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sabato, marzo 07, 2009

I ratti abbandonano la nave

Gli americani vanno a caccia di una seconda Terra

La NASA ha lanciato nello spazio il telescopio Keplero, che darà la caccia a pianeti simili alla Terra e dunque "vivibili". La missione durerà 4 anni.
Secondo gli scienziati, nella sola Via Lattea potrebbero esserci migliaia di mondi con condizioni di vita simili a quelle che vigono sul nostro.

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L'ente spaziale americano sembra mostrare una certa urgenza nel voler individuare una Terra-bis. Forse sono venuti a conoscenza dell’inesorabile orbita di avvicinamento di una cometa da impatto cosmico? E’ notizia di questi giorni che un asteroide di 40 mt ci ha sfiorati. Fonte: Corriere della sera. Per chi volesse avere un’idea di cosa vorrebbe dire un crash con un “sasso” di tali dimensioni può osservare le foto del Meteor Crater in Arizona, scavato da un corpo vagante di analoga grandezza.
E da notare che soltanto il satellite SOHO ha scoperto negli ultimi 10 anni oltre 1.600 comete!

chernobyl-1

Ma ovviamente ci sono anche altri motivi per cercare di mettersi in salvo: i nostri continenti si poggiano su piattaforme che "scivolano" al di sopra di un fiume di fuoco, e da qui i movimenti tellurici; a quando il prossimo immane terremoto? E poi: il campo magnetico può variare o addirittura sparire del tutto se il nucleo centrale della Terra muta la sua rotazione o si ferma completamente (è già successo in passato). Inoltre c'è il clima che, con la distruzione a quanto pare tutt'altro che parziale dello strato di ozono, ci sta portando verso la catastrofe (scioglimento delle cappe polari; alcune zone diverranno desertiche, altre saranno coperte dal ghiaccio...). Fanno paura le macchie solari, che bisogna sempre tenere d'occhio; se il sole è più vecchio di quel che pensiamo, la fine è veramente prossima: tutti i pianeti del nostro sistema precipiteranno verso la "stella mattutina". E, ancora, i vari pericoli "domestici", quelli di guerre batteriologiche, di contaminazioni radioattive (dove accadrà la prossima Chernobyl? In Italia?), le epidemie a causa di microorganismi letali sempre più resistenti, ecc.
Probabile, anzi probabilissimo, che i potenti vogliano al più presto abbandonare la nave che affonda.

thedayaftertomorrow  
 
La missione Keplero mira soprattutto a scoprire i pianeti orbitanti attorno a stelle nelle costellazioni del Cigno e della Lira. Soltanto in quei paraggi ce ne sono migliaia...

materia-oscura

sabato, giugno 28, 2008

100 anni fa la terribile esplosione sui cieli della Siberia

Tra le ipotesi la disintegrazione di un asteroide, ma anche lo «scontro» con un blocco di antimateria cosmica

 

Un'immagine della foresta carbonizzata (da www.americandigest.org)
Un'immagine della foresta carbonizzata (da www.americandigest.org)

Un secolo fa, esattamente il 30 giugno 2008, in piena Siberia (e per fortuna che non accadde in una regione della Terra abitata dall'uomo!), si verificò un'esplosione equivalente a mille bombe nucleari di tipo Hiroshima. Molte le ipotesi su quel terribile fenomeno o "incidente". Alcuni sostengono addirittura che si sia trattato di un esperimento dell'inventore Nikola Tesla, il quale avrebbe voluto testare il suo "raggio della morte"...
Tante le supposizioni, tanti i tenui indizi, e ancora nessuna ipotesi definitivamente provata. Caduta di una cometa o di un asteroide? Esplosione di una bolla naturale di gas metano? Oppure, per tornare a scivolare sul fantascientifico, collisione fra il nostro pianeta e un grumo di antimateria? Oppure lo schianto di un’astronave aliena?

