venerdì, dicembre 28, 2007

The Life of David Gale


Solitamente sono gli scrittori e i registi non-americani i più capaci a proporci validi pamphlet contro le piaghe e le perversità della democrazia stelle-e-strisce: segno che un Paese lo si può meglio giudicare se visto "dal di fuori". L'inglese Alan Parker (The Wall; Mississippi Burning; Angel Heart - Ascensore per l'inferno; Birdy - Le ali della libertà; The Commitments...) dimostra, in The Life of David Gale, una volta di più il suo impegno civile, perorando stavolta la causa degli abolizionisti della pena di morte. Il messaggio è "impacchettato" nella veste di thriller ad alta tensione, e se la critica - non solo italiana - non ha saputo trarre le giuste conclusioni (arrivando addirittura ad affermare che il finale parla a favore della sentenza capitale e non contro), è per colpa della clamorosa deficienza intellettuale che caratterizza tale gilda. In realtà l'ambascia è chiara, e Parker ce la propina in maniera elegante, secondo il suo stile che ricorda da vicino quello di Stanley Kramer; nel film in questione, poi, oltre all'abilità narrativa non manca certo la suspence

Parker ha tirato fuori il meglio da un copione già di per sé geniale (firmato da Charles Randolph) e   sfruttando le capacità recitative di un mimo a dir poco sublime qual è Kevin Spacey.


 Spacey


La storyline, per linee generali, è la seguente:


Il docente di filosofia David Gale (Spacey) viene licenziato dall'università del Texas dopo che una studentessa lo accusa falsamente di averla violentata. Lo scandalo gli fa perdere credibilità e la sua vita rotola giù lungo la china: dapprima la moglie lo abbandona portandogli via l'amato figlioletto, e poi per lui arriva persino di peggio: viene condannato alla pena capitale per l’omicidio di una sua  amica.

Poiché Gale è noto per essere un accanito avversario della pena di morte, il caso suscita molto scalpore. A pochi giorni dalla propria esecuzione, l'ex docente chiede e ottiene di essere intervistato dalla giornalista newyorchese Bitsey Bloom (Kate Winslet). Fin dai primi momenti la reporter si convince che quell'individuo colto e mite dev'essere stato rinchiuso per sbaglio nel famigerato braccio della morte, e così, insieme al giovane collega Zack (Gabriel Mann), si adopera per dimostrarne l'innocenza. Ma mancano solo quattro giorni alla data dell'esecuzione...

Inizia così una corsa al cardiopalma che ci condurrà all'imprevedibile - e magistrale - showdown.


 G. Mann, K. Winslet


****************** ACHTUNG SPOILER *******************

(non leggere se non vuoi apprendere dettagli rivelatori)


La giornalista riuscirà a raccogliere le prove dell'innocenza di David Gale ma arriverà troppo tardi per impedirne l'esecuzione. Nel corso delle indagini, sia lei che lo spettatore pensano che ci sia in corso una cospirazione contro l'ex docente. Chi ha architettato l'intero piano per incastrare Gale? Forse il misterioso "cowboy" che segue la macchina di Bitsey Bloom e di Zack? E per chi lavora quel misterioso personaggio? Per i repubblicani? Per il governatore del Texas?

In realtà l'intero piano è stato accuratamente concepito dallo stesso professore di filosofia, il quale, non avendo più voglia di vivere (gli hanno vietato di stare con suo figlio e non può esercitare la sua professione, e inoltre viene ad apprendere che la sua migliore amica - un'attivista fervente come lui - sta morendo di leucemia), decide di martirizzarsi per la giusta causa. L'amica malata non è stata barbaramente uccisa da Gale, ma si è suicidata, come documenta una videocassetta che viene recapitata alla reporter. Il filmato è stato frammentato: le videocassette sono tre, e solo la terza ci farà capire i veri intenti di David Gale...


******************* FINE SPOILER **********************


Leon Rippy (l'avvocato difensore)


Prima di essere scoperta da Alan Parker, la sceneggiatura rimase per anni a prendere polvere negli scaffali degli studios hollywodiani. L'ha scritta un professore di filosofia di Vienna, e da qui le domande metafisiche sulla vita e sulla morte che corredano - tutt'altro che banalmente - molti dialoghi.

Il film è avvincente e si innalza parecchio al di sopra dei soliti thriller d'azione basati sugli effetti speciali. The Life of David Gale è un'opera che coinvolge, sorprende, commuove.


                                             Raccomanded!


"Caino uccise Abele, e Gesù non uccise Caino per punizione."


 




Titolo Originale: The Life oF David Gale


Sceneggiatura: Charles Randolph

Regia:  Alan Parker

Prodotto da Alan Parker e Nicolas Cage

Interpreti:  Kevin Spacey, Kate Winslet, Gabriel Mann, Laura Linney, Leon Rippy

Durata: h 2.10

Nazionalità: USA 2003

Genere: thriller


 

lunedì, dicembre 24, 2007

Come sarà il mondo nel 2030

Più che un ricercatore, Ray Hammond è uno scrittore di fantascienza: The Cloud, Emergence, Extinction... sono le sue opere più note.


Nel suo rapporto The World in 2030, scritto per conto di PlasticsEurope nelle vesti di "futurologo", Hammond ci dice diverse cose interessanti, ma anche delle ovvietà. Tra l'altro, che le condizioni atmosferiche nel 2030 saranno molto probabilmente assai estreme e che la soluzione per la crisi energetica sarà quella di sfruttare fonti di energia naturale e pulita (solare, eolica, del moto ondoso e geotermica).

Grazie, Hammond; ma questo lo avevamo capito da soli.



Poi: "L’essere umano potrebbe vivere fino a 130 anni", e ciò in seguito alle ricerche sul DNA e agli altri sviluppi della medicina. Ma vivere dove, visto che l'ecosistema sarà distrutto? Sotto una tenda d'ossigeno?


"Ci sarà una 'super rete' sempre accesa e sempre collegata." Bene, bravo, ma questo è qualcosa che accade già oggi in molte case...


Poco utile anche apprendere che i computer nel 2030 saranno almeno mezzo milione di volte più potenti di quelli attuali ("Legge di Moore"). Tanta velocità - purtroppo - non aiuta ad aumentare anche quella del nostro pensiero. I dati, una volta risucchiati nella memoria, necessitano di essere assorbiti e capiti...


  Veniamo inoltre a sapere che le tecnologie Radio Frequency Identification (Identificazione a radio frequenza) e i sensori senza fili consentiranno di localizzare e di controllare costantemente i movimenti di esseri umani, animali, merci e quant’altro. (Ipotesi preoccupante per quel che riguarda soprattutto gli umani; ma anche tale controllo è già in atto)


Il controllo elettronico a distanza per elettrodomestici, consentito da dispositivi e componenti in plastica, permetterà di massimizzare i flussi di energia di frigoriferi, lavatrici ecc. con una conseguente riduzione delle emissioni di gas serra. Mah. Si vedrà. Per ridurre tali emissioni, non basta certo "internettizzare" anche gli elettrodomestici...


Le "personalità software" entreranno a far parte della nostra vita quotidiana come assistenti personali e compagni virtuali all’interno di dispositivi mobili. Esse impareranno a conoscerci, a provare emozioni e comunicheranno con noi mediante auricolari e segnali inviati alla retina da occhiali speciali. Bene. Ma, di nuovo: a che pro'? Non sarebbe meglio avere amici in carne e ossa, da ascoltare, guardare e toccare senza bisogno di accessori superflui?





Per concludere, The World in 2030 è un rapporto che in sostanza non ci svela alcunché, bensì sintetizza quali saranno le possibili "scoperte" (è meglio chiamarli "sviluppi") dei prossimi 25 anni. Tutte cose previdibili e già sentite. Molto meglio leggere i dossier dei futurologhi del Club of Rome, indirizzati più verso l'interesse dei singoli che verso quelli delle megacorporazioni.


Tra clonazione umana, disoccupazione di massa, catastrofi ecologiche e meteoriti portatori di epidemie, possiamo affermare che il futuro, ad ogni modo, si prospetta tutt'altro che roseo. Chi sopravvivrà fino al 2030, dovrà usare le unghie e i denti per adattarsi. 


Sempre che non si avveri la profezia Maya.


 Nessun ricercatore ci ha ancora comunque fornito risposte sull'anima, sull'Aldilà, o comunque su come fermare la folle corsa del nostro pianeta verso la voragine certa e come poter girare le lancette all'indietro. La vera sfida sarebbe - anzi: è - questa.


 

sabato, dicembre 08, 2007

Morto Stockhausen, genio della musica contemporanea

"It's an inner revelation that has come several times to me, that I have been educated on Sirius, that I come from Sirius." (Karlheinz Stockhausen)

Il compositore tedesco Karlheinz Stockhausen, coevo e "compagno di sperimentazioni" di Bruno Maderna, Luciano Berio, Pierre Boulez e John Cage, è morto il 5 dicembre scorso, 79enne, nella sua casa di Kürten, in Germania.

Nato a Mödrath - presso Colonia - il 22 agosto del 1928, Karlheinz Stockhausen è stato uno dei più importanti musicisti del XX secolo, spaziando dalla dodecafonia (Arnold Schönberg, Anton Webern) alla musica elettronica.

Allievo al Conservatorio di Colonia dal 1947 al 1951, dove studiò pedagogia della musica e pianoforte, si laureò all'università della stessa città renana in Scienza della Musica, Germanistica e Filosofia. I suoi inizi come compositore furono abbastanza tradizionali (Chöre für Doris). Fu l'ascolto dell'opera seriale di Olivier Messian Mode de Valeur et d’intensités (1949) a segnare la sua vita, portandolo a seguire a Parigi i corsi di composizione del maître francese (ritmica ed estetica). Dal 1950 si mise a comporre non solo proponendo lui stesso forme finora inedite (ha in comune con John Cage la tecnica del "collage"), ma anche inserendo segni assolutamente innovativi nel campo della notazione.

