domenica, aprile 29, 2007

Racconti online

Due sillogi di stories online di "franc'O'brain", gratuitamente scaricabili:

Copia a nero(file .doc)

et

Sangue, macerie & vanità (.pdf).

Sono dedicate a tutti gli amici de "Zerovirgolaniente".

mercoledì, aprile 25, 2007

Malasanità - Morte gemellino a Messina, 4 medici indagati

Era il 20 dicembre 2005. Il luogo: il Policlinico di Messina. Due giorni dopo la sua nascita, il piccolo Edoardo morì per una grave insufficienza respiratoria. In sede di conclusione delle indagini preliminari e dopo la perizia di tre consulenti, il sostituto procuratore, Angelo Cavallo, che in un primo tempo aveva indagato sedici medici, ha ristretto il numero dei destinatari del provvedimento ai quattro sanitari che seguirono effettivamente il caso nei due giorni successivi alla nascita, mentre erano in servizio all'Unità di Patologia Neonatale e Terapia Intensiva del Policlinico. Per loro l'accusa è di omicidio colposo. Secondo il pm, i medici non avrebbero individuato in tempo l'anomalia che affliggeva il bimbo: insufficienza respiratoria del neonato pre-termine, malattia di cui soffriva anche il fratellino gemello Cristiano, sebbene in forma meno grave. Una serie di omissioni e negligenze fatali per il piccolo: nonostante i problemi si fossero presentati subito, Edoardo non sarebbe stato assistito adeguatamente.

domenica, aprile 22, 2007

Ennesimo dramma allo Z.E.N.

Da più di due anni una madre costringeva la figlia, oggi quattordicenne, a prostituirsi. La donna, 39 anni, è finita in carcere, assieme a tre uomini. E' accaduto nel quartiere Z.E.N. di Palermo: i carabinieri del reparto operativo hanno arrestato, oltre alla donna, Francesco Muscatello, pregiudicato 57enne di Castellana Sicula (Palermo), e i palermitani Maurizio Modica, 40 anni, e Giuseppe Librera, 65 anni.
Era la madre a gestire gli "incontri" della figlia: il compenso in denaro variava dai 15 ai 30 euro, a seconda della durata e della natura della prestazione.
La sciagurata donna e i tre "clienti" devono rispondere dei reati di prostituzione minorile, riduzione in schiavitù e atti sessuali con minore. La ragazzina, sentita dai sostituti procuratori alla presenza di una psicologa, ha confermato tutto e, insieme ai suoi quattro fratelli, è stata condotta in una casa-famiglia fuori provincia.



Lo Z.E.N. (Zona Espansione Nord) è da qualche anno sede di importanti impianti sportivi quali il Velodromo Borsellino e il nuovo stadio di baseball, ma rimane anche il quartiere popolar-popolarissimo che fu fin dal suo nascere (1969). A nulla è valso cambiarne la denominazione in "San Filippo Neri": per i palermitani, rimane "'u zzenn", sinonimo di girone dell'Inferno. Non a caso, su uno dei suoi muri si legge la scritta: "Lasciate ogni speranza, voi che entrate".
E' un focolaio di forti disagi con altissimi tassi di dispersione scolastica e microcriminalità. Un luogo di disperazione in cui regna il degrado, chiuso come una fortezza ed evitato come un lazzaretto pieno di appestati. In gran parte mancano ancora le fogne e altre infrastrutture basilari. Le sue insulae di cemento "ospitano" circa 20.000 persone, anche se le cifre ufficiali parlano di 16.000.


Nonostante le reiterate denuncie dei media e l'impegno delle istituzioni scolastiche, religiose e del volontariato, la situazione del quartiere rimane allarmante, tanto che il celebre architetto Massimiliano Fuksas si è spinto a proporne la demolizione, assieme agli altri agglomerati periferici degradati d'Italia (come il Corviale a Roma).

giovedì, aprile 19, 2007

Immobilismo o dinamismo?

Nel suo libro The Future and its Enemies, Virginia Postrel afferma che la vecchia differenziazione tra Destra e Sinistra è ormai superata. Oggi si deve parlare di "stasism" e "dynamism". Uno stasist è chi crede che il mondo sia - o debba essere - un luogo controllabile, governabile; un dynamist al contrario vede la vita sul nostro pianeta come una serie di processi dinamici.


