USA, 1969
120 min.
Regia: Sydney Pollack
Cast:
Jane Fonda ... Gloria Beatty
Michael Sarrazin ... Robert Syverton
Susannah York ... Alice
Gig Young ... Rocky
Red Buttons ... Sailor
Bonnie Bedelia ... Ruby
Michael Conrad ... Rollo
Bruce Dern ... James
Al Lewis ... Turkey
et alia.
Lacrime, sangue e sudore: è questo il materiale di cui è fatta la vita, e i film più grandi, più indimenticabili, sono proprio quelli che riescono a rendere alla lettera questa cruda verità. In tale capolavoro di Sydney Pollack la metafora si mescola con la cronaca "storica". La Grande Depressione ha messo in ginocchio larga parte della popolazione degli Stati Uniti e tutti i mezzi sono buoni per far soldi; accade così che numerosi locali, gestiti da impresari senza scrupoli, organizzino maratone di ballo (con tanto di pubblico pagante che scommette sui partecipanti) a cui si iscrivono desperados di ogni ceto e di ogni età nella speranza di vincere il premio in palio. Non si uccidono così anche i cavalli? racconta di una di queste folli competizioni; e lo fa in maniera talmente realistica che lo spettatore soffre insieme ai protagonisti, e come loro arriva a sentirsi mancare il fiato. Tra i partecipanti sono un'aspirante attrice in cerca di un contratto cinematografico ma che finisce per diventare pazza (Susannah York); un marinaio di una certa età che danza sino allo sfinimento fisico (sino alla morte per infarto, per la precisione - Red Buttons); una giovane donna incinta, accompagnata dal marito (Gig Young); Gloria, una ragazza disperata, fortemente motivata ad accaparrarsi i 1.500 dollari di premio (Jane Fonda); e infine Robert, un ragazzo trasognato (Michael Sarrazin) attraverso i cui occhi sgranati, da fanciullo in perenne stato di stupor, viene osservata l'intera vicenda.
Il nostro è un periodo in cui sul piccolo schermo imperversano i Ballando sotto (e con) le stelle, dove le piccole "bue" dei concorrenti vengono ingigantite allo scopo di moltiplicare gli indici di ascolto. Dopo aver visto questo film, sicuramente molti spettatori considereranno le gare di ballo con occhi diversi.
Uscito in piena èra di rivolta giovanile e di forti impennate culturali, il film di Pollack non poteva non lasciare il suo segno (e che segno! davvero sconvolgente). Nel bel mezzo dell'utopia del flower power, il regista ci propone... un'antiutopia. Il messaggio è: "il mondo è marcio e non c'è speranza di cambiarlo". They Shoot Horses, Don't They? è un classico ingiustamente semiobliato. Tratto da un romanzo di Horace McCoy, ha un finale inevitabile - presagito fin dal principio dallo sguardo ormai vuoto e privo di speranza di Jane Fonda (bravissima) -: Gloria induce il suo compagno di ballo, Robert, a ucciderla con un colpo di pistola. Proprio come si fa per i cavalli giunti al capolinea.
Ma la scena più toccante è quella in cui l'altrettanto stupenda Susannah York (Alice) va sotto la doccia completamente vestita. I suoi occhi spalancati, segno della pazzia, fanno venire i brividi. Quegli occhi ipnotizzano letteralmente lo spettatore, ricordandogli quanto è sottile il filo che separa la realtà apparentemente concreta delle nostre azioni quotidiane da quella della perdizione totale, dello smarrimento senza alcuna speranza di ritorno. La York si sarebbe meritata l'Oscar. Purtroppo, l'Academy Awards fu parecchio avara nei riguardi di questa pellicola; soltanto Gig Young si aggiudicò una delle statuette: quella di attore non protagonista, riuscendo comunque a battere colleghi del rango di Jack Nicholson (Easy Rider) e di Elliott Gould (Bob & Carol & Ted & Alice).
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