Visualizzazione post con etichetta regista. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta regista. Mostra tutti i post

martedì, settembre 09, 2008

Werner Herzog

 Vidi Werner Herzog aggirarsi per Monaco di Baviera agli inizi degli Anni Novanta. Era a bordo di un pulmino Volkswagen e tagliava le strade di Schwabing ("il quartiere degli artisti") come se fosse alla ricerca di qualcosa. Probabilmente era stordito per la morte di Klaus Kinski. Ancora più probabilmente cercava finanziatori per poter produrre Kinski, il mio nemico più caro, docuritratto sull'interprete di cinque suoi film (da Aguirre, furore di Dio del 1972 a Cobra Verde del 1988).

Herzog aveva conosciuto l'attore polacco-tedesco (vero nome: Nikolaus - "Klaus" - Günther Nakszynski) quando, tredicenne, aveva coabitato con lui a Monaco di Baviera, nell'appartamento dei propri genitori, i quali erano troppo poveri per permettersi di abitare da soli. Kinski, allora un giovanotto di ventisei anni, era già un personaggio folle e problematico, e si può capire che Werner Herzog, di per sé una personalità eccentrica, fosse rimasto affascinato dal leggendario e geniale attore, tanto da ricordarsi di lui quando si trattò di girare pellicole su eroi schizofrenici e psicopatici: in Perù e lungo il Rio delle Amazzoni (Aguirre, furore di Dio, e Fitzcarraldo), Africa (Cobra Verde), nonché Mitteleuropa (Nosferatu e Woyzeck). 


Alla "Herzog Connection" appartenne anche il musicista e compositore Florian Fricke, il quale alla fine degli Anni Sessanta partecipò come assistente tecnico e figurante pianista nel film Segni di Vita (Lebenszeichen), primo lavoro ufficiale di Herzog. Poco tempo dopo Fricke fondò i Popol Vuh, band votata a un progressive rock dai toni etnico-meditativi, e la particolarità di quella musica convinse il regista a sceglierla come colonna sonora di molte sue opere (tutte quelle con Kinski e in più Herz aus Glas, del 1976, oltre che per diversi documentari).



Il vero nome del regista è Werner H. Stipetic (le sue origini sono croate; i genitori, Elisabeth e Dietrich, erano biologi). In Germania studiò Storia, Storia del Teatro e Letteratura, ma senza mai terminare gli studi. Si iscrisse alla Duquesne University di Pittsburgh, ma smise di frequentarla dopo pochi giorni. Nel 1961 si mise a lavorare in una fabbrica metallurgica per finanziare i propri film. Già nel 1963 fondava la sua casa di produzione. Nel 1966 venne assunto dalla N.A.S.A., ma diede quasi subito le dimissioni.


Herzog, che da anni vive a Los Angeles, è stato sposato più volte (l'utima sua moglie, Lena, è nata in Russia) e alla sua "connection", ovvero al suo gruppo di collaboratori fidati, appartengono anche i suoi familiari (in primo luogo il fratello Lucki Stipetic, produttore, e il figlio Rudolph, produttore e regista).


Diversi episodi della sua biografia sono diventati leggendari. Nel 1974 percorse a piedi i 500 km. che separano Monaco di Baviera da Parigi per visitare l'attrice Lotte Eisner, che stava morendo di una grave malattia (la Eisner riuscirà a sopravvivere per altri 8 anni; ma non si sa se il merito sia da ascrivere a Herzog). Un'altra volta apparve a Joaquin Phoenix, che aveva appena avuto un incidente d'auto nell'impervia regione dei canyon; Herzog bussò sul finestrino e disse alla nuova star del cinema americano di non muoversi, di stare rilassato, chiamò al telefono un'ambulanza e sparì misteriosamente, così come era spuntato; ancora oggi Joachin Phoenix ride quando racconta di quell'episodio. A uno studente di cinematografia, Errol Morris, Herzog disse che si sarebbe mangiato una scarpa se il giovane sarebbe riuscito a fare un film; Morris accettò la scommessa e subito dopo diresse un documentario su un cimitero di animali, Gates to Heaven (1978), che gli diede una certa nomea e gli permise di dirigere in seguito anche The Thin Blue Line (1988) e Fast, Cheap & Out of Control (1997); Herzog non volle mancare alla promessa e si mangiò in pubblico una scarpa (il tutto è documentato in Werner Herzog Eats His Shoe, diretto nel 1980 da Les Blank). L'ultimo strano episodio che lo riguarda è di più recente data (2005): durante un'intervista all'aperto con il giornalista della BBC Mark Kermode a proposito di Grizzly Man, che era appena uscito nelle sale, un anonimo cecchino (fenomeno purtroppo frequente negli U.S.A., e in specie a Los Angeles) sparò addosso al regista. Herzog volle a tutti i costi continuare l'intervista, sebbene sanguinasse dal basso ventre... 


