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venerdì, gennaio 03, 2020

Scriviamo l'anno MMXX. Ma quando cominciò questo schifo?



Siamo ancora vivi, a Terzo Millennio abbondantemente iniziato. E siamo addirittura nel MMXX!

Eccoci qua. Ancora vivi: chi a casa dei propri, infelice anche se vezzeggiato o comunque con un letto e due pasti al giorno a disposizione; e chi dislocato lontano, impegnato a conquistarsi giorno per giorno ciò che un essere umano di regola dovrebbe avere gratis, e cioè un tetto sulla testa e qualcosa da mettere sotto i denti.


Il mondo è un cimitero. Eterno novembre… 

Ci salvano solo l’Amore… e l’Arte.



Una mia “vecchia” opera: Villa Sunshine
“The future is unwritten” sosteneva Joe Strummer: “Il futuro non è stato ancora scritto”… Eppure gli Anni Ottanta – il decennio di Ronald Reagan – sono stati una sorta di pietra angolare per quello che è il nostro presente. È come se qualcuno, o un gruppo di persone, avesse allora deciso di “spezzare le gambe” ai movimenti libertari, alla coscienza di classe, e allo Stato sociale, seminando panico, terrore e inaugurando – istituzionalizzandolo! – il concetto di “vita precaria”. 