Come docente universitario e autore di numerose pubblicazioni (le sue teorie su tempo e spazio nell'universo dei suoni postulano che “si possono individuare strutture assai simili in musica, letteratura, pittura, scienza e tecnologia”), attraverso le sue attività radiofoniche e grazie a ben 362 composizioni che spesso hanno varcato il confine di ciò che era considerato tecnicamente possibile, Stockhausen contribuì a dare nuovi e decisivi inputs alla musica contemporanea. In particolare lo si ricorda come uno dei fondatori della cosiddetta "musica puntuale".
Sotto di lui studiarono, tra gli altri, Irmin Schmidt e Holger Czukay, rispettivamente tastierista e bassista della band avanguardistica tedesca Can. Fu inoltre fonte di ispirazione per una gran quantità di gruppi e artisti di rock progressivo (Klaus Schulze, i francesi Magma, Frank Zappa, Herman "Sonny" Blount alias Sun Ra, il nostro Battiato...), di jazz (Miles Davis), neoclassica (il pianista e compositore inglese Cornelius Cardew) e pop-rock (David Bowie, Kraftwerk, Björk e, last but not least, i Beatles, che inserirono il ritratto di Stockhausen nella copertina dell'album Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band).

Tra il 1953 (dunque ancor prima che gli americani Robert A. Moog e Donald Buchla sviluppassero i primi synthesizers modulari, facilmente trasportabili) e il 1998 collaborò con lo "Studio für Elektronische Musik" dell'emittente Westdeutscher Rundfunk, per qualche tempo nel ruolo di direttore artistico, e si dedicò anche alla musica elettro-acustica. Fu proprio nello studio sperimentale di Colonia che nel 1955 realizzò una delle sue opere centrali: Gesang der Jünglinge ("Canto dei fanciulli"). Fu l'attrazione principale durante l'Esposizione Mondiale del 1970 a Osaka con le sue composizioni nel padiglione tedesco. Dal 1971 al 1977 fu docente di composizione al conservatorio di Colonia; e insegnò anche a Basilea, a Philadelphia e alla University of California di Davis.

Il suo Hymnen (1966-67) contiene citazioni da 40 diversi inni nazionali; e non è neppure la sua opera più singolare. Spesso i suoi mondi musicali sono un assemblaggio di voci umane, rumori e suoni elettronici: "musica spaziale" che prevede un rapporto armonico di tutte le sue componenti, dall'altezza dei suoni al volume audio. "Il carattere essenziale della mia musica ha sempre a che fare con la religiosità e la spiritualità" affermò una volta, a ricordare la propria conversione al buddhismo zen, che lo allontanò dagli ambienti della sinistra, i quali si mostrarono nauseati da tanto misticismo. "La parte tecnica è solo per spiegare..." Fino alla fine, lavorò assiduamente a sempre nuove opere: spesso per 16 ore al giorno. Per completare il ciclo Licht, considerato "il" progetto della sua vita - come l'Anello dei Nibelunghi lo fu per Wagner -, impiegò oltre un quarto di secolo.

Il buddhismo gli fu da orientamento per il rapporto da tenere con le orchestre. Ylem, del 1972, è il culmine di un'evoluzione dalla musica rigorosamente segnata sul pentagramma a suoni esistenti meramente durante l'esecuzione. Il concetto stesso di "composizione" sembra ormai irrilevante. Già in Aus Den Sieben Tage (1968) lo spartito comprendeva istruzioni verbali, una delle quali chiedeva agli orchestrali di trascorrere "quattro giorni in un silenzio completo... dormite il meno possibile... chiudete gli occhi/ascoltate e basta". I singoli musicisti dovevano interpretare tali suggerimenti basandosi sulla propria personalità e sulle proprie esperienze. Con Ylem, Stockhausen sviluppa questa tecnica radicale invitando i musicisti, tutti raggruppati intorno al sintetizzatore, di suonare la nota centrale del loro strumento, per poi muoversi verso l'esterno, musicalmente e fisicamente, raggiungendo i limiti del palco finché, al segnale di una sillaba urlata, non devono tornare gradualmente al punto di partenza.

Oltre al lavoro compositivo e a quello di direttore d'orchestra, Stockhausen fu molto attivo come manager. A cominciare dal 1991 pubblicò per la casa editrice Stockhausen-Verlag la sua opera omnia in un'edizione premiata sia come spartiti sia come CD.
Nel 1996 gli fu assegnata la laurea honoris causa dell'Università di Berlino e nel 2001 ricevette in Svezia il Polar Music Prize, ritenuto il Nobel della musica.

Il giudizio dei critici su Stockhausen è sempre stato controverso: il suo narcisismo e la sua eccentricità gli procurarono numerose antipatie. "Faccio musica per chi vuole ascoltarla" disse una volta in un'intervista. "Il resto del pianeta mi è indifferente." Lo accusarono, certo non a torto, di essere un alienato, estraneo alla realtà del mondo. In particolare fece scalpore la sua dichiarazione sugli attentati dell'11 settembre 2001: "Questo è il più grande capolavoro a livello cosmico - luciferino nella meticolosità della messa in opera".

Nel maggio 2005 venne eseguita in anteprima mondiale, nel Duomo di Milano, la prima parte di Klang - die 24 Stunden des Tages. Stockhausen aveva in progetto di finire il "Klang-Zyklus" entro il 2028, quando avrebbe compiuto 100 anni.

venerdì, novembre 30, 2007

Benigni: scintilla dell'eterno

"Forse non siamo fatti da Dio ma certamente siamo fatti di Dio"


 Spettacolo piritecnico fin dall'inizio: "Vorrei ignudarmi. Fare all'amore non con tutti voi ma con ognuno di voi. Perché, non dimentichiamolo mai, le persone hanno una cosa in comune: sono tutte diverse. E tutte uniche".


Due ore e mezza senza pubblicità. Un one man show emozionante, divertente e intelligente, snocciolato con scioltezza e a ritmo serratissimo, senza playback e senza bere un solo goccio d'acqua (vedi invece Celentano). Benigni riaccende in tutti noi il senso di appartenenza all'universo. E' un "sì" alla vita, della vita vissuta nel segno dell'Amore, forza che ci fa guardare dall'alto tutti i problemi del nostro tempo.


In diretta dagli studi di Papigno (Terni), il magico ed esuberante guitto di Vergaio esordisce sottolineando: "Noi a volte si crede di essere chissà che e invece siamo solo dei buffi che fan ridere".

Prima di regalare agli italiani il suo Dante (cui dedicherà anche i successivi 13 appuntamenti in seconda serata su RaiUno), Benigni si diverte a ironizzare sul teatrino della politica. Prodi e Berlusconi, Bindi e Bondi, Calderoli, D’Alema e Storace, Mastella e Casini, i Savoia... Ce n'è per tutti.

Si inizia dunque tra tante risate. Poi Benigni passa al V Canto dell'Inferno: Il girone dei lussuriosi, ovvero dei morti per amore. Ed è una piacevole lezione di Cultura e Umanità.

Nostalgia dell'infinito. Il regalo più bello che ci è cascato addosso. Quella ventata di annientamento che ci precipita addosso quando ci si innamora e che smantella il presunto ordine delle cose. Quella sensazione felice, pericolosa e rara che unisce due corpi, due anime e ci fa cadere "come corpo morto cade". Ce lo dice il piccolo diavolo parlando dell’urgenza dei poeti che tirano fuori le nostre storie e danno i nomi ai sentimenti che ci bollono dentro. Amor, ch'a nullo amato amar perdona. Amore che chiama Amore. Amore che è passione, sangue caldo, sofferenza e dolore che bisogna attraversare. Fragilità che bisogna coccolare, e lo dice soprattutto ai nostri giovani, ammonendo loro di non prendere droghe, di non smarrirsi in universi artificiali ("Lasciate ogni speranza voi che entrate: sta scritto all'ingresso di ogni discoteca") bensì di lasciarsi andare in piena coscienza dei sensi, affrontando, pur se  smarriti, impauriti, la visione del baratro. "Quel momento, ragazzi, non ve lo fate sfuggire mai." Con parole antiche che hanno attraversato i secoli, la storia di Paolo e Francesca torna a essere quel desiderio d’infinito che ti prende e ti (ri)porta via. Su quel banco del liceo. Nello sguardo colmo di desiderio. Nell’abbraccio più bello. Nulla di solenne, né di severo. Solo l’Amor che al cor ratto s’apprende e la voce leggera e commossa di un divino giullare. Non è mai troppo tardi per tornare a sognare. Con Dante.


Galeotto fu il libro... Galeotto fu Benigni.

giovedì, novembre 29, 2007

Dedicata ad Andreas

(6/10/1975 - 24/11/2007)

"Nur die Besten sterben jung"


(Böhse Onkelz)







"The Days Are Long And Filled With Pain"


I giorni sono lunghi e pieni di dolore
Di nuovo sciuperemo la nostra esistenza
In tutta la mia vita non ho mai visto
La dolce sposa-bambina del mio peggior nemico

Ora che la mia vita è finita
Non vuoi tenermi stretto a te?
Poiché tu sarai me e io sarò assente
Che cosa troverò dentro la mia testa?

Il sole è andato
Ma c'è ancora luce in fondo alla mia mente
Ci sono ancora tante cose da vedere in questa vita

Oggi sei scivolata dentro la mia testa
Ti sto aspettando sdraiato sul letto
Non ha alcun senso sentirsi giù
Io ho bisogno di più proprio quando tu devi andare

Alcuni diranno che io ho oltrepassato quella soglia
E che tutti i miei sogni sono fatti di banalità
Alcuni diranno che sono caduto dal cielo
Ma ho preso solo un colpo di cuscino su un occhio

I giorni sono lunghi e pieni di dolore
Di nuovo sciuperemo la nostra esistenza
In tutta la mia vita non ho mai visto
La dolce sposa-bambina del mio peggior nemico

Ora che la mia vita è finita
Non vuoi tenermi stretto a te?
Poiché tu sarai me e io sarò assente
Che cosa troverò dentro la mia testa?

Il sole è andato
Ma c'è ancora luce in fondo alla mia mente
Ci sono ancora tante cose da vedere in questa vita



(Maximilian Hecker, tedesco, classe 1977.
Dall'album Infinite Love Songs.)

sabato, novembre 24, 2007

... Piercing?...

Per la serie: Voi chiedete, io rispondo

Your Question:

Come trovi il piercing all'ombelico?
Me ne sono fatto uno appena mezz'ora fa! E ha fatto meno male dell'anello al naso!

My Answer:

Ma perché??? Secondo me, tatuaggi e piercing sono segno di autolesionismo. E poi sono passati di moda... ormai vanno le bellezze "acqua e sapone", come negli Anni Settanta. Mah. Mi spiace ma non credo che questi "abbellimenti" aggiungano qualcosa all'aspetto esteriore e alla personalità di una girrrrl, o ragazza moderna che dir si voglia.

venerdì, novembre 23, 2007

1408


"1408" (1 + 4 + 0 + 8 = 13) è il numero di una camera d'albergo che incuriosisce lo scrittore Mike Enslin (John Cusack), specializzatosi nella ricerca di fenomeni paranormali dopo la prematura morte della figlioletta. Enslin ha scritto due libri su luoghi "stregati", ma in fondo è un agnostico e non crede nemmeno all'esistenza degli spiriti. Finché un giorno non riceve una cartolina su cui sta scritto: DON'T ENTER 1408. L'anonimo mittente in pratica gli suggerisce di non prendere alloggio nella misteriosa stanza, che si trova all'ultimo piano dell'Hotel Dolphin a New York. Lo scrittore raccoglie il guanto della sfida e decide stante pede esattamente il contrario. Dopo aver vinto anche la resistenza del manager dell'albergo (Samuel L. Jackson), il quale a lungo cerca di dissuaderlo dall'"intento suicida", Enslin/Cusack si impianta nella 1408 con il suo laptop, il suo rivelatore di fenomeni extrasensoriali e pochi altri averi.

E per lui inizia l'incubo...



1408 è una riuscita trasposizione di un racconto di Stephen King; sicuramente la più riuscita in assoluto, dopo il celebre Shining a firma di Stanley Kubrick. La pellicola risulta avvincente per via degli special effects (mai eclatanti, per fortuna) e della magistrale recitazione di John Cusack. Molte le sorprese cui, all'interno dell'inquietante camera d'albergo, vanno incontro il protagonista e gli spettatori; e, in conclusione della vicenda, il regista svedese Mikael Hafström (Derailed - Attrazione letale) ci dona anche un finale alternativo a quello ("poco cinematografico") dello Stephen "King of Horror".

"Dopo le proiezioni-test" ha spiegato Hafström, "abbiamo optato per il finale che c'è adesso, perchè sentivamo che era più soddisfacente. Gli altri saranno comunque disponibili sul DVD."



Titolo Originale: 1408

Regia: Mikael Hafström

Interpreti:  John Cusack, Samuel L. Jackson, Mary McCormack, Andrew Lee Potts, Kim Thomson

Durata: 1h 44min.

Nazionalità: USA 2007

Genere: horror





domenica, novembre 18, 2007

Grandissimi!

Sotto una pioggia battente, l'Italia di Donadoni espugna l'Hempdon Park di Glasgow, qualificandosi per gli Europei e facendo arrabbiare un certo psicopatico che si ritrova alla guida della Nazionale francese...

Partenza al fulmicotone degli Azzurri che, consapevoli come mai dei loro mezzi, vanno a segno con Luca Toni dopo soli 70'' (cross di Di Natale). Gli scozzesi cercano di reagire ma, per tecnica e precisione, sono nettamente inferiori ai nostri. Provano allora a sopperire con potenza e velocità, che sono in fondo le caratteristiche principali del loro calcio, e così facendo arrivano anche a commettere qualche fallo di troppo, che l'arbitro Mejuto Gonzales lascia magnanimamente correre. Una seconda realizzazione dell'Italia, a opera di Di Natale, viene ingiustamente annullata (il segnalinee spagnolo scambierà spesso, nel corso del match, fresche per frasche), ma fino a questo momento a noi non sembra importare più di tanto: la squadra di Donadoni appare infatti in grado di controllare agevolmente la situazione.
Nel secondo tempo però i padroni di casa tornano in campo ancora più determinati e, dopo un salvataggio di testa di Pirlo proprio sulla linea (47'), riescono ad acciuffare il pareggio con Fergusson che è lesto a raccogliere una ribattuta corta di Buffon (65'). In realtà la rete non doveva essere convalidata perché il giocatore scozzese era in fuorigioco, ma la terna arbitrale stasera ne sbaglia proprio tante...

L'Hempdon Park, assiepatissimo, si risveglia di colpo, mentre gli Azzurri si mostrano un po' shockati dal goal subito. Il pareggio basterebbe comunque a qualificarsi, almeno virtualmente (dovremo battere solo le Isole Faroer); ma qui salta fuori lo spirito nuovo che Donadoni ha saputo infondere alla squadra. Riprendendosi man mano che vanno rintuzzando gli assalti degli "Highlanders", gli Azzurri mostrano di possedere una mentalità vincente. Così si vede per esempio Panucci spingere sempre più in avanti. Ed è proprio il vetusto difensore romanista che, dopo aver sfiorato un goal di testa a conclusione di un'azione confusa in area scozzese, corona il sogno di tutti gli italiani al 91': punizione-cross di Pirlo dalla destra, Panucci si solleva altissimo e incorna magistralmente, gonfiando la rete degli sgomenti galeici. E' il 2-1 e il giusto trionfo.

Non importa che la punizione non c'era (è stato Chiellini a buttare a terra l'avversario con una poderosa spallata, non viceversa): la nostra vittoria è stata strameritata. Disgraziatamente, grazie a noi si qualifica anche la Francia, che ci risulterebbe un tantino più simpatica se non fosse guidata da quel tale che risponde al nome di Raymond Domenech.

Da Oltralpi, il CT francese, sempre cattivo nei nostri confronti, ne spara una delle sue: "Per una volta, gli italiani servono a qualcosa..."
Stupenda la dichiarazione di Rino Gattuso a fine partita: "Sono orgoglioso della qualificazione raggiunta da questa Nazionale anche se mi infastidisce aver qualificato anche la Francia. Domenech non lo meritava. Ora spero di ritrovarli agli Europei e dar loro una lezione".

martedì, novembre 13, 2007

Ma vi sembra giusto lavorare...?

Per la serie: Voi chiedete, io rispondo

Your Question:

Ma vi sembra giusto lavorare come schiavi per 1000 euro al mese?

My Answer:

Guarda, sono appena tornato dalla fabbrica (turno mattutino: mi alzo alle 4:45 e mi ritrascino nella mia tana, come uno zombi, alle 14:30 circa, traffico permettendo). Sono operaio specializzato (fresatore CNC) e come tale fatico, ma mi danno una paga di operaio generico: prendere o lasciare.
In queste otto ore hanno cercato di spezzarmi, sono stato vilipeso, sverginato, preso a calci, deriso e... minacciato di licenziamento se non riesco a produrre di più (Nota Bene: sono il più produttivo del mio reparto). Ho corso, saltato, son diventato nero per la polvere di metallo (la stessa che ormai mi intasa le vie respiratorie), la mia pelle, i miei capelli e persino i mutandoni sono pieni di scaglie di alluminio, ho rinunciato a parte della mia cosiddetta "doppia pausa" (15 minuti per la colazione, 15 per il pranzo; tutto di corsa) perché dovevo pulire la mia fresa e il pavimento tutt'intorno. Mi fanno male le mani, braccia, schiena, piedi e didietro. E, ora che sono a casa, e a casa intendo rimanere come un recluso anche se fuori splende il sole dopo tanti giorni di brutto tempo, ho soltanto voglia di silenzio, silenzio, silenzio... e magari di surfare un po' su Internet (e difatti eccomi sul mio blog).

No, non mi sembra giusto lavorare come schiavo per 1000 euro al mese. E non è solo per la cifra esigua che ti danno, ma per come ti trattano.
Purtroppo però i 600 euro dell'affitto non me li regala nessuno. Me ne restano 400 o poco più per coprire le spese fisse (benzina, assicurazione auto, abbonamento tivù, riscaldamento, elettricità, ecc.) e il rimanente... il rimanente (quant'è? 60 euro? 70? forse un po' più da quando ho smesso di fumare)... posso investirlo (che sollazzo!) in cibarie assortite. Faccio la spesa al supermercato dei poveri, ovviamente: quasi di nascosto, come un ladro.
E' una specie di dieta coatta...
Se lo fai notare al tuo datore di lavoro (sempre che tu trovi il coraggio di interpellarlo in proposito), ti senti rispondere che lui quasi quasi ti invidia: "Sei così snello, così in forma... Io, invece..." E si batte sulla pancia ben rimpinzita. "Vado in palestra tre volte alla settimana, ma è dura perdere peso!"

