martedì, aprile 19, 2022

Canto laringeo mongolo


Alcuni anni fa, passeggiando per la zona pedonale di Monaco di Baviera, mi imbattei in un cantante Höömij. (Höömij = particolare tecnica di canto ipertonico.)
Si trattava forse di colui che in seguito sarebbe divenuto famoso con il nome di Hosoo? Non lo so; è probabile, ma non posso esserne certo, sebbene ci fosse una certa somiglianza fisica.



Accompagnato dal suonatore di uno strumento simile a un contrabbasso con sole due corde (appresi poi che si trattava in realtà di un violino mongolo, o "violino a testa di cavallo"), l'uomo, vestito nel costume tradizionale della sua terra, emetteva suoni di gola armonici capaci di incantare la casuale platea - me compreso.



L'Höömij (o "Khoomi") è una tecnica speciale nata nella provincia Chandman-Sum (sui Monti Altai, Mongolia Occidentale) che viene tramandata di generazione in generazione. Consiste nell'emettere corposi suoni laringei e più note in una stessa emissione. L'Höömij è un canto "di imitazione della natura": in esso sono comprese le voci degli animali (soprattutto cavalli, lupi, cammelli) e quella dei fiumi, l'eco delle montagne e il fischio del vento della steppa. I puri rumori del vero mondo. Le parole? Le parole non servono (quasi mai)...

(Interessanti anche le numerose variazioni regionali. La più celebre è il "canto tuvano", originario dell'area mongolo-siberiana, meglio nota appunto come Tuva.)

(Dello stesso Höömij esistono diverse varianti: "Zeedshnij" [di petto], "Isgeree" [simile al fischio] e "Chooloin" [di gola].)

Vedendo che i due mongoli esponevano cassette autoprodotte, ne presi una e chiesi loro quanto costava.
"Dài quello che vuoi" mi rispose l'anonimo Maestro.
Tirai fuori una banconota da venti marchi (tra gli "ooooh" degli astanti, stupiti da tanta generosità) e la posi sul palmo della mano dell'uomo venuto da lontano.
Ripresi quindi la mia passeggiata, sentendomi però diverso; più ricco interiormente, e molto più consapevole della mia posizione su questo nostro pianeta. Le profonde e misteriose frequenze vocali di Hosoo (o del suo sciamanico gemello) continuavano a vibrarmi dentro, e fu allora che sviluppai la convinzione che la Mongolia è la patria ancestrale di noi tutti.

Ancora oggi ritengo quella registrazione su nastro magnetico (la cui "copertina" consiste in una semplice foto dei due musici di strada, senza alcun nome né altre scritte) tra i migliori prodotti in assoluto della mia pur non indifferente collezione musicale.



HOSOO

Hosoo (propriamente: Dangaa Khosbayar, nato nel 1971) è cresciuto in una famiglia di cantanti Höömij della provincia Chandman-Sum, e più precisamente a Chovd, nella catena montuosa degli Altai (Mongolia Occidentale). E' lì che l'Höömij è nato e viene tramandato di generazione in generazione.
Hosoo iniziò la sua carriera subito dopo le elementari: in quel di Ulan Bator, dove fece parte di un'ensemble di musica e danze popolari.
Nel 1995 vinse - nella stessa capitale - un concorso che lo consacrò "miglior cantante mongolo". Con i gruppi Manduchai, Egschiglen e Uyanga andò in tournée: in Cina, in Russia e attraverso il Vecchio Continente. Nel 2000 uscì il suo primo disco solista: Altai, in cui l'artista si firma "Dangaa"; l'opera presenta arrangiamenti "moderni" - ovvero all'occidentale, per intenderci. Dalla sua collaborazione con gli Egschiglen nacque l'album Gobi, e da quella con gli Uyanga Uyanga-1. Hosoo è presente anche in alcuni lavori di musicisti jazz europei. Da ricordare la sua partecipazione come "guest" d'eccezione a un album dei tedeschi EmbryoIstanbul-Casablanca - Tour '89. Ha inoltre prestato la sua voce a quattro brani di autoloop, dell'eclettico trombettista Giorgio Li Calzi.

