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martedì, novembre 17, 2020

Qirsh, uscito il loro terzo album

 Aspera Tempora, parte 1







    Per info su Aspera Tempora e dove acquistarlo:


BTF (btf it Italian Distribution)

GT Music (gtmusic it)

Pick Up (pickuprecords it)

Lo trovate inoltre su Spotify, Youtube, etc.



Sono rimasti insieme!

È questa la prima, straordinaria notizia. Sono trascorsi ben sette anni dal loro ultimo album, Sola andata (Lizard Records), e tuttavia la formazione è la stessa. Solo alle percussioni è presente un rinforzo, Giulio Mondo, ad affiancare Marco Fazio

... and then there were seven!

 Ennesimo gruppo ligure molto valido: i Qirsh


"Diciamo che non abbiamo cambiato formazione dal 2007... e che in generale siamo gli stessi dal 1994." Così ci dice Daniele Olia.


È un album dalle tinte fosche, questo, dark come il periodo che il mondo sta vivendo, con "Rumors", prima traccia di ben 17 minuti, a introdurre un viaggio orrifico ma ben noto a tutti noi, poiché quello dei Qirsh è un addentrarsi senza compromessi nella psiche e nei substrati mentali di io-tutti, fin nel profondo delle nostre sensazioni, nei bui recessi della quotidianità di ciascun essere umano. 

    Le accuse e le molestie, il sospetto, le voci false: "Rumors"


La loro musica si spinge in avanti ossessivamente, con cori che si rincorrono spesso modulati-demodulati elettronicamente, tra sibili e glissandi... come in "Aer Gravis", dove si coglie la frusta di venti sotterranei e fiamme impazzite, tra le risate di dannati.



La creatività dei Qirsh diviene meno pesante ad inizio del terzo brano, con arpeggi sui tasti in bianco-e-nero ad accompagnare una chitarra acustica nervosamente amichevole... finché non inizia un battito insistente, sempre meno regolare, simile a quello di un cuore malato, e si viene di nuovo introdotti a un livello claustrofobico di angoscia, con il risuonare del già noto canto cadenzato.


... Mi fai paura quando hai fretta,

quando mi preghi

di comunicare

Mi fai paura quando mi chiedi,

quando io penso

a quel momento

Dovrai aspettare, dovrai capire...



Al più tardi da adesso, per via dei ritmi insistenti e le ripetizioni bombardanti, ci viene da pensare ai CSI...

Sfogliamo indietro nel tempo - grazie a Internet - nella quasi trentennale carriera del gruppo di Savona e ci imbattiamo in una recensione a firma dello scrittore Donato Ruggiero (clicca qui) dove si parla di Sola andata, l'album numero due dei Qirsh, del 2013. E anche lì affiora il paragone con i CSI!


La quarta traccia, "Hurt", esprime (senza parole: è un instrumental) proprio quel che suggerisce il titolo, e lo fa senza espedienti secondari. Pure la melodia di archi che funge da coda (ma sono chitarre elettriche? oppure chitarre più strings? chiederemo!) è ombreggiata da un velo heavy e funesto...



Non c'è dubbio: stiamo ascoltando una moderna Sinfonia del Destino. Non c'è proprio perdono per essere al mondo? Che cosa ci resta per sentirci vivi e felici? Il viaggio?

Parte "Anansi", nome che richiama a una divinità dell'Africa Occidentale, e l'atmosfera non è diversa dagli altri brani. "Anansi" si attiene però più alla forma canzone, e noi apprezziamo sinceramente. C'è il viaggio, sì, ma anche il sesso... e l'inganno.

La traccia si interrompe al punto giusto: neppure una nota superflua vi viene aggiunta. E con l'epica "Oremus" rientriamo in un edificio dai muri spessi, in un tempio, naturalmente, con una cascata di note barocche e con intriganti atmosfere - come di complotti mormorocantati sotto il saio.

Questo è "l'ottimo rumore" di cui i membri della band parlano in una loro intervista (vi invito a leggerla: click!), dove, sintetizzando la propria storia, raccontano tra l'altro di essersi conosciuti sui banchi delle superiori in un inverno dei primi Anni Novanta (alcuni di loro erano compagni nei boy scouts e nel Savona Basket) e si sono messi a fare musica fino ad affinare il suono inventandone uno proprio: appunto, questa sorta di psichedelia progressive.

