank Loesser (e non da Sylvia Fine, la moglie di Kaye, come accaduto finora) ricordiamo: "No Two People", "The King's New Clothes" ("I vestiti nuovi dell’imperatore"), "Wonderful Copenhagen", "Inchworm", "The Ugly Duckling" ("Il brutto anatroccolo") e "Thumbelina" ("Pollicina"). Gli scenari e i costumi sono grandiosi, e la recitazione di Danny Kaye... beh, occorre dirlo?... è semplicemente favolosa.
La sinossi:
Il ciabattino Hans Christian Andersen incanta con le sue favole tutti i ragazzi di Odense, ma l'incomprensione degli adulti, che gli rimproverano di sviare dalla scuola i suoi piccoli ascoltatori, lo obbliga a trasferirsi a Copenaghen. Qui trova lavoro al Teatro Reale, dove l'impresario gli fa fare un paio di scarpette per la prima ballerina Dora, che ne è entusiasta. Hans s'innamora della ballerina e sotto l'influenza di questo suo sentimento scrive una delle sue più belle favole, "La sirenetta", che formerà la trama di un balletto, rappresentato con straordinario successo al Teatro Reale. Hans non puo' assistere alla trionfale rappresentazione, in quanto il geloso marito di Dora, che è il coreografo della compagnia, lo rinchiude in uno sgabuzzino. Il ciabattino-favolista riesce a liberarsi solo la mattina seguente, e corre subito da Dora per dichiararle il suo amore; ma resta profondamente deluso nell'accorgersi che lei non lo ama. Mentre le gazzette incominciano a pubblicare con successo le sue favole, Andersen si avvia tutto mesto al borgo natìo, dove lo ha preceduto la fama e gli sono riserbate le più liete accoglienze.
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