Hosoo riesce ad emettere tre toni contemporaneamente. E' un Maestro indiscusso della sua arte, come confermano le recensioni - tutte positive - dei suoi ormai numerosi concerti.

Hosoo - TransMongolia Hosoo e TransMongolia


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Links di approfondimento:
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http://www.face-music.ch//artists/ens_khanbogd_en.html
http://mongolianmusic.blogspot.de/2008/04/hosoo-transmongolia-khoomii-and.html
http://www.art-base.be/index.php?view=details
http://www.riflessioni.it/enciclopedia/armonici.htm
http://www.face-music.ch//bi_bid/historyoftengerism.html
http://www.lastfm.it/tag/throat%20singing


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SUONI TRADIZIONALI MONGOLI (.mp3-clips)
http://www.face-music.ch//sou nds/mongoliasound.html
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Un grazie all'amico Massimo Baraldi che anni fa mi reindirizzò sull'antico sentiero etno-folkloristico. Massimo così mi parlava allora dell'ultimo album di Hosoo e del suo gruppo (i TransMongolia):
"Il loro ultimo CD è bellissimo! Hosoo dice che in Mongolia non sarebbe apprezzato: da quelle parti preferiscono le cose più tradizionali... Nonostante sia rigorosamente acustico (il Nostro sostiene che qualunque forma di amplificazione stravolgerebbe il suono), in alcuni momenti le contaminazioni con la musica occidentale (blues, jazz e anche heavy) sono evidenti. Un ottimo lavoro, sono sicuro che ti piacerà! [...] I musicisti sono tutti diplomati al conservatorio mongolo di non so dove, ma uno è un fanatico dell'hip hop, un altro del jazz, un altro ancora di gruppi come Metallica e Guns & Roses... Un bell'insieme!"



I leggendari Blues Brothers!


 
Giugno 2010. A tanti non sembra vero ma sui media rimbalza la notizia che la Chiesa Romana ha deciso di "perdonare" The Blues Brothers.
Cosa...? Come...? Eh, già: ci mise un bel po' il Vaticano a capire quanto di buono e di "cattolico" è contenuto nella celebre commedia d'azione (e di musica!) diretta da John Landis. Il blog Topolàin, allora ospitato da un'altra piattaforma, riportava:


>> La "riabilitazione" arriva solo adesso attraverso le pagine de L'Osservatore Romano... a 30 anni di distanza da quel 16 giugno 1980 in cui il film debuttava nelle sale cinematografiche.
L'organo ufficiale del Vaticano è andato alla ricerca di prove della "cattolicità" della pellicola, e così scrive: "...gli indizi" (quantomeno gli indizi) "non mancano in un'opera dove i dettagli non sono certo casuali. A iniziare dalla foto incorniciata di un giovane e forte Giovanni Paolo II nella casa dell'affittacamere - dall'accento siciliano e vestita di nero, dunque cattolica - di Lou 'Blue' Marini. [...] A fianco dei piccoli e della Pinguina (la madre superiora dell'orfanotrofio), i fratelli Blues sono capaci di toccanti attenzioni: così Elwood non si dimentica di una terribile crema al formaggio commissionatagli da un anziano amico. E nulla antepongono - Elwood, il più galante, rinuncia persino all'avventura con una fascinosa signorina - alla missione per conto di Dio".
Amen. E ora torna a mettere su quel disco di blues! <<

"It's 106 miles to Chicago. We've got a full tank of gas, half a pack of cigarettes, it's dark, and we're wearing sunglasses."
"Hit it!"

"Ci sono 126 miglia da qui a Chicago. Abbiamo il serbatoio pieno, mezzo pacchetto di sigarette, è buio e portiamo tutt'e due occhiali scuri."
"Vai!"