Quello dei Qirsh è anche un percorso di amicizia e vita, non solo di ricerca artistica. Bello, peraltro, il racconto di come Leonardo Digilio dovette abbandonare la band lasciando il  posto di tastierista a Pasquale Aricò (che è anche cantante)... e poi, potendo Leonardo rientrare, i Qirsh non ebbero dubbi e si tennero entrambi.



Curiosità: più o meno contemporaneamente all'uscita di Sola andata, un loro amico scrittore - Gerolamo Pedemonte - pubblicò un libro biografico dal titolo emblematico 'Volevamo essere i Pink Floyd', a loro dedicato.


La settima traccia (niente titolo: puntini puntini. È la cosiddetta "traccia nascosta", alias "Oremus reprise") ci sorprende ancora in mezzo ai monaci in preghiera, ma c'è uno squarcio nello scenario ed ecco incombere scene di guerra, eserciti in marcia, edifici in rovina. Ben presto ci rendiamo conto che sono parti estratte, enucleate, ricavate, manipolate dalle precedenti tracce del CD.

 Sul palco... in passato


Di "Rumors" è stato realizzato anche un "radio edit" di poco più di 6 minuti.




A voler restringere il pensiero critico e sintetizzare, potremmo dire che è un album tra Bluvertigo e Battiato, ma con una maggiore urgenza progressive (il gran lavoro delle tastiere, gli effetti speciali...). Sicuramente c'è qualcosa dei Crippled Black Phoenix

Il tema del concept Aspera Tempora (i cui testi abbiamo inserito a fondo articolo) sembra essere fatto apposta per descrivere i nostri giorni difficili della pandemia (senza contare che il CD è uscito pure intorno a Halloween e i Morti!), ma in realtà il riferimento non è voluto: l'idea di un'opera incentrata sulle paure (al plurale) era nata dopo l'album precedente. Le canzoni per Aspera Tempora, parte 1 sono state scritte tra il 2016 e il 2019. E "parte 1" perché? Perché il materiale prodotto è tanto e un unico album non basta per raccoglierlo tutto.

A quando la seconda parte, dunque? Vista la discografia rarefatta della band, viene da chiederselo. "Chissà!" scherza Daniele Olia. "Tra 5 anni? Chi vivrà, vedrà!"

A Valloria di Savona, dove c'è la sala prove storica dei Qirsh, sono state realizzate diverse sessioni, ma il resto è nato con una concertazione virtuale, "da lontano" e non in gruppo, ciascuno registrando individualmente il proprio strumento. Cubase sia benedetto!



"The oldest and strongest emotion of mankind is fear": la paura è un'emozione primaria, ci accomuna tutti, è atavica, animalesca; violenta, spesso.

Il CD nasce nel formato digipack, proprio come l'album precedente, con libretto interno contenente foto e testi, accompagnando l'ascoltatore sul percorso sonoro tramite immagini. E ci sono didascalie in inglese a commento o spiegazione dei vari titoli. La scelta dei mosaici a vetro che caratterizzano l'artwork si presta bene all'atmosfera cupa del disco, e i volti nascosti tra i motivi geometrici richiamano e sottolineano le tonalità oscure e ancestrali. 

I testi sono stati scritti non solo a Savona ma anche un po' in giro per l'Europa. "Quel Momento" è stato concepito in un bar di San Pietroburgo, un po' di "Rumors" porta con sé l'anima di Cracovia, "Oremus" respira l'aria del Trentino... E qualche  verso dovrebbe essere nato a Novara.


 





Equipment (una selezione)

Chitarre Fender Stratocaster con effetti Pod 5500

Basso Rickenbacker 4003, Music Man StingRay 5, Fender Jazz Bass Fretless

Tastiere Nord Stage 2, Novation KS5, tastiera MIDI con software Kontakt, FM8, altri.


Ulteriore curiosità - L'ultima parte vocale di "Rumors" (cantata da Pasquale) è stata registrata nell'estate 2020 a casa di Daniele Olia. Era presente anche il pastore tedesco di Daniele... i cui respiri vennero immortalati nella traccia audio (il microfono Avantone è assai sensibile). Ebbene, quell'ansare non poté essere eliminato con nessun filtro e il giorno dopo i musicisti dovettero rivedersi per eseguire di nuovo quel segmento del brano...




