domenica, agosto 05, 2007

Marilina - dietro il mito



 Esattamente 45 anni fa moriva, nella sua villa di in California, la star più famosa e più pagata del mondo: Norma Jeane Baker, in arte Marilyn Monroe ma per tutti semplicemente Marilyn. La versione ufficiale parlò di "suicidio", ma sulle vere cause del decesso dell'appena trentaseienne diva persistevano - e persistono tutt'oggi - seri dubbi.

Al termine dell'ultima intervista rilasciata il giorno prima della scomparsa, lei dichiarò candidamente al giornalista Richard Maryman: "But please, don't make me look like a joke..." ("Però la prego, non mi faccia sembrare ridicola").

Questa era Marilyn: dolce, sensuale e fragile. E altamente insicura. Il matrimonio con Arthur Miller (il celebre drammaturgo in odore di comunismo) fu un tentativo per dimostrare di non essere poi quella "scioccherella" che tutti consideravano.

 Il regista inglese Nicolas Roeg riuscì a sviluppare tale aspetto della personalità di Marilyn nel suo film-capolavoro La signora in bianco (Insignificance), del 1985. Nel corso della storia, la star (magnificamente interpretata da Therese Russell, moglie dello stesso regista) incontra Albert Einstein a New York City. E' il 1954 e lei si è appena fatta fotografare con il vestito bianco che le scopre le cosce mentre sta a gambe larghe su un condotto d'aereazione. Entrambi, l'attrice e lo scienziato, si ritrovano nella stessa camera d'albergo. Sia pure tra le tante interruzioni dovute sia al geloso Joe DiMaggio, eroe del baseball e marito-bambinone di Marilyn, sia ai ficcanasi dell'F.B.I. (nei panni dell'agente più odioso si è calato Tony Curtis), lei riesce a spiegare ad Einstein, con l'aiuto di un palloncino e di due lampadine tascabili, la Teoria della Relatività.


 Ma al grande pubblico piaceva come sexbomb senza cervello. E i gusti maschili sono in fondo rimasti immutati fino ad oggi. In effetti è così: quando uno di questi "begli oggetti" si mette a esprimere il proprio mondo interiore, le proprie opinioni, spesso finisce per  svilire il maschio, i maschi in generale. Tu scopri che queste bellone hanno idee, opinioni, e ti ritrovi castrato; e, in un eventuale prossimo incontro con una di loro, ti ritrovi bloccato da mille sensi di colpa. (Il complesso di Abelardo!) Da qui l'attrazione sempreverde per la bionda formosa e "stupida". Un ideale che nessuno, meglio di M.M., si ritrovò a incarnare - spesso suo malgrado, come abbiamo visto.


 Norma Jeane/Marilyn Monroe era nata a Los Angeles il 1 giugno 1926. Dopo l'infanzia durissima si ritrova a fare la pin-up girl. Posa per calendari erotici che vengono esposti in quasi tutti i bar d'America. Il passaggio al cinema "che conta" non avviene in maniera indolore: Marilyn deve saltare da un letto all'altro, subendo tante umiliazioni. E, anche quando sarà famosa, non smetterà di dispensare favori a uomini, quasi fosse questo il suo ruolo primario nel mondo. Nell'autobiografia di Zsa-Zsa Gabor compare una Marilyn Monroe che fa entrare nella sua camera d'albergo quattro tecnici di scena in una sola notte (ma quando va a letto con George Sanders, il grande attore e uno dei mariti della Gabor, non gli fa il "servizio con l'olio d'oliva caldo" tanto famoso negli studi della MGM...).


La stessa Monroe ebbe ad affermare: "A letto gli uomini danno il meglio di sé soprattutto quando sono sposati e tradiscono le loro mogli".


Il 1962 fu un anno ricco di avvenimenti-clou: la crisi di Cuba aveva causato il rischio di un conflitto armato tra gli Stati Uniti d'America e l'U.R.S.S.; in Germania con l'"Affare Spiegel" si scatenarono animate discussioni sulla libertà di stampa; e, sempre in Germania, ad Amburgo, si segnalò l'apertura dello "Star Club", in cui avrebbero esordito i Beatles (i cartelloni pubblicitari affissi sui muri del quartiere St. Pauli recitavano: "I tempi di carestia sono passati! Basta con la musica di paese! Venite tutti alla Rock'n'Twist Parade!"). Fu anche l'anno in cui l'umanità perse, purtroppo, l'icona del sesso Marilyn Monroe.


 Il New York Time, in occasione della morte della grande star, scriveva: "Le dure esperienze della giovinezza l'avevano resa vulnerabile. E' una storia umana e triste, molto triste. Al di là del volgare sfruttamento che, per ragioni commerciali aveva dato di Marilyn un ritratto del tutto falso, vi era un attrice bella, sensibile e piena di spirito. Con la sua morte il mondo perde un po' di bellezza."


Non si smise mai di parlare di lei, nel bene e nel male. Nel 2000 risultò addirittura che il suo petto, così florido e perciò tanto ammirato, era falso. Si scoprì infatti che la leggenda del grande schermo indossava un paio di imbottitire color carne sul seno, esclusivamente e appositamente fatte per lei affinchè il suo fisico risultasse più provocante. La scoperta fu rivelata dapprima dal tabloid inglese The Sun e poi riportata da tutti i media del mondo. Le imbottiture avevano persino i capezzoli modellati sopra, e Marilyn le indossava sotto bolerini ben attillati, in modo che ogni cosa apparisse come se fosse naturale. Solo una cerchia ristretta di amici conosceva il "segreto" della Monroe, questo stratagemma per rendere più sexy e provocante la sua figura. A rendere noto l'inganno fu l'impresario delle pompe funebri che aveva preparato il suo corpo per la sepoltura, sostituendo l'imbottitura con del cotone e tenendo gelosamente nascoste le imbottiture originali fino a quando, 38 anni dopo, decise di metterle all'asta: per 3.450 dollari.


 Tutto nella vita di Marilyn era finzione, confusione. Il senso di irrealtà doveva essere centuplicato dalla dipendenza da psicofarmaci e dai problemi psichici, che la portarono a consultare a più riprese noti e meno noti "dottori dell'anima". Esiste un'immagine in bianco-e-nero che ritrae la star mentre è seduta a guardare l'acqua di un lago, pensosa, stanca, durante una pausa delle riprese di Misfits. C'è tanta umanità, e dunque tanto dolore dietro alla leggenda di Marilyn. Questa stella di Hollywood fu (e rimane) la proiezione moderna di miti sorti dalla fantasia maschile.

Gli uomini americani - come dice una vecchia gag - sono cresciuti nella convinzione che le donne possono essere piegate in tre parti e che abbiano un morsetto all’altezza dell'ombelico. Difatti, la rivista Playboy ha contribuito a una rivoluzione sessuale, come ha sempre dichiarato il suo fondatore Hugh Hefner. In prima linea le playmates, nel celebre “centerfold“ del magazine. Marilyn Monroe fu la playmate dell’anno 1953. Queste ragazze venivano introdotte nelle alte sfere e trattate come giocattoli. Spesso al sesso si  mischiava la politica: negli anni Sessanta le playmates andarono in Vietnam per regalare ai GIs abbonamenti a vita alla rivista. La playmate del novembre 1969, Paige Young, morì nel 1974 in seguito a una overdose di sonniferi. E anche molte altre, prima e dopo di lei, sparirono in circostanze a dir poco oscure.

Marilyn Monroe ebbe una relazione con l'allora Ministro della Giustizia Robert Kennedy e nel 1962, poco prima della sua morte, cantò lascivamente "Happy Birthday, Mr. President!" alla festa di compleanno di John F. Kennedy al Madison Square Garden di N.Y. Era stata introdotta al Presidente e al fratello di questi attraverso Peter Lawford, amico di Marilyn e cognato dei Kennedy.


 Il mistero della sua morte, in quella maledetta notte tra il 4 e il 5 agosto '62, non è ancora stato risolto. Suicidio o Omicidio? Forse non lo sapremo mai. Eppure, nel marzo di quest'anno sia spuntata un'altra ipotesi: apparentemente, Marilyn voleva soltanto fingere il suicidio. Uno scrittore e regista australiano, Philippe Mora, ha ritrovato un documento dell'F.B.I. che confermerebbe questa storia.


Secondo quanto riportato dal Sydney Morning Herald, il regista ha riferito di avere trovato un documento dell’F.B.I. in cui si parla di "suicidio assistito": la donna-mito avrebbe inscenato la morte volontaria per attrarre l'attenzione di Robert (Bob) Kennedy. I suoi "amici" sarebbero dovuto intervenire per salvarla, e invece l'avrebbero lasciata morire, nuda sul letto.

Maggiore implicato della vicenda Peter Lawford, attore e marito della sorella di Bob, Patricia Kennedy. Purtroppo la sceneggiata si concluse tragicamente. La star ingerì un’overdose di barbiturici massiccia per rendere la messa in scena credibile ma nessuno la salvò. Anzi. Nel documento, finora top secret, l’F.B.I. riporta la registrazione di una telefonata avvenuta in quella convulsa notte d’estate tra Lawford e "il bel Bob". Chiede Kennedy impaziente al cognato: "Allora, Marilyn è già morta o no?"

Secondo Philippe Mora, i motivi per volerla morta non erano pochi e tutti risiedono proprio nel fatto che Marilyn aveva osato troppo. L’attrice era diventata troppo pericolosa, e dunque scomoda per i Kennedy: aveva capito che Bob non avrebbe mai lasciato per lei la famiglia, e per vendicarsi aveva minacciato di raccontare tutto.


L’F.B.I. aveva ricevuto questo file nell’ottobre del 1964 contenente un rapporto secondo cui all’attrice erano stati forniti i mezzi per tentare un suicidio. A essere a conoscenza della messa in scena c’erano, oltre a Lawford, anche l'allora psichiatra della star Ralph Greenson, la governante Eunice Murray e il press agent Pat Newcomb. Lawford avrebbe approfittato del fatto che Marilyn aveva già tentato il suicidio per suscitare le simpatie dei suoi fans. Gli bastò allora solo accordarsi con Ralph Greenson che già la curava per problemi emotivi e per toglierle l’assuefazione ai barbiturici.


Nella sua ultima visita il dottore le avrebbe prescritto ben sessanta pastiglie di Seconal, che il rapporto definisce una dose di quantità "inusuale". A quel punto toccò alla governante chiamare lo psichiatra per avvertirlo che l’attrice aveva in effetti ingerito le pillole. Il dottore si presentò sul luogo del disastro solo a morte avvenuta.


Qualunque sia la verità, il mito della splendida star sopravvive nel cuore di tutti noi attraverso le sue foto, e i suoi film.

Ciao Norma Jeane.



"Hollywood's a place where they'll pay you a thousand dollars for a kiss, and fifty cents for your soul."

("Hollywood è quel posto dove ti pagano migliaia di dollari per un bacio, e cinquanta centesimi per l'anima.")


                               Marilyn Monroe

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