Siamo in Germania, poco dopo la Caduta del Muro. Marco è un giovane intellettuale che si vede impegolato nel variegato cosmo delle pizzerie e degli autoproclamati "chefs"...
Da leggere e passare ad altri sottobanco!
Neo-romanticismo da Terzo Millennio: il racconto di ciò che significa, in realtà, "emigrare", essere "emigranti".
I Canachi. Storia d'amore e satira sociale a un tempo. Poesia della disperazione. Il cantico (macchiato di sugo) degli italiani all'estero.
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Estratto:
(...) Tornando al Dolomiti il giorno seguente, vi trovò Roland che correva avanti e indietro con il vassoio stracarico e la camicia mezzo fuori dalle brache. Il gestore della minigelateria aveva un'aria aduggiata; stentava a star dietro a tutte le richieste.
Nell’infilarsi precipitosamente dentro il tabernacolo in cui torreggiava l’impastatrice del gelato, avvisò Marco: «Devi pazientare un po’. Oggi la gente è arrivata tutta in una volta.... Si saranno passati la voce. Un casino!».
«Ho tempo», lo tranquillizzò lui. Si avvicinò a Nicole, cogliendola china su un quaderno, e le chiese: «Fai i compiti?».
«N... no-o.»
«Perché non mi mostri quello che stavi scrivendo?».
«Non voglio.»
Si sporse al di sopra delle braccia incrociate di lei e riuscì a scorgere un disegnino: un cuore in mezzo a un ricamo di lettere nitide e tonde.
La puella si fece rossa rossa. Scancellò un nome, sbertucciò il foglio.
«Ma è normalissimo. Perché ne fai un segreto? Un tuo compagno di scuola?».
«Mmmm.»
«Va bene, non insisto. Posso sedermi? Qui, vicino a te? Se disturbo», aggiunse, «aspetterò che si liberi un altro posto.»
Nicole gli sorrise da sotto in su e gli indicò la sedia che aveva tenuto occupata apposta per lui.
Poco discosto, Geppo cercava simultaneamente di leggere un quotidiano e di fare la guerra a un babà. «Senti questa!», esclamò. «“Pappagallo fuggito da gabbia aggredisce e uccide a colpi di becco scimmia del vicino.“»
«È il Bild Zeitung, quello?».
Geppo sollevò il faccione. Sbuffi di panna montata gli ornavano la barba. «Sì. Perché?».
«Oh, chiedevo così...».
XII
je travaille Eg vanna mä karta hü lavoro
tu travailles dù vannst tu karta hä lavori
il travaille hann vannt wah karta hä lavora
nous travaillons vid vannum ham karte hä lavoriamo
vous travaillez did vannid tum karte ho lavorate
ils travaillent deir vannun we karte hä lavorano
Si mise a piovere, nonostante il caldo torrido. Ed eccoci proiettati nel mese di Ottembre.
Per una volta tanto, Geppo & Giovanni concordavano: «Meglio, molto meglio che piova. Così i traumfurtiani non migrano verso i laghi. Saranno costretti a rimanere in paese. E se rimangono dovranno pur mangiare: corpo satollo anima consolata».
«La contentezza viene dalle budella.»
«...E se mangiano dove vanno, se non al Capri?».
Era la grande data: 'Neueröffnung - Riapertura ufficiale'. Marco preparava le pietanze con cui avrebbe sfamato il mondo. Già gli antipasti sembravano da soli cose di un altro mondo; a Traumfurt, almeno, non si era mai visto nulla del genere.
Geppo aveva il compito di consigliare ai clienti mousse di fegato d’oca su cuori di carciofino, crauti in aceto di sherry e cocktail di gamberetti guarnito con strisce di tartufo.
Dopo aver conferito con Giovanni (che avrebbe voluto puntare su piatti “di battaglia“, più conosciuti e di meno difficile esecuzione), il nuovo cuoco del Capri diminuì la varietà della tradizionale pastasciutta per acclimatare il novum delle seguenti portate:
-cosciotti di lepre alla Borgognona con contorno di purè di castagne o (a scelta) di peperoncini ripieni piccanti;
-frittata con fegatini di pollo al madeira;
-filetto Michelangelo, farcito di funghi porcini o acciughe, e gratinato all’emmenthal.
Quali “interludi“, insalata di riso e formaggio azzurro. Ilpesce fresco purtroppo non abbonda: consigliasi una minirazione di sogliole diliscate in veste rossa. Dessert: tortine di miglio con un pizzico di sale di mare e ‘pudding à la fuck you’ (budino alla boia d’un cane).
Ogni cosa è pronta. Si spalanchino le porte, ordunque!
Arrivarono dapprima isolati, a coppie, a gruppi di quattro o cinque; poi a dozzine, infine a centinaia. Marco e Giovanni dovettero fare le capriole, avvicendandosi ai fornelli e al forno. Corsero e saltarono come atleti alle Olimpiadi; intanto, alle loro orecchie provenivano le grida di Geppo, Babsy e Doris, disgraziato trio in una sala brulicante di bocche voraci. La battaglia durò fino mezzanotte, allorché i due soci, stremati quanto il resto della truppa, sedettero al tavolo del personale per conteggiare, ma per qualche ragione venivano distratti, si distraevano; si ingarbugliavano con i numeri e tuttavia sogghignavano, visibilmente appagati. Geppo giocò con il pennino brandendolo all'incontrario e le sue guance furono presto solcate da linee che si intersecavano come in un cruciverba.
L’introito era stato di gran lunga superiore alle attese. I complimenti si erano sciupati e nemmeno le mance ai cuochi mancavano, sebbene Marco fosse avverso a tale forma di gratificazione.
«Un solo reclamo», informò Geppo.
Giovanni saltò su tutte le furie: «Come? Chi?».
«Una cosuccia. Un nonnulla. Scordiamocelo.»
«Eh no, caro. Ora devi dircelo.»
Geppo maltrattò, imbarazzato, il cravattone a farfalla che sventagliava in cima alla sua livrea da maggiordomo. «Il Dottor coso... Androlli... ha voluto degnarci della sua presenza. Quella zuppa di pesce che avete mandato fuori era per lui.»
«Non gli è piaciuta?», chiese Marco.
«Beh, conosci Androlli...».
«Racconta», lo esortò Giovanni.
Geppo si grattò la pelata. «Non bisogna prenderlo sul serio, Dio puzz... Ha detto che gli è sembrata una “zuppetta di casa“.»
«Come ha detto?».
«Proprio così, Dio puzz...: una “zuppetta di casa“.»
«Il bouillabaisse? Una zuppetta? Sono desolato», disse Marco.
Faceva di tutto per esternare il suo rincrescimento, ma in realtà non dava peso alla faccenda.
Giovanni invece non riusciva a quietarsi. «Abbiamo presentato una lista delle vivande lunga come l’avemmaria e questo... signore... richiede qualcosa di totalmente diverso. Non sa che il pesce ci arriva congelato, qui? Dovevamo andarglielo a pescare?».
«Eh», articolò Geppo, «sarà invidia, la sua. Avrà visto la folla che c’era da noi e si sarà incazzato.»
«Bello stronzo», commentò Giovanni.
«Proprio così», tagliò corto Geppo, tornando a rivolgere la sua attenzione ai bigliettoni che si ammucchiavano sulla tovaglia piena di sbrodolature. Al di là del bar, seminascoste da torri di cristallo (i bicchieri da lavare), Doris e Babsy bisticciavano.
«Desolato», ripeté Marco.
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