La band


Andrea Torello basso, voce

Daniele Olia chitarre, tastiere, liuto, voce

Leonardo Digilio tastiere, piano, sinth

Marco Fazio batteria

Michele Torello chitarre

Pasquale Aricò voce, tastiere

Giulio Mondo batteria, percussioni



Tracks


1. Rumors      (17'50'')                  

2. Aer Gravis  (6'45'')                 

3. Quel Momento (6'15'')                  

4. Hurt (2'55'')                  

5. Anansi (3'00'')                   

6. Oremus  (12'20')  

7. [traccia segreta]

                 


Musica, testo e arrangiamenti:

"Rumors", "Aer Gravis", "Quel Momento", "Oremus":  Daniele Olia

"Anansi": Andrea Torello, Pasquale Aricò, Michele Torello  

"Hurt": Daniele Olia, Marco Fazio, Qirsh


Registrazione, mix, masterizzazione, progetto grafico:  Qirsh

Tutti i brani sono registrati e depositati presso SOUNDREEF e PATAMU


Etichetta: Open Mind - Lizard





TESTI


   "Rumors"


Ancora si andava a scuola,

ricordo che io già temevo

le voci.

Nascondersi nei bagni e a casa,

le lacrime quando spegnevo la luce.

Il sospetto ad ogni sguardo,

il mondo intorno sta ridendo,

parlando, attaccando,

e al mattino alla sveglia già scendeva

la notte.

La salvezza o la condanna, il giudizio della gente,

vivere in attesa sempre di una sola parola.

Ma crescono le false voci della propaganda nera,

corrono più forte della ragione e della pietà cristiana.

Non si deve mai fuggire, ma si rischia di impazzire.

La vergogna e la paura han piantato un seme di odio,

ora resta soltanto un po' di inutile odio.


Da piccoli si giocava al telefono senza fili,

le parole sussurrate cominciavano a girare, e cambiare.

L'immaginazione vola, dalle epoche contadine,

ai soldati in guerra.

Le favole son sempre accolte,

ci son le spie, i buoni, e chi porta sfortuna.

Anche i Santi della Storia hanno avuto quei nemici: le voci.

Ancora si andava a scuola,

ma vi ricordo uno ad uno, tremate.

Vi troverò anche dopo anni, e su di voi scenderà

la notte.



   "Aer Gravis"


Oltre il punto di ritorno frena spinge e

preme il cuore inspiegabilmente vivo e forte

fino a poco prima, ma si ferma al cospetto

dell'immensità del vuoto, uno scalino

ancora e il passo trema trema trema e cede

a questa forza che è nell'aria e senz'aria

lascia il petto e il cuore vuole uscire alla

ricerca di un riparo, ma non c'è nessun

abbraccio che gli dia consolazione e quest'

eco risuonante avvolgente penetrante

entra e vibra nelle ossa e la testa vuol

scoppiare e il pensiero vuol fuggire ma non

si può respirare in questo spazio troppo

grande troppo vuoto troppo alto da cui

non si può scappare da cui

non si può tornare. Vibra nelle ossa

il muro d'aria frena il cuore e quest'eco

invadente troppo alto troppo grande,

il passo trema trema e cede a questa forza

travolgente a questo vuoto vuoto troppo

grande da cui non si può scappare

Il coraggio di saltare

Non ho paura di volare



   "Quel Momento"


Non scrivo mai se sono in pace

Perché mi chiedi

di dedicarti una canzone

Io scrivo solo se c'è qualcosa

che fa parlare,

qualcosa da liberare

Mi fai paura quando hai fretta,

quando mi preghi

di comunicare

Mi fai paura quando mi chiedi,

quando io penso

a quel momento

Dovrai aspettare, dovrai capire

Non chiedermi di avere tempo

di scrivere, di liberare

Sarà un momento di cambiamento,

buono o cattivo, dovrò gridare

Non chiedermi

Chiedimi che quel momento

non venga mai



   "Hurt" (instrumental)



La didascalia spiega:


We are more often

frightened than hurt.

