Einstein: nell'immaginario collettivo, un antidivo dall'altissimo QI.
Einstein: scienziato di fama insuperabile ma anche personaggio della cultura pop, dal regista Nicolas Roeg celebrato nella tragicommedia Insignificance (La signora in bianco, 1985), dove la splendida Theresa Russell appare nelle vesti di Marilyn Monroe mentre Tony Curtis è un senatore maccartista.
Il volume in questione raccoglie tre scritti: due in forma letteraria e il terzo che consiste in una dettagliata biografia. Le fonti della ricerca: seri manuali per comprendere il genio di Einstein e in più film, documentari televisivi e prodotti dell'arte popolare.
Il 6 novembre 1880 nasceva Robert Musil, scrittore e drammaturgo austriaco († 1942)
Dopo essersi lasciato alle spalle un'insostenibile situazione familiare . in quel di Klagenfurt - e la frequentazione di collegi e accademie militari, si diplomò in ingegneria meccanica al politecnico di Brünn, fece assistentato presso il politecnico di Stoccarda, e si laureò, nel 1908, a Berlino con una tesi su Ernst Mach, scienziato e uno dei più influenti filosofi della scienza tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX. Da Mach, che aveva proclamato l'"insalvabilità dell'io", mero aggregato di relazioni psichiche la cui unità risulta puramente "economica", Musil trasse lo scetticismo circa l'unità dell'io e la validità generale di ogni legge scientifica e soprattutto del principio di casualità. Oltre alla lettura dei principali scrittori tedeschi ed europei, fondamentale fu per Musil la lezione tratta da Nietzsche che aveva dissolto l'idea stessa di soggetto, la sua identità e la sua unità in un'anarchia di atomi. Inoltre Musil ricaverà da Nietzsche la consapevolezza che la vita non dimora più in un Tutto organico e concluso, ossia la diagnosi della vita orfana della totalità che pervaderà tutta la sua opera.
Il Robert Musil Literatur Museum a Klagenfurt
Fatti biografici importanti della sua biografia a inizio Novecento: nel 1901 aveva conosciuto Herma Dietz, una ragazza della quale successivamente racconterà la storia in "Tonka". Poco dopo svolse il servizio militare come fante volontario: e in quel periodo contrasse la sifilide...
Il primo romanzo, I turbamenti del giovane Törless (Die Verwirrungen des Zöglings Törless, 1906), racconta la storia di un giovane cadetto militare disorientato, alla ricerca di valori morali sicuri all'interno del sistema sociale in cui si trova a vivere e il significato che questi assumono per lui. I turbamenti del giovane cadetto si trasformano in uno spassionato laboratorio d'osservazione scientifica: Musil intendeva così sanare lo iato apertosi, nella cultura del suo tempo, tra poesia e scienza, "anima ed esattezza". Su questo motivo, s'impernierà L'uomo senza qualità (Der Mann ohne Eigenschaften), il grande romanzo incompiuto cui egli aveva lavorato dal 1898 fino alla morte, lasciandolo interrotto e aperto a diverse soluzioni possibili.
Il romanzo è ambientato in quella che è a tutti gli effetti Vienna, capitale di un grande impero pluri-etnico detto Kakanien (reso in italiano come "Cacania"). Il nome Kakanien deriva dall'abbreviazione KK (pronunciata "ka-ka"), dell'espressione tedesca Kaiserlich-Königlich ("imperial-reale"), usata per indicare lo status dell'Austria-Ungheria come Doppia Monarchia. Ma kaka è in tedesco la parola infantile che indica le feci, e kakos in greco significa "cattivo". Quindi Musil usa l'espressione per simboleggiare la mancanza di coerenza politica, amministrativa e sentimentale nell'Austria-Ungheria.
L’uomo senza qualitànarra del matematico Ulrich e del suo atteggiamento verso la vita. Ulrich è una specie di "uomo ideale" che, riassumendo in sé tutte le qualità o, meglio, le "non-qualità" dell'appena iniziato Novecento, vive parzialmente alienato dal "mondo reale" e del tutto privo di autentici interessi. È passivo e apatico proprio come l'impero Austro-ungarico che si avvia al suo inesorabile disfacimento. Le vicende di Ulrich e degli altri protagonisti del libro sono metafore del ritratto di un'Europa di fine ‘800 stanca e decadente. Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale porrà termine, in maniera triste e definitiva, a quest'epoca con tutti i suoi valori e le sue contraddizioni.
