giovedì, aprile 19, 2007

Immobilismo o dinamismo?

Nel suo libro The Future and its Enemies, Virginia Postrel afferma che la vecchia differenziazione tra Destra e Sinistra è ormai superata. Oggi si deve parlare di "stasism" e "dynamism". Uno stasist è chi crede che il mondo sia - o debba essere - un luogo controllabile, governabile; un dynamist al contrario vede la vita sul nostro pianeta come una serie di processi dinamici.


E fin qui ci siamo. E' un'analisi interessante che definisce quella che è probabilmente l'attuale dicotomia della realtà umana, e possiamo pure assumerla come assioma su cui basare i nostri discorsi a venire.


Senonché, la Postrel - che si rivela dinamista - propone un liberalismo sfrenato, basato sulla fiducia nella "creatività dei singoli". Peccato che non tutti gli individui siano dei santi, e che la loro "creatività" - quando c'è - può venire sfruttata da corporazioni la cui unica morale è quella di arricchirsi a costo di passare sopra ai cadaveri! L'autrice crede nel futuro delle tecnologie, che secondo lei possono svilupparsi soltanto se i governi smettono di imporre regolamentazioni e soltanto se non le si incanala in pochi standard-base. Ovviamente, nel libro non manca l'accusa di snobbismo ad alcuni preminenti "luddisti" quali Leon Kass, Bill McKibben e Jeremy Rifkin, i quali affermano più o meno che "si stava meglio prima". Questi signori, secondo noi, non hanno tutti i torti. Le vere invenzioni utili e importanti, le grandi creazioni dell'ingegno umano, risalgono tutte a epoche trascorse e non sarebbero state possibili senza l'interferenza diretta dei governanti di turno: ciò vale sia per l'affresco di Michelangelo nella Cappella Sistina sia per il vaccino antipolio e per le radio a transistor.


Virginia Postrel non è altro che la portavoce del capitalismo più volgare. E' americana, e parla nell'interesse degli americani (quelli ricchi), senza curarsi dell'etica. A chi dovrebbero servire queste tecnologie ultramoderne? E chi potrebbe permettersele? Forse ignora, o non ha mai considerato, il fatto che quasi metà della popolazione mondiale non ha mai fatto una telefonata in tutta la vita. O che in Nord Corea i telefonini sono proibiti per legge. O non conosce i pericoli scaturiti dall'energia atomica e dalla biogenetica. Non tutti i miglioramenti che già oggi (anzi, ieri) potrebbero essere fatti, vengono fatti; vuoi per volere di governi corrotti, vuoi perché la scienza è nelle mani dei grossi consorzi o multinazionali. Il vero conflitto, nell'ambito del cosiddetto "progresso dell'umanità", rimane l'antica lotta tra Bene e Male. Bisogna combattere la politica che favorisce le classi egemoni, bisogna opporsi alle mire imperialiste di certi paesi e all'avidità a tutti i livelli. Per raggiungere questo scopo, ovvero quello di un mondo più pulito e più giusto, non resta che affidarsi a regole precise.
In questo senso, sì, noi siamo stasisti e non dinamisti.


La nostra è una posizione obbligata. A fronte della disoccupazione globale, della disperazione di individui intrappolati in una "underclass" permanente, della distruzione della natura, per tacere di un sistema di informazione centralizzato che "monitorizza" la vita di ciascuno di noi, ci tocca lottare nella speranza di un rallentamento dei processi di (pseudo)modernizzazione. Il mondo era più moderno, più evoluto, prima. Sarebbe paradossale e inumano chiudere gli occhi di fronte ai problemi attuali, ignorando ad esempio la stretta correlazione tra divario di ricchezza e criminalità crescente.
Anche noi abbiamo creduto che l'Èra dell'Informazione fosse la terza grande Rivoluzione Industriale; e continuiamo a crederlo, insieme a Kass, McKibben e Rifkin. Solo, bisogna vedere in che mani e per quali scopi vanno a finire i dati che corrono via cavo o via etere. In particolare Rifkin, in The End of Work, si chiede se la tecnologia rappresenti per la classe lavoratrice maggiore libertà o la sua (definitiva) destituzione. I posti di lavoro sono stati automizzati e dunque in teoria il lavoro è stato reso più agevole; ognuno gode della possibilità di comunicare "liberamente", di interagire tramite Internet e i telefonini. Ma la nostra vita è per questo più felice, e più sicura?
La verità è che oggi siamo tutti precari (quando abbiamo la "fortuna" di lavorare), e le innovazioni tecnologiche sembrerebbero servire primariamente ad "intrattenerci", distogliendo i nostri pensieri da quello che sarà il futuro. E il futuro - come sanno i dinamisti - comincia già domani, o tra un'ora. Rifkin non ha difficoltà a prevedere una società di disoccupati cronici e di lavoratori sottopagati. Il suo suggerimento è quello di "lavorare meno, lavorare tutti" e consiglia ai governi di investire massicciamente nel settore del volontariato e dei servizi sociali. Due proposte che rimarranno inascoltate. La tendenza va semmai in direzione opposta. Ci sono sempre meno lavoratori che sono costretti a lavorare più a lungo, spesso malpagati e costretti a marcare la presenza anche in caso di malattia; e i governi assomigliano sempre più a grosse ditte, e dunque interessati maggiormente ad amministrare il denaro (facendo arricchire i loro "manager") a discapito dei "sottoposti" (del popolo) che non a occuparsi del destino dei non-agiati.

