465 a.C.: una cometa dal diametro di oltre 1000 metri esplode a un'altezza di 70 Km. sopra il Chiemsee, nell'odierna Baviera.
I celti che popolavano quella zona - celebrando selvaggi riti pagani (sacrifici umani di una crudeltà senza paragoni) - sono shockati. Decine di migliaia di loro perdono la vita nell'impatto della "pietra del cielo" con la nostra Terra.
I Norici (così erano conosciute queste tribù) non erano biondi, ma si tingevano i capelli con acqua di calcio, ovvero una soluzione di idrossido di calcio. Prima dell'avvento della cometa distruttrice, per questi "barbari" (così li definivano i Romani) la vita, soprattutto altrui, non aveva alcun valore. Non erano del tutto pagani, ma assegnavano a ogni campo dell'esistenza una diversa divinità. E così, almeno secondo la "storiografia" ufficiale, Belenus era il dio della luce, dell'acqua e della salute; Taranis la dea del tuono e dei lampi; Sucellos (immaginato con un martello stretto nel pugno) il dio degli avi e dell'Aldilà. Ecc. In realtà il discorso della mitologia celtica è ben più complicato, ha a che fare con la venerazione di una trinità femminile, con la credenza di un ciclo reiterante di tutti gli esseri viventi (compresi animali e piante) e di un "Altromondo" pieno di gioia e felicità.
Così si distribuirono i Celti sul continente europeo
La catastrofe fece fuggire i sopravvissuti, che si disseminarono principalmente nel Sud Europa. Non dimenticarono mai però l'antico insediamento sulle rive del Chiemsee, e circa 200 anni dopo vi tornarono e ricostruirono i loro villaggi.
Nella loro arte inizieranno a mescolarsi temi mediterranei, mentre sulle monete da loro forgiate sono impressi motivi molto misteriosi.
Sono un popolo di fabbri: le loro spade post-cometa, la cui fabbricazione rimarrà un segreto gelosamente custodito, vengono apprezzate da tutti gli altri popoli.
Quelle spade sono fatte con il materiale arrivato dal cielo. E' materia presolare (risalente cioè a prima della nascita del nostro sistema solare). Si tratta di una lega di ferro e carbonio, e dunque un acciaio, la cui presenza si riscontrerà in tutta la regione sud-tedesca a cominciare da quel disastroso giorno del 465 a.C. Un acciaio interstellare.
I romani mandarono nel Chiemsee i loro commercianti per comprare tali armi, che erano giustamente ambite perché potevano vantare solidità, elasticità e alta resistenza alla ruggine. La qualità del materiale è paragonabile a quella delle lame giapponesi che saranno costruite nel XIV e XV secolo. I Norici utilizzarono il metallo per forgiare non soltanto spade, ma anche elmi e scudi. Ovviamente, comunque, era la "superspada" che attirava l'interesse maggiore dei Romani. Si può affermare che l'Impero Romano, primariamente al tempo di Traiano (quando raggiunse la sua espansione maggiore), fu costruito basandosi proprio sul know-how della piccola tribù celtica.
I Norici prestarono anche i loro servigi come legionari, combattendo al fianco dei Romani e contribuendo alle loro vittorie in tutta l'Europa. Erano soldati molto ammirati dai loro camerati e temutissimi dagli avversari; anche per via del loro armamento, che si può tranquillamente definire un "dono del cielo".
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La cometa che devastò la regione del Chiemsee è paragonabile con quella che nel 1908 distrusse un'ampia zona della Siberia, la Tunguska, per fortuna allora - come oggi - scarsamente popolata. L'asteroide o frammento di cometa dell'altopiano siberiano ("Tunguska" è più propriamente il nome di un affluente dello Yenisej) era fatto in prevalenza di ghiacci e polveri ed esplose per l’attrito con l’atmosfera ad alcuni chilometri d’altezza, prima di raggiungere il suolo, liberando un’energia paragonabile a un migliaio di bombe atomiche di tipo Hiroshima. Risultato: 2000 km quadrati di foresta bruciata e devastata, migliaia di animali abbattuti e, stando alle testimonianze locali, cacciatori e abitanti di povere capanne feriti e ustionati. I fenomeni luminosi causati dalla cometa della Tunguska vennero percepiti entro un raggio di 600-700 km; quelli acustici furono uditi fino a 1000 km di distanza.