You Tube: A visit to the site of the Tunguska explosion ('New Scientist')

You Tube: Tunguska Explosion 30 Juny 1908 (contiene riprese filmate dell'epoca)

ACCECANTE COME UN SOLE - Il 30 giugno 1908 alle 7,14 del mattino, quando sull'altopiano siberiano è già giorno, appare un oggetto simile a un disco solare, con una luminosità ancora più accecante del Sole. Sfreccia da Sud-Est a Nord-Ovest, riempiendo il cielo di bagliori intermittenti blu e bianchi e lasciandosi dietro una scia di fuoco e fumo. Fende l'aria con un sibilo, poi piega verso il suolo e inonda l'orizzonte di un rosso cupo, prima di scomparire con un sordo boato. Questa è almeno una delle versioni, riferita da veri o presunti testimoni oculari. Costoro affermarono di aver visto distintamente il disco luminoso, contornato da tutti i suoi fenomeni accessori; altri lo percepirono "soltanto indirettamente", come un lampo, una colonna di fumo, un tremendo tuono che fa vibrare l'aria e il terreno. L’oggetto sembra cadere in una zona disabitata, immediatamente a Nord della Tunguska, uno di quei grandi fiumi che dalle alture orientali si tuffano nel bassopiano siberiano a ingrossare le acque dello Jenisej. Il paesaggio è quello tipico dell'altopiano siberiano: catene montuose e vallate che si succedono monotone, ricoperte dalla taiga, la fitta foresta di conifere secolari. Tutto attorno, una complessa rete fluviale, punteggiata da paludi malsane. La zona, d’inverno, è il regno delle nevi e dei ghiacci, con temperature che scendono oltre i 50°C sotto lo zero. Ancora nel 1908 era poco esplorata, e difatti le carte geografiche erano assai vaghe nel riportarla. Vi vivevano, disseminati in migliaia di chilometri quadrati, popolazioni di cacciatori nomadi. L'oggetto non identificato scelse una depressione naturale per scatenare tutta la forza del suo impatto: una conca circondata da colline e montagne e ricoperta da alte conifere. Le esatte coordinate geografiche, determinate soltanto 19 anni dopo il fatto, sono 60° 53’ 09” di latitudine Nord; 101° 53’ 40” di longitudine Est.

LA FORESTA CARBONIZZATA - Il disastro è di vastissime proporzioni: circa 2mila km quadrati di foresta bruciata e devastata, migliaia di animali abbattuti e, stando alle testimonianze locali, molti cacciatori e abitanti di povere capanne feriti e ustionati; ma, curiosamente, nessun morto tra gli umani. Ancora oggi, a testimonianza di quel cataclisma, resistono centinaia di tronchi di alberi abbattuti e carbonizzati, a indicare con il loro orientamento gli effetti dell’onda d’urto. Al centro dell'esplosione, però, gli alberi rimasero in piedi. Ed è questo uno dei fenomeni più misteriosi, che che dà ragioni agli scienziati che tendono a credere alla teoria dell'esplosione atomica. I bagliori vennero visti fino a una distanza di 600-700 km; il rumore udito fino a ben 1000 km. Per dare un'idea della portata di tali cifre, se l'esplosione si fosse verificata a Roma, sarebbe stato vista da un capo all'altro della penisola e udita da Francoforte a Tripoli, da Barcellona a Belgrado. Il mondo rimase per parecchio tempo più o meno inconsapevole dell'evento, ma i sensibili pennini dei sismografi e dei barografi dell'Europa intera registrarono l'accaduto, che venne interpretato come uno dei tanti terremoti lontani (forse in seguito a qualche eruzione vulcanica). Molti anni più tardi, saranno gli studi comparativi delle registrazioni sismiche e barometriche a permettere di calcolare la potenza scatenata dall'esplosione della Tunguska che fu di circa 13 mila kilotoni, equivalente cioè a un migliaio di bombe come quella sganciata su Hiroshima. Le notti successive all'evento, un altro e più appariscente fenomeno s’impose alle popolazioni europee e asiatiche delle alte latitudini: molte ore dopo il tramonto del Sole, infatti, persistette una luminosità crepuscolare di straordinaria intensità. I giornali parlarono di «fantasmagorici bagliori notturni» e gli astronomi spiegarono che, probabilmente, si trattava di aurore boreali connesse all'attività del Sole.