Immerso com'è nell'anti-umanesimo di stampo nietzschiano, il protagonista stesso descrive la propria situazione come una vera e propria malattia della volontà. Quando ad esempio Ulrich "desidera" salvare il criminale Moosbrugger, è guidato da una filosofia prim'ancora che da un senso della realtà, totalmente alienato dal senso comune.
Il particolare atteggiamento narrativo di Musil, che lui stesso definisce del "saggismo", contribuisce a rendere questo mostruoso e straordinario libro una vera e propria bibbia del Decadentismo, esattamente alla maniera di Thomas Mann.
Nei racconti Incontri(Vereinigungen, 1911) e il ciclo di novelle Drei Frauen (1924), Musil si concentra sulle sfumature dei processi psichici: il soggetto s'indebolisce fino a svanire e l'esistenza risulta un campo enigmatico, sospeso e fluttuante. Come dice l'ironico titolo delle Pagine postume pubblicate in vita (Nachlass zu Lebzeiten, 1936), Musil è consapevole del tramonto dell'epica e della figura stessa dello scrittore, la cui scrittura registra eventi minimi. Sismografo del tramonto dell'impero asburgico, Musil se ne era fatto interprete anche nei numerosi saggi, animati da una lucida analisi e da uno struggente amore per la realtà. Anche le due commedie musiliane, Fanatici (Die Schwärmer, 1921) e Vinzenz e l'amica degli uomini importanti (Vinzenz und die Freundin bedeutender Männer, 1924), sono pervase da ironia e passione, fredda analisi e sguardo amoroso e partecipe.
Sposa Martha Heimann il 14 aprile del 1911 a Vienna.
Durante la Grande Guerra trascorse un periodo di stanza a Palù del Fersina, in Trentino. Risale ad allora la concezione della novella “Grigia”.
DaL'uomo senza qualità:
«Dobbiamo ora far seguire due parole a proposito di un sorriso, e cioè un sorriso fornito per giunta d'un paio di baffi, fatti apposta per la prerogativa maschile di sorridere sotto i medesimi; si tratta del sorriso degli scienziati che erano accorsi all'invito di Diotima e che avevano sentito parlare i famosi letterati e artisti. Benché sorridessero, non bisogna credere, Dio guardi, che sorridessero ironicamente. Al contrario, era la loro espressione di rispetto e di incompetenza, di cui s'è già accennato. Ma neppure questo deve trarre in inganno. Nella loro coscienza era così, ma nel subcosciente, per adoperare questa parola d'uso corrente, o per dir meglio nel loro stato d'animo collettivo, erano uomini nei quali la tendenza al male rumoreggiava come il fuoco sotto una caldaia.
Questo naturalmente sembra un paradosso e se lo si volesse esporre davanti ad un professore d'Università, quegli ribatterebbe probabilmente che lui è al servizio della verità e del progresso e d'altro non si cura; perché quella è la sua ideologia professionale. Ma tutte le ideologie professionali sono nobilissime, e i cacciatori, ad esempio, non si sognano certo di definirsi i macellai del bosco, bensì si proclamano amici degli animali e della natura esperti dell'arte venatoria, così come i commercianti professano il principio dell'utile onesto e i ladri hanno lo stesso Dio dei commercianti, l'elegante e internazionale Mercurio, congiungitore di popoli. [...] Se ci chiede [...] perché la scienza regna su di noi e neppure un analfabeta si salva dal suo dominio giacché impara a convivere con cose che son nate dotte - si ottiene un'immagine molto diversa. Secondo tradizioni attendibili s'è cominciato nel sedicesimo secolo, un periodo di fortissimo movimento spirituale, a non più sforzarsi di penetrare i segreti della natura, com'era successo fino allora in due millenni di speculazione religiosa e filosofica, bensì ad accontentarsi di esplorarne la superficie, in modo che non si può fare a meno di chiamare superficiale. Il grande Galileo Galilei ad esempio, il primo nome che sempre si cita a questo proposito, tolse di mezzo il problema: per quale causa intrinseca la natura abbia orrore degli spazi vuoti, così da obbligare un corpo che cade ad attraversare spazi su spazi, finché esso giunge su un terreno solido; e s'accontentò di una constatazione molto più volgare: stabilì semplicemente la velocità di quel corpo che cade, la via che percorre, il tempo che impiega, e l'accelerazione della caduta. La Chiesa cattolica ha commesso un grave errore minacciando di morte un tal uomo e costringendolo alla ritrattazione invece di ammazzarlo senza complimenti; perché il suo modo, e quello dei suoi simili, di considerare le cose, ha poi dato origine - in brevissimo tempo, se usiamo le misure della storia - agli orari ferroviari, alle macchine utensili, alla psicologia fisiologica e alla corruzione morale del tempo presente, e ormai non può più porvi rimedio.»
