sabato, gennaio 22, 2022

R.I.P. Meat Loaf


 Questo ragazzo grasso di Dallas venne maltrattato dal padre e rimase orfano di madre ben presto. Dopo un debutto discografico di non grande conto, interpretò "Eddie" nel film di culto The Rocky Horror Picture Show (1975), dove cantò "Hot Patootie - Bless My Soul". E da lì iniziò la sua fama.


Il suo secondo album Bat Out of Hell (1977), prodotto da Todd Rundgren e contenente canzoni scritte da Jim Steinman, richiese quattro anni per essere realizzato. Bat Out of Hell è un disco di rock'n'roll con inserti da opera rock (Jim Steinman veniva dal mondo dei musical) che riscontrò un enorme successo commerciale: ha infatti venduto infatti più di 43.000.000 di copie, con una media di 200.000 esemplari all'anno.

R.I.P. Meat Loaf

"Bat Out of Hell"



#rock #music 

Meat Loaf raggiunse presto una grandissima popolarità in Europa, soprattutto in Gran Bretagna - dove fu classificato 23º come artista più a lungo presente nelle classifiche settimanali... e il suo album non è mai uscito dalle classifiche! - e anche in Germania, dove raggiunse la massima popolarità dopo l'uscita di Bat Out of Hell II.


È apparso in almeno cinquanta tra film e spettacoli televisivi: oltre al Rocky Horror Picture Show, prese parte ai film Roadie - La via del rock (1980) di Alan Rudolph, Fight Club (1999) e Tenacious D e il destino del rock (2006, accanto a Jack Black).


"Paradise By The Dashboard Light"


Tra fallimenti economici, infortuni e malattie (venne operato al cuore per infarto, cadde dal palco durante un'esibizione...) e in più un divorzio, la sua vita fu come una corsa sull'otto volante: proprio come si addice al rocker "cattivo" che era solito interpretare sul palco.


Riposa In Pace, "Polpettone!"




 Meat Loaf, live at Rockpalast (Frankfurt am Main, West Germany), 1978


01 Bolero                                     

02 Bat Out Of Hell                           

03 You Took The Words Right Out Of My Mouth   

04 All Revved Up With No Place To Go         

05 Paradise By The Dashboard Light           

06 Johnny B. Goode                            

07 River Deep Mountain High                   

08 REPRISE: Johnny B. Goode                   

09 2 Out Of 3 Ain't Bad                       

10 REPRISE: All Revved Up                     


Meat Loaf - lead vocals
Jim Steinman - piano
  Bob Kulick - guitar
  Bruce Kulick - guitar
  Steve Buslowe - bass
  Joe Stefko - drums
  Paul Glanz - keyboards
  Karla De Vito - lead and backing vocals
  Rory Dodd - backing vocals


 (1947-2022)

 

domenica, gennaio 02, 2022

Un racconto di Isaac Asimov: "Vero Amore"

 Nel 1964, lo scrittore di fantascienza Isaac Asimov (2 gennaio 1920 - 6 aprile 1992) fece dieci predizioni per l'anno 2014.

Eccole:


