sabato, ottobre 15, 2005

Per Cat - Cap. V

Domenica. Finalmente una giornata libera. L'ho trascorsa stravaccato senza far nulla, a parte sorbirmi volontariamente le fesserie in tivù: quelle voci e quelle facce artificiali mi aiutano a non pensare troppo spesso a Cat. Verso il tardo pomeriggio ho deciso di uscire per arieggiare i miei polmoni, ma è stato un errore. Percorrendo le scialbe vie del mio quartiere e quelle ricche del centro, ho incominciato a riflettere sul lavoro, sul denaro e sui giochi di potere, sui rapporti interpersonali, sulla mia vita e su quella degli altri.
Dovunque io sia andato a lavorare, ho incontrato robot antropomorfi. Camminando per strada, mi imbatto in anime trasportate dal vento in balia del nulla. E il peggio è che non c'è scampo da nessuna parte. In questo Paese o in un altro è lo stesso: siamo una massa amorfa di imbecilli rimbambiti da programmi televisivi assurdi e spot pubblicitari.
Finalmente rientrato, mi sono preparato per mettere a segno uno dei colpi del "misterioso killer psicopatico", come mi definiscono i giornali.
Io ho una morale? Forse non più. Ma ho almeno uno scopo nella vita: vendicare la scomparsa del mio amore.
Cat...
Non sono stati dei teppistelli ad ucciderti, non è stato il gesto insensato di un automa dall'involucro umano. E' stata una società in coma irreversibile. Guardali: hanno occhi vividi, e molti vestono pure bene. Si muovono, parlano, vantano affari amorosi e coltivano passatempi vari. Queste persone sono al servizio della Grande Macchina e dei suoi pescecani; fanno parte dell'entourage di sgualdrine e sfruttatori. Sono i tuoi assassini.
Si diventa così per mancanza di sogni, ideali... forse illusioni. Loro sono quelli che già a scuola ti rovinavano la giornata. Soffrono e fanno soffrire. Eliminandoli, rendo un favore anche a loro.
Certo, sono un illuso: sono in troppi, è come combattere contro i mulini a vento. Ma io, se non altro, alla mia illusione so dare un corpo.
Il mio obiettivo stanotte è nuovamente uno di questi tormentatori tormentati. Si tratta di un politico locale. Sui trentacinque anni, l'aspetto di manager, gira in una decappottabile sportiva, è ancora scapolo, sniffa coca, imbarca spesso delle tredici-quattordicenni dell'Est Europa.
Lui ha ucciso Cat.
Tanto per cambiare, userò il coltello, non la scacciacani.
Mi apposto tra i cespugli fuori della sua villa e attendo il suo ritorno. Le due, le tre... Ecco infine i fari della sua auto. Sguscio fuori tra le ombre mentre lui parcheggia accanto al muro, presso l'ingresso. Avanzo come un felino. Molte sensazioni, molti odori; ma l'occhio non sfugge al controllo della mente. Questa mente che si difende dal dolore e dal disordine fingendosi a tratti mefistofelica.
Vedo che barcolla leggermente mentre si avvicina alla porta. Lo becco che ha ancora un piede sulla soglia e il mazzo di chiavi in mano. Volge di scatto la sua testa rasata. Ha le palle degli occhi infiammate, grosse, come sfaccettate. Un moscone.
La propria casa è un bel posto per essere assassinati. Lo spingo dentro. Lui impreca, grida; perciò lo metto a zittire maciullandogli la bocca con pochi ma ben assestati colpi di lama. Poi, pian piano, completo l'opera. Dura quasi fino all'alba.

Io ho una morale? Chiaro che sì.
Solco con passo lento le strade solitarie guardandomi ogni tanto alle spalle. La luna sta ancora là in alto. E' appannata, non offre un bello spettacolo. Un leggero soffio di vento crea agli incroci maelstrom di rifiuti assortiti. Una merda di cane o d'uomo decora la scalinata di un edificio pubblico. Defecatio matutina bona tamquam medicina.
Tra un po' dovrò andare al lavoro, ma l'idea non mi disturba più di tanto. Quest'oggi eseguirò le mie mansioni di schiavo senza protestare.

Nessun commento: