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lunedì, agosto 22, 2022

Victor Brauner - "Il sogno sono io. Sono io l'ispirazione"

(1903-1966) 

 Autoritratto (1931)


Pittore dadaista, poi surrealista, nato in Romania, a 350 km a nord di Bucarest - esattamente a Piatra Neamț, che in tedesco prende il nome di Kreuzburg an der Bistritz - e morto a Parigi.


   
    



Aveva scoperto Giorgio De Chirico e i surrealisti durante un primo viaggio nella capitale francese, nel 1925, e ivi si trasferì nel 1932, dove fece parte della vasta comunità di intellettuali romeni espatriati. Durante l'occupazione nazista, cercò initilmente di lasciare il Paese; e anche durante quegli anni bui continuò a realizzare opere: in mancanza di mezzi, usando pastelli a cera.


 Il Surrealista (Mitologia poetului)


Nel video sottostante: visita guidata (in francese) a un'esposizione di opere di Victor Brauner.




Ritratto di André Breton 

 Chimera

 Autoritratto (1923)

 Antithetis (1937)

 Senza titolo


"Osservavo il riflesso del mio volto sulla lucida superficie dello stagno quando, mentre riflettevo tra me e me, vidi che l'immagine cosmica di me stesso si immergeva, lentamente e sensualmente, nelle profondità della sua incommunserabilità interiore."
 (Victor Brauner nel 1961 a proposito del suo Paysage humanisé, 1956)




Paysage humanisé 




 Sur le motif (1937)



Le dernier voyage (1937) 


  "Je suis le rêve. Je suis l'inspiration" 





Composizione con ritratto (1935)

   
   
    












sabato, luglio 30, 2022

'Destrutturalismo', Anno I, Numero 1

È uscito il primo numero di Destrutturalismo, rivista di "controcomune buon senso" (arte, letteratura).

Si lascia tenere bene in mano ed è molto gradevole al tatto e alla vista, contenendo molte illustrazioni vivaci dell'artista Mary Blindflowers. I contenuti letterari: molta poesia, diverse curiosità per "bibliofili". Parole "contro"...

Editor: Mary Blindflowers, dall'Inghilterra.

Su Amazon.



(Aperte le collaborazioni!)








'Destrutturalismo'. Anno I, Numero 1

sabato, settembre 11, 2021

L'Arc de Triomphe impacchettato! L'ultimo capolavoro di Christo

 Era il sogno dell'artista bulgaro-newyorkese: imballare uno dei monumenti più celebri di Parigi e del mondo intero. Questo fine settimana, il progetto, che lui aveva già ideato nel 1962 (!) in coppia con Jeanne-Claude, e più tardi elucubrato in solitaria (da vedovo), diverrà realtà. Circa un anno dopo la sua dipartita.




Christo Vladimirov Javacheff: questo il suo nome per intero.  Nato a Gabrovo, in Bulgaria, il 13 giugno 1935, è stato tra i più grandi esponenti della Land Art. Con le sue installazioni modificava e ridisegnava il paesaggio. Lo chiamavano "l'uomo che impacchetta il mondo".


 "The Floating Pears", Lago d'Iseo, 2016



"The London Mastaba", sulla Serpentine (il celebre laghetto nell'Hyde Park, Londra), realizzato con 7.000 barili di petrolio 


 Il Reichstag, il Parlamento della Repubblica Federale Tedesca, impacchettato da Christo



... Ed ecco come sarà alla fine l'Arc de Triomphe "wrapped" dietro idea di Christo e della compagna Jeanne-Claude.

 Opera postuma

In più di cinquant'anni di carriera, trascorsi per gran parte con la compagna della vita Jeanne-Claude (lei scomparve già nel 2009), ha imballato non pochi monumenti e punti nevralgici della vita del mondo civile. Da Porta Pinciana a Roma, nel 1974, al Reichstag di Berlino (1995), passando per il Pont Neuf di Parigi (1985). Il primo edificio imballato, nel 1968, fu la Kunsthalle di Berna.




lunedì, marzo 08, 2021

Dante Alighieri / Durante — > pittura

Aspettando l'uscita del mio Durandus, romanzo (in lavorazione; but it's a hard job), ecco un paio di temi pittorici. Iniziamo con Henry Holiday. 
Holiday ("l'ultimo preraffaellita") volle illustrare l’incontro fra Dante e Beatrice (con il vestito bianco). Costei è accompagnata dall’amica Vanna e dietro di loro cammina la serva di Vanna. Il luogo: il Ponte Santa Trinita in Firenze. Con il Ponte Vecchio sullo sfondo. (1883). 




   
Vanna, monna Vanna, della quale Dante accenna nella Vita Nova, era l'amata di Guido Cavalcanti, il grande poeta amico dell'Alighieri. (Poi Guido sposerà una Beatrice... no, non "quella"!)
Così Dante Gabriel Rossetti, famoso preraffaellita, dipinse la Vanna, detta anche "La Primavera". (Lo stesso Rossetti aveva tradotto in inglese la Vita Nova, opera che amava.) La sua idea comunque era quella di raffigurare una nobildonna veneziana.
E quella che in realtà vediamo nel dipinto è una delle sue modelle preferite, Alexa Wilding. Non so se veramente la Wilding incarnasse l'ideale di bellezza "classico" italiano... Secondo me, no.


 "Monna Vanna". 1866 Dante Gabriel Rossetti 1828-1882 Purchased with assistance from
Sir Arthur Du Cros Bt and Sir Otto Beit KCMG through the Art Fund 1916

http://www.tate.org.uk/art/work/N03054

               


  Durandus. Quale delle due sceglierò come copertina? Vedremo. 