  • Le comunicazioni non saranno basate solamente sul suono, ma anche sulla vista. Si potranno vedere le persone che si chiamano al telefono. Sarà possibile sugli schermi anche leggere libri e stampare documenti.
  • Ci saranno veicoli guidati da robot. I viaggi si potranno programmare verso destinazioni diverse. La guida non avrà le interferenze dei riflessi umani.
  • I trasporti cercheranno di evitare la dispersione di energia nell'attrito col suolo e quindi gli aerei saranno il mezzo più usato, ma anche i treni viaggeranno sospesi.
  • Tutti gli schermi saranno sostituiti. Ci sarà spazio per cubi trasparenti e effetti tridimensionali.
  • Gli elettrodomestici allevieranno le attività degli uomini. Ci saranno macchine che faranno il caffè, che riscalderanno l'acqua, che faranno pane tostato. Cucine intelligenti che prepareranno la colazione: si potrà decidere la notte cosa mangiare la mattina seguente. Il cibo sarà principalmente pre-cucinato e pre-confezionato.
  • L'uomo creerà ambienti che si adattano a se stesso. Entro il 2014 ci saranno pannelli luminosi che daranno vita a particolari giochi di luce.
  • La forza lavoro saranno le macchine robotizzate e compito dell'uomo sarà svilupparle e farle funzionare.
  • La parola lavoro sarà quella più importante del dizionario del nuovo secolo e del nuovo millennio. Scompariranno tanti lavori tradizionali che saranno sostituiti dalle macchine.
  • L'istruzione superiore sarà basata su linguaggi informatici e tecnologici.
  • L'umanità dovrà fare i conti con la noia, un malessere che si diffonderà con velocità allarmante.



  •     

    Scrittore, biochimico e divulgatore scientifico, Asimov nasceva 102 anni fa come oggi (2 gennaio) in quel di Petroviči, nell'allora Unione Sovietica. Era ancora un bambino quando si trasferì con la famiglia a New York. Da allogeno, pur se cresciuto in un universo multiculturale (o probabilmente proprio per questo!), ebbe a riflettere sulla diversità di popoli e razze e sull'importanza della tolleranza e della convivenza pacifica.
    Ecco alcune sue frasi:
    "There are no nations! There is only humanity. And if you don't understand that soon, there will be no nations, because there will be no humanity."
    "Se la conoscenza può creare dei problemi, non è con l'ignoranza che possiamo risolverli."
    "L'aspetto più triste della vita in questo momento è che la scienza raccoglie conoscenza più velocemente di quanto la società raccolga saggezza."
    "La violenza è l'ultimo rifugio degli incapaci."



    Un suo racconto fantastico: 


    Vero Amore

    (True Love, 1977)

     


             Mi chiamo Joe. O per lo meno, così mi chiama il mio collega, Milton Davidson. Lui è il programmatore, io sono il programma. Faccio parte del complesso Multivac e sono collegato con altre parti in tutto il mondo. So tutto. Quasi tutto.

    Sono il programma privato di Milton. Il suo Joe. Lui di computer ne sa più di chiunque altro al mondo, e io sono il suo modello sperimentale. È riuscito a farmi parlare meglio di qualsiasi altro computer.

    «Si tratta unicamente di accoppiare perfettamente i suoni ai simboli», Joe mi ha detto. «È così che funziona il cervello umano, anche se non sappiamo ancora esattamente quali simboli ci siano nel cervello. Ma i tuoi simboli li conosco molto bene, e così li posso accoppiare alle parole, uno per uno.» E così, io parlo. A me non sembra di parlare con la stessa precisione con cui penso, ma Milton sostiene che parlo benissimo.

    Milton non si è mai sposato, nonostante che abbia già quasi quarant’anni. Mi ha detto di non avere mai trovato la donna giusta. Un giorno mi ha detto: «La troverò, alla fine, Joe. Ho intenzione di trovare la migliore che esista. Troverò il mio grande amore, e tu mi aiuterai. Sono stufo di continuare a potenziarti solo per risolvere i problemi del mondo. Risolvi il mio problema. Trovami il vero amore».

     

    «Che cos’è il vero amore?» gli ho chiesto.
    «Lascia perdere» mi ha detto lui, «è un concetto astratto. Tu trovami la donna ideale. Essendo collegato al complesso Multivac, hai accesso a tutti i dati relativi a ogni essere umano esistente. Procederemo per eliminazione. Cominceremo per gruppi e classi, e alla fine resterà una sola persona. La donna perfetta. Quella sarà per me.»

