“Era semplicemente un violentatore di bambini” rivela la donna in un’intervista allo Stern che anticipa di poco l'uscita dell'autobiografia. ”Io non ne potevo più di sentirmi dire: ‘Tuo padre è fantastico! Un genio! Mi è sempre piaciuto!’... Dalla sua morte in poi, la mitizzazione è addirittura aumentata...”
Pola Kinski (attrice di teatro) trova anzi che, al cinema, suo padre fosse proprio come a casa: senza alcun ripetto per gli altri.
Kinski, originario di Danzica, aveva tre figli, tutti attori. Pola è la primogenita, nata dal suo primo, breve matrimonio. La più famosa è Nastassja (oggi 52enne), che in un’intervista al Guardian del 1999, alla domanda: “Suo padre ha mai abusato di lei?”, rispose in questo modo: “Non nel senso che intende lei, ma in altri sì”.
La villa di Baldham era uno dei suoi tre-quattro rifugi sparsi nel mondo. Niente male per una ragazza di poco più di ventitré anni (ma sulla sua data di nascita le fonti sono contraddittorie...).
Nastassja Aglaja Kinski (così risultava all'anagrafe) sollevò la testa e, guardandomi da dietro gli occhiali da sole, disse: "Carino! Ma è ancora uno sbarbatello..."
Continuai per la mia strada sorridendo. In qualche modo era stato confermato un mio sospetto: e cioè che la ragazza non fosse del tutto groggy come sostenevano i media. Sapevo che prediligeva uomini anziani (aveva il cosiddetto "complesso del padre") e a me era bastato un suo cenno e quelle parole per sentirmi felice. Di più del resto non osavo sperare, vista anche la mia posizione sociale (lavoravo in una pizzeria; scrivevo nottetempo, ma non avevo ancora pubblicato nulla: ero un piccolo emigrato italiano casualmente finito in una cittadina dove erano andati ad alloggiare numerosi protagonisti del jetset tedesco).
Lui stesso avrebbe potuto benissimo essere un personaggio dostoevskiano. Depravato ma anche tenero, quasi infantile, mi sembra di rivederlo mentre, nel 1971, si atteggia a messia sul palco di un sovraffollato teatro berlinese, solo contro tutti, un Cristo sacrilego e profanatore, urlando blasfemità e aggredendo verbalmente chiunque gli capitasse a tiro.
Era il terrore e la delizia della stampa: non raramente le interviste terminavano con lui che insultava i giornalisti, bestemmiando e sputando. Nei talkshows si rifiutava di rispondere alle domande (tanto, erano sempre le stesse!) e rivolgeva pesanti apprezzamenti alle moderatrici.
Era il Dopoguerra e di sbandati ce n'erano tanti... Il giovane attore Klaus Kinski si trovava in terapia quando si innamorò perdutamente di una dottoressa che aveva il doppio dei suoi anni. Anche dopo il rilascio, per poter vedere la donna prese il vizio di entrare nella clinica senza permesso, e di nascondersi dentro l'appartamento di lei, come un ladro o... come un seviziatore. Gli psichiatri annotarono: "Secondo il suo racconto, i due si amano profondamente". La dottoressa, invece, avrebbe provato solo un affetto materno per l'attore - o, meglio, aspirante attore.
I medici della clinica berlinese Karl Bonhoeffer scrissero: "Dice di essere un attore ma non ha lavoro da più di un anno..."
Sentimentalmente Kinski fu legato a tante donne, sposandosi quattro volte. (Nastassja nacque dal secondo matrimonio, quello con Ruth Brigitte Toecki.) Altrettante le separazioni, l’ultima nel 1989 dopo due anni al fianco dell’attrice italiana Deborah Caprioglio.
Il Paganini di Kinski, da lui stesso concepito e diretto (Herzog si rifiutò di girarlo), può essere inquadrato nella categoria "soft porn". E' pieno di belle donne che impazziscono alla sola vista del protagonista e si masturbano mentre pensano a lui... Un film confuso, inguardabile; ma si può dare ragione all'attore: in effetti, sono riconoscibili i parallelismi esistenti tra le sue più nere ossessioni e quelle di Paganini, "il violinista del diavolo".
Nella scandalosa autobiografia Ich bin so wild nach deinem Erdbeermund, colma di aberranti - e per certi versi esilaranti - scene pornografiche, Kinski scrisse: “Io sono il mio solo Dio, la mia sola giuria, il mio solo esecutore”.