La cometa che precipitò sulla Germania meridionale all'epoca degli antichi Romani (ca. 200 a.C.) avrebbe potuto scatenare un'energia 5 mila volte più potente della bomba atomica. La spedizione guidata da Kord Ernston, dell'Università di Würzburg, è pervenuta al risultato che i crateri scoperti nei pressi del Chiemsee sono stati causati dai frammenti della cometa, disgregatasi nell'atmosfera terrestre.
Le monete e gli altri manufatti celtici rinvenuti sembrano essere state fortemente riscaldati su un solo lato. Gli anelli degli alberi mostrano, attorno al 207 a.C. un rallentamento della crescita del tronco, che potrebbe essere causato da un raffreddamento della temperatura dovuto alle polveri sollevate in atmosfera dall'impatto.
Nella zona sono stati trovati oltre 36 crateri, il più grande dei quali è stato riempito nel corso dei secoli dalla pioggia ed è diventato un altro lago, il Tüttensee.
Secondo gli scienziati, si sarebbe trattata di una cometa a bassa densità di circa un chilometro di diametro e disintegratasi a circa 80 chilometri di altezza. L'impatto è avvenuto a circa 4000 km/H, rilasciando energia per 106 milioni di tonnellate di TNT. (La bomba che distrusse Hiroshima sprigionò un'energia equivalente a circa 20 000 tonnellate di TNT.)
“La foresta prese immediatamente ad ardere, bruciando fino a che l’onda d’impatto non soffocò la conflagrazione” hanno dichiarato gli esperti. “La polvere fu poi soffiata nella stratosfera e probabilmente trasportata attorno al globo… La regione deve essere stata devastata per secoli.”
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Autori come Plinio celebrano la qualità del Ferrum noricum. Originariamente popolato da genti illiriche, il Norico (regione corrispondente non solo alla Baviera meridionale, ma anche all'attuale Austria) venne poi invaso appunto dai Celti. Divenne protettorato romano alla fine del II secolo a.C., e nel 15 a.C. la romanizzazione era talmente avanzata che l'intera regione poté essere annessa in maniera incruenta.
Le più antiche spade dei Norici non avevano niente di più né di meglio di quelle di tutti gli altri popoli; anzi: Polibio narra della loro cattiva qualità (erano di ferro dolce). Pittore, Diodoro ed altri riferiscono pressappoco la stessa cosa. Dopo il disastro cosmico, quando i Celti tornarono nella regione del Chiemsee, vi riscontrarono un paesaggio diverso (vi furono anche mutazioni climatiche non indifferenti), ma lì trovarono anche "il ferro degli dèi". A questo punto i loro fabbri mostrarono una sorprendente padronanza della lavorazione dell'acciaio, che apparentemente richiederebbe delle conoscenze scientifiche di gran lunga superiori a quelle della loro epoca...
lunedì, marzo 16, 2009
Ferrum Noricum
sabato, marzo 07, 2009
I ratti abbandonano la nave
La NASA ha lanciato nello spazio il telescopio Keplero, che darà la caccia a pianeti simili alla Terra e dunque "vivibili". La missione durerà 4 anni.
Secondo gli scienziati, nella sola Via Lattea potrebbero esserci migliaia di mondi con condizioni di vita simili a quelle che vigono sul nostro.