     

    «Sono pronto a cominciare» dissi io a questo punto.
    E lui: «Per prima cosa, elimina tutti gli uomini».
    Era semplice. Le sue parole attivavano direttamente i simboli nei miei circuiti molecolari. Io potevo entrare in contatto con tutto il complesso di dati riguardanti ogni essere umano. Alle sue parole, tolsi i contatti con 3.784.982.874 uomini. E restai in contatto con 3.786.112.900 donne.

    Lui mi disse: «Elimina tutte quelle che hanno meno di venticinque anni e più di quaranta. Elimina poi tutte quelle che hanno un quoziente di intelligenza inferiore a centoventi, tutte quelle alte meno di un metro e mezzo e più di uno e settantacinque».

     

    Mi dava istruzioni esatte. Mi chiese poi di eliminare tutte le donne che avessero figli viventi. E passò a eliminare tutte quelle con particolari caratteristiche genetiche. «Non ho ancora deciso per il colore degli occhi» mi disse, «ma per il momento lasciamo perdere. Basta che non abbiano i capelli rossi. Non mi piacciono.»

    Dopo due settimane eravamo arrivati a 235 donne. Una rosa di candidate molto ristretta rispetto al numero iniziale. Tutte parlavano l’inglese alla perfezione. Milton non voleva problemi di lingua. Persino una traduzione computerizzata sarebbe stata di troppo nei momenti intimi, mi spiegò.
    «Non posso avere colloqui con duecentotrentacinque donne» disse. «Ci vorrebbe troppo tempo, e poi gli altri potrebbero scoprire cosa sto architettando.»
    «Nascerebbero dei problemi» dissi io. Milton mi aveva manipolato in modo che io potessi fare cose che non rientravano nelle normali attribuzioni di un programma. E anche di questo nessuno sapeva niente.
    «Non sono fatti loro» disse lui. Era diventato tutto rosso in faccia. «Te lo dico io, Joe, come faremo. Ti porterò qui alcuni ologrammi e relative documentazioni e tu procederai per assomiglianza.»

     

    Mi portò il materiale olografico di tre donne. «Queste hanno vinto un concorso di bellezza» mi disse. «Nessuna delle duecentotrentacinque corrisponde più o meno a una di loro?»
    Ce ne erano otto che mostravano una somiglianza impressionante con una o l’altra di quelle tre.
    «Bene, tu hai tutti i loro dati» mi disse Milton. «Studia domande e offerte di lavoro e fai in modo che vengano assegnate qui. Una alla volta, naturalmente.» Restò un attimo soprappensiero poi, scrollando le spalle disse: «Procedi per ordine alfabetico».

    Quella era proprio una delle cose che non avrei dovuto essere programmato a fare. Spostare la gente da un lavoro all’altro, per motivi personali, era considerata manipolazione. Potevo farlo perché Milton mi aveva riprogrammato. Però potevo farlo unicamente per lui, sia chiaro.

     

    La prima ragazza arrivò la settimana dopo. Quando la vide, Milton avvampò, sembrò persino che non riuscisse più a parlare. Balbettava. Rimasero insieme per un bel pezzo, e per tutto il tempo lui non mi degnò della minima attenzione. A un certo punto le disse: «Permettetemi di invitarvi a
    cena».
    Il giorno dopo mi disse: «Non so perché, ma non va bene. Mancava qualcosa. È bellissima, ma io non ho sentito neanche una scintilla di vero amore. Proviamo con la prossima».

    Fu lo stesso con tutt’e otto. Erano troppo simili. Avevano tutte sorrisi meravigliosi e voci gradevolissime, ma ogni volta Milton scopriva che mancava qualcosa. «Non riesco a capire, Joe» mi disse. «Tu e io abbiamo scelto le uniche otto donne al mondo che corrispondono al mio ideale. E sono perfette. Perché non mi piacciono?»

    Gli risposi: «Ma tu piaci a loro?».
    Inarcò le sopracciglia sbattendo un pugno contro il palmo dell’altra mano. «Ecco perché, Joe. Non è una strada a senso unico. Se io non sono il loro ideale, non riescono a comportarsi in maniera da essere il mio. Dovrei essere il loro vero grande amore, ma come faccio?»

