Ormai siamo al puro delirio Considerazioni di un italianista militante
Secondo i miei ricordi e secondo mie esperienze recenti, la scuola dell'Isola è già troppo pregna di siciliano e sicilianismi; persino tra di loro gli insegnanti parlano in vernacolo... Tutto e tutti tradiscono uno sviscerato e pericoloso attaccamento al dialetto e ai luoghi atavici: e ciò ancora nel Terzo Millennio!
Già da bambino individuai in questa scarsa voglia di apertura cultural-linguistica, in questo monomaniacale guardarsi l'ombelico, i gravi mali che affliggono la società trinacra; in primis, la mafia, e dunque il Trionfo degli Imbecilli (con tutta la violenza e le ingiustizie che ne conseguono).
Noi abbiamo un tesoro prezioso e inesauribile: la lingua italiana. Con "noi" intendo "noi siciliani", ma non solo. Abbiamo questo stupendo dono della Storia che accomuna tutte le regioni dalle Alpi in giù: quindi, se proprio vogliamo regalare ai nostri figli un idioma, che sia quello nazionale! Tanto, i ragionalismi e le febbri di campanilismo affioreranno sempre (purtroppo) nelle più banali parentesi di quotidianità.
Stuoli di poeti e scrittori hanno contribuito per foggiare una delle più belle e suggestive lingue al mondo: approfittiamone! Non abbiamo che da attingere a piene mani da tale mucchio d'oro dolce.
La politica sembra essere uscita completamente fuori di testa. La legge appena varata dall'Assemblea Regionale sembrerebbe un diretto suggerimento di pupari iniqui, dei soliti manovratori occulti. Qui si vuole ancora proteggere "l'onore della famiglia" e salvaguardare le "cose nostre" mentre la realtà sociale va a scatafascio - per tacere dell'ecoambiente ormai rovinato. Se è questo il risultato di ère di "governo" di cosche mafiose, conviene affidarsi a... ben altri Santi.
Anche per ciò, concordo con Vincenzo Consolo:
"Ormai siamo alla stupidità. Una bella regressione sulla scia dei lumbard. Che senso hanno i regionalismi e i localismi in un quadro politico e sociale già abbastanza sfilacciato? Abbiamo una grande lingua, l'italiano, che tra l'altro è nata in Sicilia: perché avvizzirci sui dialetti? Io sono per la lingua italiana, quella che ci hanno insegnato i nostri grandi scrittori, e tutto ciò che tende a sminuirla mi preoccupa".
Da parte mia, propongo agli amici siciliani addirittura di elevare l'italiano a un'ideale arma contro la volgarità e i mafiosismi, facendo del lessico nazionale una sorta di shibolet, ovvero di marchio di riconoscimento; un metodo portentoso per sciogliere le incrostazioni calcaree che bloccano la nostra bella isola impedendole di spiegare le vele.
Certo però che per iniziare veramente a diffondere l'italiano nelle scuole (ma anche l'inglese! L'inglese è importantissimo; dovrebbe essere la nostra seconda lingua...) avremmo bisogno di insegnanti capaci; insegnanti aperti, con alle spalle esperienze di viaggi e soggiorni al Nord e magari anche all'estero, tanto da aver sviluppato una coscienza civile e politica. Ed è qui - mi suggeriscono i miei tremuli ricordi -, è in questa carenza, nei posti-chiave, di anime e spiriti o, se volete, di intelletti, che risiede l'autentico cruccio della Sicilia.
Leggete anche l'articolo apparso su Repubblica:
"Il siciliano si studierà a scuola -
Ma gli scrittori bocciano la legge"