Inizia lo studio del pianoforte all’età di quattro anni.
La possibilità sin dall’età di otto anni di suonare ed esibirsi con una band di suo zio è determinante nel suo backgroud culturale oltreché nell’approccio
con la musica, e questo lo porta ad avvicinarsi a generi come il rock, il blues e il jazz.
Nascono cosi i primi esperimenti musicali orientati decisamente verso il Rock progressive con il gruppo Entity, da lui fondato, con cui incide due demo; “Il Naufragio della
speranza” del 1999 ed “Entità Doppia” del 2002, e il disco pubblicato a fine 2013 Il Falso Centro, edito dalla Locanda del Vento, una diramazione dell’etichetta Lizard.
La ricchezza di spunti del progressive lo stimola all’approfondimento degli studi musicali.
Studia presso il conservatorio di Cagliari dove consegue il compimento inferiore di composizione sotto la guida del Maestro Franco Oppo nel 1999 e la laurea di I e II livello in
musica elettronica nel 2007 a pieni voti con Sylvian Sapir ed Elio Martusciello.
Compie inoltre numerosi studi Jazzistici con musicisti di fama internazionale come Dave Liebman, John Taylor, Steve Lacy, Paolo Fresu, Roberto Cipelli e Peter Waters, approfondendo lo studio del pianoforte jazz, della composizione e arrangiamento.
Ha collaborato con il Centro Sardo Studi e Ricerche, con “Gli amici della musica” e con Spazio Musica in qualità performer, tecnico del suono e curatore del live
electronics in numerosi concerti.
Svolge un’attività concertistica in qualità di tastierista e pianista jazz collaborando con numerosi musicisti.
Nel 2001 apre il concerto dei Jethro Tull a Cagliari con il gruppo KTL.
Nel 2004 suona al Festival “Time in Jazz”.
Nel 2006 suona con il gruppo Blu:z Tep al festival Narcao Blues.
Sempre nel 2006 suona al festival In progress one con il gruppo KTL.
Nel 2007 suona al festival Sant’Anna Arresi jazz con il saxofonista Max Ionata.
Nel 2011 suona all’European Jazz Expo con la Paolo Nonnis Super Band.
Nel 2014 suona con Antonella Ruggiero in una rassegna presso Villa Piercy, nelle montagne di Bolotana.
Continuano le numerose rassegne e concerti come pianista della Paolo Nonnis Big Band, con la resident band del club Jazzino di Cagliari, con cui accompagna numerosi
ospiti nazionale ed internazionali.
Collabora inoltre con altri numerosi artisti, tra cui il cantautore Flavio Secchi e lo storico gruppo hip pop sardo Balentia.
Ha composto ed eseguito due pezzi in piano solo nel disco lliad, prodotto da Colossus project ed edito dalla Musea nel 2010. Prende parte anche ai progetti Decameron part II e Decameron Part III, entrambi prodotti da Colossus project ed
editi da Musea, per i quali realizza due suite.
Nel febbraio 2012 viene pubblicato il cd del progetto originale M’organ Quartet, edito da Ultrasound records, nel quale viene registrato anche un brano di sua composizione.
Svolge una intensa attività in studio di registrazione lavorando come turnista, performer, produttore e tecnico del suono specializzato in mixaggi e mastering in numerose
produzioni.
Ultimamente sta lavorando ad un suo progetto solista con una imminente uscita discografica e collabora ad un progetto recentemente finanziato dalla Regione Sardegna, che relaziona
la musica con il nuoto, legato sia ad atleti agonisti che paraplegici, lavorando sulla musica che serve ad aiutare gli atleti nella loro attività sportiva.