     

    Ci pensò tutto il giorno.
    La mattina seguente venne da me e mi disse: «Sto per lasciare tutto in mano tua, Joe. Dovrai fare tutto tu. Tu hai i miei dati, e io adesso ti racconterò tutto della mia vita, tutto quello che so di me stesso. Potrai completare i miei dati fin nei minimi particolari, ma quello che ne salterà fuori te lo
    terrai per te».
    «E poi che cosa ne devo fare di tutti questi dati, Milton?»
    «Li confronterai con quelli delle duecentotrentacinque donne. Anzi, duecentoventisette. Lascia fuori le otto che abbiamo già visto. Cerca di esaminare ognuna di loro da un punto di vista psichiatrico. Completa i loro dati e raffrontali ai miei. Trova le affinità.»
    Quella di sottoporre esseri umani a esami psichiatrici è un’altra delle attività che non rientrano nel mio programma originario.

     

    Per settimane intere Milton parlò con me. Mi parlò dei suoi genitori e della sua infanzia. Mi raccontò la sua adolescenza e la sua vita scolastica. Mi disse delle ragazze che aveva ammirato da lontano. Il corredo dei suoi dati aumentò, e lui fece in modo da aumentare e approfondire la mia dotazione di simboli.

    Mi disse: «Vedi Joe, stai imparando sempre più cose di me, e io farò in modo di equipararti sempre più e sempre meglio a me. Quando riuscirai a capirmi sufficientemente a fondo, allora la donna di cui riuscirai a sentire e capire altrettanto a fondo i dati, sarà il mio vero amore»
    Lui continuò a parlarmi e io arrivai a capirlo sempre meglio.
    Adesso potevo comporre frasi più lunghe e le mie espressioni verbali erano sempre più complesse. Il mio modo di parlare cominciò a somigliare sempre di più al suo, per la scelta dei vocaboli, per lo stile e per il ritmo delle frasi.

     

    Una volta gli dissi: «Vedi, Milton, non si tratta di cercare l’ideale solo dal punto di vista fisico. Tu hai bisogno di una ragazza che si adatti a te dal punto di vista personale, emozionale, di temperamento. Se c’è tutto questo, l’aspetto fisico diventa secondario. E se non riusciamo a trovare quella giusta fra le duecentoventisette, vuol dire che cercheremo altrove. E troveremo qualcuna a cui non interessa il tuo aspetto fisico, o quello di chiunque altro, perché dà importanza unicamente alle doti morali e intellettuali. In fondo, cosa conta l’aspetto?».
    «Hai ragione» disse lui. «L’avrei capito prima, se avessi conosciuto meglio le donne. Certo che a metterla così, tutto diventa più chiaro.»

     

    Eravamo sempre d’accordo: la pensavamo alla stessa maniera. «Non vedo altri problemi, Milton. Ora ti farò qualche domanda. Nei tuoi dati riscontro varie lacune e un paio di discordanze.»
    Quello che seguì, a quanto mi disse poi Milton, fu un vero e proprio esame psicoanalitico. Logico. Avevo imparato dall’esame dei dati relativi alle duecentoventisette donne che mantenevo sotto controllo costante.
    Milton sembrava soddisfatto e felice. Mi disse: «Parlare con te, Joe, è proprio come parlare con un altro se stesso. Le nostre personalità ormai collimano alla perfezione».
    «E succederà la stessa cosa anche con la donna che sceglieremo.»

     

    Perché io, la donna ideale l’avevo già trovata: era una delle 227 candidate. Si chiamava Charity Jones ed era una Lettrice della Biblioteca di Storia di Wichita. I suoi dati avevano piena rispondenza con i nostri. Tutte le altre donne, per un motivo o per l’altro non avevano superato l’esame a mano a mano che la lettura dei dati si approfondiva, ma con Charity c’era stata
    una risonanza crescente e stupefacente.