Ripercorrendo la sua filmografia, abbiamo la conferma che la sua specialità sono i documentari, oltre ai film che mischiano realtà e finzione; e in quasi tutte le pellicole di Herzog (la cui ambientazione abbraccia tutt'e cinque i continenti) sono inserite lunghe, a volte lunghissime sequenze paesaggistiche. Herzog ha messo tra l'altro in scena diverse opere liriche (a Bayreuth, alla Scala di Milano, all'Arena di Verona, e inoltre a Tokyo, Houston, Bologna, Parigi, Bonn...). Innumerevoli i premi da lui ricevuti, in Europa come in America, anche se Hollywood lo ha spesso accusato di avere un modo di lavorare "semplicemente amatoriale". La famosa rivista Entertainment Weekly lo ha votato come il 35simo miglior regista di tutti i tempi.



 


WERNER HERZOG - I lungometraggi


Segni di vita (Lebenszeichen) (1968)

Fata Morgana (1970)

Anche i nani hanno cominciato da piccoli (Auch Zwerge haben klein angefangen) (1970)

Paese del silenzio e dell'oscurità (Land des Schweigens und der Dunkelheit) (1971) documentario

Aguirre, furore di Dio (Aguirre, der Zorn Gottes) (1972)

L'enigma di Kaspar Hauser (Jeder für sich und Gott gegen alle) (1974)

Cuore di vetro (Herz aus Glas) (1976)

La ballata di Stroszek (Stroszek) (1977)

Nosferatu, il principe della notte (Nosferatu: Phantom der Nacht) (1978)

Woyzeck (1979)

Fitzcarraldo (1982)

Dove sognano le formiche verdi (Wo die grünen Ameisen träumen) (1984)

Cobra Verde (1987)

Echi da un regno oscuro (Echos aus einem düstern Reich) (1990) documentario

Grido di pietra (Cerro Torre: Schrei aus Stein) (1991) 

Apocalisse nel deserto (Lektionen in Finsternis) (1992) 

Rintocchi dal profondo (Glocken aus der Tiefe) (1993) documentario

Il piccolo Dieter vuole volare (Little Dieter Needs to Fly) (1997) documentario

Kinski, il mio nemico più caro (Mein liebster Feind - Klaus Kinski) (1999) documentario

Invincibile (Invincible) (2001)

Kalachakra, la ruota del tempo (Wheel of Time) (2003) documentario

Il diamante bianco (The White Diamond) (2004) documentario

Grizzly Man (2005) documentario

L'ignoto spazio profondo (The Wild Blue Yonder) (2005)

Rescue Dawn (2006)

Encounters at the End of the World (2007) documentario

Bad Lieutenant: Port of Call New Orleans (2009), in produzione

lunedì, luglio 30, 2007

Morto Ingmar Bergman

Il celebre regista svedese si è spento nel suo "buon rifugio" sull'isola di Farö (Mar Baltico) a 89 anni. Negli ultimi tempi si sentiva solo e piangeva spesso, ma era molto lucido, tantoché non ha smesso mai di scrivere, fino alla fine. E' morto nelle stesse ore di Michel Serrault. I due probabilmente non si sono mai incontrati; ma si sarebbero piaciuti.