Benvenuti nel Terzo Millennio, boys and girls! E... non dimenticate mai di portare con voi un vasetto di vasellina.

venerdì, novembre 02, 2007

E' morto "il fattorino della morte"

Si è spento a Columbus (Ohio), all'età di 92 anni, Paul Tibbets, ex militare statunitense brigadiere generale della United States Air Force, famoso per essere stato il pilota dell'Enola Gay, l'aereo che sganciò la bomba atomica su Hiroshima nel 1945.
Tibbets era figlio di Paul Warfield Tibbets, grossista, ed Enola Gay Haggard. Cresciuto a Cedar Rapids, nello Iowa, nel 1927 si trasferì con la famiglia in Florida. Il 25 febbraio 1937 venne reclutato come pilota cadetto nell'United States Army Air Corps a Fort Thomas, Kentucky. Nel 1938 fu promosso al grado di sottotenente nella Kelly Air Force Base, in Texas.
La missione che gli meritò l'appellativo di "fattorino della morte" fu compiuta il 6 agosto 1945, con un equipaggio di 14 persone. Tibbets aveva allora solo trent'anni ed era già colonnello. L'ordigno da 4,2 tonnellate era chiamato "Little Boy". Deflagrando in aria poco prima di toccare il suolo di Hiroshima, la bomba sviluppò un'ondata di calore che raggiunse i 4.000 gradi centigradi in un raggio di oltre 4 chilometri, seguita da un sinistro fungo di fumo. 140.000 dei 350.000 abitanti della città morirono sul colpo, ma l'esplosione lasciò per anni sulla città una sinistra scia di morte e sofferenza. Alla fine, a Hiroshima le vittime accertate della bomba atomica furono 221.823, contando anche quelle che persero la vita per i danni provocati dalle radiazioni.
“La bomba fu sganciata alle 8:15 di mattina” ha detto Tibbets anni fa in un'intervista. “Se Dante fosse stato con noi sull’aereo, sarebbe rimasto atterrito. La città che avevamo visto così chiaramente pochi minuti prima nella luce del sole, era ormai un’orribile chiazza, scomparsa completamente sotto una spaventosa coltre di fumo e fuoco. (...) Non sono orgoglioso di aver ucciso quelle persone, ma sono orgoglioso di essere partito dal niente, aver pianificato l'intera operazione ed essere riuscito a eseguire il lavoro perfettamente. La notte dormo bene."

Tibbets ribattezzò il B-29 "Enola Gay" in onore della madre.

Robert Lewis, il capitano che era a bordo della superfortezza volante, scrisse sul suo registro: "Dio mio, che cosa abbiamo fatto?"

domenica, ottobre 14, 2007

La catastrofe sociale in Germania

Nella Paulskirche di Francoforte sul Meno si è tenuta oggi la tradizionale manifestazione del Friedenspreis, riconoscimento che viene assegnato a scrittori contraddistintisi per il loro impegno per la pace. Alla fine della cerimonia, un tedesco 44enne di origine romena si è staccato dalla folla assiepatasi all'esterno e si è gettato contro il Presidente della Repubblica Federale  Horst Köhler, stringendolo al collo. L'intervento delle guardie del corpo è stato provvidenziale per Köhler. Sembra che il motivo dell'aggressione non sia di natura politica (il premio è andato allo storico israeliano Saul Friedländer). Con il suo gesto, l'uomo voleva attirare su di sé l'attenzione generale. Il suo è un caso disperato: non ha lavoro e non riesce a pagare l'affitto di casa.


Da quando è iniziato lo smantellamento dello Stato sociale, in Germania la povertà è drasticamente cresciuta. Nelle strade delle grandi città si aggirano senzatetto e bambini vestiti di stracci: un fenomeno mai registrato prima nella storia della Bundesrepublik.  



 


Le bugie della 'Bild', Lidl, no fumo, Ich arbeite..., Günter Grass, Günter Grass 2, Chomsky, Hirschman, Naziskin, Angela Merkel 3, Italiastan, Bild Zeitung, Angela Merkel 2, Angela Merkel 1, lavoratore interinale, Arbeit macht frei?, "cerco lavoro", stanno bruciando pizzerie, Berluska Superstar, USA-URSS, Le reginette del gossip tedesco, Carnevale nell'Est Germania, Caos organizzato (I)

J.K. Rowling versus Calcutta

 La città di Calcutta, in India, si ritrova a doversi difendere dall'accusa di "infrangimento di copyright" che le costerebbe 50.000 dollari se il giudice darà ragione alla scrittrice J.K. Rowling e alla Warner Bros., che si sono costituiti come "parte lesa".


Il motivo? Al Durga Puja Festival è stato riprodotto, per la gioia dei bambini, l'"Hogwarts Express", insieme ad alcune figure della saga di Harry Potter. Un portavoce del comune ha detto che al processo i responsabili cercheranno di dimostrare che hanno agito senza scopo di lucro.




A propos del copyright


I diritti d'autore - anche se allora non si chiamavano così - ebbero le loro origini nella Venezia del Cinquecento. Nel 1710, in Inghilterra il copyright era fissato a 14 anni, rinnovabile per altri 14 anni nel caso l'autore fosse stato ancora in vita. Nel 1769 gli editori chiesero, e ottennero, che i diritti venissero prolungati ab aeternum. Nel 1774 tale emendamento fu revocato:  il copyright era un diritto da considerarsi limitato nel tempo.


Negli Stati Uniti d'America, la durata del copyright era di 42 anni nel 1831 e di 56 nel 1909 (28 anni, più altri 28 se l'autore voleva prolungare i termini). Nell'ultimo quarantennio la legge è stata cambiata ben 11 volte: nel 1976 la durata era di 50 anni dopo la morte dell'autore, nel 1988 (l'"extension act", noto più precisamente come "Sonny Bono copyright term extension act") di 70 anni dopo la morte dell'autore. Questo termine fu ripreso anche dalla Gran Bretagna nel 1995.


Dunque, se io compro l'Ulysses di Joyce, non posso leggerlo impunemente ad alta voce (se non, forse, a una cerchia di amici e solo entro le quattro mura di casa mia).  E anche chi scrive una recensione deve stare ben attento a non esagerare con le citazioni. Questa delle letture e delle citazioni è una situazione certamente paradossale, in quanto più si propagano i contenuti e le idee di un'opera e più c'è la possibilità che quest'opera venda maggiormente. A ben vedere, chi fa pubblicità a un libro (o a una canzone, o a un quadro...) dovrebbe incassare qualche soldo anziché pagare.


Ma ancora più paradossale è che tale situazione non è circoscritta ai soli prodotti artistici. Anche un'invenzione patentata e ormai inattuale difficilmente si lascia sviluppare senza pagare "l'obolo" di turno agli eredi dell'inventore. Conosco un tizio che annovera tra i suoi antenati l'ideatore di una speciale cerniera per porte. Ogni volta che si vende quel tipo di cerniera, lui incassa qualche euro; e ciò senza aver fatto nulla per meritarsi tanto onore. E  pensiamo ai discendenti di Levi Strauss, l'ebreo tedesco che inventò i jeans: ogni qualvolta qualcuno da qualche parte nel mondo compra un paio di queste brache di tela azzurra (qualsiasi sia la marca), gli eredi di Levi Strauss vedono accrescere il loro conto in banca...


 


Pietrificus totalus! Anche la Rowling ha plagiato


               

Chi ha scheletri nell'armadio non dovrebbe frugare nelle case altrui. Da quando fu chiaro che il maghetto con gli occhiali avrebbe rappresentato per loro una vera e propria miniera d'oro, l'autrice inglese e il suo entourage editoriale stelle-e-strisce hanno difeso con i denti la presunta "proprietà spirituale" del fortunato personaggio. Ciò che molti ignorano è che la stessa Rowling è una plagiatrice. Ha infatti ricavato il personaggio di Harry Potter da alcuni libri dell'americana Nancy Stouffer: The Legend of the Rah and Muggles e Larry Potter and his best friend Lilly (quest'ultima serie consta di dodici volumi).


Quali sono le coincidenze incriminate?

Innanzitutto i nomi di alcuni personaggi, a partire da quello dello stesso protagonista: Harry nella saga della Rowling, Larry nei libri della Stouffer. Anche Lily Potter, la madre di Harry morta in un incidente, ha una quasi omonima in Lilly Potter (!). E i "guardiani dei giardini" della Stouffer diventano i più famosi "guardiani delle chiavi" della Rowling.

Nei libri di Nancy Stouffer appare inoltre un personaggio di nome "Nimbus", che è capace di volare. E "Nimbus" è la denominazione di diverse scope volanti che Harry Potter cavalca nel corso delle prime avventure. "So molto bene che ogni tanto in libri diversi ci sono frasi, nomi e situazioni simili" dice la scrittrice della Pennsylvania, "ma quando le somiglianze sono talmente numerose, è ovvio che non posso più credere a una semplice coincidenza."

In gioco c'è anche una questione di copyright sulla parola "muggles", che la Stouffer sostiene di avere inventato: nel suo libro, i Muggles sono i nani che si prendono cura di due orfani dotati di poteri magici; nella saga della Rowling, invece, i maghi chiamano Muggles (in italiano tradotto con "Babbani") gli umani.

(Il vocabolo comunque non è farina del sacco né dell'una né dell'altra autrice: è un termine gergale per definire la marijuana e figura tra l’altro in una canzone di Louis Armstrong.)


 I libretti della Stouffer non ebbero fortuna e furono messi in commercio solo sulla costa orientale degli Stati Uniti. Era la fine degli Anni Ottanta, e la Rowling nel 1988 si trovava a Baltimora: potrebbe quindi averli letti là.


Se il plagio consiste nel copiare idee tratte dal lavoro di altri artisti e usarle per creare una propria opera, Joanne K. Rowling è colpevole. E invece che cosa accade? Accade che la scrittrice inglese non solo ha vinto - come per magia! - la causa intentatale dalla Stouffer, ma ha pure ottenuto che questa, oltre a pagare le spese processuali, venisse a sua volta accusata di essere una volgare Babbana... ehm... contraffattrice. Già, già: chi è potente, ha la ragione dalla sua parte.



Ma ecco che altre accuse a J.K. Rowling arrivano dal fumettista Neil Gaiman. Il suo personaggio Timothy Hunter (un ragazzino che apprende di essere il mago più potente mai esistito) vive avventure non dissimili da quelle di Harry Potter. Inoltre, anche Timothy Hunter - così come il Larry Potter di Nancy Stouffer - porta occhiali identici a quelli del più celebre maghetto e (solo una coincidenza?) ha come unico compagno un gufo. Le tavole illustrate di Gaiman (The Books of Magic) uscirono la prima volta all'inizio degli Anni Ottanta. La serie venne successivamente curata da John Ney Rieber e diversi collaboratori. Moltissime le "strane analogie" tra il bestseller planetario e il fumetto della DC Comics/Vertigo individuate dagli attenti fans di quest'ultimo. 

Anche qui si dirà: la romanziera si è soltanto "ispirata" a questi fumetti. Bene, ma allora che cos'è il plagio?

Saranno solo aspetti esteriori, però il sospetto che la Rowling non sia del tutto "illibata" è lecito.


Forse il vero plagio letterario l'ha compiuto l'autore russo Dmitri Yemets, che ha creato la maghetta (anche lei miope) Tanya Grotter. La Rowling e la Warner Bros. sono stati svelti ad alzare la voce, trascinando davanti a un tribunale olandese Yemets e la Eskimo, sua casa editrice. I quali, con aria innocente, hanno replicato che le vicissitudini della maghetta (che in Russia hanno più successo di quelle di Harry Potter) vogliono in realtà essere una parodia e un omaggio al corrispondente eroe anglosassone (un po' come la "fan-fiction" che prolifera sul Web)... Spiegazione toccante, che ha in parte convinto la corte olandese. Tanya Grotter continuerà a esistere; solo, le è stato  interdetto il diritto di agitare la bacchetta magica al di fuori della sua patria.

giovedì, ottobre 11, 2007

Nobel per la Letteratura a Doris Lessing

Finalmente, a 88 anni, l'ha vinto. Non glielo volevano dare forse perché ha scritto diversi romanzi di fantascienza, come se questo fosse un peccato imperdonabile (e allora Orwell? e Anthony Burgess? ah già, neanche loro l'hanno ricevuto), e finalmente, ora che è una vetusta nonnetta, ecco arrivare l'ambito riconoscimento.

Doris Lessing (all'anagrafe: Doris May Tayler) è inglese ma nata in Iran (ex Persia). A cinque anni fu portata in Rhodesia (oggi Zimbabwe) dai genitori, che tentavano l'avventura coloniale secondo il romanticismo illusorio tipico dell'èra vittoriana. Dopo aver frequentato un collegio femminile nella città rhodesiana di Salisbury, a tredici anni Doris se ne fuggì per trasformarsi in un'intellettuale autodidatta.
A quindici anni decise di lasciare anche la casa dei suoi (forti contrasti con la madre a causa dei metodi d'educazione troppo rigidi) e lavorò prima come infermiera, poi come centralinista e infine come impiegata. Nel 1937 si sposò (dal matrimonio nacquero due figli) per poi divorziare nel 1943, ed entrò a far parte del Left Book Club, associazione comunista dove conobbe Gottfried Lessing, attivista politico ebreo-tedesco che in seguito sposerà e dal quale avrà un terzo figlio: Peter.
Nel 1949, fallito anche questo matrimonio, si trasferì con il solo Peter in Inghilterra. Doris aveva a questo punto 30 anni e, con il suo spirito indomito e sofferente, doveva affermarsi in una Londra povera e devastata dai bombardamenti. Ci riuscì pubblicando il suo primo romanzo: L'erba canta. Ebbe così inizio la sua attività di scrittrice politicamente impegnata, soprattutto sul fronte delle battaglie femministe.

***

La Lessing ha scritto poemi, saggi e romanzi, accanto a numerose opere influenzate dalla fantascienza, per lo piú sconosciute in Italia. Tra queste il famoso ciclo Canopus in Argos; Archives (cinque romanzi), in cui, fra mito, favola e allegoria, si racconta il destino del pianeta Terra dopo la glaciazione.

Il libro che l'ha fatta entrare nel circolo dei papabili al Nobel è Il taccuino d'oro (1962). Gli altri titoli che consigliamo sono: Memorie di una sopravvissuta (1974), Racconti londinesi (1987), Il quinto figlio (1988) e La storia del Generale Dann, della figlia di Mara, di Griot e del cane delle nevi (2005).

Quando le chiedono quali dei suoi libri considera il più importante, la scrittrice sceglie la serie fantascientifica di Canopus in Argos.

Il Premio Nobel per la Letteratura le è stato consegnato con la seguente motivazione: "Cantrice dell'esperienza femminile, ha messo sotto esame, con scetticismo, passione e potere visionario, una civiltà divisa".

mercoledì, ottobre 10, 2007

Nooo! La Regina dell'Isola estradata!


Costernazione per l'eliminazione del concorrente più simpatico dell'Isola dei Famosi 5, ovvero Cristiano Malgioglio. Era lui che teneva alti gl indici di ascolto, ma il pubblico gli ha preferito l'ex velina Miriana Trevisan.

Andato in nomination in seguito a una discutibile scelta di Francesco Coco (la sua "metà"), Cristiano e i suoi fans hanno vissuto una settimana abbastanza tranquilla, sicuri che il cantante e paroliere calabrese non sarebbe uscito. E invece...

Io al posto di Coco avrei mantenuto la mezza promessa fatta e avrei abbandonato la competizione. Ma probabilmente l'ex difensore dell'Inter è solo un abile stratega. MatchPOINT-Sisal dà vincitore proprio il fu calciatore (quota: 3.50) e, guarda caso, fino a ieri Malgioglio e la Trevisan occupavano i posti d'onore (rispettivamente: 6.50 e 8.50). Ora ovviamente sono Coco e la showgirl i favoriti, anche perché Malgioglio, dopo diverse moine, ha - coerentemente! - deciso di non rimanere sulla spiaggia dei reietti, sordo alle insistenze di Simona Ventura.

Indubbiamente splendida: Miriana Trevisan

Dopo l'annuncio del risultato del ballottaggio, nella ruina Checchi Paone (l'uomo di scienza convinto di essere non sull'Isola, ma ancora in Libano a una conferenza con Kofi Annan sui diritti umani, e per questo fa affermazioni del tipo: "Io non nomino nessuno perché nominare è diseducativo!"... "Questo è un gioco cattivo, lo dico da anni"... "Io non brucio le facce altrui come si faceva nei roghi del nazismo"... "Io non voglio dare un cattivo esempio ai bambini!") ha avanzato la possibilità che il motivo della scelta popolare fosse da ricercare in una strisciante avversione verso gli omosessuali. Teoria molto credibile; rafforzata peraltro dal banchiere padano Sandrino, il quale ha palesato le sue preoccupazioni all'eventualità di essere raggiunto nel suo eremo non da un uomo né da una donna, bensì da uno del "terzo sesso". Cosa che infine si è verificata. Sbarcato sulla spiaggia, Malgioglio si è subito lasciato andare a una delle sue caustiche osservazioni nel vedere il ridicolo costumino indossato dal banchiere... Per poi però, in lacrime, tornarsene risolutamente sulla barca di Caronte. Che lo ritraghetterà sulla terraferma.

Tra clavicole spezzate (Belmondo), sospetti calcoli renali (il Principe di Roma) e mancamenti vari, lo show va avanti. E il barracuda continua imperterrito a scorrazzare nelle acque honduregne.



"Guardatevi le spalle!"

lunedì, ottobre 08, 2007

Incredibile! Luca Toni va ancora a segno

Doppietta del bomber italiano all'Allianz Arena di Monaco di Baviera, dove il Bayern si aggiudica il derby bavarese battendo per 3-0 il Norimberga.
Stadio strapieno (69.000 spettatori) mentre ancora impazza l'Oktoberfest. Il goal del vantaggio è di Luca Toni, su punizione respinta maldestramente dal portiere avversario; si tratta del quinto 1-0 di seguito siglato dall'attaccante modenese. 2-0 di Zé Roberto su lancio di Ribery e si va al riposo. A 10' dalla fine, Toni sigilla il 3-0 con un colpo di testa su calcio d'angolo battuto da Zé Roberto. Il Bayern ora è a +5 sul sorprendente Karlsruhe secondo (squadra promossa dalla Zweite Bundesliga), mentre il bomber azzurro (soprannominato "Luca Tori": da "Tor", che significa "goal") con 8 reti raggiunge il compagno Miroslav Klose in vetta alla graduatoria dei capocannonieri.  



Classifica

Bayern Monaco 20 punti
Karlsruhe 18
Werder Brema 17
Amburgo 17
Schalke 04 16
Hannover 96 16
Bayer Leverkusen 14
Hertha Berlino 13
Eintracht Frankfurt12
Wolfsburg 12
Borussia Dortmund 12
Stoccarda 10
Arminia Bielefeld 10
Bochum 9
Hansa Rostock 9
Norimberga 6
Duisburg 6
Energie Cottbus 4

domenica, ottobre 07, 2007

A proposito di Schmidt


Ci si chiede perché spesso Hollywood compri i diritti di romanzi eccellenti e ne faccia dei film che presentano una storia completamente diversa. Nel suo libro About Schmidt, Louis Begley ritrae un avvocato di successo che va in pensione a sessant'anni. Sua moglie, alla quale appartiene la lussuosa magione in cui abitano, soffre di una malattia che la porterà ineludibilmente alla morte. Il tutto è ambientato a New York e negli Hamptons ed è raccontato in uno stile che ricorda da vicino Knut Vonnegut.

Albert Schmidt (questo il nome del protagonista letterario), oltre a essere un uomo pieno di pregiudizi - frutto anche
dell'educazione sbagliata -, ha, nonostante l'età, una carica sessuale invidiabile, e lo vediamo andare a letto con molte donne che sembrano fare a gara per concederglisi. Sua figlia, che ha avuto il privilegio di frequentare Harvard e lavora per una multinazionale del tabacco, sta preparandosi a sposare un giovanotto ebreo - avvocato - che è al servizio dello studio legale di cui Schmidt era co-titolare.

Begley illustra spietatamente la falsa morale degli WASP e uno dei temi principali (anzi: il tema principale) del romanzo è
l'antisemitismo così diffuso in America soprattutto tra i bianchi agiati.