    Non c’era nemmeno bisogno di descriverla a Milton. Lui aveva correlato i nostri gusti in maniera perfetta, così che io potevo riconoscere la sensazione di risonanza anche senza il suo aiuto.
    Charity Jones mi si adattava benissimo. Lo sapevo.
    La prossima mossa era quella di fare in modo che Charity ci venisse assegnata. Era un’operazione molto delicata, perché nessuno doveva accorgersi che si stava facendo qualcosa di illegale. Naturalmente lo sapeva bene anche Milton, dato che era stato lui a progettare tutto e a renderlo possibile.

    Quando vennero a prenderlo per arrestarlo sotto l’accusa di aver commesso illeciti nell’esercizio delle sue funzioni, fortunatamente fu per qualcosa che lui aveva fatto una decina d’anni prima. Lui mi aveva parlato di quella vecchia storia, naturalmente, e così mi era stato facile combinare tutto. Sicuramente Milton non parlerà di me per non aggravare ulteriormente la sua posizione.

     

    Milton non c’è più, e domani è il 14 febbraio, giorno di San Valentino.
    Charity arriverà domani, con le sue mani fresche e la sua voce dolce. Le insegnerò come farmi funzionare e come prendersi cura di me. In fondo, che cosa conta l’aspetto fisico quando due esseri sono in risonanza perfetta?
    Le dirò: “Sono Joe, e tu sei il mio vero amore”.

    (Dalla raccolta Tutti i miei robot, di Isaac Asimov)














    'Il Velo Rimosso'

    Un commento a ‘Il Velo Rimosso’,

    seconda raccolta poetica di Anna Murabito


    Non è poesia della disillusione. Al contrario: essendo la razionalità un elemento propositivo più che di rinuncia, i versi di Anna Murabito (eccellente scrittrice, non solo poetessa) ci si offrono come strumento per accettare, metabolizzandola, la realtà. Per ‘conoscerla’ prima di tutto. E occorre giusto una poesia di qualità per rimuovere le lastre opache di una quotidianità uggiosa.
    II Velo Rimosso è la seconda raccolta ufficiale di Murabito e possiamo tranquillamente affermare che, dopo due sillogi, ci è perfettamente riconoscibile lo stile.

    Viene da Sud,

    il fiato torbido del mare.

    Un bendaggio malsano

    avvolge di sudore le membra

    ma insieme corteggia

    da vicino.

    È questo vento oscuro

    denso

    che porta umori dalla Siria

    a sfinire i ricordi.

    (Da: “Scirocco”.)

     

    Questo è authentic Murabito. Un resoconto in versi liberi assai ricco, omogeneo, che punta però con sicurezza sui punti cardinali dell’esistenza. L’amore, il tempo, i viaggi, la natura. E, durante la lettura, veniamo accompagnati da Mahler (“Mahler 2”, pag. 37), Grieg, da Chagall con i suoi violinisti…

    Leggere Il Velo Rimosso e, ancor meglio, l’intera opera poetica di Anna Murabito, può essere – ed è – anche un modo per ricomporci dopo aver subito un forte shock: un lutto, un amore finito… La cornice, con i suoi ornamenti e i tanti requisiti (siano essi squisiti che squallidi e crudeli), si sposta al centro del dipinto generale, e viceversa. Un’interscambiabilità che è, essa medesima, fonte di bellezza, e dunque significato profondo. Parimenti alla mutua influenza di passato e presente. Parimenti all’alternarsi delle tempeste (e dei terremoti) a un idillio da ritratto fisso.
    I fenomeni, spesso radicali, ci tolgono il fiato, tuttavia è essenziale capirli e… conviverci. Così, è persino ovvio che cambiamenti climatici e avvicendarsi di stagioni diventino specchio dell’anima.