Sono del parere che la tragedia dell’11 Settembre 2001 (l’attacco alle Twin Towers, nel cuore di New York) affondi le sue radici negli Anni Ottanta.
Un decennio invero malaugurato: dopo almeno trent’anni di creatività ad alti livelli (e perciò una creatività spesso “sovversiva”), ecco sopraggiungere il declino della musica, della letteratura, del cinema.
Anche per quanto riguarda la moda trattasi di un periodo a dir poco strano (!)…
                        1987: A group of ‘goths’ in Trafalgar Square, London. (Photo by Keystone/Getty Images)
   Il romanzo Villa Sunshine  (su Amazon per Kindle) ha un’ambientazione rigorosamente italiana, e più precisamente nord-italiana: si svolge infatti tra il Lago di Como e Milano, e a raccontare è Hermann Schmidt.
   Ermanno, come lo chiamano gli amici, lavora in un istituto di ricerca genetica. Una sera, mentre fa la vivisezione di alcune cavie, viene sopraffatto dalla stanchezza e la mente gli gioca uno strano scherzo: nell’atmosfera tetra del laboratorio, egli si ritrova a rievocare il fantasma di Mara, la sua ragazza di una volta, “perduta” a un capriccio giovanile di lei o al carisma indecifrabile di un tale letteralmente piovuto dal cielo e che risponde al nome di Venceslao Pilleschi.
   All’apoteosi del suo solipsismo, il dottore si augura fortemente di rivedere l’antica fiamma, che nel frattempo dev’essere una donna matura. Non solo: Hermann auspica persino di rincontrare l’individuo che gliel’ha soffiata… Perché quel tale, quel Vence, era anche suo amico, e l’amicizia ha un ruolo fondamentale nella sua vita (così come è fondamentale per tutti i personaggi che conosceremo in seguito).
   Ermanno Schmidt nutre dunque un nostalgico desiderio; ma la sua è anche vera e propria precognizione. Per quanto lo riguarda, lui dà per scontato che rivedrà presto entrambi (Mara e Venceslao), che li ritroverà… Semplicemente perché loro gli stanno mandando segnali telepatici, comunicandogli che vogliono farsi ritrovare.
   A cavallo delle memorie di Hermann o Ermanno Schmidt, ci vediamo ricatapultati a diversi anni prima: più precisamente, alla data dell’incontro della coppia Hermann-Mara con il misterioso Vence(slao) Pilleschi. L’atmosfera è quasi onirica; come nel ricordo di una mente stanca e confusa (quale in effetti è lo spirito del ricercatore genetico). L’incontro (quasi scontro) si svolge in circostanze surreali, ed è arricchito da elementi e fenomeni improbabili, simboleggianti i segni di una stravolgente svolta (geofisica, più che sociale) della Terra.
                              ***
   “Mi chiamo Venceslao Pilleschi”, si presenta lo sconosciuto – l’alieno – a lui e a Mara.
   Fin da subito, Venceslao/Vence si rivela essere un bambinone, completamente inadatto alla vita degli uomini; o, almeno, alla vita come essa è concepita nel paesino di provincia in cui vive la coppietta, che lo ha “adottato”. Ben presto, il biondo, irrequieto Vence si dice annoiato e decide di trasferirsi a Milano, dove – sorprendentemente – riesce a riscuotere successo in vari campi, imparando ad adattarsi in tanti ruoli; la sua specialità è di cambiare a piacimento maschere e costumi, come un attore mestierante. Ma anche nella metropoli la vita è dura, e Vence (che tra l’altro è mancino e inadeguato a svolgere la maggior parte dei lavori manuali) si vedrà costretto ad ammettere la debacle personale, per tornare infine al piccolo paese – presso i suoi tutori -, dove poter leccare le proprie ferite in santa pace. E lì, nella sperduta provincia dall’aura vagamente celtica, troverà consolazione nell’abbraccio della benevolente Mara…
   La ragazza è talmente innamorata di lui da abbandonare l’esterrefatto Hermann e sparire insieme all'”angelo biondo” risanato. Con il suo nuovo compagno, si inoltrerà nei meandri della grande città, mostruoso macchinario costruito apposta per inghiottire tante esistenze.
   Da questo punto in poi, il romanzo diventa più realistico, più concreto. I contorni non sono più sfumati, e gli elementi architettonici (in Villa Sunshine l’architettura occupa una posizione predominante) sono costituiti da oggetti ben tangibili, da spazi e corpi riconoscibili. Siamo nell’oggi: 1982, 1983. Mara, ormai una donna non più giovanissima, sta di continuo in attesa che qualcuno le riporti indietro il “suo uomo”: Vence. In tutti questi anni, Vence è rimasto infatti – almeno in spirito – il bambinone di una volta, e, irresponsabile com’è, latita: anche perché schiavo delle droghe sintetiche (dunque, continuamente “in ruota”).
   Attorno a Villa Sunshine (la casa in cui la coppia Mara-Vence si era illusa di poter fondare un nido d’amore) ruotano diversi personaggi, tutta gente che va verso la quarantina o l’ha già superata: lo sgangherato El Cato (un musicista rock dall’aspetto spagnoleggiante), un disastrato – e disonesto, bisogna aggiungere – uomo politico del Sud Italia, la sorella di Mara (un tempo reginetta di bellezza, oggi divenuta un’insopportabile matrona) e il marito di costei, che ha la passione dell’architettura. Proprio dall’architetto wannabé Mara deve sorbirsi valanghe di consigli sui cambiamenti che si potrebbero effettuare per migliorare esteticamente la villa… Ma lei è distratta, lei è interessata soltanto a un celere – quanto improbabile – ritorno del compagno. Si accorge di invecchiare, sente di star sciupando la propria vita, e, a più riprese (a volte con tono lievemente isterico), esorta i frequentatori della sua dimora a riportargli indietro il suo “uomo-bambino”…
   Per caso (o destino) sarà invece Hermann Schmidt, l’infelice dottorino di una volta, votatosi intanto al celibato, a “ripescare” Venceslao dai marciapiedi milanesi e a ricondurlo da Mara. Hermann Schmidt si vedrà pure messo nella situazione di dover indagare seriamente sulla vera provenienza di questo “idiota bello”, in quanto la ragione gli suggerisce che Vence non può essere né un Messo Celeste, né tantomeno un… marziano sperdutosi nel corso di una missione spaziale.
   Il romanzo sfuma in un’atmosfera di cupa malinconia, con la scomparsa definitiva di un umano-troppo-umano Vence(slao) Pilleschi e con la sempre più decrepita Villa Sunshine piena di persone (“amici” di Vence, ma anche amici l’un l’altro) che non fanno che vegetare sognando dei bei tempi andati. “Bei” perché vissuti all’insegna di una pseudomilitanza politica o quantomeno ideologica sotto la guida di un Venceslao Pilleschi allora brillante. Il sospetto che si insinua nel lettore, in queste ultime pagine del romanzo, è che Villa Sunshine sia in realtà una casa di riposo per esistenze derelitte, e che Mara sia una sorta di infermiera che deve prendersi cura di loro.
                                               ***
   Attraverso immagini metaforiche trasposte senza alcuna retorica, il romanzo vuole essere l’anamorfosi di un’Italia che riesce a mantenere la sua bellezza, la sua unicità, nonostante ogni turpitudine etica e sociale. È anche un romanzo “d’arte”, nel senso che, oltre che di architettura, vi si parla (attraverso le bocche dei vari personaggi) di musica, di pittura, e perfino di misteri archeologici.