La pellicola diretta da Alexander Payne (2002) ci mostra invece Warren R. Schmidt (ma perché cambiargli pure nome?) nei panni di un ex agente assicurativo in pensione. Questo Schmidt più povero e più trasandato vive a Omaha, Nebraska, e insieme alla moglie incarna la tipica middle class anziché la fortunata casta descritta nel libro. La figlia abita a 1000 miglia di distanza e il giovanotto da lei amato non è il rampollo di due psichiatri ebrei felicemente sposati, bensì il primogenito di una stramba coppia divorziata dedita a un libertinismo che è chiara reminiscenza dell'èra hippy.


Lo Schmidt del film è un personaggio assai patetico. Non conosce avventure erotiche (neanche da vedovo) e, se non fosse stato interpretato da Jack Nicholson, noi non saremmo qui a scrivere questa recensione.


Commercializzato come "commedia brillante", A proposito di Schmidt ci vende una storia evanescente che i soliti critici "geniali" giustificano come lo specchio di quella vacuità dentro cui ristagna l'esistenza dell'anziano protagonista. In effetti Nicholson/Schmidt esprime molto bene la povertà di sentimenti che caratterizza larghi strati della piccola borghesia. A tale meschinità, o se volete a tale "stitichezza dell'anima", fa da contrappasso l'impegno che il vecchio si è voluto accollare: mandare ogni mese 22$ a Ndugu, un bimbo africano adottato a distanza. (La cifra sembra irrilevante, ma ricordiamoci che non stiamo parlando del brillante professionista del libro, ma di un cittadino ormai ingrigito che ha sempre faticato per arrivare alla fine del mese.) Le missive indirizzate al piccolo Ndugu rappresentano tra l'altro l'unico contenitore in cui Warren R. Schmidt può liberamente riversare i propri pensieri, confessare e confessarsi; seppure finanche in esse egli si ritrova spesso a mentire o ad abbellire la verità.  

L'adozione del bambino tanzaniano è avvenuta in seguito a un invito televisivo: trattasi dunque di un
tentativo come tanti per ammazzare la noia, non del risultato di umana generosità. Alla fine, quando Schmidt legge una lettera inviata dall'istituto in cui è ospitato Ngudu, sgorgano finalmente le lacrime. Ciò però non è il segno della perdita d'inerzia e della conversione a buoni e giusti principi, ma solo uno sfogo senile. 


Molti i nodi che la sceneggiatura lascia irrisolti. Primo tra tutti, l'avversione che Schmidt prova nei confronti di Randall (il genero o futuro tale) e della sua bislacca ma simpatica famiglia. Forse molti spettatori hanno creduto che Payne, il regista, abbia voluto fare del giovanotto in questione un perfetto idiota - o "un cammello", per usare il vocabolario dello stesso Schmidt -, e come tale lo hanno giudicato. Ma gli autori si e ci contraddicono con la scena in cui il vecchio vede, nella stanza di Randall, il diploma di perito elettronico e i titoli che il giovane ha acquisiti in campo sportivo (giocando a calcio, nientedimeno: per sottolineare la stravaganza della sua tribù). Randall, a conti fatti, non è dunque quel fallito che sembra (pur se si è ridotto a fare il venditore di materassi ad acqua), e la sua sincera compartecipazione al dolore di Schmidt in seguito alla perdita della consorte è uno dei tanti fattori che ce lo rendono amabile.

Tuttavia, agli occhi di Schmidt rimane un "loser", e quindi indegno a impalmare la sua cara piccina.


La mentalità dei perdenti e dei vincenti è estremamente radicata nella società americana (e in tutto il mondo americanizzato); se è questo l'aspetto che Payne voleva condannare, avrebbe dovuto dare una piega più decisa, meno vaga, ai suoi personaggi. Avrebbe dovuto fare di Randall un vero perdente e un vero idiota; e la decisione della ragazza di sposarlo sarebbe dovuta essere dettata non dall'amore (che c'è ed è forte, com'è evidenziato da molti punti della pellicola), bensì da un atto di ritorsione contro la testardaggine paterna.


Il film è lento, ma non è questo che ci disturba: la lentezza potrebbe essere un paradigma della vecchiaia. Qualcuno ha però affermato che Payne abbia voluto ispirarsi, più che al libro, al dramma sulla noia Ikiru (1952) del grande Akira Kurosawa, nonché a certe opere di un altro sommo maestro giapponese, ovvero Yasujiro Ozu, e in particolare a Tokyo Story (Tôkyô monogatari; 1953). Può darsi che sia così, ma, a parte l'ottima fotografia, il suo film ha troppe pecche. Non basta la bravura di Nicholson e di Kathy Bates per fare di A proposito di Schmidt un capolavoro; e nemmeno un prodotto appena più che accettabile. Come in tutti gli altri lavori di questo regista, siamo di fronte a un banale drammetto hollywoodiano contenente un messaggio "umanitario" nebuloso e trito. Basta guardarsi intorno per trovare film ben più significanti incentrati sulla solitudine della vecchiaia e sulla morte. Il cinema, indipendente e no, ne ha sfornati parecchi. Alcuni titoli su tutti: No Place to Go, Tell Me a Riddle, Going in Style, Aquel ritmillo, Cocoon e Paradise Grove.

venerdì, ottobre 05, 2007

Calcio: una settimana di Coppe "Didastrosa"

In Champions vince solo l'Inter. In Coppa UEFA si salva solo la Fiorentina - ai rigori; ma meglio di niente - mentre vengono buttate fuori Empoli, Samp e Palermo (quest'ultima in maniera davvero ingenua). I riflettori però sono tutti puntati sul Milan, che ancora una volta ha deluso, e soprattutto sono puntati sul portiere rossonero Nelson Dida.

A causa della sua simulazione, il brasiliano è oggetto di riprovazioni e spottò da parte di tutti, e mi è persino capitato di leggere, in molti articoli, parole di elogio per la giustizia (sportiva e no) scozzese, che ha immediatamente provveduto a punire l'isolato invasore; in questi articoli si fanno paragoni con la nostra giustizia... E a me pare che siano solo un ennesimo pretesto per dir male dell'Italia.

Allora: tanto per cominciare, noi italiani siamo più civili degli scozzesi e dei britannici in generale, anche in fatto di legislazione.

Inoltre: il "caso Dida" è stato gonfiato a dismisura per semplice mania di sensazionalismo. In realtà non è accaduto nulla di grave. Il tifoso entrato in campo non ha fatto del male a nessuno: ha solo gioito - a modo suo - per il goal del Celtic. Adesso però, oltre a essere stato escluso da tutte le partite della squadra che ama, rischia persino la galera.
Grave semmai è la disattenzione del servizio d'ordine del Celtic Park. E' qui che deve intervenire la UEFA!

Ed è vero che il portiere del Milan ha inscenato una commedia a dir poco grottesca dopo essere stato leggermente toccato sul collo, ma neanche lui andrebbe severamente sanzionato per questo. (Io sono interista e ricordo benissimo la sceneggiata di "Bonimba" in un celebre Inter-Mönchengladbach che fu caratterizzato da una caterva di reti tedesche e dal lancio di una lattina di birra.) Per Dida, una piccola multa e via: bisogna capire la tensione dei giocatori durante un incontro tanto importante. A questo proposito, anzi, abolirei anche quella regola assurda che costringe gli arbitri a punire i calciatori che "esultano troppo a lungo" dopo aver segnato un goal e/o che si tolgono la maglia. Il calcio è fatto soprattutto di passioni.

Semmai il portiere milanista sarebbe da sanzionare - da parte del suo stesso club - per le mere prestazioni sportive, veramente "didastrose". Ma questa è una questione interna ai rossoneri, risolvibile dunque solo dal "summit" dirigenziale di Galliani & Co.



Il video della simulazione di Glasgow

domenica, settembre 30, 2007

L'ultimo libro di Naomi Klein...

è un pugno in faccia al neoliberismo. E in particolare a Milton Freeman (Premio Nobel spentosi nel 2006) e ai suoi seguaci, i cosiddetti "Chicago Boys". Gli ex studenti di Freeman in una delle facoltà di Economie più rinomate del mondo hanno incominciato, a partire dagli Anni Cinquanta, a occupare posti importanti nelle organizzazioni governative e commerciali degli USA e di altri Paesi, attuando conseguentemente la dottrina "shock" del loro maestro.

The Shock Doctrine: The Rise of Disaster Capitalism è un volume di quasi settecento pagine in cui Naomi Klein, famosa attivista anti-globalizzazione (salita alla ribalta per il suo bestseller No Logo) dimostra le strategie dei neocapitalisti. Una di queste è quella di indebolire uno Stato o un'intera, vasta regione del mondo attraverso manovre d'urto sia politiche che ambientali. Il crollo del comunismo con la conseguente caduta della Cortina di Ferro, il conflitto iracheno e l'uragano "Katrina" sono solo tre dei numerosi esempi riportati nel tomo. Subito dopo lo "shock", l'elite politico-finanziaria approfitta del caos per favorire l'affermazione di leggi a discapito della volontà popolare.
The Shock Doctrine può considerarsi un vero e proprio di testo di Storia moderna. La Klein ha effettuato ricerche approfondite che ci mostrano il modo in cui Freeman e consorti hanno portato avanti la loro conquista del mondo. Dal golpe di Pinochet in Cile al massacro di Piazza Tienamen a Pechino, per passare inevitabilmente agli attacchi terroristici dell'11 settembre: ovunque i Chicago Boys hanno avuto un ruolo predominante. Molto dura la critica mossa dalla scrittrice sia alla CIA sia al sistema sanitario degli Stati Uniti (in apertura del libro viene descritto il trattamento a base di elettroshock e droghe di un cittadina americana caduta nelle grinfie di un psichiatra sadico; esempio che si offre come triste paradigna: come per abbassare le difese di un prigioniero si adottano tecniche di shock, così per abbassare quelle della comunità si possono sfruttare gli shock collettivi).
Contrariamente a quanto dichiarano i suoi sostenitori, il neoliberismo non ha affatto recato benessere a tutta l'umanità, bensì ha accentuato le disuguaglianze fra le differenti classi sociali all'interno di uno stesso Paese e le sperequazioni tra nazioni ricche e il "sud" del mondo. Ovvero, è aumentata la ricchezza di alcune regioni mondiali e delle multinazionali a discapito della maggioranza dei poveri. Gli esiti per le popolazioni locali sono disastrosi (a parte i pochi individui che ne traggono un dubbio vantaggio) e gli stessi Stati Uniti, insieme ai Paesi dell'EU, stanno a testimoniarlo: l'indice di povertà e la perdita della libertà (quest'ultima espressa tra l'altro sotto forma del capestro di "riforme fiscali") crescono a dismisura anche all'Ovest.
E, sottolineamolo ancora, uno degli effetti collaterali maggiori di questo capitalismo d'assalto sono le catastrofi naturali. Dunque, la resistenza contro questo strapotere del capitale, contro l'arricchimento selvaggio e lo sfruttamento delle risorse umane e naturali, è d'uopo; altrimenti che mondo erediteranno da noi i nostri figli?