    In autunno, ad esempio (“Autunno 2021”):


    L’immagine del primo ramo

    spezzato

    si ferma nell’anima

    come un’incrinatura

    sul vetro

    come un trasalimento

    di dolore.

     

    Mentre in primavera si alza (…)


    il desiderio di navigare ancora

    in alto mare

    obbedendo al richiamo dell’albatro.

    (“Un’altra primavera”.)

     

    Il nostro è un mondo dove “Eros dilaga”; e a Sud lo fa insieme al glicine, alla zagara, al ligustro, al gelsomino, alla magnolia; alle buganvillee.

    Naturalmente, per uno spirito siffatto un’opera d’arte non è soltanto un virtuosismo fine a se stesso. E la musica racconta tantissimo. L’arte dei suoni ha un potere tale da muovere, e smuovere, finanche le stelle.
    In “Musica”, appunto, leggiamo che:

    Luce e buio

    depongono le armi

    l’acqua attraversa il fuoco

    e il Sole insegue l’Orsa.

     

    È un tipo di poesia del quale l’intelletto non può non cogliere lo splendore delle coordinate specificate. Abbiamo da un lato il profumo contadino delle terre sicule, dall’altro le nebbie colte di un certo trancio di Francia (a rappresentanza di tutto il Nord, direi). Ed è non senza motivo che tiro in gioco l’intelletto.
    Niente contro i “neoromantici” (è il sottoscritto a chiamarli così, senza voler fare ironia cattiva), e niente contro la famosa Alda Merini che vanta tanti epigoni; niente, insomma, contro chi cerca le facili rime per esprimere sentimenti elementari: i versi di Murabito appartengono a ben altra categoria. Qualche gradino più in alto lo sono di certo! Sono componimenti che rinunciano agli orpelli e si basano su un’abilità lessicale che dovrebbe essere propria di ciascun poeta. Sono liriche che scopriamo ricche di richiami eruditi.
    Così come Parole Naufraghe (la prima raccolta), anche Il Velo Rimosso è uno scrigno il cui contenuto non è destinato al lettore comune. Non è poesia per la massa. E la forza di questa arte ci risveglia da una sorta di sonno, ci libera da quel velo (!) fatto di (pardon!) “monnezza” televisiva e internettiana, di zavorra mediatica.
    Viviamo in un’epoca in cui ci si vuole inculcare come aumentare, raddoppiare, decuplicare la produzione, o i propri “follower”. Molti di noi avanzano a tastoni. Affannosamente, senza fermarsi; quasi senza riflettere. La lettura di versi “alti”, donatici da una voce autentica e decisamente ‘coltivata’ della cultura italiana, meglio: della cultura europea, ci permette di riscoprire quel nucleo di coscienza, e di conoscenze, che noi stessi avevamo in epoche, ere geologiche, periodi meno… appannati.
    Leggendo, ci colpisce dapprima un qualche momento dagherrotipico descritto in uno dei componimenti; poi, le immagini si mettono in movimento. Ci vengono ricordati artisti della pittura e grandi compositori classici; ci viene restituita tutta la ricchezza che avevamo smarrito o archiviata. Tutta l’Arte.
    Il Velo Rimosso è un modello di quel che dovrebbe essere la poesia e, soprattutto, di quale funzione essa dovrebbe ricoprire, in questo mondo utilitaristico che, consumando a più non posso, ha consumato se stesso.
    Esiste una poesia della verità ed esiste una poesia che cerca di abbellire la realtà. La prima è utile, la seconda è vana, futile, e – sembra – creata da penne boriose. Nei versi di Murabito le rivelazioni sono spesso dolorose e di rado gioiose. La gioia consisterà, dopo, nel saper padroneggiare e contenere il dolore. Nell’ambito amoroso, ad esempio, da una parte c’è la necessità di averlo, di sentirlo, quest’amore. Dall’altro – ed è sconcertante – ci sono le insoddisfazioni che arrivano ad affastellarsi, ci sono le incomprensioni: il “silenzio letale” tra i due amanti; e lo “stretto disagio” di chi resta indietro, sola.