IL CRATERE CHE NON C'E' - Trascorso il turbine della prima guerra mondiale e della rivoluzione bolscevica, bisognerà aspettare il 1921 perché un ricercatore del Museo di Mineralogia di Petrograd, Leonid A. Kulik, incuriosito dai ritagli ormai ingialliti dei giornali del 1908, decida di compiere il primo sopralluogo nella zona del disastro. Si reca, innanzitutto, nei centri più popolosi ai margini dell'area colpita, alla ricerca di testimoni oculari, e raccoglie una grande quantità di prove. Riesce a ricostruire la traiettoria del corpo, pensa che si tratti di un grosso meteorite che cadendo a terra ha scavato un cratere e ritiene di poterlo scoprire, recuperando anche i frammenti del presunto corpo celeste. Per aver successo nell'impresa occorre una spedizione ben organizzata, in grado di penetrare tra le foreste e le montagne che circondano il luogo dell'impatto. Kulik impiegherà sei anni per convincere i membri dell'Accademia Sovietica delle Scienze a finanziare l'impresa. Ma la ricognizione non dà i risultati sperati: dopo mille fatiche e difficoltà, lo studioso non trova ne’ il cratere, ne’ i frammenti del meteorite.

COMETA O ASTEROIDE? - Per superare queste contraddizioni, comincia a farsi strada un'idea, avanzata nel 1930 dall'inglese J. W. Whipple, che identifica l'oggetto con il nucleo di una piccola cometa avente circa 40 m di diametro, una stima che sarà poi rivalutata da alcuni astronomi favorevoli a tale ipotesi. Un nucleo cometario, ragiona Whipple, penetrando ad alta velocità nell'atmosfera, può dare luogo a un'onda d'urto e a un'esplosione distruttive e, nello stesso tempo, a causa della sua bassa densità e della sua struttura a conglomerato di ghiacci e polveri, può disintegrarsi completamente, disperdendo una grande quantità di piccoli grani solidi. Si spiegherebbero in questo modo il fenomeno delle notti lucenti, il mancato ritrovamento di grossi frammenti meteoritici e l'assenza di crateri da impatto. Questa, ancora oggi, è l’ipotesi sostenuta da molti scienziati russi. Quelli occidentali, invece, propendono per un piccolo asteroide, anche questo esploso e vaporizzato in aria, tra 5 e 10 km d’altezza, che avrebbe lasciato al suolo soltanto tracce microscopiche. La domanda ancora da chiarire è: come mai gli alberi presenti nel fulcro dell'impatto sono rimasti intatti? Possibile che la cometa (o asteroide, o meteorite) sia esploso al di sopra della superficie terrestre?  

L'ALTRO MISTERO: QUELLO IN FONDO AL LAGO - La Tunguska ha attratto l’attenzione anche di un gruppo di studiosi italiani coordinato dal professor Giuseppe Longo, un fisico dell’Università di Bologna. Essi, dopo sopralluoghi e analisi, pensano di avere individuato in un piccolo laghetto denominato Cheko il cratere scavato da uno dei frammenti del presunto asteroide. L’ipotesi, avanzata in un articolo sulla rivista scientifica Terra Nova (agosto 2007), non è condivisa da altri esperti e richiederà ulteriori esplorazioni sul fondo del piccolo lago, alla ricerca di eventuali frammenti del corpo celeste. Fra le ipotesi più stravaganti ne esistono due che tuttavia si basano su studi scientifici qualificati. La prima, elaborata da Willard Libby, lo scopritore della tecnica di datazione col carbonio 14, si basa proprio sull’abbondanza di questo isotopo riscontrata negli anelli di accrescimento degli alberi subito dopo il fenomeno: fatto che viene attribuito alle conseguenze di una possibile annichilazione fra la materia terrestre e un blocco di antimateria spaziale venuto a contatto con l’alta atmosfera. La seconda ipotesi, avanzata da un gruppo di fisici dell’Università del Texas, riconduce i fenomeni descritti in Siberia nel 1908 allo scontro fra il nostro pianeta e un mini buco nero, come quelli la cui esistenza è stata postulata dall’astrofisico Stephen Hawking.

lunedì, dicembre 24, 2007

Come sarà il mondo nel 2030

Più che un ricercatore, Ray Hammond è uno scrittore di fantascienza: The Cloud, Emergence, Extinction... sono le sue opere più note.


