martedì, dicembre 26, 2006

Casino Royale (1967)


Sir James Bond, ex agente segreto, si è ritirato a vita privata. Per mantenere alta la propria immagine, i servizi ribattezzano un gran numero di loro agenti "James Bond" o "007"... Senonché, il vecchio Bond deve essere riattivato per fare luce sulla strana moria di uomini al soldo sia dell'una parte (capitalista) sia dell'altra (comunista).


Per molti questa parodia, che può vantare un cast stellare, è puro trash; per altri un capolavoro di slapstick. In effetti, non bisogna attendersi risate a crepapelle. Semmai si sorride, ammirando molti dei beniamini di sempre: Sellers, Niven, Allen, Andress, Huston, Welles, Belmondo, O'Toole (questi ultimi due in minuscole parti, quasi appena camei)... Una storia autentica il film non ce l'ha: è solo vagamente ispirato al primo romanzo di Ian Fleming. Il produttore Charles K. Feldman, non potendo accaparrarsi i diritti sul celebre personaggio (che erano nelle mani di Albert R. Broccoli), pensò di prendersi una rivincita acquistando se non altro quelli sul primo libro e volgendo ogni cosa in scherzo, sia pure con un impiego di capitali a quell'epoca da record. Il film fu girato interamente in Inghilterra. A parte il gran numero di registi, altrettanto grande è quello degli "scrivani", tra i quali è da includere Woody Allen, il cui stile si nota - eccome! - in parecchie scene e in un paio di riferimenti (soprattutto nel finale caotico) a What's New Pussycat. Altri particolari della pellicola richiamano alla mente idee tratte da commedie di quel tempo o che verranno sviluppate in opere a venire. 


Peter Sellers e Ursula Andress

David Niven nei panni del vecchio James Bond è impeccabile. L'altro "James Bond" più importante della storia è Peter Sellers, in realtà un esperto di baccarà che viene coinvolto da Ursula Andress/"Vesper Lynd" nel complotto contro "Le Chiffre" (Orson Welles).

Dopo aver girato The Pink Panther e Dr. Strangelove, Sellers era tra gli attori più richiesti in assoluto, e ciò deve aver gonfiato a dismisura il suo ego. Per Casino Royale pretese un milione di dollari, una Bentley bianca e il controllo assoluto sul copione. Anche dopo che gli venne assegnato il ruolo più importante, Sellers continuò a comportarsi come un bambino capriccioso. La produzione decise di assecondarlo e i costi raggiunsero i 6 milioni di sterline fino al momento in cui la megalomane star decise di abbandonare i luoghi delle riprese per non farvi più ritorno. (In totale il film sarebbe costato ben 8 milioni di sterline.) La scena in cui Sellers muore è in realtà il risultato di abili trucchi in fase di post-produzione. Il comportamento autodistruttivo dell'attore inglese gli diede una fama talmente negativa che per anni fu sulla lista nera di tutte le case cinematografiche.

Tra parentesi, la scena al casinò che mostra Sellers e il suo contraente Orson Welles/"Le Chiffre" è solo frutto di montaggio. Sellers accusò l'intera squadra di venerare Welles e di trascurare lui. Tra le due stelle scoppiarono scintille già fuori dal set, e per questo per la scena in questione bisognò girare diverse sequenze che vennero poi cucite insieme. 

 


Woody Allen e Daliah Levi


Bisogna accettare Casino Royale per quel che è. Non si tratta di un capolavoro, ma non è nemmeno quell'obbrobrio che in tempi più recenti ci è stato propinato con Austin Powers (la spia imbranata interpretata da Mike Myers). Siamo negli Anni Sessanta, quasi Settanta, e i vari registi (John Houston, Ken Hughes, Robert Parrish...) hanno colto lo spirito del tempo con sequenze e scenografie "psichedeliche", oltre che con un vero e proprio esercito di splendide donne seminude (delle quali Ursula Andress, Daliah Levi e Barbara Bouchet sono solo il tridente avanzato). Pura cultura pop, insomma, sottolineata dal bel soundtrack di Burt Bacharach / Herb Alpert. Inoltre, si possono gustare Woody Allen ("Dottor Noè") nelle vesti di piccolo ebreo nevrotico, Peter Sellers in quelle di playboy e Orson Welles in qualità di grande illusionista: tre autorappresentazioni dettate più da convinzione reale che dalla natura satirica del film.

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