It is not death or pain

that is to be dreaded,

but the fear of death

or pain




   "Anansi"


Aggrappato ai tuoi fili

di luce ed ombre mi inganni il cuore

sai consumarmi lento come ti piace

Ovunque io mi giri

vedo me stesso in mille occhi

mille mani mi avvolgono l'anima

ed io non sono più qui

mi guardi e ridi offro me stesso

sarò la preda per i miei figli di Dio

Non risparmiarti

sono le scuse a consumare

più della tela che stringo 

nel lungo addio




   "Oremus"


Notte dello spirito,

malattia dell'anima,

la risposta che non c'è,

debolezza atavica

il senso di colpa,

la risposta che non c'è,

ansia e vergogna,

passivo stupore,

timore e tremore,

timore ancestrale,

timor reverenziale,

tormento e pentimento

ignoranza umana,

verso l'insondabile,

la paura del male,

la risposta che non c'è

non vogliam sapere se

quando ce ne andremo via

non sarem più nulla

la risposta che non c'è,

passiva devozione,

di degradata umanità

gli uomini si annullano

ai piedi dei potenti dei

la superstizione,

costante compulsione,

nervosa ossessione

della contaminazione

perpetua confessione,

pensieri immorali,

atto di contrizione,

pensieri sessuali

purificazione,

chiave del martirio,

in nome del divino

gli atti più infami

un tremendo essere,

il castigo più temibile,

loro tutto osservano,

si salderanno i conti

alla fine della storia


All'inizio della storia umana,

"Io sono Brahman"

Manava itihasako suruma,

"Má hum Brahmana"

Kali Rudra Shiva Indra Yama

Mextli Atlacamani

Chimata-No-Kami Izanami

Nai-No-Kami

Apu! Apu Illapu!

Inti! Mama Kilya!

Apu Illapu Kon Pachamama

Camazotz Kucumatz Balam

Yurlungur Galeru Bamapama

Surtur Jotunn Thor

Tinia Mania Februus

Tyrrhenus.

Mei fratres, oremus!


Kadosh Elohim,

Kadosh Adonai

Adonai Elohim,

Elohim Adonai

Elohim Adonai,

let there be light

Ora, ora


Ora, ora pro me



 


domenica, settembre 21, 2008

Popol Vuh

"La musica è il mezzo che mi aiuta ad avvicinarmi in modo realistico all'utopia".

                                (Florian Fricke, 1944-2001)
  




Fricke nacque il 23 febbraio 1944 in una cittadina sul Lago di Costanza, e più precisamente a Lindau, sul confine austro-svizzero. Iniziò a suonare il pianoforte a sette anni e, dopo gli studi al Conservatorio di Friburgo, lavorò come critico musicale e cinematografico per la Süddeutsche Zeitung, Der Spiegel e la Neue Züricher Zeitung. Mentre si ingegnava a girare alcuni corto- e mediometraggi, divenne amico dell'allora aspirante regista Werner Herzog. Fricke partecipò al primo film ufficiale di Herzog, Segni di Vita (Lebenszeichen): come assistente tecnico e come attore, nel ruolo di un soldato che suona Chopin.




Di lui esistono poche fotografie, tanto era schivo. Una delle poche che fece inserire nelle copertine dei primi album lo ritrae durante un concerto in posa contemplativa.

E "contemplativa" è proprio l'aggettivo più adatto per descrivere la musica del gruppo formatosi intorno a questo notevole rappresentante della moderna avanguardia.

Il luogo era Monaco di Baviera e l'anno il 1969 quando, ad opera di Florian Fricke (tastiere), Holger Trülzsch (drums) e Frank Fiedler (sintetizzatore), nacquero i Popol Vuh. Fricke, appassionato di culture e religioni antiche, scelse come nome quello del libro sacro degli indiani Quiché del Guatemala.

[N.B.: c'è anche un gruppo progressive norvegese che scelse di chiamarsi così, e questa circostanza provocherà una certa confusione almeno fino al 1975, quando Florian Fricke minacciò di ricorrere a vie legali contro i "colleghi" nordeuropei. Questi altri Popol Vuh (autori, almeno ad inizio carriera, di un interessante rock psichedelico con influenze genesisiane), riconobbero di essere "arrivati secondi" e si ribattezzarono Popol Ace.]

Amante della musica elettronica, Fricke fu uno dei primi a voler sfruttare le potenzialità del moog, che allora pochissimi possedevano non solo perché costava una fortuna ma anche perché assai ingombrante.