   eBook

       



mercoledì, marzo 18, 2015

Hitparade - 13 - Hit Parade


Elton John - "Rocket Man"





I titoli finora pubblicati:

12. David Bowie - "Space Oddity"
11. Kid Creole & The Coconuts - "Stool Pigeon"
10. Dire Straits - "Money for Nothing"
9. Elton John - "Don't Let The Sun Go Down On Me"
8. Lou Reed - "A Perfect Day"
7. Shakespears Sisters - "Hello (Turn Your Radio On)"
6. Beach Boys - "Barbara Ann"
5. Tom Petty & The Heartbreakers - "Into the Great Wide Open"
4. Talking Heads - "Psycho Killer"
3. Amen Corner - "(If Paradise Is) Half So Nice"
2. Black - "Wonderful Life"
1. Kate Bush - "Wuthering Heights"


Hit Parade - 12 - Hitparade

David Bowie - "Space Oddity"





Ground control to major Tom..
Ground control to major Tom..
Take your protein pills and put your helmet on

(Ten) Ground control (Nine) to major Tom (Eight)
(Seven, six) Commencing countdown (Five), engines on (Four)
(Three, two) Check ignition (One) and may gods
(Blastoff) love be with you


This is ground control to major Tom, you've really made the grade
And the papers want to know whose shirts you wear
Now it's time to leave the capsule if you dare

This is major Tom to ground control, I'm stepping through the door
And I'm floating in a most peculiar way
And the stars look very different today...

Here am I sitting in a tin can far above the world
Planet Earth is blue and there's nothing I can do..
Though I'm past one hundred thousand miles, I'm feeling very still
And I think my spaceship knows which way to go
Tell my wife I love her very much, she knows

Ground control to major Tom, your circuits dead, there's something wrong
Can you hear me, major Tom?
Can you hear me, major Tom?
Can you hear me, major Tom?
Can you...


Here am I sitting in my tin can far above the Moon
Planet Earth is blue and there's nothing I can do...



I titoli finora pubblicati:

11. Kid Creole & The Coconuts - "Stool Pigeon"
10. Dire Straits - "Money for Nothing"
9. Elton John - "Don't Let The Sun Go Down On Me"
8. Lou Reed - "A Perfect Day"
7. Shakespears Sisters - "Hello (Turn Your Radio On)"
6. Beach Boys - "Barbara Ann"
5. Tom Petty & The Heartbreakers - "Into the Great Wide Open"
4. Talking Heads - "Psycho Killer"
3. Amen Corner - "(If Paradise Is) Half So Nice"
2. Black - "Wonderful Life"
1. Kate Bush - "Wuthering Heights"


martedì, febbraio 12, 2013

Amanti dell'horror?

Comprate e fate comprare...




franc'O'brain - Antologia sborror Vol. 1, Skuro Connection - eBook Kindle

Le narrazioni ivi contenute spaziano da puro splatter a umorismo nero. franc'O'brain, svezzatosi più con la fantascienza che con Poe e Lovecraft, ci offre 19 racconti che potrebbero benissimo diventare la "stoffa" di altrettanti film...
E' horror? Chiaro! Ma lo stesso autore preferisce definire il suo genere "sborror" (TM)...

sabato, ottobre 27, 2012

I 10 Paesi più felici del mondo (classifica aggiornata)

Pubblicati i risultati del "Better Life Index 2012"



Si può misurare la felicità di un Paese? L’OCSE (Organizzazione Mondiale per la Cooperazione e lo Sviluppo) ci ha provato per il secondo anno consecutivo. Prosperità economica e salute, insieme a una rete di sostegno sociale, contribuiscono a rendere un popolo più felice. Questa la classifica mondiale dei primi dieci:

1. Danimarca
2. Norvegia
3. Olanda
4. Svizzera
5. Austria
6. Israele
7. Finlandia
8. Australia
9. Canada
10.
Svezia





Sono stati presi in considerazione - tra gli altri fattori -: abitazione, reddito, lavoro, educazione, ambiente, impegno civile, salute, soddisfazione di vita, sicurezza e aspettativa di vita. La Danimarca, pur non occupando in ogni punto il primo posto (anzi: in quasi tutti è quarta, o quinta), è prima nel "Better Life Index" perché i danesi sono soddisfattissimi con la loro situazione lavorativa: hanno un indice di occupazione del 73% e soltanto meno del 2% dei lavoratori è costretto a fare gli straordinari. Il tempo libero dunque, insieme a uno stipendio sicuro, rimangono fattori importantissimi per provare joie de vivre.

In un Paese veramente felice, certe situazioni dovrebbero essere inconcepibili


USA e Italia esclusi dai primi posti... (insieme a Germania e Francia, sia detto per inciso). Ma il risultato dell'inchiesta dell'OCSE non è affatto sorprendente. Trattasi di Paesi in cui la miseria è all'ordine del giorno (sì, anche negli Stati Uniti: là sono ritornate di moda addirittura idee comuniste, come durante la Crisi del '29...).

Studiando la classifica si nota però anche la "caduta" della Svezia, che occupa "appena" il decimo posto. Negli ultimi trent'anni circa, la Svezia si è "liberata" della socialdemocrazia che l'aveva resa una delle Nazioni più tranquille e sicure del mondo e, con la liberalizzazione spinta un po' troppo all'eccesso, si è per così dire dileguato anche lo Stato sociale. Logica conseguenza: precarietà a gogo ed accrescimento della disparità tra ricchi e poveri. Larghi strati della popolazione svedese vivono oggi in maniera disagiata. Non come da noi, ma certo materialmente molto più poveri di prima. Se continua così, la Svezia raggiungerà presto livelli non dico italiani, ma tedeschi (in Germania, un cittadino su cinque vive della carità dello Stato...).


Germania: 1.5 milioni di pasti gratuiti al giorno



Eppure, anche in Danimarca, c'è chi sostiene: "Non è vero che siamo felici!"...




domenica, dicembre 05, 2010

Peter Kolosimo, in cosmica memoria

Fu uno degli autori della mia gioventù e tra i precursori della "fantarcheologia", perciò gli dedico qualche riga. Gli alieni? Esistono, eccome!

A oltre venticinque anni dalla sua morte, resta tra gli autori italiani più venduti all'estero. Tutti i ragazzi e tutti gli appassionati di "misteri spaziali" non possono non amare i suoi libri. Peter Kolosimo, modenese, si chiamava in realtà Pier Domenico Colosimo; di padre italiano e madre americana. Crebbe a Bolzano, e dunque conosceva benissimo il tedesco. Si laureò in Germania ma già allora la sua mente era tutt'altro che freddamente scientifica: la sua fantasia galoppava. Tornato in Italia, iniziò a scrivere racconti di fantascienza con lo pseudonimo "Omega Jim"...



Le sue doti linguistiche, la grande curiosità per paesi "esotici" come la Russia, la Cina e il Giappone e le sue simpatie per il comunismo lo portarono là dove molti - prima e dopo di lui - non sarebbero mai arrivati. Scrisse un articolo sullo Sputnik quando ancora tanti non avevano alcuna idea dell'imminente "corsa allo spazio" tra l'U.R.S.S. e gli U.S.A. Come corrispondente estero per L'Unità fu l'unico giornalista italiano presente alla proclamazione dello Stato della DDR (la Deutsche Demokratische Republik, ovvero la Germania Orientale). Divenuto poi direttore dell'emittente Radio Capodistria, si vide rimuovere dall'incarico dalle autorità iugoslave perché era di idee filosovietiche.
Nel 1969, il grande successo letterario con l'assegnazione del Premio Bancarella per Non è terrestre.
Questo libro ebbe immediata risonanza anche all'estero. (Nel mondo anglosassone è conosciuto come Not Of This World.)
Si trattava di scienza o di pseudo-scienza? Fatto sta che, con esso, Kolosimo diede la stura a tutta una serie di titoli in cui teorizzava suggestive ipotesi sulle origini del nostro pianeta. Oltre ai precedenti Terra senza tempo e Ombre sulle stelle (più volte ristampati), il pubblicista (pseudostorico e "fantarcheologo") avrebbe sfornato opere come Odissea stellare, Polvere d'Inferno, Civiltà del silenzio, Viaggiatori del tempo, ecc., sempre contesissimo da varie case editrici.


