sabato, settembre 03, 2005

Per Cat - Cap. IV

Un martellio nella notte. Ci metto un po' prima di capire che non è dentro la mia testa. Qualcuno ha urlato, ma probabilmente sono stato io. E' sabato, rammento d'un tratto: giorno di lavoro per me.
"Lavoro", sì. Raramente, quando si parla di un serial killer, i media si occupano del suo hintergrund quotidiano. Certo, i "profiler" della polizia cercano di comprendere che genere di vita possa svolgere ("... sicuramente sulla mezza età, tipo dai modi gentili, va d'accordo con i vicini..." oppure: "... è ancora giovane, frequenta l'università, probabilmente uno studente fuori corso originario di una cittadina di provincia..."), ma in generale giornali e tivù si limitano a chiamarlo "pazzo assassino", senza indagare oltre.

Mi giro verso la sveglia: ancora dieci minuti perché la suoneria si scateni. La disinnesco e appoggio i piedi sul pavimento freddo.
Sono un lavoratore precario, uno di quelli che vengono ingaggiati dalle agenzie interinali e mandati qua e là a svolgere le incombenze più umili, di solito al posto di un operaio che ha le ferie o ha preso un giorno di libertà.
Si tratta di lavori strani: in fucine infernali, in afosi magazzini, in gelide cantine... lavare piatti, strofinare pavimenti, "stracciare" scatole di cartone, spalare merda... Sono quelle che io chiamo "le ore del miasma".
E' così che riesco a finanziarmi vitto e alloggio, sia pure a malapena. Sono ore di sfacelo spirituale, di mordersi le labbra a sangue nell'incassare offese a viso aperto e più o meno celati risolini di scherno da parte di chi il lavoro ce l'ha e se lo tiene ben stretto.

Cara Cat, lo so che non vorresti sapermi giù, ma, oltre alla tua inaudita scomparsa, è questa mia situazione ad aver fatto di me un assassino. Sono tempi veramente duri. Avevo sempre temuto che prima o poi io potessi finire in questo modo, schiavo di un sistema profittatore, ma fino ad adesso la parte ottimista di me aveva sempre avuto la meglio sull'altra, ovvero quella della nausea, del... miasma. Sono caduto (insieme a tantissimi altri, lo so, lo so) in un vortice profondo. Purtroppo non vedo prospettive a breve termine per uscirne. Ormai questa storia va avanti da qualche anno - un altro si sarebbe sicuramente impiccato o avrebbe fatto una carneficina in pieno giorno - e credo che solo un miracolo potrebbe salvarmi (forse la mia laurea in Filosofia?), ma io ai miracoli non credo, quindi...

Questo non vuole essere un piagnisteo, è solo uno sfogo, il solito sfogo davanti allo specchio, mentre raschio via la barba dalla mia tragica maschera. Non può aiutarmi nessuno, nemmeno il tuo fantasma gentile; forse solo io. Ma non so come...
Ora devo scendere in strada e recarmi all'angolo in cui un camioncino caricherà me e altri disgraziati come me per condurci nelle varie galere di follia. Tu non ti preoccupare per mie eventuali lacrime: suggeriscimi solo, mano a mano, chi devo far fuori, ed io eseguirò.

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