In un breve film realizzato insieme ad Alfonso Cuaron (il regista di Children of Men), Naomi Klein ci illustra per linee generali i contenuti della sua nuova, esplosiva opera.






Fonti d'approfondimento:

Truthout.org
ZNet
Le giornate a modo mio...
bernyblog
Metropoliautonomiapossibile

venerdì, settembre 21, 2007

domenica, settembre 16, 2007

Quelli che il calcio: senza Gnocchi non funziona

Gene Gnocchi era l'anima di Quelli che il calcio. Senza di lui, il programma condotto (per il settimo anno consecutivo) dalla Ventura è diventato un riempitivo domenicale tutt'altro che appagante. Come al solito il calcio viene ridotto a pochi commenti e ai risultati che scorrono in fondo allo schermo; il resto è un minestrone di personaggi scoloriti, primo tra tutti "Lucifero" (la voce fuori campo, stupida e tutt'altro che dissacrante). Mancano comicità e buon umore, sacrificati sull'altare di un teatrino dell'assurdo da bar di periferia. Si salvano soltanto Max Giusti e Lucia Ocone con le loro esilaranti parodie, ma ci vuole ben di più per occupare in maniera interessante e divertente tutte queste ore. Peccato che non si sia dato spazio ai re italiani dell'umorismo (si potevano invitare a turno Aldo, Giovanni e Giacomo, Picarra e Ficone et similia). I responsabili devono comunque inventarsi qualcosa per ridare un senso al programma.





La storia in sintesi di Quelli che il calcio

Inizio: 1993 su Rai 3. L’idea era quella di produrre un contenitore calcistico che potesse divertire come Mai Dire Gol della Gialappa’s Band in onda su Italia 1.
La conduzione della trasmissione venne affidata a un giovane emergente: Fabio Fazio. Fondamentali per le prime edizioni furono le radiocronache di tifosi d’eccezione, come Idris, giornalista sportivo senegalese e sfegatato juventino (ma sua moglie è interista, mentre la figlia tifa per il Milan), che con quel suo modo di seguire le vicende delle "Zebre" è riuscito a diventare simpatico anche ai non-juventini. Tra gli altri personaggi si distinsero Paolo Brosio, Teo Teocoli e Peter Van Wood. Quest'ultimo aveva il compito di fare i pronostici sulla partita di cartello, ma portando spesso sfortuna al team che dava per favorito. Inoltre, i radiocronisti di Tutto il calcio minuto per minuto intervenivano nei goal e nei momenti salienti dei match.
1998: "promozione-trasferimento" di Quelli che il calcio su Rai 2.
Nel 2001 Fazio lasciò e venne sostituito da Simona Ventura, con Gene Gnocchi collaboratore fisso del programma. Nel primo anno con la nuova conduttrice, il calcio occupa ancora una parte importante, poi lo spazio sportivo viene sempre più ridotto a vantaggio di reality e trash vario. L'unica bella novità è il Mainfredi Team, che "ricostruisce" ad hoc tutti i goal della Serie A.
Nel 2007 sparisce anche il Mainfredi Team e Gnocchi decide di abbandonare "per non ripetere sempre le solite battute"... battute che del resto erano divenute meno caustiche e più "politically correct" dopo una telefonata-minaccia del ministro Gasparri.

giovedì, settembre 06, 2007

Ciao, Big Luciano!

Aveva 71 anni. Da tempo era malato di tumore al pancreas.

Nessun dorma.

Luciano Pavarotti era diventato popolare dopo che nel 1961 aveva vinto un concorso come miglior interprete di Rodolfo ne La Bohéme di Puccini. Ogni volta che si esibiva nei grandi teatri di tutto il mondo (dal Covent Garden di Londra al Metropolitan di New York), raccoglieva plausi e applausi. A cominciare dagli anni Novanta formò con Placido Domingo e José Carrera il trio de "I tre tenori". Al culmine del successo divorziò dalla moglie per sposare la sua segretaria Nicoletta Mantovani.



giovedì, agosto 16, 2007

Trent'anni fa moriva Groucho Marx

 Julius Henry Marks


"Naturalmente nella vita ci sono un sacco di cose ben più importanti del denaro. Ma costano un sacco di soldi!" Non è una battuta di Woody Allen, ma di Groucho, uno dei quattro Fratelli Marx, i comici surreal-demenziali che, tra i tanti meriti, ebbero quello di essere tra i primi a saper cavalcare il cinema sonoro. Julius Henry Marks (questo il suo vero nome) nacque il 2 ottobre del 1890 in quella che diventerà ben presto la famiglia più famosa - nonché più numerosa - della storia del cinema. Il clan dei Marks, in arte Marx, era composto, oltre che da lui, da Leonard detto Chico (1887-1961), Arthur detto Harpo (1893-1964), Milton detto Gummo (1894-1977) e Herbert detto Zeppo (1901-1979). 



Minnie Schönberg, la loro efficiente madre oriunda tedesca, li fece esibire tutti insieme negli anni Dieci, ma rimasero in quattro negli anni Venti dopo il ritiro di Gummo. Il quartetto comico subito impose a Broadway la sua comicità anarcoide, specie in commedie musicali come The Cocoanuts (Il ladro di gioielli; 1925) e Animal Crackers (1928), che diventarono altrettanti film rispettivamente nel 1929 e nel 1930. Harpo si munì di un'arpa, Chico di un piano, Groucho di una chitarra e Zeppo di un sassofono, e i Marx Brothers fecero del 'nonsense' e della rivolta contro tutto e tutti il loro stile scatenato e fracassone. Esempi: Monkey Business (Quattro folli in alto mare; 1931), Horse Feathers (I Fratelli Marx al college; 1932) e Duck Soup (1933), efficace satira contro il potere che la nostra RAI trasmise negli anni Settanta con il titolo La guerra lampo dei Fratelli Marx.



Dopo il forfait di Zeppo, i fratelli caratterizzarono ancor più i loro ruoli: Harpo, muto, si dava solo a melodie ma sempre con le enormi tasche piene di sorprese, Groucho era invece l'affabulatore e il dissacratore per eccellenza e Chico (che in originale parla con un accento italianeggiante) il mediatore delle situazioni surreali generate dai tre. Arrivarono poi altri film pieni di fulminanti gag come Una notte all'Opera (1935), Un giorno alle corse (1937) e I cowboys del deserto (1940). Ma, dopo l'inaspettato fallimento de Il bazar delle follie (1941), i Marx decidono di dividersi. Chico e Harpo si esibiranno, spesso in coppia, in diversi spettacoli teatrali e nei night club, mentre Groucho si darà da fare con qualche partecipazione radiofonica. Ingombranti baffi dipinti, occhialetti da intellettuali e sigaro di ordinanza (una maschera che Woody Allen amava, tanto da riprenderla in Prendi i soldi e scappa e in Tutti dicono 'I love you'), Groucho fu in realtà il vero leader dei Fratelli Marx. I calembours, i giochi di parole, le barzellette triviali e non raramente scurrili erano quasi tutti farina del suo sacco. "Questi sono i miei fermi principi, se non vi piacciono... beh, ne ho altri!"



Autore teatrale in proprio, prese parte dopo la scissione del gruppo a diversi film, tra cui La bionda esplosiva (1957) di Frank Tashlin, e si riciclò divenendo presentatore del riuscitissimo quiz televisivo You Bet Your Life, nel quale riversò sugli ospiti di turno le sue battute velenose. You Bet Your Life è ancora oggi un 'cult'. Il suo grande amore per la musica (i Marx Brothers cominciarono come musicisti prima di darsi al vaudeville) lo rese anche estemporaneo cantante: celebre la sua versione della canzone "Lydia the Tattooed Lady". Anche se soleva scherzare sul suo rapporto con la musica: "Io suono al conservatorio. Sì, ma non mi aprono mai".


Nel 1974 ricevette un premio Oscar alla carriera.


Morì a Los Angeles il 19 Agosto 1977. "Per favore accettate le mie dimissioni: non voglio far parte di un club che persiste a volermi accettare come membro."



Sulla sua tomba si legge questo epitaffio: "Scusate se non mi alzo".

domenica, agosto 05, 2007

Marilina - dietro il mito



 Esattamente 45 anni fa moriva, nella sua villa di in California, la star più famosa e più pagata del mondo: Norma Jeane Baker, in arte Marilyn Monroe ma per tutti semplicemente Marilyn. La versione ufficiale parlò di "suicidio", ma sulle vere cause del decesso dell'appena trentaseienne diva persistevano - e persistono tutt'oggi - seri dubbi.

Al termine dell'ultima intervista rilasciata il giorno prima della scomparsa, lei dichiarò candidamente al giornalista Richard Maryman: "But please, don't make me look like a joke..." ("Però la prego, non mi faccia sembrare ridicola").

Questa era Marilyn: dolce, sensuale e fragile. E altamente insicura. Il matrimonio con Arthur Miller (il celebre drammaturgo in odore di comunismo) fu un tentativo per dimostrare di non essere poi quella "scioccherella" che tutti consideravano.