 L'LP del debutto, Affenstunde, che i Popol Vuh pubblicarono nel 1971 per la Liberty (al tempo la label tedesca più progressiva - basti pensare che aveva sotto contratto Amon Düül II e CAN), consisteva in "Kosmische Musik" mista a percussioni etniche. A produrre l'album furono l’americano Gerhard Augustin (titolare della Liberty) con la moglie di Florian, Bettina, responsabile anche della maggior parte delle scelte grafiche nelle copertine dei dischi.

In Germania c'erano già diversi folletti siderali, tutti figli putativi di Karlheinz Stockhausen (Ash Ra Temple, Klaus Schultze, Tangerine Dream, i suddetti Amon Düül, e inoltre Jane, Neu!...), tuttavia i Popol Vuh si differenziavano per la componente misticheggiante. Se il loro tipo di musica rientrava nel Krautrock, ciò accadeva solo per via della locazione geografica. In realtà nel loro caso non si può parlare nemmeno di rock. Le sperimentazioni sonore dei Vuh  sembrano scaturire da una cattedrale sotterranea; come Haydn in un concerto onirico di formiche tibetane.

 Anche il secondo disco - In den Gärten Pharaos; per l'etichetta OHR-Pilz - ricorda perlopiù i Tangerine Dream dell'èra Alpha Centauri / Zeit (cosa che non deve sorprendere, dato che fu proprio Fricke a "presentare" il Moog III ai Tangerine, suonandolo come guest player in Zeit) o, come nota Piero Scaruffi, i Pink Floyd di A Saucerful of Secrets (soprattutto nel secondo dei due lunghi brani, "Vuh", registrato nella cattedrale di Baumburg).

Subito dopo i suoni diventano più eterei, gli accordi celestiali, in un'unità di antico e moderno, di sacro e profano. Fricke rinuncia all'elettronica. "Non voglio usare il sintetizzatore per riprodurre la musica religiosa cristiana" spiegherà in un'intervista del 1972. "Pur tuttavia, la nostra non può essere definita 'musica da chiesa', a meno che non consideriate il corpo come un tempio sacro e le orecchie come porte". Con lui ora collaborano il chitarrista/percussionista Daniel Fichelscher (ex Amon Düül II; Fischelscher parteciperà a oltre una dozzina di incisioni dei Popol Vuh) e la soprano coreana Djong Yun. Testi e suoni si ispirano non solo a passi della Bibbia e di altri testi sacri delle religioni mondiali, ma anche a visioni dei popoli dell'Himalaya e ai canti dei Curdi della regione dell'Eufrate.

La svolta minimalistica è segnata da Hosianna Mantra, a base di pianoforte (Fricke), violino (Fritz Sonnleitner), oboe (Robert Eliscu), chitarra (Conny Veit) e tamboura (Klaus Wiese). Come suggerisce il titolo, è un album in cui si fondano miti orientali e leggende cristiane.


 Il successivo Seligpreisung (Kosmische Musik, 1973) approfondisce lo studio intorno alle possibilità dei mantra pur avvalendosi di estratti dal Vangelo di Matteo, condendo la formula con maggiore dinamismo e un tocco di psichedelia grazie agli assoli di Fichelscher.

 Quindi è il turno di un’altra opera miliare a titolo Einsjäger & Siebenjäger (1974, per l’italiana PDU e per la tedesca Kosmische Musik), con veri e propri inni alla gioia ("King Minos") e ambiziose composizioni bagnate nel lago di un progressive mai fine a se stesso (i venti minuti della traccia di chiusura che dà il titolo all'album).

Con il successivo Das Hohelied Salomos (United Artist, 1975) si mettono in musica alcuni dei Salmi del Re Salomone. E' l'album in cui si registra il ritorno della soprano Yun. La proto-world-music di Fricke si inabissa nelle atmosfere di epoche e paesaggi remoti con l'ormai sperimentato connubio tra grandiosità wagneriana e momenti di raccoglimento meditativo (un rigore giustificato dalla sua passione per il medioevo e per il misticismo di origine soprattutto asiatica). In questo periodo il Nostro si decide a vendere il gigantesco e ormai inutilizzato moog modulare all’amico Klaus Schulze, che, come sappiamo, ne farà buon uso.

 Il primo concerto all'estero dei Popol Vuh avviene a Milano nel 1976. E' anche l'anno dell'uscita di Letzte Tage - Letzte Nächte (United Artists), con il quasi-pop ritmato della titletrack cantato da Renate Knaup degli Amon Düül II, e Yoga, registrazione di due jam sessions con musicisti indiani, pubblicata dall’italiana PDU dapprima illegalmente e poi ufficializzata (è riscontrabile infatti nel catalogo della band).