L'ente spaziale americano sembra mostrare una certa urgenza nel voler individuare una Terra-bis. Forse sono venuti a conoscenza dell’inesorabile orbita di avvicinamento di una cometa da impatto cosmico? E’ notizia di questi giorni che un asteroide di 40 mt ci ha sfiorati. Fonte: Corriere della sera. Per chi volesse avere un’idea di cosa vorrebbe dire un crash con un “sasso” di tali dimensioni può osservare le foto del Meteor Crater in Arizona, scavato da un corpo vagante di analoga grandezza.
E da notare che soltanto il satellite SOHO ha scoperto negli ultimi 10 anni oltre 1.600 comete!
Ma ovviamente ci sono anche altri motivi per cercare di mettersi in salvo: i nostri continenti si poggiano su piattaforme che "scivolano" al di sopra di un fiume di fuoco, e da qui i movimenti tellurici; a quando il prossimo immane terremoto? E poi: il campo magnetico può variare o addirittura sparire del tutto se il nucleo centrale della Terra muta la sua rotazione o si ferma completamente (è già successo in passato). Inoltre c'è il clima che, con la distruzione a quanto pare tutt'altro che parziale dello strato di ozono, ci sta portando verso la catastrofe (scioglimento delle cappe polari; alcune zone diverranno desertiche, altre saranno coperte dal ghiaccio...). Fanno paura le macchie solari, che bisogna sempre tenere d'occhio; se il sole è più vecchio di quel che pensiamo, la fine è veramente prossima: tutti i pianeti del nostro sistema precipiteranno verso la "stella mattutina". E, ancora, i vari pericoli "domestici", quelli di guerre batteriologiche, di contaminazioni radioattive (dove accadrà la prossima Chernobyl? In Italia?), le epidemie a causa di microorganismi letali sempre più resistenti, ecc.
Probabile, anzi probabilissimo, che i potenti vogliano al più presto abbandonare la nave che affonda.
La missione Keplero mira soprattutto a scoprire i pianeti orbitanti attorno a stelle nelle costellazioni del Cigno e della Lira. Soltanto in quei paraggi ce ne sono migliaia...
sabato, giugno 28, 2008
100 anni fa la terribile esplosione sui cieli della Siberia
Tra le ipotesi la disintegrazione di un asteroide, ma anche lo «scontro» con un blocco di antimateria cosmica
Un'immagine della foresta carbonizzata (da www.americandigest.org) |
Un secolo fa, esattamente il 30 giugno 2008, in piena Siberia (e per fortuna che non accadde in una regione della Terra abitata dall'uomo!), si verificò un'esplosione equivalente a mille bombe nucleari di tipo Hiroshima. Molte le ipotesi su quel terribile fenomeno o "incidente". Alcuni sostengono addirittura che si sia trattato di un esperimento dell'inventore Nikola Tesla, il quale avrebbe voluto testare il suo "raggio della morte"...
Tante le supposizioni, tanti i tenui indizi, e ancora nessuna ipotesi definitivamente provata. Caduta di una cometa o di un asteroide? Esplosione di una bolla naturale di gas metano? Oppure, per tornare a scivolare sul fantascientifico, collisione fra il nostro pianeta e un grumo di antimateria? Oppure lo schianto di un’astronave aliena?
You Tube: A visit to the site of the Tunguska explosion ('New Scientist')
You Tube: Tunguska Explosion 30 Juny 1908 (contiene riprese filmate dell'epoca)
ACCECANTE COME UN SOLE - Il 30 giugno 1908 alle 7,14 del mattino, quando sull'altopiano siberiano è già giorno, appare un oggetto simile a un disco solare, con una luminosità ancora più accecante del Sole. Sfreccia da Sud-Est a Nord-Ovest, riempiendo il cielo di bagliori intermittenti blu e bianchi e lasciandosi dietro una scia di fuoco e fumo. Fende l'aria con un sibilo, poi piega verso il suolo e inonda l'orizzonte di un rosso cupo, prima di scomparire con un sordo boato. Questa è almeno una delle versioni, riferita da veri o presunti testimoni oculari. Costoro affermarono di aver visto distintamente il disco luminoso, contornato da tutti i suoi fenomeni accessori; altri lo percepirono "soltanto indirettamente", come un lampo, una colonna di fumo, un tremendo tuono che fa vibrare l'aria e il terreno. L’oggetto sembra cadere in una zona disabitata, immediatamente a Nord della Tunguska, uno di quei grandi fiumi che dalle alture orientali si tuffano nel bassopiano siberiano a ingrossare le acque dello Jenisej. Il paesaggio è quello tipico dell'altopiano siberiano: catene montuose e vallate che si succedono monotone, ricoperte dalla taiga, la fitta foresta di conifere secolari. Tutto attorno, una complessa rete fluviale, punteggiata da paludi malsane. La zona, d’inverno, è il regno delle nevi e dei ghiacci, con temperature che scendono oltre i 50°C sotto lo zero. Ancora nel 1908 era poco esplorata, e difatti le carte geografiche erano assai vaghe nel riportarla. Vi vivevano, disseminati in migliaia di chilometri quadrati, popolazioni di cacciatori nomadi. L'oggetto non identificato scelse una depressione naturale per scatenare tutta la forza del suo impatto: una conca circondata da colline e montagne e ricoperta da alte conifere. Le esatte coordinate geografiche, determinate soltanto 19 anni dopo il fatto, sono 60° 53’ 09” di latitudine Nord; 101° 53’ 40” di longitudine Est.
LA FORESTA CARBONIZZATA - Il disastro è di vastissime proporzioni: circa 2mila km quadrati di foresta bruciata e devastata, migliaia di animali abbattuti e, stando alle testimonianze locali, molti cacciatori e abitanti di povere capanne feriti e ustionati; ma, curiosamente, nessun morto tra gli umani. Ancora oggi, a testimonianza di quel cataclisma, resistono centinaia di tronchi di alberi abbattuti e carbonizzati, a indicare con il loro orientamento gli effetti dell’onda d’urto. Al centro dell'esplosione, però, gli alberi rimasero in piedi. Ed è questo uno dei fenomeni più misteriosi, che che dà ragioni agli scienziati che tendono a credere alla teoria dell'esplosione atomica. I bagliori vennero visti fino a una distanza di 600-700 km; il rumore udito fino a ben 1000 km. Per dare un'idea della portata di tali cifre, se l'esplosione si fosse verificata a Roma, sarebbe stato vista da un capo all'altro della penisola e udita da Francoforte a Tripoli, da Barcellona a Belgrado. Il mondo rimase per parecchio tempo più o meno inconsapevole dell'evento, ma i sensibili pennini dei sismografi e dei barografi dell'Europa intera registrarono l'accaduto, che venne interpretato come uno dei tanti terremoti lontani (forse in seguito a qualche eruzione vulcanica). Molti anni più tardi, saranno gli studi comparativi delle registrazioni sismiche e barometriche a permettere di calcolare la potenza scatenata dall'esplosione della Tunguska che fu di circa 13 mila kilotoni, equivalente cioè a un migliaio di bombe come quella sganciata su Hiroshima. Le notti successive all'evento, un altro e più appariscente fenomeno s’impose alle popolazioni europee e asiatiche delle alte latitudini: molte ore dopo il tramonto del Sole, infatti, persistette una luminosità crepuscolare di straordinaria intensità. I giornali parlarono di «fantasmagorici bagliori notturni» e gli astronomi spiegarono che, probabilmente, si trattava di aurore boreali connesse all'attività del Sole.