La formazione a tre sembra essere la dimensione ideale per Mauro Mulas, il quale anche in passato ha fatto spesso uso di questa formula.
Un trio di Mauro Mulas leggermente diverso: mentre alla batteria vediamo Pierpaolo Frailis (presente anche in Chiaroscuro), invece del contrabbasso di Atzori c'è qui Roberto Deidda alla chitarra; e Mulas non suona il piano ma le tastiere elettriche.
Chiaroscuro è certamente uno dei capisaldi della pur lunga e intensa carriera del musicista nuorese. Dopo gli studi (composizione e musica elettronica) e le esperienze con il gruppo Entity, nonché innumerevoli esibizioni e lavori di registrazione e produzione per vari artisti, si è unito a due compagni di palco - il contrabbassista Alessandro Cinzio Atzori e il batterista Pierpaolo Frailis - ed ecco questo album, con musica scritta e arrangiata da Mauro Mulas, qui al pianoforte e non, come altrove, ai sintetizzatori.
Mauro Mulas Trio - "Il senso della vita", breve spezzone dal vivo
"Come musicista hai qualche tastierista a cui ti ispiri, o che ti piace particolarmente?"
"A parte Keith Emerson, sicuramente Jan Hammer. Anche Chick Corea mi piace molto. Per restare in campo progressive, un altro è Rick Wakeman, anche se non apprezzo in particolare il suo modo di restare spesso ancorato a certe soluzioni barocche. Un lavoro che mi piace molto degli Yes è Tales from Topographic Ocean, che contiene a mio avviso molte idee originali."
L'incipit, "Un giorno ancora", è una fantasia pianistica, quasi memoria della "sapienza" prog rock, non solo strettamente classica e jazzistica. Il motivo viene ripetuto con lievi variazioni, esplorato nelle sue potenzialità. Da questo punto si dipana una serie di note che ci prende, ci intriga, e ancora Atzori e Frailis accompagnano con una certa discrezione... finché non parte "Bobcat" e allora questo lavoro prende davvero quota anche in senso ritmico.
Sono tutti pezzi gradevoli, alcuni entusiasmanti ("Vertical": quanta giocosità creativa!). Ma, muovendosi dall'alfa all'omega, e dunque dalla prima all'11sima traccia, il momento più alto in cui ci si imbatte nel CD è "Trash Blues", brano che ci costringe a battere il tempo... se non addirittura a schizzare in piedi e ballare. Davvero ben fatto.
Il lirismo di "Ballad" (ottava traccia) precede la straordinarietà di "Chiaroscuro", pezzo giustamente scelto per battezzare l'album, per via della sua complessità e dell'interplay importante della pariglia bass+drums. Non stiamo comunque qui a parlare nel dettaglio delle altre tracce singolarmente: occorre solo ascoltarle, e goderne.
In certi istanti, l'ascolto di Chiaroscuro ci riproietta dentro un club pieno di fumo, di quelli che un tempo si era soliti frequentare (e non solo a Harlem o a St. Louis!), con un palcoscenico angusto sopra a cui si scatena la grandezza di geni sconosciuti del jazz e la cameriera che fa la spola tra il bar e le zone d'ombra.
La song dal titolo "Il Senso Della Vita" è una chiusura "a fronte serena", il messaggio di uno spirito illuminato, di qualcuno che ha finalmente trovato pace.
Donando questa pace, questa nuova consapevolezza, anche a noi.
E rimettiamo il disco sul piatto (cioè: facciamo ripartire l'album sul nostro mp3-player), tornando ad assaporarne ogni nota, tutte le sfumature...
"Un giorno ancora", una delle composizioni presenti in Chiaroscuro
Un particolare dell'immagine della cover
La bella copertina, opera di OndemediE, dà il senso "crepuscolare-tranquillo" della musica, con il vento al minimo (si deduce dalla manica a vento nella foto) e un paesaggio anch'esso "minimale", si direbbe, rarefatto: simbolo di libertà e forse anche di rassegnata solitudine. Nei brani di Chiaroscuro c'è energia, competenza, a tratti gioia, ma scaturita - si direbbe - dopo vari alti e bassi e per la raggiunta coscienza di dover mettere il sé (non l'ego, attenzione!) davanti al mondo.
