lunedì, gennaio 05, 2015

David Bowie, alieno perfetto

L'uomo che cadde sulla Terra



Che lo si voglia o no, è una parabola dello straniero (inglese:"alien") che alberga in ciascuno di noi.

Per
Bowie, il ruolo della sua vita. Nessuno poteva riuscire più convincente di lui nei panni dell'extraterrestre!


Tratto dall'omonimo romanzo di Walter Tevis (in Italia pubblicato da Mondadori nella collana 'Urania'), questo è uno dei tre-quattro film-cult del regista Nicolas Roeg che lasciò perplessi, al suo apparire, i soliti critici di scuola conservatrice, mentre entusiasmò molte menti giovani e - inutile dirlo - contribuì ad accrescere la fama di David Bowie quale "alieno".



Qui Roeg raffina il linguaggio che gli è proprio, un linguaggio basato su un accostamento di immagini apparentemente slegate tra di esse (episodi fonico-visivi che nel loro insieme costituiscono una storia compiuta). In tempi meno lontani, troviamo riscontro di questa - in senso lato - tecnica narrativa in un'altrettanto splendida pellicola "stravagante", ovvero Barton Fink dei Fratelli Coen.





In The Man Who Fell To Earth la storia c'è, su questo non si discute; l'unica questione su cui tuttora si dibatte è se questo particolare film rientri o meno nel filone della fantascienza. Secondo me, come tutti i prodotti "cult" (vedi Arancia meccanica), anche L'uomo che cadde... sfugge felicemente a ogni tentativo di cataloghizzazione.
E' proprio la maniera di raccontare di Roeg che crea difficoltà a quegli spettatori che - ancora oggi - non sono del tutto abituati a questa sorta di cinematografia (e ciò a quasi mezzo secolo da Otto e mezzo di Fellini!).



E' importante che un artista, quando lo voglia, possa trasgredire le regole "classiche" della struttura rigida, prendendosi la libertà di accostare immagini di carattere simbolico, frutti - in apparenza - di un onirismo gratuito, di... sì... surrealismo. (I dipinti di Dalì sono ad effetto sicuro, anche se non cadono mai nel cliché; e film come L'uomo che cadde sulla Terra oppure Insignificance dello stesso regista sono diventati oggetti di adorazione proprio per l' "obliquità" della constructio e per la predominanza di immagini surreali).
In letteratura abbiamo numerosi esempi di opere che "rompono" con le regole comuni. Questo non significa però che tali libri non raccontino una storia o che essi siano un unico pastiche! Persino dietro all'apparente "spontaneità" di On The Road è riconoscibile una costruzione rigidamente aritmetica. (A proposito di Kerouac: il suo vero capolavoro è Doctor Sax, non On The Road. Ma... ssst! Non rivelatelo a nessuno.) 


 

In definitiva, di che cosa parla questo film datato 1976? Presto detto. Bowie interpreta un alieno ("Thomas J. Newton") che atterra sul nostro pianeta nella speranza di poter salvare il proprio, che si sta vieppiù trasformando in un unico deserto. Essendo dotato di conoscenze tecnologiche sconosciute ai terrestri, comincia a capitalizzarle con l'aiuto di un avvocato (peraltro molto sospettoso nei suoi confronti), arrivando a fondare un'immensa multinazionale. Ma la sua permanenza sulla Terra ha effetti deleteri sul suo corpo e sulla sua psiche, e nemmeno l'amore di una donna (pressoché perfetta l'attrice Candy Clark!) può farlo sentire meno estraneo al nostro mondo. Alla fine Tommy/David soccombe sotto la mercizzazione totale di cui siamo già schiavi noi, e il suo sogno di costruire un'astronave che lo riporti sul suo pianeta (e qui si inserisce il personaggio dell'ingegnere, interpretato dal fantastico Rip Torn, che in quello scorcio di tempo girava film dello spessore di Tropico del Cancro) svanirà miserabilmente. Una certa organizzazione del governo americano (la CIA? Meglio non dirlo, non si sa mai) scopre in Tommy l'alieno che lui in effetti è (mentre si spacciava per cittadino britannico) e lo sottopone a una serie di test che gli rovineranno gli occhi, costringendolo a restare per sempre quaggiù. 


 

Un consiglio: leggete pure il romanzo di Tevis; è un piccolo capolavoro a sé stante. 
                    

              


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