Dal 1978 il gruppo torna sotto la supervisione di uno dei loro primi scopritori, il produttore Augustin. Ma Fricke, già allora amareggiato nei confronti del mondo discografico, guadagna uno scampolo di indipendenza mettendosi a comporre colonne musicali insieme a Fiedler e intraprendendo con lui e altri amici fidati viaggi intorno al mondo.



Brüder Des Schattens, Söhne Des Lichts (Brain, 1978) sarà il punto di partenza per la realizzazione
della colonna sonora del Nosferatu di Herzog. L’omonima suite d’apertura è forse uno degli episodi più ispirati e riassuntivi di tutta la discografia frickiana: paesaggi metafisici e spaziali vengono solcati dal pathos primordiale proprio di tutti gli umani. Il passo successivo è l’oscuro e, sì, depressivo Die Nacht Der Seele - Tantric Songs (Brain, 1979), nel quale alcuni intravedono le prime stanchezze compositive dell'ensemble e del suo leader. Grazie alla magniloquenza delle cento voci della Corale dell’Opera Bavarese, Sei Still, Wisse Ich Bin (‘81, per la Innovative Communication di Schulze) fa sperare a un secondo decennio ricco di opere memorabili. Purtroppo il successivo Agape-Agape (Uniton, 1983) porgerà il fianco alle accuse di manierismo spirituale. Si
tratta di composizioni indianeggianti poco brillanti, buone giusto per esercizi di yoga casalingo: insomma, proprio quella New Age che Fricke sconfessò fin dall'inizio. Spirit Of Peace (Cicada, 1985) e For You And Me (Milan, 1991) seguono la stessa linea. Sono dischi in tutti i sensi lenti, sia pure immersi in una certa solarità bucolica.

 A metà degli Anni Novanta c'è un'impennata, una sorta di come back non privo di fascino, con City
Raga, album che utilizza l'angelica voce di Maya Rose, un'esperta delle tecniche di respirazione originaria dello Yucatan.

A questo punto inizia l'èra della "modernizzazione": nella musica dei Popol Vuh subentrano i suoni dell'universo techno, per via anche dell'apporto del nuovo componente, il tastierista Guido Hieronymus. Nel 1999 l'ultimo album: Messa di Orfeo (Spalax, 1999), risultato di uno spettacolo multimediale al festival d’Arte Contemporanea di Molfetta (Bari), con il recitato dell’attrice Guillermina De Gennaro e una serie di improvvisazioni d’atmosfera che inseguono utopiche estasi.

Il resto della discografia consiste in raccolte e in alcuni "mix" ad opera di Gerhard Augustin. Un posto di merito, in questa lista, occupano le colonne sonore per i film herzogiani.

Si parte con Aguirre, furore di Dio (il disco porta il titolo Aguirre; 1976, Cosmic Music), nel quale l'eternamente spiritato Klaus Kinski, "pallino" del regista bavarese, si cala in maniera naturale nell'identità di un caposoldato folle. Dopo è la volta del documentario La grande estasi dell’intagliatore Steiner, la cui colonna sonora non è mai stata ufficialmente pubblicata su CD. Vediamo indi un Florian che già mostra i segni dell'invecchiamento fisico apparire personalmente nella pellicola L’enigma di Kaspar Hauser, vestendo i panni di un pianista cieco in una lacerante interpretazione dell’Agnus Dei.

La collaborazione tra il regista e il compositore prosegue con Cuore di vetro (Herz aus Glas; 1976), Nosferatu (1978), lo stupendo Fitzcarraldo
(1979), Cobra Verde (1990) e Grido di Pietra (Cerro Torre: Schrei aus Stein; 1991).

Tra queste, Nosferatu è sicuramente l’opera più riuscita per quanto riguarda la simbiosi tra le immagini del film e lo stupore estatico di una musica mai, per fortuna, didascalica
.

Con la precoce morte di Florian Fricke avvenuta il 29 dicembre 2001 a causa di complicazioni dopo un infarto, termina la storia dei Popol Vuh; ma il seme delle loro idee prosegue a germogliare. Non è New Age; non è vera e propria World Music. "Chiamatela, se preferite, musica per lo spirito." 