Scrive di lui il comitato di scrittori Wu Ming (www.wumingfoundation.com):

<< I libri di Kolosimo sono pieni di pezze d'appoggio di scienziati russi, bulgari, tedesco-orientali: “Il professor Alexei Kasanzev”, “Kardasev scrive”, “Il biologo sovietico A. Oparin” “Il sovietico Nikolai Brunov scrisse già nel 1937”, “Viaceslav Saitsev, il noto filologo dell'Accademia delle Scienze bielorussa” e via così. Oggi possono suonare grottesche, muovere al riso o a ipotesi estreme. Kolosimo agente del blocco orientale, incaricato di diffondere in occidente strane teorie, per loschi fini di guerra psicologica? Mah. Forse la questione è più semplice: leggeva quelle lingue, aveva accesso a quel materiale, e ai suoi lettori la cosa piaceva. Durante la guerra fredda, vista da qui, la scienza sovietica aveva un che di bizzarro, una vibrazione di esotica eterodossia, anche agli occhi di chi si batteva per l'altro modello, quello capitalista-americano. La curiosità per l'est fu un fenomeno trasversale, come lo sono oggi l'ostalgia e il modernariato del socialismo che fu.
A noi piace reputare Kolosimo un guerriero, uno che ha combattuto perché l'immaginario non si restringesse e, al contempo, la fantasia (anche quella più sbrigliata) tenesse le radici nella realtà, nel conflitto che senza pause muove la società. In fondo, nonostante il suo stalinismo, Kolosimo non era tanto distante da Radio Alice e dai giovani “mao-dadaisti” del '77.
Kolosimo colmò un buco, una lacuna, una gigantesca nicchia di immaginario e mercato editoriale. In quell'epoca iper-ideologizzata, gli intellettuali avevano decretato la “morte del romanzo”. Non per questo si era estinto il bisogno di romanzesco: in edicola, Urania, Segretissimo e Il Giallo Mondadori vendevano un numero di copie oggi impensabile. Tuttavia, erano pubblicazioni settoriali, rivolte a target di lettori specifici. C'era bisogno di un'operazione azzardata, che scavalcasse i recinti e andasse incontro ai bisogni di più lettori.
Kolosimo intercettò la voglia di viaggio e di mistero che pervadeva tutto l'occidente (gli UFO, il triangolo delle Bermude, Uri Geller che piegava i cucchiaini con la forza del pensiero) e la “dirottò” in una direzione inattesa. Camuffando da saggi divulgativi le sue narrazioni fantascientifiche, il vecchio Omega Jim creò un grande fenomeno di costume.
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sabato, giugno 28, 2008

100 anni fa la terribile esplosione sui cieli della Siberia

Tra le ipotesi la disintegrazione di un asteroide, ma anche lo «scontro» con un blocco di antimateria cosmica

 

Un'immagine della foresta carbonizzata (da www.americandigest.org)
Un'immagine della foresta carbonizzata (da www.americandigest.org)

Un secolo fa, esattamente il 30 giugno 2008, in piena Siberia (e per fortuna che non accadde in una regione della Terra abitata dall'uomo!), si verificò un'esplosione equivalente a mille bombe nucleari di tipo Hiroshima. Molte le ipotesi su quel terribile fenomeno o "incidente". Alcuni sostengono addirittura che si sia trattato di un esperimento dell'inventore Nikola Tesla, il quale avrebbe voluto testare il suo "raggio della morte"...
Tante le supposizioni, tanti i tenui indizi, e ancora nessuna ipotesi definitivamente provata. Caduta di una cometa o di un asteroide? Esplosione di una bolla naturale di gas metano? Oppure, per tornare a scivolare sul fantascientifico, collisione fra il nostro pianeta e un grumo di antimateria? Oppure lo schianto di un’astronave aliena?