E fin qui ci siamo. E' un'analisi interessante che definisce quella che è probabilmente l'attuale dicotomia della realtà umana, e possiamo pure assumerla come assioma su cui basare i nostri discorsi a venire.


Senonché, la Postrel - che si rivela dinamista - propone un liberalismo sfrenato, basato sulla fiducia nella "creatività dei singoli". Peccato che non tutti gli individui siano dei santi, e che la loro "creatività" - quando c'è - può venire sfruttata da corporazioni la cui unica morale è quella di arricchirsi a costo di passare sopra ai cadaveri! L'autrice crede nel futuro delle tecnologie, che secondo lei possono svilupparsi soltanto se i governi smettono di imporre regolamentazioni e soltanto se non le si incanala in pochi standard-base. Ovviamente, nel libro non manca l'accusa di snobbismo ad alcuni preminenti "luddisti" quali Leon Kass, Bill McKibben e Jeremy Rifkin, i quali affermano più o meno che "si stava meglio prima". Questi signori, secondo noi, non hanno tutti i torti. Le vere invenzioni utili e importanti, le grandi creazioni dell'ingegno umano, risalgono tutte a epoche trascorse e non sarebbero state possibili senza l'interferenza diretta dei governanti di turno: ciò vale sia per l'affresco di Michelangelo nella Cappella Sistina sia per il vaccino antipolio e per le radio a transistor.


Virginia Postrel non è altro che la portavoce del capitalismo più volgare. E' americana, e parla nell'interesse degli americani (quelli ricchi), senza curarsi dell'etica. A chi dovrebbero servire queste tecnologie ultramoderne? E chi potrebbe permettersele? Forse ignora, o non ha mai considerato, il fatto che quasi metà della popolazione mondiale non ha mai fatto una telefonata in tutta la vita. O che in Nord Corea i telefonini sono proibiti per legge. O non conosce i pericoli scaturiti dall'energia atomica e dalla biogenetica. Non tutti i miglioramenti che già oggi (anzi, ieri) potrebbero essere fatti, vengono fatti; vuoi per volere di governi corrotti, vuoi perché la scienza è nelle mani dei grossi consorzi o multinazionali. Il vero conflitto, nell'ambito del cosiddetto "progresso dell'umanità", rimane l'antica lotta tra Bene e Male. Bisogna combattere la politica che favorisce le classi egemoni, bisogna opporsi alle mire imperialiste di certi paesi e all'avidità a tutti i livelli. Per raggiungere questo scopo, ovvero quello di un mondo più pulito e più giusto, non resta che affidarsi a regole precise.
In questo senso, sì, noi siamo stasisti e non dinamisti.


La nostra è una posizione obbligata. A fronte della disoccupazione globale, della disperazione di individui intrappolati in una "underclass" permanente, della distruzione della natura, per tacere di un sistema di informazione centralizzato che "monitorizza" la vita di ciascuno di noi, ci tocca lottare nella speranza di un rallentamento dei processi di (pseudo)modernizzazione. Il mondo era più moderno, più evoluto, prima. Sarebbe paradossale e inumano chiudere gli occhi di fronte ai problemi attuali, ignorando ad esempio la stretta correlazione tra divario di ricchezza e criminalità crescente.
Anche noi abbiamo creduto che l'Èra dell'Informazione fosse la terza grande Rivoluzione Industriale; e continuiamo a crederlo, insieme a Kass, McKibben e Rifkin. Solo, bisogna vedere in che mani e per quali scopi vanno a finire i dati che corrono via cavo o via etere. In particolare Rifkin, in The End of Work, si chiede se la tecnologia rappresenti per la classe lavoratrice maggiore libertà o la sua (definitiva) destituzione. I posti di lavoro sono stati automizzati e dunque in teoria il lavoro è stato reso più agevole; ognuno gode della possibilità di comunicare "liberamente", di interagire tramite Internet e i telefonini. Ma la nostra vita è per questo più felice, e più sicura?
La verità è che oggi siamo tutti precari (quando abbiamo la "fortuna" di lavorare), e le innovazioni tecnologiche sembrerebbero servire primariamente ad "intrattenerci", distogliendo i nostri pensieri da quello che sarà il futuro. E il futuro - come sanno i dinamisti - comincia già domani, o tra un'ora. Rifkin non ha difficoltà a prevedere una società di disoccupati cronici e di lavoratori sottopagati. Il suo suggerimento è quello di "lavorare meno, lavorare tutti" e consiglia ai governi di investire massicciamente nel settore del volontariato e dei servizi sociali. Due proposte che rimarranno inascoltate. La tendenza va semmai in direzione opposta. Ci sono sempre meno lavoratori che sono costretti a lavorare più a lungo, spesso malpagati e costretti a marcare la presenza anche in caso di malattia; e i governi assomigliano sempre più a grosse ditte, e dunque interessati maggiormente ad amministrare il denaro (facendo arricchire i loro "manager") a discapito dei "sottoposti" (del popolo) che non a occuparsi del destino dei non-agiati.

