"The future is unwritten" sosteneva Joe Strummer: "Il futuro non è stato ancora scritto"... Eppure gli Anni Ottanta - il decennio di Ronald Reagan - sono stati una sorta di pietra angolare per quello che è il nostro presente. E' come se qualcuno, o un gruppo di persone, avesse allora deciso di "spezzare le gambe" ai movimenti libertari, alla coscienza di classe, e allo Stato sociale, seminando panico, terrore e inaugurando - istituzionalizzandolo! - il concetto di "vita precaria".
Dopo almeno trent'anni di creatività ad alti livelli (e perciò spesso "sovversiva"), ecco che con il sopraggiungere degli Anni Ottanta si ha il declino della musica, della letteratura e del cinema.
E anche per quanto riguarda la moda trattasi di un decennio a dir poco strano (!)...
Il romanzo Villa Sunshine (ora su Amazon per Kindle), che narra di quel periodo, ha un'ambientazione rigorosamente italiana, e più precisamente nord-italiana: si svolge infatti tra il Lago di Como e Milano, e a raccontare è Hermann Schmidt.
Ermanno, come lo chiamano gli amici, lavora in un istituto di ricerca
genetica. Una sera, mentre fa la vivisezione di alcune cavie, viene
sopraffatto dalla stanchezza e la mente gli gioca uno strano scherzo:
nell'atmosfera tetra del suo laboratorio, egli si ritrova a
rievocare il fantasma di Mara, la sua ragazza di una volta, "perduta"
a un capriccio giovanile di lei o al carisma indecifrabile di un
tale letteralmente piovuto dal cielo e che risponde al nome di Venceslao Pilleschi.
All'apoteosi
del suo solipsismo, il dottore si augura fortemente di rivedere l'antica fiamma, che nel frattempo dev'essere una donna matura. Non
solo: Hermann auspica persino di rincontrare l'individuo che gliel'ha
soffiata... Perché quell'individuo, quel Vence, era anche suo amico,
e l'amicizia ha un ruolo fondamentale nella sua vita (così come è
fondamentale per tutti i personaggi che conosceremo in seguito).
Quello
di Ermanno Schmidt non è solo un nostalgico desiderio, ma vera e
propria precognizione. Per quanto lo riguarda, Hermann dà per scontato
che rivedrà presto entrambi (Mara e Venceslao), che li ritroverà...
Semplicemente perché loro gli stanno mandando segnali telepatici,
comunicandogli che vogliono
farsi ritrovare.
A
cavallo delle memorie di Hermann o Ermanno Schmidt, ci vediamo
ricapultati a diversi anni prima, e più precisamente alla data
dell'incontro della coppia Hermann-Mara con il misterioso Vence(slao)
Pilleschi. L'atmosfera è quasi onirica; come nel ricordo di una
mente stanca e confusa (quale in effetti è la mente del ricercatore
genetico). L'incontro (quasi scontro) si svolge in circostanze
surreali, ed è arricchito da elementi e fenomeni improbabili,
simboleggianti i segni di una stravolgente svolta (geofisica, più
che sociale) della Terra.
"Mi
chiamo Venceslao Pilleschi", si presenta lo sconosciuto -
l'alieno
- a lui e a Mara.
Fin
da subito, Venceslao/Vence si rivela essere un bambinone,
completamente inadatto alla vita degli uomini; o, almeno, alla vita
come essa è concepita nel paesino di provincia in cui vive la
coppietta, che lo ha "adottato". Ben presto, il biondo,
irrequieto Vence si dice annoiato e decide di trasferirsi a Milano,
dove - sorprendentemente - riesce a riscuotere successo in vari
campi, imparando ad adattarsi in tanti ruoli; la sua specialità è
di cambiare a piacimento maschere e costumi, parimenti a un attore
mestierante. Ma anche nella metropoli la vita è dura, e Vence (che
tra l'altro è mancino e inadeguato a svolgere la maggior parte dei
lavori manuali) si vedrà costretto ad ammettere la debacle
personale, per tornare infine al piccolo paese - presso i suoi tutori
-, dove poter leccare le proprie ferite in santa pace. E lì, nella
sperduta provincia dall'aura vagamente celtica, troverà consolazione
nell'abbraccio della benevolente Mara... La ragazza è talmente
innamorata di lui da abbandonare l'esterrefatto Hermann e sparire
insieme all'"angelo biondo" risanato. Con il suo nuovo
compagno, si inoltrerà nei meandri della grande città, mostruoso
macchinario costruito apposta per inghiottire tante umane esistenze.