IL CRATERE CHE NON C'E' - Trascorso il turbine della prima guerra mondiale e della rivoluzione bolscevica, bisognerà aspettare il 1921 perché un ricercatore del Museo di Mineralogia di Petrograd, Leonid A. Kulik, incuriosito dai ritagli ormai ingialliti dei giornali del 1908, decida di compiere il primo sopralluogo nella zona del disastro. Si reca, innanzitutto, nei centri più popolosi ai margini dell'area colpita, alla ricerca di testimoni oculari, e raccoglie una grande quantità di prove. Riesce a ricostruire la traiettoria del corpo, pensa che si tratti di un grosso meteorite che cadendo a terra ha scavato un cratere e ritiene di poterlo scoprire, recuperando anche i frammenti del presunto corpo celeste. Per aver successo nell'impresa occorre una spedizione ben organizzata, in grado di penetrare tra le foreste e le montagne che circondano il luogo dell'impatto. Kulik impiegherà sei anni per convincere i membri dell'Accademia Sovietica delle Scienze a finanziare l'impresa. Ma la ricognizione non dà i risultati sperati: dopo mille fatiche e difficoltà, lo studioso non trova ne’ il cratere, ne’ i frammenti del meteorite.
COMETA O ASTEROIDE? - Per superare queste contraddizioni, comincia a farsi strada un'idea, avanzata nel 1930 dall'inglese J. W. Whipple, che identifica l'oggetto con il nucleo di una piccola cometa avente circa 40 m di diametro, una stima che sarà poi rivalutata da alcuni astronomi favorevoli a tale ipotesi. Un nucleo cometario, ragiona Whipple, penetrando ad alta velocità nell'atmosfera, può dare luogo a un'onda d'urto e a un'esplosione distruttive e, nello stesso tempo, a causa della sua bassa densità e della sua struttura a conglomerato di ghiacci e polveri, può disintegrarsi completamente, disperdendo una grande quantità di piccoli grani solidi. Si spiegherebbero in questo modo il fenomeno delle notti lucenti, il mancato ritrovamento di grossi frammenti meteoritici e l'assenza di crateri da impatto. Questa, ancora oggi, è l’ipotesi sostenuta da molti scienziati russi. Quelli occidentali, invece, propendono per un piccolo asteroide, anche questo esploso e vaporizzato in aria, tra 5 e 10 km d’altezza, che avrebbe lasciato al suolo soltanto tracce microscopiche. La domanda ancora da chiarire è: come mai gli alberi presenti nel fulcro dell'impatto sono rimasti intatti? Possibile che la cometa (o asteroide, o meteorite) sia esploso al di sopra della superficie terrestre?
L'ALTRO MISTERO: QUELLO IN FONDO AL LAGO - La Tunguska ha attratto l’attenzione anche di un gruppo di studiosi italiani coordinato dal professor Giuseppe Longo, un fisico dell’Università di Bologna. Essi, dopo sopralluoghi e analisi, pensano di avere individuato in un piccolo laghetto denominato Cheko il cratere scavato da uno dei frammenti del presunto asteroide. L’ipotesi, avanzata in un articolo sulla rivista scientifica Terra Nova (agosto 2007), non è condivisa da altri esperti e richiederà ulteriori esplorazioni sul fondo del piccolo lago, alla ricerca di eventuali frammenti del corpo celeste. Fra le ipotesi più stravaganti ne esistono due che tuttavia si basano su studi scientifici qualificati. La prima, elaborata da Willard Libby, lo scopritore della tecnica di datazione col carbonio 14, si basa proprio sull’abbondanza di questo isotopo riscontrata negli anelli di accrescimento degli alberi subito dopo il fenomeno: fatto che viene attribuito alle conseguenze di una possibile annichilazione fra la materia terrestre e un blocco di antimateria spaziale venuto a contatto con l’alta atmosfera. La seconda ipotesi, avanzata da un gruppo di fisici dell’Università del Texas, riconduce i fenomeni descritti in Siberia nel 1908 allo scontro fra il nostro pianeta e un mini buco nero, come quelli la cui esistenza è stata postulata dall’astrofisico Stephen Hawking.