 Il regista inglese Nicolas Roeg riuscì a sviluppare tale aspetto della personalità di Marilyn nel suo film-capolavoro La signora in bianco (Insignificance), del 1985. Nel corso della storia, la star (magnificamente interpretata da Therese Russell, moglie dello stesso regista) incontra Albert Einstein a New York City. E' il 1954 e lei si è appena fatta fotografare con il vestito bianco che le scopre le cosce mentre sta a gambe larghe su un condotto d'aereazione. Entrambi, l'attrice e lo scienziato, si ritrovano nella stessa camera d'albergo. Sia pure tra le tante interruzioni dovute sia al geloso Joe DiMaggio, eroe del baseball e marito-bambinone di Marilyn, sia ai ficcanasi dell'F.B.I. (nei panni dell'agente più odioso si è calato Tony Curtis), lei riesce a spiegare ad Einstein, con l'aiuto di un palloncino e di due lampadine tascabili, la Teoria della Relatività.


 Ma al grande pubblico piaceva come sexbomb senza cervello. E i gusti maschili sono in fondo rimasti immutati fino ad oggi. In effetti è così: quando uno di questi "begli oggetti" si mette a esprimere il proprio mondo interiore, le proprie opinioni, spesso finisce per  svilire il maschio, i maschi in generale. Tu scopri che queste bellone hanno idee, opinioni, e ti ritrovi castrato; e, in un eventuale prossimo incontro con una di loro, ti ritrovi bloccato da mille sensi di colpa. (Il complesso di Abelardo!) Da qui l'attrazione sempreverde per la bionda formosa e "stupida". Un ideale che nessuno, meglio di M.M., si ritrovò a incarnare - spesso suo malgrado, come abbiamo visto.


 Norma Jeane/Marilyn Monroe era nata a Los Angeles il 1 giugno 1926. Dopo l'infanzia durissima si ritrova a fare la pin-up girl. Posa per calendari erotici che vengono esposti in quasi tutti i bar d'America. Il passaggio al cinema "che conta" non avviene in maniera indolore: Marilyn deve saltare da un letto all'altro, subendo tante umiliazioni. E, anche quando sarà famosa, non smetterà di dispensare favori a uomini, quasi fosse questo il suo ruolo primario nel mondo. Nell'autobiografia di Zsa-Zsa Gabor compare una Marilyn Monroe che fa entrare nella sua camera d'albergo quattro tecnici di scena in una sola notte (ma quando va a letto con George Sanders, il grande attore e uno dei mariti della Gabor, non gli fa il "servizio con l'olio d'oliva caldo" tanto famoso negli studi della MGM...).


La stessa Monroe ebbe ad affermare: "A letto gli uomini danno il meglio di sé soprattutto quando sono sposati e tradiscono le loro mogli".


Il 1962 fu un anno ricco di avvenimenti-clou: la crisi di Cuba aveva causato il rischio di un conflitto armato tra gli Stati Uniti d'America e l'U.R.S.S.; in Germania con l'"Affare Spiegel" si scatenarono animate discussioni sulla libertà di stampa; e, sempre in Germania, ad Amburgo, si segnalò l'apertura dello "Star Club", in cui avrebbero esordito i Beatles (i cartelloni pubblicitari affissi sui muri del quartiere St. Pauli recitavano: "I tempi di carestia sono passati! Basta con la musica di paese! Venite tutti alla Rock'n'Twist Parade!"). Fu anche l'anno in cui l'umanità perse, purtroppo, l'icona del sesso Marilyn Monroe.


 Il New York Time, in occasione della morte della grande star, scriveva: "Le dure esperienze della giovinezza l'avevano resa vulnerabile. E' una storia umana e triste, molto triste. Al di là del volgare sfruttamento che, per ragioni commerciali aveva dato di Marilyn un ritratto del tutto falso, vi era un attrice bella, sensibile e piena di spirito. Con la sua morte il mondo perde un po' di bellezza."


Non si smise mai di parlare di lei, nel bene e nel male. Nel 2000 risultò addirittura che il suo petto, così florido e perciò tanto ammirato, era falso. Si scoprì infatti che la leggenda del grande schermo indossava un paio di imbottitire color carne sul seno, esclusivamente e appositamente fatte per lei affinchè il suo fisico risultasse più provocante. La scoperta fu rivelata dapprima dal tabloid inglese The Sun e poi riportata da tutti i media del mondo. Le imbottiture avevano persino i capezzoli modellati sopra, e Marilyn le indossava sotto bolerini ben attillati, in modo che ogni cosa apparisse come se fosse naturale. Solo una cerchia ristretta di amici conosceva il "segreto" della Monroe, questo stratagemma per rendere più sexy e provocante la sua figura. A rendere noto l'inganno fu l'impresario delle pompe funebri che aveva preparato il suo corpo per la sepoltura, sostituendo l'imbottitura con del cotone e tenendo gelosamente nascoste le imbottiture originali fino a quando, 38 anni dopo, decise di metterle all'asta: per 3.450 dollari.


 Tutto nella vita di Marilyn era finzione, confusione. Il senso di irrealtà doveva essere centuplicato dalla dipendenza da psicofarmaci e dai problemi psichici, che la portarono a consultare a più riprese noti e meno noti "dottori dell'anima". Esiste un'immagine in bianco-e-nero che ritrae la star mentre è seduta a guardare l'acqua di un lago, pensosa, stanca, durante una pausa delle riprese di Misfits. C'è tanta umanità, e dunque tanto dolore dietro alla leggenda di Marilyn. Questa stella di Hollywood fu (e rimane) la proiezione moderna di miti sorti dalla fantasia maschile.

Gli uomini americani - come dice una vecchia gag - sono cresciuti nella convinzione che le donne possono essere piegate in tre parti e che abbiano un morsetto all’altezza dell'ombelico. Difatti, la rivista Playboy ha contribuito a una rivoluzione sessuale, come ha sempre dichiarato il suo fondatore Hugh Hefner. In prima linea le playmates, nel celebre “centerfold“ del magazine. Marilyn Monroe fu la playmate dell’anno 1953. Queste ragazze venivano introdotte nelle alte sfere e trattate come giocattoli. Spesso al sesso si  mischiava la politica: negli anni Sessanta le playmates andarono in Vietnam per regalare ai GIs abbonamenti a vita alla rivista. La playmate del novembre 1969, Paige Young, morì nel 1974 in seguito a una overdose di sonniferi. E anche molte altre, prima e dopo di lei, sparirono in circostanze a dir poco oscure.

Marilyn Monroe ebbe una relazione con l'allora Ministro della Giustizia Robert Kennedy e nel 1962, poco prima della sua morte, cantò lascivamente "Happy Birthday, Mr. President!" alla festa di compleanno di John F. Kennedy al Madison Square Garden di N.Y. Era stata introdotta al Presidente e al fratello di questi attraverso Peter Lawford, amico di Marilyn e cognato dei Kennedy.


 Il mistero della sua morte, in quella maledetta notte tra il 4 e il 5 agosto '62, non è ancora stato risolto. Suicidio o Omicidio? Forse non lo sapremo mai. Eppure, nel marzo di quest'anno sia spuntata un'altra ipotesi: apparentemente, Marilyn voleva soltanto fingere il suicidio. Uno scrittore e regista australiano, Philippe Mora, ha ritrovato un documento dell'F.B.I. che confermerebbe questa storia.


Secondo quanto riportato dal Sydney Morning Herald, il regista ha riferito di avere trovato un documento dell’F.B.I. in cui si parla di "suicidio assistito": la donna-mito avrebbe inscenato la morte volontaria per attrarre l'attenzione di Robert (Bob) Kennedy. I suoi "amici" sarebbero dovuto intervenire per salvarla, e invece l'avrebbero lasciata morire, nuda sul letto.

Maggiore implicato della vicenda Peter Lawford, attore e marito della sorella di Bob, Patricia Kennedy. Purtroppo la sceneggiata si concluse tragicamente. La star ingerì un’overdose di barbiturici massiccia per rendere la messa in scena credibile ma nessuno la salvò. Anzi. Nel documento, finora top secret, l’F.B.I. riporta la registrazione di una telefonata avvenuta in quella convulsa notte d’estate tra Lawford e "il bel Bob". Chiede Kennedy impaziente al cognato: "Allora, Marilyn è già morta o no?"

Secondo Philippe Mora, i motivi per volerla morta non erano pochi e tutti risiedono proprio nel fatto che Marilyn aveva osato troppo. L’attrice era diventata troppo pericolosa, e dunque scomoda per i Kennedy: aveva capito che Bob non avrebbe mai lasciato per lei la famiglia, e per vendicarsi aveva minacciato di raccontare tutto.


L’F.B.I. aveva ricevuto questo file nell’ottobre del 1964 contenente un rapporto secondo cui all’attrice erano stati forniti i mezzi per tentare un suicidio. A essere a conoscenza della messa in scena c’erano, oltre a Lawford, anche l'allora psichiatra della star Ralph Greenson, la governante Eunice Murray e il press agent Pat Newcomb. Lawford avrebbe approfittato del fatto che Marilyn aveva già tentato il suicidio per suscitare le simpatie dei suoi fans. Gli bastò allora solo accordarsi con Ralph Greenson che già la curava per problemi emotivi e per toglierle l’assuefazione ai barbiturici.


Nella sua ultima visita il dottore le avrebbe prescritto ben sessanta pastiglie di Seconal, che il rapporto definisce una dose di quantità "inusuale". A quel punto toccò alla governante chiamare lo psichiatra per avvertirlo che l’attrice aveva in effetti ingerito le pillole. Il dottore si presentò sul luogo del disastro solo a morte avvenuta.


Qualunque sia la verità, il mito della splendida star sopravvive nel cuore di tutti noi attraverso le sue foto, e i suoi film.

Ciao Norma Jeane.



"Hollywood's a place where they'll pay you a thousand dollars for a kiss, and fifty cents for your soul."

("Hollywood è quel posto dove ti pagano migliaia di dollari per un bacio, e cinquanta centesimi per l'anima.")


                               Marilyn Monroe