La voce di Virginia Postrel è quella dei wasp, mentre Jeremy Rifkin parla anche in nome degli Afroamericani (che negli Stati Uniti sono stati i più colpiti dall'avvento delle nuove tecnologie).

Gli altri due immobilisti (?) di cui abbiamo accennato sopra sono Leon Kass e Bill McKibben.


Kass è un professore di bioetica dalle vedute conservative: si oppone strenuamente alla biogenetica delle facili clonazioni e all'eutanasia, ma pure all'aborto.
McKibben è un ecologista che si occupa anche di questioni sociali e di biogenetica. In The End of Nature (scritto nel 1983) già McKibben lanciava un gido di allarme sul riscaldamento globale della Terra, e in The Age of Missing Information scrive: "Noi crediamo di vivere nell'èra dell'informazione', crediamo che ci sia stata un''esplosione' di informazioni, una 'rivoluzione' dell'informazione. In un certo qual senso è proprio così, ma in un senso più stretto è vero esattamente l'opposto. Stiamo attraversando un momento di profonda ignoranza, in cui la conoscenza vitale che gli esseri umani prima possedevano - chi siamo? dove viviamo? - sembra essere andata persa. Un oscurantismo. L'èra dell'informazione smarrita."


Entrambi questi studiosi sono meno "americani", più "mondialisti" di Postrel e Rifkin, e quindi in potenza di maggiore interesse per noi europei, per noi africani, per noi asiatici. Tuttavia, per comprendere fino a che punto la degradazione ha intaccato il nostro mondo ci sono sicuramente ancora più utili i trafiletti dei giornali. Prendiamo la Germania. Generalmente, fino a qualche tempo fa i tedeschi erano considerati fortunati di vivere in un Paese benestante, evoluto, con un'assistenza sociale e sociosanitaria davvero esemplare. Le cose però sono radicalmente mutate anche lì (qui, per chi scrive). Due sole notizie recenti. La prima ci dice che a Spira (Speyer), tranquilla cittadina della Renania-Palatinato, un ventenne è morto di fame e sua madre è stata ricoverata in ospedale con evidenti segni di malnutrizione; i due, disoccupati, non potevano nemmeno comprarsi da mangiare... La seconda riferisce di un uomo che, alla stazione ferroviaria di Amburgo, vede morire sotto i suoi occhi uno sconosciuto e, prima ancora di tentare di soccorrerlo, gli ruba il portafoglio. Storie di fame e disperazione. Come tante altre se ne segnalano in Germania, ex Paese benestante ed evoluto dove oggi non si contano più i senzatetto e i senzalavoro.


Siamo al cospetto del "Medioevo prossimo venturo" che Roberto Vacca aveva preannunciato nel 1970. Le profezie di Vacca si sono tutte avverate: l’ingovernabilità dei grandi sistemi, congestione urbana e paralisi dei trasporti, scarsezza d’acqua ed eccesso di immondizie, guerre, inutilità della contestazione (quando la contestazione c'è), speranze mal riposte nei calcolatori elettronici... Un tempo la chiamavano "futurologia", "fantascienza apocalittica"... Ora dobbiamo purtroppo dire: "Benvenuti nella realtà!"