Registrato a Cagliari nell'ottobre 2020 presso "La Lavanderia Studio" da Flavio Laconi
Come già detto, prima di arrivare a Chiaroscuro, da protocollare la pubblicazione - "tarda", purtroppo - de Il Falso Centro, album degli "storici" Entity, banco di prova progressive del musicista sardo e di alcuni suoi accoliti di allora. Parliamo al passato poiché lo 'studio album' in questione venne realizzato tra il 2009 e il 2012, e, quando la Lizard (o meglio la Locanda del Vento, sua sottoetichetta) lo pubblicò nel 2013-2014, degli Entity in vero stavano pian piano svanendo le tracce: un altro capitolo assai interessante ma in pratica forse già chiuso di Mauro Mulas, il quale si muove in continuazione... per tornare ancora e sempre al suo grande amore, il jazz.
Il Falso Centro è comunque un prodotto da scoprire, un "concept" tipicamente progressive, una serie di brani che formano un'unica storia. La narrazione si accentra sul risveglio di coscienza di un uomo, un uomo che vuole reimpossessarsi della propria vita e, per farlo, sa che occorre abbattere l'ego, che è frutto dell'invadenza di una società che risucchia le persone nei propri meccanismi. Il cantato è in italiano.
In Chiaroscuro siamo più vicini a Thelonius Monk e a Chick Corea che non a Keith Emerson. Come abbiamo già largamente visto, Mulas padroneggia sia il linguaggio jazz che quello prog rock (genere che, è risaputo, tanto attinge dal jazz) e si districa molto bene sia con le impressioni marca John Coltrane che con le suites degli ELP.
A John ('Trane') questo album sarebbe piaciuto. Ma anche a Markus Miller, a Pat Metheny... Il Mauro Mulas Trio, noi speriamo, non si fermerà a tale prova (superata alla grande), ma continuerà a suonare e pubblicare insieme.
Mulas in una foto scattata sul palco insieme a Rubens Massidda ('Massidda & Mulas live'), 2013
Quest'altro progetto (vedi video sottostante) si chiamava KTL, nato dalle idee del musicista e producerMarco Angioni, che con l'aiuto di Mulas e di parte dei componenti degli Entity ha portato quei pezzi nati in studio in concerto.
Nel 2001 KTL ha aperto il concerto dei Jethro Tull al Molo Ichnusa e nel 2006 il gruppo si è esibito nel festival "InProgress One" di Sestu.
A parte le cose con gli Entity e i KTL, Mulas vanta numerosi collaborazioni con artisti e gruppi non solo sardi. Ha partecipato all'album I racconti del mare degli Akroasis di Pierpaolo Meloni, organizzatore del festival InProgress One, rivisitando per pianoforte due loro tracce. Ha partecipato al progetto Colossus Iliad, di Marco Bernard, con due brani per pianoforte di propria composizione (vedi su Spotify: Iliad, a Grand Piano Extravaganza). C'è poi da segnalare l'album del M'Organ Quartet, con il chitarrista Massimo Ferra: un lavoro di jazz-rock con qualche influenza progressiva.
Ha inoltre realizzato una composizione per l'ambizioso progetto Colossus sul Decameron: una suite in quattro parti dove suona pianoforte e tastiere e dove si sentono anche il clarinetto di Marco Argiolas e la batteria di Marcello Mameli.
Molto belle anche le sue esibizioni in duo con Sergio Calafiura (cantante degli Entity), una delle voci più gradevoli della canzone italiana. (Cercate i video su Youtube!)
Edoardo Bennatocon la mitica Eko 12 corde in una versione studio di"Cantautore"incisa su un 45 giri che porta la dicitura "Disco ad Uso Promozione Radiofonica - fuori Commercio".
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"Cantautore" (1976) è solo una delle tante perle composte ed eseguite da questo Grande del rock'n'roll in versione italica.
La sua gavetta fu lunga ma utile e, dopo un soggiorno a Londra, nel 1973 esce Non farti cadere le braccia, dove per la prima volta si sente l'"Edo" che noi conosciamo: un romantico arrabbiato, capace di proporre dolcezze filosofiche à la"Un giorno credi" e inni di protesta del rango di "Rinnegato". Chitarra & armonica, un po' d'orchestra e qualche coro, e già il pubblico e la critica gli vogliono bene.