                      Infos in italiano sul film, sugli attori, sui musicisti, ecc. (Wikipedia)







The story
Tutto inizia con Jake Blues (John Belushi, R.I.P.) che esce di prigione. Ad attenderlo c'è suo fratello Elwood (Dan Aykroyd), venuto a prenderlo con la "Blues-mobile" (una macchina di polizia, una Dodge Monaco del '74, riciclata)... E noi assistiamo al primo dei dialoghi divertenti del film, tutti divenuti molto noti.
- Che è questa? - chiede Jake.
- Questa che?
- Quest’auto. Che cavolo significa? Dov'è la Cadillac? La Cadi! Dov’è la Cadi?
- La che?
- La Cadillac che avevamo una volta: la Blues-mobile!
- Ah, l’ho cambiata.
- Hai cambiato la Blues-mobile con questa ?!
- No, con un microfono.
- Con un microfono ?!? - (Pausa di riflessione.) - Va bene, hai fatto bene.


I fratelli Blues indossano vestiti neri, cravatte e cappelli neri, occhiali neri, e hanno i propri nomi scritti a biro sulle dita delle mani. Presto, si trovano impegnati in una "missione": trovare cinquemila dollari per pagare le tasse dell’orfanotrofio in cui sono cresciuti e salvare così il vecchio e caro istituto dalla chiusura coatta. Per riuscirci, dovranno rimettere in piedi la loro vecchia blues band, composta da musicisti che nel frattempo si sono inventati altre occupazioni e che non hanno la minima voglia di rimettersi in gioco. Ma c’è una "missione per conto di Dio" nel mezzo, e il gruppo in qualche modo risorge. Tra un'esibizione e l'altra, con turme di poliziotti, una falange di neonazisti e un’ex fidanzata eternamente alle calcagna di Jake, i fratelli Blues passano da epici inseguimenti a cataclismi vari, ma si rialzano sempre spolverando i loro vestiti neri come niente fosse.

Celebrando John Belushi post mortem: The Blues Brothers sul palco con Dan Ackroyd, Jim Belushi e John Goodman. R.I.P. brother Jake!

John Belushi e Dan Aykroyd rimasero fedeli al gruppo musicale e, oltre a partecipare a una serie di incisioni (la musica della Blues Brothers Band, che consiste in appassionate cover di brani soul e rythm'n'blues, vende ancora tanto...), insieme a Lou Marini, Matt Murphy, Tom Malone, Donald Dunn ecc. andarono in tournée. Ma la formazione capitanata da Belushi & Aykroyd esisteva prima del film, come testimonia questo video girato il 31 dicembre 1978 a San Francisco (concerto intero!).









lunedì, aprile 18, 2022

Il pacifismo di Eric Burdon: ‘Winds of Change’

Eric Burdon si è sempre battuto per la pace, Peace, nelle sue canzoni e altrove.

Ciò vale anche per Winds of Change. I pensieri poetici del cantante degli Animals sono riassunti sulla copertina di quell'album. Era l'estate del 1967 quando uscì Winds of Change. Le parole di Burdon testimoniano di un'immediata e totale conversione sia alla musica sia agli ideali del "Californian Dream".

   Eric Burdon and the Animals - Winds Of Change


   Side one   
"Winds of Change" (00:00)
"Poem by the Sea" (03:59)
"Paint It, Black" (Mick Jagger, Keith Richards) (06:14)
"The Black Plague" (12:14)
"Yes I Am Experienced" (18:14)

   Side two   
"San Franciscan Nights" (21:54)
"Man—Woman" (25.15)
"Hotel Hell" (30.34)
"Good Times" (35:33)
"Anything" (38:33)
"It's All Meat" (41:54)

Eric Burdon - vocals 
Vic Briggs - guitar, piano, arrangements 
John Weider - guitar, violin 
Danny McCulloch - bass
Barry Jenkins - drums 

   Additional Personnel:
Keith Olsen - "stepped in on some tracks to deputise on bass after Danny McCulloch broke his wrist."