News e articoli correlati:

Pentagono: Scenari apocalittici dei prossimi 20 anni

The Future and its Enemies

Jeremy Rifkin: Economia all'idrogeno (recensione)

Leon Kass (intervista sulla clonazione)

Bill McKibben (file .rtf)

Sito con articoli di Roberto Vacca

domenica, aprile 15, 2007

Non si uccidono così anche i cavalli?

They Shoot Horses, Don't They?

USA, 1969
120 min.

Regia: Sydney Pollack

Cast:
Jane Fonda ... Gloria Beatty
Michael Sarrazin ... Robert Syverton
Susannah York ... Alice
Gig Young ... Rocky
Red Buttons ... Sailor
Bonnie Bedelia ... Ruby
Michael Conrad ... Rollo
Bruce Dern ... James
Al Lewis ... Turkey

et alia.



Lacrime, sangue e sudore: è questo il materiale di cui è fatta la vita, e i film più grandi, più indimenticabili, sono proprio quelli che riescono a rendere alla lettera questa cruda verità. In tale capolavoro di Sydney Pollack la metafora si mescola con la cronaca "storica". La Grande Depressione ha messo in ginocchio larga parte della popolazione degli Stati Uniti e tutti i mezzi sono buoni per far soldi; accade così che numerosi locali, gestiti da impresari senza scrupoli, organizzino maratone di ballo (con tanto di pubblico pagante che scommette sui partecipanti) a cui si iscrivono desperados di ogni ceto e di ogni età nella speranza di vincere il premio in palio. Non si uccidono così anche i cavalli? racconta di una di queste folli competizioni; e lo fa in maniera talmente realistica che lo spettatore soffre insieme ai protagonisti, e come loro arriva a sentirsi mancare il fiato. Tra i partecipanti sono un'aspirante attrice in cerca di un contratto cinematografico ma che finisce per diventare pazza (Susannah York); un marinaio di una certa età che danza sino allo sfinimento fisico (sino alla morte per infarto, per la precisione - Red Buttons); una giovane donna incinta, accompagnata dal marito (Gig Young); Gloria, una ragazza disperata, fortemente motivata ad accaparrarsi i 1.500 dollari di premio (Jane Fonda); e infine Robert, un ragazzo trasognato (Michael Sarrazin) attraverso i cui occhi sgranati, da fanciullo in perenne stato di stupor, viene osservata l'intera vicenda.


Il nostro è un periodo in cui sul piccolo schermo imperversano i Ballando sotto (e con) le stelle, dove le piccole "bue" dei concorrenti vengono ingigantite allo scopo di moltiplicare gli indici di ascolto. Dopo aver visto questo film, sicuramente molti spettatori considereranno le gare di ballo con occhi diversi.


Uscito in piena èra di rivolta giovanile e di forti impennate culturali, il film di Pollack non poteva non lasciare il suo segno (e che segno! davvero sconvolgente). Nel bel mezzo dell'utopia del flower power, il regista ci propone... un'antiutopia. Il messaggio è: "il mondo è marcio e non c'è speranza di cambiarlo". They Shoot Horses, Don't They? è un classico ingiustamente semiobliato. Tratto da un romanzo di Horace McCoy, ha un finale inevitabile - presagito fin dal principio dallo sguardo ormai vuoto e privo di speranza di Jane Fonda (bravissima) -: Gloria induce il suo compagno di ballo, Robert, a ucciderla con un colpo di pistola. Proprio come si fa per i cavalli giunti al capolinea.


Ma la scena più toccante è quella in cui l'altrettanto stupenda Susannah York (Alice) va sotto la doccia completamente vestita. I suoi occhi spalancati, segno della pazzia, fanno venire i brividi. Quegli occhi ipnotizzano letteralmente lo spettatore, ricordandogli quanto è sottile il filo che separa la realtà apparentemente concreta delle nostre azioni quotidiane da quella della perdizione totale, dello smarrimento senza alcuna speranza di ritorno. La York si sarebbe meritata l'Oscar. Purtroppo, l'Academy Awards fu parecchio avara nei riguardi di questa pellicola; soltanto Gig Young si aggiudicò una delle statuette: quella di attore non protagonista, riuscendo comunque a battere colleghi del rango di Jack Nicholson (Easy Rider) e di Elliott Gould (Bob & Carol & Ted & Alice).

venerdì, aprile 13, 2007

Così va la vita



E' morto il migliore autore americano del XX secolo. Anzi il secondo migliore, dopo Kilgore Trout.