POPOL VUH - Discografia essenziale

1970 Affenstunde (Liberty, Ger)

1971 In den Gärten Pharaos (Pilz, Ger)

1972 Hosianna Mantra (Pilz, Ger) 

1973 Seilegpreisung (Kosmische Musik, Ger)

1974 Einsjäger & Siebenjäger (Kosmische Musik, Ger)

1975 Das Hohelied Salomos (United Artists, Ger)

1976 Letze Tage - Letze Nächte (United Artists, Ger)

        Yoga (PDU, Ita)

1979 Die Nacht Der Seele - Tantric Songs (Brain, Ger)

1981 Sei Still, Wisse Ich Bin (Innovative Communication, Ger)

1982 Agape–Agape (Uniton, Nor)

1985 Spirit Of Peace (Cicada, Nor)

1991 For You & Me (Milan, Fra)

1995 City Raga (Milan, Fra)

1997 Shepherd's Symphony (Mystic Records, UK)

1998 Messa di Orfeo (Spalax, Fra)




Soundtracks, soundtrack-compilations

1974 Aguirre (OHR, Ger)

1976 Herz Aus Glas - Coeur De Verre (Brain, Ger)

1978 On The Way To a Little Way - Nosferatu (Egg, Fra)

         Brüder Des Schattens - Söhne des Lichts (Nosferatu) (Brain, Ger)

1982 Fitzcarraldo (Pilz, Ger)

1987 Cobra Verde (Milan, Fra)

1993 Best of Popol Vuh – From Films of W.H. (Milan, Fra)

1994 Movie Music (Weltbild Verlag, Ger) 

1996 Soundtracks from Werner Herzog (3 cd box) (Spalax, Fra)

2005 Coeur de Verre (SPV, USA)






sabato, dicembre 08, 2007

Morto Stockhausen, genio della musica contemporanea

"It's an inner revelation that has come several times to me, that I have been educated on Sirius, that I come from Sirius." (Karlheinz Stockhausen)

Il compositore tedesco Karlheinz Stockhausen, coevo e "compagno di sperimentazioni" di Bruno Maderna, Luciano Berio, Pierre Boulez e John Cage, è morto il 5 dicembre scorso, 79enne, nella sua casa di Kürten, in Germania.

Nato a Mödrath - presso Colonia - il 22 agosto del 1928, Karlheinz Stockhausen è stato uno dei più importanti musicisti del XX secolo, spaziando dalla dodecafonia (Arnold Schönberg, Anton Webern) alla musica elettronica.

Allievo al Conservatorio di Colonia dal 1947 al 1951, dove studiò pedagogia della musica e pianoforte, si laureò all'università della stessa città renana in Scienza della Musica, Germanistica e Filosofia. I suoi inizi come compositore furono abbastanza tradizionali (Chöre für Doris). Fu l'ascolto dell'opera seriale di Olivier Messian Mode de Valeur et d’intensités (1949) a segnare la sua vita, portandolo a seguire a Parigi i corsi di composizione del maître francese (ritmica ed estetica). Dal 1950 si mise a comporre non solo proponendo lui stesso forme finora inedite (ha in comune con John Cage la tecnica del "collage"), ma anche inserendo segni assolutamente innovativi nel campo della notazione.

Come docente universitario e autore di numerose pubblicazioni (le sue teorie su tempo e spazio nell'universo dei suoni postulano che “si possono individuare strutture assai simili in musica, letteratura, pittura, scienza e tecnologia”), attraverso le sue attività radiofoniche e grazie a ben 362 composizioni che spesso hanno varcato il confine di ciò che era considerato tecnicamente possibile, Stockhausen contribuì a dare nuovi e decisivi inputs alla musica contemporanea. In particolare lo si ricorda come uno dei fondatori della cosiddetta "musica puntuale".
Sotto di lui studiarono, tra gli altri, Irmin Schmidt e Holger Czukay, rispettivamente tastierista e bassista della band avanguardistica tedesca Can. Fu inoltre fonte di ispirazione per una gran quantità di gruppi e artisti di rock progressivo (Klaus Schulze, i francesi Magma, Frank Zappa, Herman "Sonny" Blount alias Sun Ra, il nostro Battiato...), di jazz (Miles Davis), neoclassica (il pianista e compositore inglese Cornelius Cardew) e pop-rock (David Bowie, Kraftwerk, Björk e, last but not least, i Beatles, che inserirono il ritratto di Stockhausen nella copertina dell'album Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band).