You Tube: A visit to the site of the Tunguska explosion ('New Scientist')

You Tube: Tunguska Explosion 30 Juny 1908 (contiene riprese filmate dell'epoca)

ACCECANTE COME UN SOLE - Il 30 giugno 1908 alle 7,14 del mattino, quando sull'altopiano siberiano è già giorno, appare un oggetto simile a un disco solare, con una luminosità ancora più accecante del Sole. Sfreccia da Sud-Est a Nord-Ovest, riempiendo il cielo di bagliori intermittenti blu e bianchi e lasciandosi dietro una scia di fuoco e fumo. Fende l'aria con un sibilo, poi piega verso il suolo e inonda l'orizzonte di un rosso cupo, prima di scomparire con un sordo boato. Questa è almeno una delle versioni, riferita da veri o presunti testimoni oculari. Costoro affermarono di aver visto distintamente il disco luminoso, contornato da tutti i suoi fenomeni accessori; altri lo percepirono "soltanto indirettamente", come un lampo, una colonna di fumo, un tremendo tuono che fa vibrare l'aria e il terreno. L’oggetto sembra cadere in una zona disabitata, immediatamente a Nord della Tunguska, uno di quei grandi fiumi che dalle alture orientali si tuffano nel bassopiano siberiano a ingrossare le acque dello Jenisej. Il paesaggio è quello tipico dell'altopiano siberiano: catene montuose e vallate che si succedono monotone, ricoperte dalla taiga, la fitta foresta di conifere secolari. Tutto attorno, una complessa rete fluviale, punteggiata da paludi malsane. La zona, d’inverno, è il regno delle nevi e dei ghiacci, con temperature che scendono oltre i 50°C sotto lo zero. Ancora nel 1908 era poco esplorata, e difatti le carte geografiche erano assai vaghe nel riportarla. Vi vivevano, disseminati in migliaia di chilometri quadrati, popolazioni di cacciatori nomadi. L'oggetto non identificato scelse una depressione naturale per scatenare tutta la forza del suo impatto: una conca circondata da colline e montagne e ricoperta da alte conifere. Le esatte coordinate geografiche, determinate soltanto 19 anni dopo il fatto, sono 60° 53’ 09” di latitudine Nord; 101° 53’ 40” di longitudine Est.

LA FORESTA CARBONIZZATA - Il disastro è di vastissime proporzioni: circa 2mila km quadrati di foresta bruciata e devastata, migliaia di animali abbattuti e, stando alle testimonianze locali, molti cacciatori e abitanti di povere capanne feriti e ustionati; ma, curiosamente, nessun morto tra gli umani. Ancora oggi, a testimonianza di quel cataclisma, resistono centinaia di tronchi di alberi abbattuti e carbonizzati, a indicare con il loro orientamento gli effetti dell’onda d’urto. Al centro dell'esplosione, però, gli alberi rimasero in piedi. Ed è questo uno dei fenomeni più misteriosi, che che dà ragioni agli scienziati che tendono a credere alla teoria dell'esplosione atomica. I bagliori vennero visti fino a una distanza di 600-700 km; il rumore udito fino a ben 1000 km. Per dare un'idea della portata di tali cifre, se l'esplosione si fosse verificata a Roma, sarebbe stato vista da un capo all'altro della penisola e udita da Francoforte a Tripoli, da Barcellona a Belgrado. Il mondo rimase per parecchio tempo più o meno inconsapevole dell'evento, ma i sensibili pennini dei sismografi e dei barografi dell'Europa intera registrarono l'accaduto, che venne interpretato come uno dei tanti terremoti lontani (forse in seguito a qualche eruzione vulcanica). Molti anni più tardi, saranno gli studi comparativi delle registrazioni sismiche e barometriche a permettere di calcolare la potenza scatenata dall'esplosione della Tunguska che fu di circa 13 mila kilotoni, equivalente cioè a un migliaio di bombe come quella sganciata su Hiroshima. Le notti successive all'evento, un altro e più appariscente fenomeno s’impose alle popolazioni europee e asiatiche delle alte latitudini: molte ore dopo il tramonto del Sole, infatti, persistette una luminosità crepuscolare di straordinaria intensità. I giornali parlarono di «fantasmagorici bagliori notturni» e gli astronomi spiegarono che, probabilmente, si trattava di aurore boreali connesse all'attività del Sole.