Più aggressivo, più ritmato,I buoni e i cattivi dell'anno successivo ("Ma che bella città", "Bravi ragazzi", "Arrivano i buoni","Salviamo il salvabile", la mitica "In fila per tre"...). Come nel primo album, il fratello Eugenio qui collabora suonando il mandolino; in più si registra la presenza di Tony Esposito alle percussioni. Tony è un accompagnatore prezioso non solo di Edoardo e di Eugenio Bennato, ma di un po' tutti i grandi artisti napoletani e no.
1975: è la volta di Io che non sono l'imperatore. L'ensemble di musicisti si accresce di un bel po' (Shel Shapiro alla chitarra elettrica, Vence Tempera al piano) e il fratello maggiore in questo caso viene accreditato per "plettri, fisarmonica, scrittura archi". Tra i brani: "Io per te Margherita" (presa in giro delle canzoni d'amore strappalacrime), "Affacciati affacciati" (impietoso attacco alla figura del papa) e "Meno male che adesso non c'è Nerone" (satira sul potere mascherato da democrazia che offre ludi a volontà affinché il popolo non si soffermi a riflettere).
La Torre di Babele, capolavoro del 1976, contiene tra gli altri il brano omonimo, e in più "Franz è il mio nome" e "Venderò", staordinaria ballata con testo firmato da Eugenio.
"Franz è il mio nome" parla della Germania divisa dal Muro e di come suadenti personaggi cerchino di attirare i cittadini della DDR verso l'altra parte, ovvero nel "dorato" occidente. E' una canzone che anticipa i temi (contro il consumismo, contro il capitalismo) dell'album successivo, Burattino senza fili; vedi i versi
come Pinocchio non crederai ai tuoi occhi
quando vedrai il Paese dei Balocchi...
Burattino senza fili è, secondo me, il clou number one della produzione di Edoardo Bennato. Riprendendo la fiaba di Pinocchio, il cantautore ci ripropone, più chiaramente che mai, la tragedia del singolo individuo - un individuo ovviamente giovane: solo la gioventù conta! - maltrattato e sballottato da uno Stato-Mangiafuoco. Il sito Wikipedia sintetizza bene l'essenza dell'album e, comunque, canzoni come "Mangiafuoco", "E' stata tua la colpa", la struggente "La fata", la ridanciana "Dotti medici e sapienti"e la taglientissima "Il gatto e la volpe" sono già entrati nella coscienza musicale degli italiani: troppo vere per non poterle assimilare già dopo il primo ascolto!
Quanta fretta, ma dove corri, dove vai se ci ascolti per un momento, capirai lui è il gatto, ed io la volpe, stiamo in società di noi ti puoi fidar (...)
E nel nome del progresso il dibattito sia aperto parleranno tutti quanti dotti, medici e sapienti (...)
E forse è per vendetta e forse è per paura o solo per pazzia ma da sempre tu sei quella che paga di più Se vuoi volare ti tirano giù
E se comincia la caccia alle streghe,
la strega sei tu...
Clou number two: Sono solo canzonette del 1980 (leggi qui un'ottima recensione; e qui una addirittura più illuminante), un concept ispirato stavolta alla fiaba di Peter Pan. Le canzoni meritano di essere citate tutte. Sono:
"Ma che sarà...", "Il rock di Capitan Uncino" (trascinante!), "Nel covo dei pirati", "Dopo il liceo che potevo far",
"L'isola che non c'è" (ballata semplicemente stupenda), "Rockoccodrillo" (come dice il nome... puro rock!),"Tutti insieme lo denunciam" e"Sono solo canzonette". Quest'ultima inizia con queste parole:
Mi ricordo che anni fa
di sfuggita dentro un bar
ho sentito un jukebox che suonava
e nei sogni di bambino
la chitarra era una spada
e chi non ci credeva era un pirata
... e suggerisce il tentativo, da parte dell'artista, di affrancarsi da etichette politiche in nome del più alto bene: la libertà. Tale scelta però è già di per sé "politica" (alcuni sostenitori del cantautore si sentirono urtati nel paventare il suo allontanamento dagli ideali della sinistra, della sinistra nostrana - per intenderci quella delle Feste dell'Unità e dei funzionari di partito simili a padri-padrone. Difatti, come si vedrà...).