 All songs written by Eric Burdon, Vic Briggs, John Weider, Barry Jenkins, Danny McCulloch, except where noted.


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"The House Of The Rising Sun" ha dato fama mondiale a Eric Burdon. Il quale compirà 81 anni l'11 maggio.
Insieme ai Beatles e ai Rolling Stones, Burdon e il suo gruppo, The Animals, furono tra i protagonisti più in vista della British Invasion.




Le sue radici appozzano nel R&B (rhythm and blues) e nel jazz. Da piccolo vide Louis Armstrong esibirsi in televisione: per lui fu una rivelazione, tantoché ancora oggi il jazz è una delle sue grandi passioni. Gli altri suoi beniamini sono Ray Charles e Bo Diddley, che usava ascoltare attentamente al tempo in cui lavorava nelle miniere di carbone attorno a Newcastle.
"Andavo matto per la musica" ha dichiarato il cantante nel documentario Eric Burdon: Rock'n'Roll Animal, diretto dal regista austriaco Hannes Rossacher. "Qualcuno, in un jazz club della città, mi mise un microfono in mano: mi  concessero di cantare una canzone. Da una canzone, divennero due. Presto furono due a sera. Quindi, iniziai a stare sul palco per mezz'ora".


    Un bianco dalla voce di nero

The Animals si formarono nel 1962, con lui al microfono. Un anno dopo erano già la band fissa del locale alla moda Club-A-Go-Go. Sting, anch'egli di Newcastle, ricorda, in Rock'n'Roll Animal, quel periodo eccitante: "Per Newcastle, Eric & The  Animals rappresentavano ciò che i Beatles rappresentavano per Liverpool e gli Stones per Londra: idoli della Beat Generation".




La band era influenzata dal R&B più di molte altre formazioni britanniche  contemporanee. Il secondo singolo che pubblicarono divenne il loro primo - e maggiore - successo. Si trattava di "House of the Rising Sun", che nel 1964 si piazzò al primo posto delle classifiche di vendita. 


   "House of the Rising Sun"





Seguì una sfilza di hits, nel 1965: "Don't Let Me Be Misunderstood" (in 15sima posizione), "We Gotta Get Out of This Place" (al numero 13) e "It's My Life" (n. 23).
Di buon successo furono anche anche "Inside Looking Out", "See See Rider", "When I Was Young" e le canzoni di protesta "We Gotta Get Out Of This Place" e "Sky Pilot".

Dopo "When I Was Young" (del 1967), la maggior parte dei membri originali della band abbandonarono il gruppo e Burdon riformò gli Animals ("The New Animals") per registrare "San Franciscan Nights" (n. 9, 1967) nonché "Monterey" (n. 15, 1968).

Il bassista originale Chas Chandler passò alla carriera manageriale: curò gli interessi della Jimi Hendrix Experience. Burdon ben presto si sarebbe unito ai War - noti anche come Eric Burdon & War -, un gruppo jazz-rock e funk.




   Amati anche negli States
La voce ringhiante di Eric Burdon e il tema delle canzoni del gruppo, incentrate sull'alienazione, sulla paranoia e su altri elementi riscontrabili nell'ansia della generazione giovanile, fecero degli Animals una delle band preferite negli U.S.A. tra quelle della prima ondata della British Invasion. 
Nella sua lunga carriera, il musicista di Newcastle upon Tyne ha condiviso il palco con Chuck Berry, Otis Redding, Bruce Springsteen... Il concerto dei suoi War nel 1970 che vedeva in formazione un certo Jimi Hendrix, è tra i più leggendari della storia del pop: fu l'ultima apparizione pubblica di Hendrix, che sarebbe morto per overdose due giorni dopo. 
Patti Smith e Iggy Pop hanno inserito Burdon nella lista dei loro musicisti preferiti.