La voce di Virginia Postrel è quella dei wasp, mentre Jeremy Rifkin parla anche in nome degli Afroamericani (che negli Stati Uniti sono stati i più colpiti dall'avvento delle nuove tecnologie).

Gli altri due immobilisti (?) di cui abbiamo accennato sopra sono Leon Kass e Bill McKibben.


Kass è un professore di bioetica dalle vedute conservative: si oppone strenuamente alla biogenetica delle facili clonazioni e all'eutanasia, ma pure all'aborto.
McKibben è un ecologista che si occupa anche di questioni sociali e di biogenetica. In The End of Nature (scritto nel 1983) già McKibben lanciava un gido di allarme sul riscaldamento globale della Terra, e in The Age of Missing Information scrive: "Noi crediamo di vivere nell'èra dell'informazione', crediamo che ci sia stata un''esplosione' di informazioni, una 'rivoluzione' dell'informazione. In un certo qual senso è proprio così, ma in un senso più stretto è vero esattamente l'opposto. Stiamo attraversando un momento di profonda ignoranza, in cui la conoscenza vitale che gli esseri umani prima possedevano - chi siamo? dove viviamo? - sembra essere andata persa. Un oscurantismo. L'èra dell'informazione smarrita."


Entrambi questi studiosi sono meno "americani", più "mondialisti" di Postrel e Rifkin, e quindi in potenza di maggiore interesse per noi europei, per noi africani, per noi asiatici. Tuttavia, per comprendere fino a che punto la degradazione ha intaccato il nostro mondo ci sono sicuramente ancora più utili i trafiletti dei giornali. Prendiamo la Germania. Generalmente, fino a qualche tempo fa i tedeschi erano considerati fortunati di vivere in un Paese benestante, evoluto, con un'assistenza sociale e sociosanitaria davvero esemplare. Le cose però sono radicalmente mutate anche lì (qui, per chi scrive). Due sole notizie recenti. La prima ci dice che a Spira (Speyer), tranquilla cittadina della Renania-Palatinato, un ventenne è morto di fame e sua madre è stata ricoverata in ospedale con evidenti segni di malnutrizione; i due, disoccupati, non potevano nemmeno comprarsi da mangiare... La seconda riferisce di un uomo che, alla stazione ferroviaria di Amburgo, vede morire sotto i suoi occhi uno sconosciuto e, prima ancora di tentare di soccorrerlo, gli ruba il portafoglio. Storie di fame e disperazione. Come tante altre se ne segnalano in Germania, ex Paese benestante ed evoluto dove oggi non si contano più i senzatetto e i senzalavoro.


Siamo al cospetto del "Medioevo prossimo venturo" che Roberto Vacca aveva preannunciato nel 1970. Le profezie di Vacca si sono tutte avverate: l’ingovernabilità dei grandi sistemi, congestione urbana e paralisi dei trasporti, scarsezza d’acqua ed eccesso di immondizie, guerre, inutilità della contestazione (quando la contestazione c'è), speranze mal riposte nei calcolatori elettronici... Un tempo la chiamavano "futurologia", "fantascienza apocalittica"... Ora dobbiamo purtroppo dire: "Benvenuti nella realtà!"




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Leon Kass (intervista sulla clonazione)

Bill McKibben (file .rtf)

Sito con articoli di Roberto Vacca

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