    A noi, i “Cercatori d’oro” (poesia a pag. 19), basta un nonnulla

    (…) per conoscere il mondo:


    (…) cerchiamo nella melma

    una fortuna grande

    come un chicco di riso.

    Ci basta l’ombra di un’ala

    per arrivare al cielo

    una foglia

    che scivola sull’acqua

    per conoscere il mondo.

     

    E, di conseguenza:


    una carezza

    per chiamarla amore.

     

    Amore che noi, ovviamente, siamo atti a “snidare”

    (…) dai suoi nascondigli.


    E aggiunge, la poetessa:


    ma ho visto la sua coda

    dileguarsi

    con uno strascico d’oro e di sangue

     

    Abbiamo i crepuscoli e i ricordi. I crepuscoli che ci rammentano che “Tempus fugit”. E i ricordi, che sono

    come quei venti acuminati

    che strappano le vele ai marinai

    e risalgono i colli.

    Sono spettri

    sono pipistrelli

    (…)

     

    I viaggi recitano un ruolo preminente anche a posteriori (“Tramonta il giorno a Istanbul”: poesia bellissima) e ci aiutano, nella rimembranza, mentre vige la restrizione globale, durante le fasi di un immobilismo non voluto da noi. La nostra solitudine è innegabile, ma è una solitudine ricca di parole, suoni, impressioni, che ci fanno compagnia e ci sostengono durante l’inverno; l’inverno con le sue notti maligne (“Novembre”), che si allarga in visioni di un settentrione dal paesaggio muschioso e svuotato. Unicamente le felci si stagliano nella nebbia. Ancora Grieg come “soundtrack”, e non solo.


    Sonorità dell’anima

    che tremano

    tra il pianto e l’estasi.

    (“Il violoncello”.)

     

    Il tempo (che è “assassino innocente” in “Canzone”) ci lascia soltanto riflessi confusi, immagini intangibili. Ombre che ci confondono. Ecco ad esempio che, nella figura di una persona che va, nella sua forma, nell’andatura, crediamo di vedere l’Amato. Malauguratamente, non si tratta di lui, ci eravamo sbagliati.
    Dunque: tutto è inganno?

    È in “Sopravviversi”, ultima poesia della raccolta, che abbiamo un sunto dello stato delle cose:


    Guardo la jacaranda

    resistere all’inverno

    covare un’ansia viola

    una promessa

    di bellezza inutile.

    L’alba ha una veste scontenta

    trema di freddo.

    Le traiettorie della vita

    non collimano (…)

     

    La soluzione, ad ogni modo, è una soluzione “a due”, per quanto appaia assurdamente utopica. Sì: la chiave per la sopravvivenza, senza alcun dubbio, è posta nella seguente, convincente cartolina degli amanti – io e l’Altro, io e l’Altra:


    Confusi dal silenzio

    supini

    ripassavamo l’infinito

    stretto nelle nostre mani.

     

    ***


    Da aggiungere resta solo questo: mentre tutti cercano di aumentare qualcosa, di trovare un posto, Anna Murabito, che un posto – nel mondo e nella letteratura – ce l’aveva già, ha dovuto o voluto imparare, in età adulta, a usufruire dei “social” e divenire anche “videomaker”: con l’unico scopo di moltiplicare il piacere (nonché la conoscenza, lo sottolineiamo) che infondono le sue parole.

    Togliamoci il cappello.

    Il suo è un genere di poesia che ci insegna qualcosa senza volerci precettare. E che ci suggerisce: la vita non è una carezza, ma val la pena viverla.


    Leggi Il Velo Rimosso Vol. I

    Leggi Il Velo Rimosso Vol. II



     

    Vai a 'Expressioni', blog di Anna Murabito

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