Nel suo rapporto The World in 2030, scritto per conto di PlasticsEurope nelle vesti di "futurologo", Hammond ci dice diverse cose interessanti, ma anche delle ovvietà. Tra l'altro, che le condizioni atmosferiche nel 2030 saranno molto probabilmente assai estreme e che la soluzione per la crisi energetica sarà quella di sfruttare fonti di energia naturale e pulita (solare, eolica, del moto ondoso e geotermica).

Grazie, Hammond; ma questo lo avevamo capito da soli.



Poi: "L’essere umano potrebbe vivere fino a 130 anni", e ciò in seguito alle ricerche sul DNA e agli altri sviluppi della medicina. Ma vivere dove, visto che l'ecosistema sarà distrutto? Sotto una tenda d'ossigeno?


"Ci sarà una 'super rete' sempre accesa e sempre collegata." Bene, bravo, ma questo è qualcosa che accade già oggi in molte case...


Poco utile anche apprendere che i computer nel 2030 saranno almeno mezzo milione di volte più potenti di quelli attuali ("Legge di Moore"). Tanta velocità - purtroppo - non aiuta ad aumentare anche quella del nostro pensiero. I dati, una volta risucchiati nella memoria, necessitano di essere assorbiti e capiti...


  Veniamo inoltre a sapere che le tecnologie Radio Frequency Identification (Identificazione a radio frequenza) e i sensori senza fili consentiranno di localizzare e di controllare costantemente i movimenti di esseri umani, animali, merci e quant’altro. (Ipotesi preoccupante per quel che riguarda soprattutto gli umani; ma anche tale controllo è già in atto)


Il controllo elettronico a distanza per elettrodomestici, consentito da dispositivi e componenti in plastica, permetterà di massimizzare i flussi di energia di frigoriferi, lavatrici ecc. con una conseguente riduzione delle emissioni di gas serra. Mah. Si vedrà. Per ridurre tali emissioni, non basta certo "internettizzare" anche gli elettrodomestici...


Le "personalità software" entreranno a far parte della nostra vita quotidiana come assistenti personali e compagni virtuali all’interno di dispositivi mobili. Esse impareranno a conoscerci, a provare emozioni e comunicheranno con noi mediante auricolari e segnali inviati alla retina da occhiali speciali. Bene. Ma, di nuovo: a che pro'? Non sarebbe meglio avere amici in carne e ossa, da ascoltare, guardare e toccare senza bisogno di accessori superflui?





Per concludere, The World in 2030 è un rapporto che in sostanza non ci svela alcunché, bensì sintetizza quali saranno le possibili "scoperte" (è meglio chiamarli "sviluppi") dei prossimi 25 anni. Tutte cose previdibili e già sentite. Molto meglio leggere i dossier dei futurologhi del Club of Rome, indirizzati più verso l'interesse dei singoli che verso quelli delle megacorporazioni.


Tra clonazione umana, disoccupazione di massa, catastrofi ecologiche e meteoriti portatori di epidemie, possiamo affermare che il futuro, ad ogni modo, si prospetta tutt'altro che roseo. Chi sopravvivrà fino al 2030, dovrà usare le unghie e i denti per adattarsi. 


Sempre che non si avveri la profezia Maya.


 Nessun ricercatore ci ha ancora comunque fornito risposte sull'anima, sull'Aldilà, o comunque su come fermare la folle corsa del nostro pianeta verso la voragine certa e come poter girare le lancette all'indietro. La vera sfida sarebbe - anzi: è - questa.