Durante il suo percorso da "star del rock'n'roll", Burdon ha dovuto incassare una serie di sconfitte e gli è toccato superare diverse battute d'arresto. Tuttavia, ha sempre continuato imperterrito per la sua strada - in nome del blues e della pace.


                  L'11 maggio 2022 Eric Burdon compirà 81 anni.




   Rossachers Eric Burdon - Rock ‘n’ Roll Animal





lunedì, aprile 04, 2022

In Italia non mancano i talenti e neppure la genialità. Anzi!

 Coraggioso e originale: doppio album dell'ex frontman dei Forza Maggiore, tra sperimentazione, cantautorato e jazz-rock


Doppio album stavolta per Francesco Chiummento: The Story Of Daniel sposato a Resilience ("Dedicated to Greta Thunberg"). Il cantante-metalmeccanico - ma ha lasciato la fabbrica ormai da anni - raggiunge sicuramente così il clou della sua carriera artistica. Testi molto interessanti (c'è una forte componente ambientalista), e una bella confezione con grafica di ottima qualità a racchiudere / a testimoniare / l'originalità di questo singer-songwriter e del suo flauto.



Per ordini: www.facebook.com/francesco.chiummento



The Story Of Daniel 


Daniel (forse l'alter ego dell'autore) è un operaio che usa esprimersi in modo aristocratico, uno che esce fuori dai ranghi anche se ha un carattere riservato. Lascia l'industria, diventa autista... il curriculum di tanti di noi, costretti sempre a reinventarci, a riciclarci. Anche nell'ambito delle relazioni amorose, quest'uomo non ha una biografia straordinaria: lui e la moglie - con la quale ha tre figli - vivono separati. Come spesso accade, arriva una seconda donna, una creatura molto bella ("Francy") ad allievare la solitudine di Daniel, ma anche tale relazione si svolge tra troppi alti e bassi. In un momento di crisi esistenziale, una luce abbaglia il protagonista, tuttavia il presunto prodigio sembra non aiutare come dovrebbe: Daniel si smarrisce ugualmente in una "selva oscura". Vorrebbe avere ali per volare... E, finalmente, ritrova se stesso, in qualche modo, in "I look for my becoming".


In questo che possiamo definire un concept, ci si presenta un Chiummento quale tipico esempio di espressionismo musicale tradotto in canzoni. Il nostro amico lotta a favore dell'ambiente e contro gli "esperimenti insensati". È un cantante, un poeta al fronte, sostenuto dalla passione e... che sa circondarsi di musicisti più che buoni.



Responsabili per la parte sonora sono, in questo caso, oltre allo stesso Francesco Chiummento, Mirko Jymi (tastiere, chitarre e arrangiamenti in cinque dei nove brani) e Alex Catania (tastiere, chitarre e arrangiamenti nei restanti quattro). 


Scorriamo  The Story of Daniel  brano per brano.


La cacofonia colta dell'incipit ("Introduction into the Chamber One") ci traghetta nella storia vera e propria. Parte "Daniel": il flauto discorde di Chiummento copre un buon groovy, il quale a sua volta accompagna un testo cinico e che va come un bisturi dentro il corpo di un'esistenza scombinata. Quando il jazz attacca veramente, ogni cosa sale anche di livello... La traccia è dotata di una bella coda, breve ma efficace.

03: "Bersaglio mobile". Come nella canzone precedente, qui è l'impetuosa chitarra di Alex Catania a impreziosire la composizione, su un testo che tra l'altro recita:


La vita mi sta presentando il conto

a volte è come la tela di un ragno

se potessi cancellare tutti i miei

problemi con anatemi 

eppur sento che devo agire 

mi sembra di morire 

dove dove ritrovar l'ardire.


"Francy" chiude questa piccola trilogia di canzoni che vedono Alex Catania al timone insieme a Chiummento.