Tra il 1953 (dunque ancor prima che gli americani Robert A. Moog e Donald Buchla sviluppassero i primi synthesizers modulari, facilmente trasportabili) e il 1998 collaborò con lo "Studio für Elektronische Musik" dell'emittente Westdeutscher Rundfunk, per qualche tempo nel ruolo di direttore artistico, e si dedicò anche alla musica elettro-acustica. Fu proprio nello studio sperimentale di Colonia che nel 1955 realizzò una delle sue opere centrali: Gesang der Jünglinge ("Canto dei fanciulli"). Fu l'attrazione principale durante l'Esposizione Mondiale del 1970 a Osaka con le sue composizioni nel padiglione tedesco. Dal 1971 al 1977 fu docente di composizione al conservatorio di Colonia; e insegnò anche a Basilea, a Philadelphia e alla University of California di Davis.

Il suo Hymnen (1966-67) contiene citazioni da 40 diversi inni nazionali; e non è neppure la sua opera più singolare. Spesso i suoi mondi musicali sono un assemblaggio di voci umane, rumori e suoni elettronici: "musica spaziale" che prevede un rapporto armonico di tutte le sue componenti, dall'altezza dei suoni al volume audio. "Il carattere essenziale della mia musica ha sempre a che fare con la religiosità e la spiritualità" affermò una volta, a ricordare la propria conversione al buddhismo zen, che lo allontanò dagli ambienti della sinistra, i quali si mostrarono nauseati da tanto misticismo. "La parte tecnica è solo per spiegare..." Fino alla fine, lavorò assiduamente a sempre nuove opere: spesso per 16 ore al giorno. Per completare il ciclo Licht, considerato "il" progetto della sua vita - come l'Anello dei Nibelunghi lo fu per Wagner -, impiegò oltre un quarto di secolo.

Il buddhismo gli fu da orientamento per il rapporto da tenere con le orchestre. Ylem, del 1972, è il culmine di un'evoluzione dalla musica rigorosamente segnata sul pentagramma a suoni esistenti meramente durante l'esecuzione. Il concetto stesso di "composizione" sembra ormai irrilevante. Già in Aus Den Sieben Tage (1968) lo spartito comprendeva istruzioni verbali, una delle quali chiedeva agli orchestrali di trascorrere "quattro giorni in un silenzio completo... dormite il meno possibile... chiudete gli occhi/ascoltate e basta". I singoli musicisti dovevano interpretare tali suggerimenti basandosi sulla propria personalità e sulle proprie esperienze. Con Ylem, Stockhausen sviluppa questa tecnica radicale invitando i musicisti, tutti raggruppati intorno al sintetizzatore, di suonare la nota centrale del loro strumento, per poi muoversi verso l'esterno, musicalmente e fisicamente, raggiungendo i limiti del palco finché, al segnale di una sillaba urlata, non devono tornare gradualmente al punto di partenza.

Oltre al lavoro compositivo e a quello di direttore d'orchestra, Stockhausen fu molto attivo come manager. A cominciare dal 1991 pubblicò per la casa editrice Stockhausen-Verlag la sua opera omnia in un'edizione premiata sia come spartiti sia come CD.
Nel 1996 gli fu assegnata la laurea honoris causa dell'Università di Berlino e nel 2001 ricevette in Svezia il Polar Music Prize, ritenuto il Nobel della musica.

Il giudizio dei critici su Stockhausen è sempre stato controverso: il suo narcisismo e la sua eccentricità gli procurarono numerose antipatie. "Faccio musica per chi vuole ascoltarla" disse una volta in un'intervista. "Il resto del pianeta mi è indifferente." Lo accusarono, certo non a torto, di essere un alienato, estraneo alla realtà del mondo. In particolare fece scalpore la sua dichiarazione sugli attentati dell'11 settembre 2001: "Questo è il più grande capolavoro a livello cosmico - luciferino nella meticolosità della messa in opera".

Nel maggio 2005 venne eseguita in anteprima mondiale, nel Duomo di Milano, la prima parte di Klang - die 24 Stunden des Tages. Stockhausen aveva in progetto di finire il "Klang-Zyklus" entro il 2028, quando avrebbe compiuto 100 anni.