IL CRATERE CHE NON C'E' - Trascorso il turbine della prima guerra mondiale e della rivoluzione bolscevica, bisognerà aspettare il 1921 perché un ricercatore del Museo di Mineralogia di Petrograd, Leonid A. Kulik, incuriosito dai ritagli ormai ingialliti dei giornali del 1908, decida di compiere il primo sopralluogo nella zona del disastro. Si reca, innanzitutto, nei centri più popolosi ai margini dell'area colpita, alla ricerca di testimoni oculari, e raccoglie una grande quantità di prove. Riesce a ricostruire la traiettoria del corpo, pensa che si tratti di un grosso meteorite che cadendo a terra ha scavato un cratere e ritiene di poterlo scoprire, recuperando anche i frammenti del presunto corpo celeste. Per aver successo nell'impresa occorre una spedizione ben organizzata, in grado di penetrare tra le foreste e le montagne che circondano il luogo dell'impatto. Kulik impiegherà sei anni per convincere i membri dell'Accademia Sovietica delle Scienze a finanziare l'impresa. Ma la ricognizione non dà i risultati sperati: dopo mille fatiche e difficoltà, lo studioso non trova ne’ il cratere, ne’ i frammenti del meteorite.

COMETA O ASTEROIDE? - Per superare queste contraddizioni, comincia a farsi strada un'idea, avanzata nel 1930 dall'inglese J. W. Whipple, che identifica l'oggetto con il nucleo di una piccola cometa avente circa 40 m di diametro, una stima che sarà poi rivalutata da alcuni astronomi favorevoli a tale ipotesi. Un nucleo cometario, ragiona Whipple, penetrando ad alta velocità nell'atmosfera, può dare luogo a un'onda d'urto e a un'esplosione distruttive e, nello stesso tempo, a causa della sua bassa densità e della sua struttura a conglomerato di ghiacci e polveri, può disintegrarsi completamente, disperdendo una grande quantità di piccoli grani solidi. Si spiegherebbero in questo modo il fenomeno delle notti lucenti, il mancato ritrovamento di grossi frammenti meteoritici e l'assenza di crateri da impatto. Questa, ancora oggi, è l’ipotesi sostenuta da molti scienziati russi. Quelli occidentali, invece, propendono per un piccolo asteroide, anche questo esploso e vaporizzato in aria, tra 5 e 10 km d’altezza, che avrebbe lasciato al suolo soltanto tracce microscopiche. La domanda ancora da chiarire è: come mai gli alberi presenti nel fulcro dell'impatto sono rimasti intatti? Possibile che la cometa (o asteroide, o meteorite) sia esploso al di sopra della superficie terrestre?  

L'ALTRO MISTERO: QUELLO IN FONDO AL LAGO - La Tunguska ha attratto l’attenzione anche di un gruppo di studiosi italiani coordinato dal professor Giuseppe Longo, un fisico dell’Università di Bologna. Essi, dopo sopralluoghi e analisi, pensano di avere individuato in un piccolo laghetto denominato Cheko il cratere scavato da uno dei frammenti del presunto asteroide. L’ipotesi, avanzata in un articolo sulla rivista scientifica Terra Nova (agosto 2007), non è condivisa da altri esperti e richiederà ulteriori esplorazioni sul fondo del piccolo lago, alla ricerca di eventuali frammenti del corpo celeste. Fra le ipotesi più stravaganti ne esistono due che tuttavia si basano su studi scientifici qualificati. La prima, elaborata da Willard Libby, lo scopritore della tecnica di datazione col carbonio 14, si basa proprio sull’abbondanza di questo isotopo riscontrata negli anelli di accrescimento degli alberi subito dopo il fenomeno: fatto che viene attribuito alle conseguenze di una possibile annichilazione fra la materia terrestre e un blocco di antimateria spaziale venuto a contatto con l’alta atmosfera. La seconda ipotesi, avanzata da un gruppo di fisici dell’Università del Texas, riconduce i fenomeni descritti in Siberia nel 1908 allo scontro fra il nostro pianeta e un mini buco nero, come quelli la cui esistenza è stata postulata dall’astrofisico Stephen Hawking.