"La luce", "Selva oscura" e "Voglio le ali per volare" (rispettivamente quinto, sesto e settimo pezzo del disco) vedono invece Mirko Jymi sulla tolda del comando, e dunque ora sono le atmosfere tastieristiche del maestro italo-brasiliano a contraddistinguere questa frazione del viaggio di Daniel. In "I look for my becoming" ritorna l'energia rock di Alex Catania.  

L'album ha una degna e davvero eccellente chiusura: "Oblio", un "instrumental" che riesce a donarci un trip tra il mistico e il colorato/etnico.





Resilience


Resilience ha diverse chicche. Cominciamo da "Poiana" (traccia numero 9), brano che dovrebbe essere suonato da tutte le radio. Molto bello, con Marco Bruno al flauto, Riccardo Moffa alla chitarra e Paolo Ricca alle tastiere. Sorprende che questo disco sia considerato un "allegato" a The Story of Daniel, poiché è come minimo dello stesso livello. Il lungo "Resilienza" che apre l'album offre, nei suoi 10 minuti, un'atmosfera variamente bucolica. Poi veniamo proiettati in una grande città, dentro qualche club di jazz... 10 minuti trasognati con buone tastiere e una tromba fantastica (Paolo Raineri).



"Vidi l'uomo": un brano in sostenuto, tragico. Con l'ottimo tappeto sonoro e i riusciti arrangiamenti di Mirko Jymi (tastiere, chitarra) e di Paolo Ricca.

"Kaos", terzo brano, vede ancora Paolo Ricca e Paolo Rainieri protagonisti musicali per uno spartito tra jazz e ambient. Testi di Michele Macoratti.

"Progresso": canzone che esalta le qualità canore di Francesco Chiummento, su testo ancora di Macoratti, con la splendida chitarra di Riccardo Moffa a creare le parentesi musicali giuste.

Con "A questo punto" il ritmo viene accelerato. C'è di nuovo Moffa alla guitar a far risaltare e sottolineare la protesta del cantante contro la dissoluzione della natura e della società. 

"Scherzo" è un bell'intermezzo senza parole, anche se vi è presente la voce di Chiummento, e introduce un grande brano: "Alla ricerca della luna", il nostro preferito insieme a "Poiana". Strepitosa qui la voce di Stefania Lapertosa; e anche Chiummento sembra vocalmente superarsi. Un pezzo assolutamente preponderante, e da trasmettere ovunque.

Da questo momento, inizia tutta una serie di titoli e composizioni di peso, molto significativi: "Viaggio a Giakarta", deliziosamente orientaleggiante (Paolo Ricca, Riccardo Moffa); il sunnominato "Poiana", bellissimo brano. Il leggermente fuori di sesto "Guarda", con lo straordinario violino di Lautaro Acosta a mantenere gli equilibri. Molto riuscito "Clark and Joy", un bel rock che è sostenuto dalla chitarra di José Perfetto. Si ritorna ad atmosfere magicamente esotiche, meno occidentali insomma, con "Song of Tatanka Lyolanka", una delle narrazioni più poetiche e piacevoli dell'album. L'elettrica di Marco Roagna è qui co-protagonista. La relativamente breve "Ashantarantarantan" è un'altra delle immersioni meditative nell'Asia più estrema di Chiummento, e fa da apripista a "New Reasons" e "Costruire", sicuramente tra le migliori canzoni mai prodotte da questo artista (si passa dall'inquieta e tormentosa "malattia" dell'uomo moderno ["New Reasons"] a un inno di speranza ["Costruire"]).


 Francesco Chiummento


L'output di Chiummento, pur rifacendosi alla tradizione del rock / del rock d'avanguardia,  rompe con tutti gli elementi convenzionali della convenzionalità. Non tanto nella forma (che comunque nel suo caso non risulta irrigidita) quanto più nell'atto esecutivo.