Tre anni di pausa e nel 1983 esce E' arrivato un bastimento. Il primo di una serie di album (giù giù fino a Le vie del rock sono infinite) che, a ben guardare, non lasciano il segno, anche se musicalmente certo apprezzabili. I testi non sono più così graffianti, o comunque non colpiscono come dovrebbero: l'abbinamento parole-musica non funziona più. Ancora "Edo" dissacra i mali della nostra società, ma i discorsi non sono più ancorati a una posizione ben precisa, e il suo output diviene superficiale. Sembra quasi che la Caduta del Muro di Berlino, e il forte revisionismo che partì proprio dagli Anni Ottanta, abbiano sviato "il Dylan italiano". Ricordiamoci:
Franz è il mio nome e vendo la libertà
a chi vuol passare dall'altra parte della città
compra il biglietto e non ti pentirai
per quello che ti dò non costa assai
(...)
... come Pinocchio non crederai ai tuoi occhi
quando vedrai il Paese dei Balocchi
Ancora Edoardo spazia nei cieli del rock'n'roll, dello ska, del blues... ma, per davvero - come aveva promesso/minacciato nel fatidico 1980 - sono (ormai) solo canzonette.
Ecco una convincente versione di"Rinnegato"al concerto del 1. Maggio 2011:
Su Amazon:Tutto Edo, doppio CDche raccoglie una quantità di canzoni significative di Bennato.
Un gruppo di musicologi e programmatori ha usato l’intelligenza artificiale per immaginare come avrebbe potuto essere la sinfonia che il compositore tedesco lasciò incompiuta
Quando Ludwig van Beethoven morì nel 1827, erano trascorsi tre anni dal completamento della sua Nona Sinfonia, per molti indiscutibilmente la sua opera magna. Beethoven aveva già iniziato a lavorare alla decima sinfonia ma, a causa del deterioramento della sua salute, non era stato in grado di fare molti progressi: tutto ciò che lasciò ai posteri furono alcuni schizzi musicali.
Da allora, i suoi fans così come i musicologi si sono chiesti che cosa avrebbe potuto essere l'ultima sinfonia del Maestro. Oggi, la visione del grande compositore ha preso vita.
Il tutto è avvenuto grazie alla startup Playform AI ("AI" = "Artificial Intelligence"). Un team di storici della musica e altri esperti (tra di loro ovviamente anche diversi esperti di informatica) ha insegnato a una macchina computatrice, a un calcolatore elettronico... sì, a un computer, sia l'intero lavoro di Beethoven che la sua metodologia creativa.
È stato un lavoro di oltre due anni; e per il 9 ottobre 2021 è fissata l'uscita ufficiale (su CD e non solo) dell'opera. Nella stesso giorno in cui è prevista la prima mondiale, a Bonn, città natia di Ludwig van.
Ovviamente non è la prima volta che si tenta di "ricostruire" la Decima: nel 1988, il musicologo Barry Cooper provò a completare il primo e il secondo movimento (sui quattro complessivi), cercando di restare fedele a quella che pensava fosse stato il progetto di Beethoven. La composizione di Cooper è in realtà "la" composizione di Beethoven: Cooper ha messo insieme i frammenti, unendoli... Un'operazione che ha convinto non pochi ascoltatori, i quali davvero credono di sentire "la mano" di Beethoven in questo spartito. Ma che - ed era inevitabile - ha sollevato anche dubbi e polemiche.
... Ed ecco qui, invece, la Decima "composta" dall'IA, dall'intelligenza artificiale. Questo è solo una breve clip.
(Parigi, 22 dicembre 1883 - New York, 6 novembre 1965)
"Sogno strumenti che obbediscano al pensiero del compositore."
Di padre italiano e madre francese, Varèse fu il tipico artista cosmopolita, irrequieto e all'avanguardia, nato a cavallo dei secoli XIX e XX. Dopo aver studiato scienze matematiche, si iscrisse al Conservatorio Superiore di Parigi, prima di proseguire la sua istruzione musicale alla Schola cantorum sotto la guida di Roussel e d'Indy.
A Parigi e Berlino fondò scuole musicali e cori specializzati nell'esecuzione di musiche antiche.