 




sabato, agosto 24, 2019

Roma!

(Da una mia eMail allo scrittore Giuseppe Alù)


Roma! Il mio rapporto con Roma  (dove hai vissuto fino ai 40 anni, e immagino che per te risulti, quella, una serie di delizie ma anche di esasperazione) è di affetto.
Grande affetto.



Eh sì, la caput mundi non mi è del tutto sconosciuta: mi vide infatti, come visitatore, più volte durante l'adolescenza. Esiste una fotografia in bianco-e-nero che mostra mio padre con noi quattro figli sullo sfondo del Foro Traiano: quel mio a modo suo unico pur se contraddittorio papà (RIP), pur nella sua quasi cronica mancanza di tempo (era ferroviere, guidava le locomotive... era spesso in trasferta...), non si stancava mai di riempire gli scaffali della sua libreria, di parlarci di questa o quella meraviglia della tecnica, di farci immaginare come sarebbe stato il nostro futuro ("Arriverà l'anno 2000 e ci saranno le automobili volanti!"...), leggerci qualche pagina di Storia magari direttamente dalla mitica Enciclopedia Rizzoli-Laroussi e, spesso di domenica, e quasi puntualmente quando aveva le ferie, mostrarci tesori artistici di Sicilia e del resto d'Italia. 




Potendo noi vantare parenti locati in quel di Santa Marinella, un paio di volte ci imbarcammo su un treno e li andammo a trovare. A Roma mio papà ci faceva prendere gli autobus e i treni del metro, e ce li faceva cambiare con agilità, come se nella grande città fosse di casa. Sembrava avesse stampata nel cervello la mappa della nostra indiscussa capitale.
Poi, diciannovenne, proprio nei pressi di Roma (alla Cecchignola) andai a prestare il servizio militare; o meglio nove mesi di quell'anno in divisa, anno che, per vari motivi, rimane per me indimenticabile.
E ancora qualche annetto dopo, da scrittore e curioso delle realtà sociali, girai i quartieri periferici di Roma, imbattendomi purtroppo anche in tante persone disagiate (quasi come nei quartieri delle nostre città più meridionali), sempre comunque legato a doppia mandata con l'elastico che mi rifiondava verso le ricchezze della Roma dei fasti artistici, degli splendori. "Ombelico del mondo": senza alcun dubbio.



E poi con Mary ovviamente ci sono tornato due-tre volte, più tardi. Godendocela grazie ai soldi in tasca (da difendere dai borseggiatori; ti sto parlando di un'era pre-bancomat), spesso infastiditi dal traffico e poi di nuovo in stato paradisiaco seduti a uno dei tavoli di un'osteria di Piazza Giordano Bruno o similia...






sabato, aprile 13, 2019

PRESENTIMENTO DI UN DELITTO A CoPENhaGeN


 Smack, smack. Un bacio... ‘n ba’... E un altro ancora...
  E così ce l’hai fatta, Asger: l’hai “conquistata“, infine. Per riuscirci ti è bastata una sola sventagliata di colori; colori che non sono nemmeno in sintonia col cielo, o col pavé, o con le vecchie fontane di questa nostra città-Schifanoja. Si è arresa a te, Mamoiselle l’Art.
  E noi piangiamo; ma non di gioia. Di lei eravamo (siamo) tutti quanti innamorati, anche se non si può certo affermare che sia una donzelletta dal piè leggero. Di solito ci veniva incontro nei Giardini di Tivoli atteggiandosi a novella Isadora. La danzatrice, sai? Isadora Duncan... Ora danzeggia solo per piacer tuo. Ma non è una ballerina: piuttosto, assomiglia a una giumenta miope.
  Ha comunque un suo fascino particolare, la brava donnina. E’ così accessibile, e tanto comprensiva... E tu, Asger, ce l’hai sottratta!
  Eccoti lì mentre stai a coccolarla. E tra un po’ la fulminerai chiedendole di mostrarti il suo test HIV. Metterà su il broncio, Mamoiselle, garantito... E tuttavia dirà di sì; va bene, dirà. In fondo si rende benissimo conto di essere, per te, una perfetta sconosciuta.
  Già domani - lo so, lo so - le farai la pelle. Senza rimorsi, a sangue freddo. Agirai da tergo, quando meno se l’aspetta, tra le ombre inorridite di questo parco ancor vergine. Poi ti chinerai sul suo corpo. La aprirai, la scoperchierai con tutta tranquillità. Dopo averla sbudellata, attingerai i pennelli nei colori che ha dentro.
  Tu ridi, Asger? Ridi. Ridi come un cobra. Beh, sicuro: tanto sarà qualcun altro, infine (chi, io? io no), a dover rimuovere quello che sarà rimasto di Mamoiselle - una macchia indecente, schifosa, sul bel tappeto verde erba.
 
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  Dedicato ad Asger Jorn, uno dei fondatori del movimento surrealista COBRA (COpenhagen, BRussel, Amsterdam). 

  I pittori e gli scultori di questo gruppo (che si costituì nel 1948 in un café parigino) propagavano, nell’Europa ancora intenta a smistare le macerie della guerra, nuove utopie sociali ed estetiche.
  COBRA, che faceva uso di un “alfabeto“ primitif, anticlassicista e rivoluzionario, si sciolse dopo soli tre anni: nel 1951. Ma qualcuno vocifera che i “cobristi“ siano ancora, sotterraneamente, molto attivi.


 Jorn Asger: They never come back (1958)


Karel Appel: Uomo e bestie (1949)