Francesco Chiummento. Brevi cenni biografici.


                       I soldi sono pochi e l'arte è tanta...


Francesco Chiummento (classe 1954) è un operaio - o, meglio, ex operaio - con la passione per la musica. Ha lavorato per oltre 40 anni in fabbrica come elettromeccanico; l’ultima sua esperienza è stata la Thyssen Krupp di Torino, dove nel 2007 morirono sette operai.

Il suo grande amore per l'universo dei suoni e il suo incontenibile impulso creativo lo ha portato a suonare in diverse band torinesi fin dal 1975, nonché a incidere alcuni dischi autoprodotti. Nel 2001 ha vinto il premio della critica al “Premio Ciampi” di Livorno. Alcuni suoi dischi solisti: Segnali di pace, Delirio, Il Viaggio, Resilience/The Story of Daniel.


    Alcuni nostri altri articoli rapportabili all'artista:

                               L'album Segnali di pace 


Francesco Chiummento - "Il vuoto dentro" (brano sull'alienazione e la solitudine)


                          L'album Il Viaggio



      Link fondamentale:

Francesco Chiummento su Bandcamp




Resilience / The Story of Daniel

PROGETTO GRAFICO: Gaia Chiummento e Gabriele Pellistri

COPERTINA THE STORY OF DANIEL: Cosimo Malorgio

COPERTINA RESILENCE: Gaia Chiummento

FOTO: Alex Catania, Roberta Rustico

STAMPA DISCO: CD Click, Formello, Roma

SUPERVISIONE DISCHI: Mirko Jymi e Paolo Ricca


                                    Ordina a: www.facebook.com/francesco.chiummento




venerdì, aprile 01, 2022

Il rock sinfonico degli inglesi Drifting Sun

 Probabilmente il miglior album progressive del 2021

                         Forsaken Innocence degli inglesi Drifting Sun


#rock #artrock #prog #progrock #progressive #progressiverock #music #musica



... 
Forsaken Innocence
       by Drifting Sun

 
1. "King of the Country" (11:37)
2. "Insidious" (8:10)
3. "Dementium" (9:12)
4. "New Dawn" (6:48)
5. "Forsaken Innocence Part I" (10:51)
6. "Forsaken Innocence Part II" (14:52)
7. "Time to Go" (2:28)
8. "Hand on Heart" (Bonus Track) (4:48)


"More adventurous and daring than anything Arena, IQ or Pendragon."

Released October 27, 2021


 

 Drifting Sun nel 2015...

... e oggi


 


   La formazione dei Drifting Sun:

Jargon - Vocals; Keyboards on track 6
Mathieu Spaeter - Guitars
Pat Sanders - Keyboards
John Jowitt - Bass
Jimmy Pallagrosi - Drums

  Eric Bouillette - Violin on tracks 1 & 5; Guitars on track 7
  Ben Bell - Hammond solo on track 3
  Gareth Cole - Guitars on track 4

Mixed and mastered by Leonidas Petropoulos
Artwork by Dimitris Tzortzis


 



  Breve storia di questo gruppo


La band - inizialmente chiamata "Drama" - venne formata a Chesham, UK, nel 1994 ca. da due francesi emigrati in Inghilterra: Pat Sanders (tastiere) e Manu Sibona (basso; poi sostituito allo strumento da John Jowitt). Dopo uno iato di ben 14 anni (dal 1999 al 2013), il gruppo è stato rifondato nel 2014.

Una delle caratteristiche è che, agli esordi, il cantante era un americano: Rafe Pomeroy prima, Chris Martini subito dopo di lui. Per l'ultimo, grandioso album, Sanders ha optato per un vocalist di origine greca: Jargon (nome d'arte di John Kosmidis), attivo soprattutto nel proprio progetto Verbal Delirium.


Trent'anni di attività e sette album in studio per i Drifting Sun, ensemble prog semplicemente superbo!




Drifting Sun su Bandcamp