Da
questo punto in poi, il romanzo diventa più realistico, più
concreto. I contorni non sono più sfumati, e gli elementi
architettonici (in Villa
Sunshine
l'architettura occupa una posizione predominante) sono costituiti da
oggetti ben tangibili, da spazi e corpi riconoscibili. Siamo
nell'oggi: 1982, 1983. Mara, ormai una donna non più giovanissima,
sta di continuo in attesa che qualcuno le riporti indietro il "suo
uomo": Vence. In tutti questi anni, Vence è rimasto infatti -
almeno in spirito - il bambinone di una volta, e, irresponsabile
com'è, latita: anche perché schiavo delle droghe sintetiche
(dunque, continuamente "in ruota").
Attorno
a Villa Sunshine (la casa in cui la coppia Mara-Vence si era illusa
di poter fondare un nido d'amore) ruotano diversi personaggi, tutta
gente che va verso la quarantina o l'ha già superata: lo sgangherato
El Cato (un musicista rock dall'aspetto spagnoleggiante), un
disastrato - e disonesto, bisogna aggiungere - uomo politico del Sud
Italia, la sorella di Mara (un tempo reginetta di bellezza, oggi
divenuta un'insopportabile matrona) e il marito di costei, che ha la
passione dell'architettura. Proprio dall'architetto wannabé
Mara deve sorbirsi valanghe di consigli sui cambiamenti che si
potrebbero effettuare per migliorare esteticamente la villa... Ma lei
è distratta, lei è interessata soltanto a un celere - quanto
improbabile - ritorno del compagno. Si accorge di invecchiare, sente
di star sciupando la propria vita, e a più riprese (a volte con tono
lievemente isterico) esorta i frequentatori della sua dimora a
riportargli indietro il suo "uomo-bambino"...
Per
caso (o destino) sarà invece Hermann Schmidt, l'infelice dottorino
di una volta, votatosi intanto al celibato, a "ripescare"
Vence dai marciapiedi milanesi e a ricondurlo da Mara. Hermann
Schmidt si vedrà pure messo nella situazione di dover indagare
seriamente sulla vera provenienza di questo "idiota bello",
in quanto la ragione gli suggerisce che Vence non può essere né un
Messo Celeste, né tantomeno un... marziano sperdutosi nel corso di
una missione spaziale.
Il
romanzo sfuma in un'atmosfera di cupa malinconia, con la scomparsa
definitiva di un umano-troppo-umano Vence(slao) Pilleschi e con la
sempre più decrepita Villa Sunshine piena di persone ("amici"
di Vence, ma anche amici l'un l'altro) che non fanno che vegetare
sognando dei bei tempi andati. "Bei" perché vissuti
all'insegna di una pseudomilitanza politica o quantomeno ideologica
sotto la guida di un Venceslao Pilleschi allora brillante. Il
sospetto che si insinua nel lettore, in queste ultime pagine del
romanzo, è che Villa Sunshine sia in realtà una casa di riposo per
esistenze derelitte, e che Mara sia una sorta di infermiera che deve
prendersi cura di loro.
Attraverso
immagini metaforiche trasposte senza alcuna retorica, il romanzo
vuole essere l'anamorfosi di un'Italia che riesce a mantenere la sua
bellezza, la sua unicità, nonostante ogni turpitudine etica e
sociale. È anche un romanzo "d'arte", nel senso che, oltre
che di architettura, vi si parla (attraverso le bocche dei vari
personaggi) di musica, di pittura, e perfino di misteri archeologici.