Partendo dalla fantascienza, Vonnegut ha compiuto vertiginose virate esplorando il senso della vita. Inizialmente eroe della controcultura, si ritrovò presto a essere un pellegrino delle alte sfere accademiche.

Nonostante il successo commerciale dei suoi romanzi (14 in tutto), era malato di depressione. Nonostante fosse un fumatore accanito, è riuscito a vivere ben 84 anni.

So it goes.

Così va la vita.




Ciao, Kurt, e grazie di tutto. Good-bye, Auf Wiedersehen.

lunedì, aprile 09, 2007

Donna si suicida in ospedale

Era andata a trovare la figlia ricoverata ma non grave

Tragedia a Portogruaro (Venezia). Una donna di 37 anni, residente a Bolzano, si è suicidata buttandosi dal sesto piano dell'ospedale della città, dove era ricoverata la figlia di un anno. Ignote le cause che hanno spinto la donna, che si trovava in vacanza a Caorle con il marito e la piccola, a compiere il gesto. La bambina era stata portata all'ospedale per uno stato febbrile accompagnato da convulsioni, ma le sue condizioni non erano ritenute preoccupanti.


Ancora inspiegabile l'estremo gesto della 37enne. Il cadavere è stato recuperato dai Vigili del Fuoco, intervenuti sul posto insieme ai Carabinieri, in un terrazzino che sporge dall'edificio a pochi metri dal suolo.

martedì, aprile 03, 2007

'Lo spirito del legno'

E' il metanolo, la droga dei poveri. Un vero e proprio veleno per il corpo umano. E' usanza degli immigrati soprattutto rumeni e polacchi aggiungerlo alle bevande alcoliche (anche al vino). Sembra che la miscela abbia effetti allucinogeni. Non sorprende perciò che il caso della donna rumena che sta morendo a Palermo dopo aver ingerito della grappa sia già il 15° in Sicilia. Solo nei primi tre mesi del 2007 all'Ospedale Civico del capoluogo siculo sono morte tre donne, due delle quali ventenni, per colpa di metanolo contenuto in bevande alcoliche.

L'ultimo episodio si era verificato il 24 marzo, quando un'altra rumena si era sentita male mentre lavorava in casa, nel Trapanese. La figlia ha riferito che poco prima aveva bevuto qualcosa. Ieri al Pronto Soccorso del Buccheri La Ferla di Palermo è arrivata una trentenne (rumena), badante, da tre mesi in Italia. Accusava un forte mal di pancia; ora è in coma. I militari dell'arma hanno sequestrato, in casa sua, bottiglie di alcolici per sottoporle agli esami di laboratorio.

domenica, aprile 01, 2007

Stanco dell'attesa al Pronto Soccorso aggredisce il medico...

... e gli spezza la mano.

E' accaduto a Como. Stanco di attendere al Pronto Soccorso dell'ospedale Sant'Anna di Como dopo che a una prima visita non gli era stato riscontrato nulla di grave, un marocchino di 25 anni ha fatto irruzione in una delle salette attrezzate per le emergenze e ha aggredito un medico in servizio, provocandogli la frattura della mano e la lesione dei tendini con una prognosi di 60 giorni.
Queste le accuse che gli sono costate l'arresto: lesioni aggravate, violenza, resistenza e interruzione di pubblico servizio. Secondo quanto ricostruito dalla polizia, Sabraoui Abdelghani, residenza a Cantù e regolare permesso di soggiorno in tasca, si è presentato al Pronto Soccorso lamentando un dolore a una gamba. È stato visitato dal personale medico, non gli è stato riscontrato nulla di evidente ed è stato invitato ad attendere perché c'erano da esaminare casi più urgenti. Pochi minuti più tardi, stanco di attendere, il giovane ha fatto irruzione nella saletta: gli si è parato davanti il medico che lo ha invitato a uscire, ma Sabraoui, esaperato, lo ha colpito allo stomaco con un pugno e poi alla mano destra, provocandogli una lesione a un dito con interessamento dei tendini.