Apprezzato da Ferruccio Busoni e Claude Débussy, si ritrovò a essere tra i primi uditori del Pierrot Lunaire di Arnold Schoenberg e del Sacre di Igor Stravinsky. Fu a capo dell'Orchestra Filarmonica di Praga, prima di lasciare l'Europa per gli Stati Uniti d'America.
Nel 1919 fondò la New Symphony Orchestra, e contribuì anche a fondare la Pan-American Association of Composers.
"Contrariamente a quanto credono tanti, non è l'artista ad essere avanti nel tempo, ma sono le persone ad essere indietro."
Considerato uno dei massimi rappresentanti della nuova musica, fece la spola tra gli USA e la Francia, con brevi puntate in Germania (nel 1950 fu presente ai celebri Ferienkurse di Darmstadt). Negli Anni Cinquanta tentò, invano, di affermarsi come compositore di musiche da film.
Nei lavori di Varèse si possono riscontrare similitudini con quelli degli americani Charles Ives e John Cage. La sua musica abita la contemporaneità, respira delle strade, delle sirene, dei vapori che salgono dai tombini, delle nuove mitologie, delle luci accecanti, dei metalli, dell'elettricità. La sua prima produzione andò perduta durante la Prima Guerra Mondiale in un incendio (un'opera e otto composizioni orchestrali, tra cui Un grand sommeil, del 1906). Ma la perdita non aveva rammaricato più di tanto Varèse, che voleva essere ricordato per i lavori successivi a Amériques. Il sotterraneo della sua casa di New York era pieno di strumenti percussivi ed esotici. Per decenni aspirò a una musica "della macchina", a sonorità sconosciute, eppure non approfittò mai a fondo del mezzo elettronico. Nella Big Apple andava nelle officine e per le strade a registrare i suoni e i rumori che gli sarebbero serviti - manipolati - per le parti su nastro di Déserts (1950-54); ma forse intuì nell'elettronica lo spettro di quella cultura della disumanità contro cui aveva lottato tutta la vita e se ne ritrovò spaurito. In fondo il musicista italo-francese-ameri cano era legato a una concezione ottocentesca della "macchina".
Ai cultori del rock il nome di Edgar Varèse si lega a quello di Frank Zappa, che si interessò fortemente dell'avanguardia musicale europea e americana, dalla serialità, della musica concreta e che, nell'aprile 1981, organizzò, produsse e partecipò a New York City a un concerto di musiche composte da Varèse.
Opere principali
[Due CD bastano a contenere tutta la musica di Edgar Varèse: quindici composizioni che quasi laconicamente mappano una carriera lunghissima e sempre irrequieta.]
- Amériques per grande orchestra (1921) - Offrandes per soprano e orchestra da camera (1921) - Hyperprism per percussioni e piccola orchestra (1923) - Octandre per sette strumenti a fiato e contrabbasso (1923) - Integrales per percussioni e piccola orchestra (1925) - Arcana per grande orchestra (1927) - Ionisation per tredici percussionisti (1931) - Ecuatorial per coro, trombe, tromboni, pianoforte, organo, due Ondes Martenot e percussioni (1934) - Density21.5 per flauto solo (1936) - Tuning up (1947) - Dance for Burgess (1949) - Déserts (1950-54)
Qualche parola su Ionisation (1929-31)
Fin dalla controversa prima esecuzione alla Carnegie Hall di New York nel 1931, molti colleghi-rivali di Varèse pretesero il diritto di aver composto loro il primo pezzo per sole percussioni della storia. Comunque sia, a oltre settant'anni di distanza, Ionisation rimane un capolavoro indiscusso del suo genere e, a dispetto delle numerose imitazioni, forse l'unico. Da quel momento, la sezione delle percussioni, finora sempre in ombra nell'orchestra, cominciò a vivere di vita propria. Già nella sua prima, grande opera Amériques, Varèse aveva sviluppato la partitura delle percussioni in modo che procedesse quasi indipendentemente da quella del resto dell'orchestra.
Ionisation è un movimento di sei minuti basato sulla pura ritmica e ispirata dal traffico nelle strade di New York. La coppia di sirene che va "su e giù" per tutto il pezzo dovrebbe essere un richiamo ai due corni nei Divertimenti di Mozart.