 Ingmar Bergman nacque a Uppsala il 14 luglio del 1918. Il padre Erik, un pastore luterano, avrebbe voluto che intraprendesse la carriera ecclesiastica, ma Ingmar fuggì da lui nel 1936 per andarsene a vivere a Stoccolma. Nella capitale svedese lavorò al Teatro dell'Opera come aiuto-regista e drammaturgo, ma non ottenne i riconoscimenti che si meritava. Uguale sorte, all'inizio, ebbe il suo impegno nell'ambito cinematografico. Poi, negli Anni Cinquanta, il trionfo: a Un'estate d'amore segue Donne in attesa e poi la pellicola-scandalo Monica e il desiderio. Nel 1955 realizza Sorrisi in una notte d'estate, suo primo successo europeo, che vince il Festival di Cannes. Non si ferma più, insoddisfatto e pignolo, al limite della nevrosi depressiva. Del 1956 è forse il capolavoro dei suoi capolavori: Il settimo sigillo ottiene vari riconoscimenti, oltre al premio speciale al Festival di Cannes. L'Orso d'Oro al Festival di Berlino e il premio della critica al Festival di Venezia giungono, invece, grazie a un altra grandissima opera d'arte: Il posto delle fragole.
Lavora quasi sempre con le stesse attrici (da lui amatissime) e con gli stessi attori. Le attrici sono Harriet Andersson (9 film), Bibi Andersson (11), Liv Ullman; e, inoltre, con il "gruppo storico" dello Stadsteater di Malmoe: Tunnel Lindblom, Max Von Sydow, Ingrid Thulin, la stessa Bibi Andersson.
Alle soglie della vita e Il volto ricevono il premio come miglior regia rispettivamente a Cannes e a Venezia, mentre nel 1960 La fontana della vergine gli fa conquistare il suo primo Oscar. Nel frattempo, dopo i matrimoni con Else Fischer, Ellen Lundstrom e Gun Hagberg, si sposa una quarta volta, diventa direttore del teatro centrale di Stoccolma, si avvicina alla neonata televisione (ne capisce immediatamente le potenzialità; ma più tardi le rimprovererà di interrompere i film con spot pubblicitari) e realizza Come in uno specchio, primo capitolo di una discussa trilogia religiosa: sarà Oscar come miglior film straniero. Seguono Luci d'inverno (1962), premiato a Berlino e a Vienna, e Il silenzio (1963), uno dei suoi film che suscitarono maggiore scandalo. Nel 1964, colpito da una grave depressione, scrive Persona e inizia una relazione con l'attrice norvegese Liv Ullman, dalla quale nasce Lynn (1966). Arriva un periodo quasi compulsivo: più di un film all'anno. Nel 1974 concluderà la storia con Liv Ullman (che per lui ritirerà il Premio Fellini a Roma nel 2005) e si sposa l'anno dopo, nel 1975, con Ingrid von Rosen. Nel 1978, lo splendido Sinfonia d'autunno lo vedrà dirigere l'ultimo film interpretato da Ingrid Bergman, grazie a lui nominata all'Oscar per la settima volta. Gli Anni Settanta sono anche quelli di Sussurri e grida (1972) e di Scene da un matrimonio (1973). L'Oscar alla carriera arriva nel 1970, ma dopo tale data firmerà una buona metà delle oltre 40 opere della sua filmografia. Fanny e Alexander (1982), Con le migliori intenzioni (1992) e Conversazioni private (1996) sono tre opere in cui - tra l'altro - esplicita il suo rapporto tormentoso con il padre. "In realtà io vivo continuamente nella mia infanzia" scrisse Bergman nell'autobiografia La lanterna magica, "giro negli appartamenti in penombra, passeggio per le vie silenziose di Uppsala e mi fermo davanti alla Sommarhuset ad ascoltare l'enorme betulla a due tronchi; mi sposto a gran velocità entro una manciata di secondi e abito sempre nel mio sogno. E, di tanto in tanto, faccio una visita alla realtà".