c'è il sole ma tu stai dentro, col naso arrossato e un dolorino alla cervicale.
"adesso vanno di moda le t-shirts personalizzate" informa la tivù. una marea di bambini stranieri gioca sotto la tua finestra.
ma che musica è questa? abbassi il volume dello stereo e vai a prepararti un altro caffè. assomigli un po' a tav falco al tempo in cui questi esibiva strani baffetti e aveva i capelli in aria. il suo è stato l'ultimo concerto al quale hai assistito dal vivo... quanti anni fa, ormai? insettucoli diafani ronzano attorno al tuo cervello, mentre l'amico geco è sempre immobile sulla parete dietro al monitor (magari è crepato). sul forum für arbeit leggi le testimonianze di cinquantenni ingegneri, medici e tecnici specializzati costretti a fare i lavoratori interinali. dietro il nick di uno di loro ti pare di indovinare un tizio che conosci. quello che scrivono è realmente terribile, ma scrivere, raccontare ad altri, non allieverà le loro pene. all'improvviso hai una serie di flash, le sequenze di un incubo ad occhi aperti: capitani d'industria e azionisti guardano te e tutti gli altri disgraziati da balconcini ornati di fiori; li vedi sfregarsi le mani contenti, e il tuo cuore smette per un attimo di battere. ti aggrappi alla scrivania mentre ogni cosa tutt'intorno vacilla paurosamente. personaggi che tu non hai invitato entrano ed escono dal tuo soggiorno-studio: una tua ex ragazza poi diventata valletta, l'amico che morì di overdose subito dopo aver scoperto che suo padre - un politico locale - era in combutta con la mafia, un presentatore televisivo col parrucchino e lo smoking, l'attricetta di telefilm per ragazzi di cui tu da bambinetto eri innamorato e che in seguito intraprese una carriera nella pornografia... ancora la tua pompa non si rimette in moto. cominci ad annaspare arrotolato sul pavimento, ti colpisci il petto con i pugni, mentre il rockabilly di tav falco ti martella le sinapsi e l'intero globo terracqueo ruota sul proprio asse come una trottola. "ah... ihh... uàaah..." ti senti dire. Una bava verde-spumeggiante cola copiosamente dalla tua bocca contorta. poi, pian piano, ogni cosa si normalizza; riesci di nuovo a respirare, a fissare lo sguardo su oggetti a te familiari. le pareti stanno tremando. sta tremando ogni cosa. ma il mondo torna a ristabilizzarsi. fuori, i bambini giocano, due donne russe ciaccolano e ridono sulle scale, il computer è acceso, la tivù trasmette pubblicità, lo stereo ha una voce allegra e il sole tramonta lentamente dietro un palazzone popolare. ti rialzi su gambe incerte. sono le 16:16 del 28 ottobre 2005.
venerdì, ottobre 28, 2005
venerdì, ottobre 21, 2005
Recycle / Bycicle
Letteralmente.com, nella persona di Rosanna Deleo, ha chiesto di fare un'intervista a noi della Eloy Edictions. Dico "noi" anche se, dopo la dipartita di Thomas per l'Italia per "questioni di cuore", la nostra casa editrice è virtualmente ridotta a un solo responsabile: Walter Diociaiuti. Io ormai mi occupo quasi esclusivamente del web design.
E' logico che i nostri colleghi italiani siano curiosi di sapere com'è la situazione dell'editoria tedesca. Forse saranno delusi nell'apprendere che i problemi sono molto simili, se non gli stessi, di quelli che deve affrontare un editore del Belpaese.
Sebbene fondata appena un anno fa, la Eloy Edictions (www.eloyed.com) ha già raggiunto in Germania + paesi limitrofi uno status di popolarità davvero sorprendente. Walter Diociaiuti ne è il pilastro portante: lui è uno scrittore di "horror" (in Italia abbastanza noto tra gli appassionati del genere) trasferitosi in queste lande per 8rieccoci!) "ragioni di cuore". Walter ha imparato il tedesco sorprendentemente in fretta (chiunque sa quanto è ostica questa lingua!) e, dopo un po' che soggiornava qui, ha convocato me e un altro scrittore, tale Thomas Gleich, proponendoci il suo piano. Detto, fatto: racimolati i soldini necessari, siamo passati per l'Ufficio del Commercio di Augusta (ovvero Augsburg: la città nativa di Bertolt Brecht) e abbiamo registrato la nuova società.
Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti! In seguito ad alcune - a quanto pare inevitabili - scocciature con gli organi del burokretinismus (che anche gli amici italiani tanto bene conoscono), abbiamo dovuto fare un "tuning" delle nostre vedute sul mondo letterario: ora finalmente sappiamo che non basta la pura passione, ma che bisogna pure arrabattarsi con diverse difficoltà di ordine... ehm... tecnico.
La particolarità maggiore della Eloy, rispetto alla marea di altre piccole case editrici attive sul mercato tedesco, è quella di intrattenere stretti rapporti con scrittori di lingua anglosassone, tutti sempre ben disposti a pubblicare per noi, evidentemente allettati dalla possibilità di estendere la loro fama anche in Europa.
Diociaiuti è il nostro "public relations man": nessuno meglio di lui conosce la scena della letteratura fantastica britannica e statunitense (soprattutto nel campo dell'horror). Io sarei l'esperto di fantascienza, anche se, a causa di attività extraeditoriali, ho ben poco tempo a disposizione, e mi limito perciò principalmente ad occuparmi dell'homepage. "Professor" Thomas Gleich, invece, era l'esperto di giallistica e responsabile del settore redazionale (correttorato incluso); nel frattempo ha abbandonato la Eloy, emigrando in... Italia, al seguito di una studentessa di lingue di Cuneo. Ora per il lettorato ci affidiamo a collaboratori/collaboratrici esterne, cosa che del resto è sempre avvenuta per il servizio di traduzioni e per grafica & layout.
La Eloy funziona secondo il principio: ogni libro deve finanziare quello successivo. Finora le cose sono andate benino, anche perché il nostro programma editoriale è di tutto rispetto, ovvero comprende molte firme autorevoli dell'horror, della fantasy e della science fiction. I grattacapi maggiori li abbiamo con la distribuzione: non bastano la homepage e una manciata di librerie sparse per tutto il territorio, bisognerebbe riuscire a distribuire in modo capillare, continuo, e soprattutto senza dover cedere il 60% del ricavato su ogni copia venduta (già: è questo che i distributori tedeschi pretendono).
Il passaggio da piccola casa editrice a casa editrice piccolo-media, dunque, si prospetta molto difficile. Per fare le cose veramente bene, ci vorrebbe un capitale minimo di 50-60 mila euro... Per fortuna, c'è l'entusiasmo a sorreggerci!
Abbiamo inserito nel programma anche il primo nome italiano: Danilo Arona, del quale stiamo traducendo un eccellente romanzo. Per il futuro prossimo venturo, contiamo su qualche partnership con case editrici italiane; finora abbiamo trovato molta disponibilità ma scarso impegno...
E' logico che i nostri colleghi italiani siano curiosi di sapere com'è la situazione dell'editoria tedesca. Forse saranno delusi nell'apprendere che i problemi sono molto simili, se non gli stessi, di quelli che deve affrontare un editore del Belpaese.
Sebbene fondata appena un anno fa, la Eloy Edictions (www.eloyed.com) ha già raggiunto in Germania + paesi limitrofi uno status di popolarità davvero sorprendente. Walter Diociaiuti ne è il pilastro portante: lui è uno scrittore di "horror" (in Italia abbastanza noto tra gli appassionati del genere) trasferitosi in queste lande per 8rieccoci!) "ragioni di cuore". Walter ha imparato il tedesco sorprendentemente in fretta (chiunque sa quanto è ostica questa lingua!) e, dopo un po' che soggiornava qui, ha convocato me e un altro scrittore, tale Thomas Gleich, proponendoci il suo piano. Detto, fatto: racimolati i soldini necessari, siamo passati per l'Ufficio del Commercio di Augusta (ovvero Augsburg: la città nativa di Bertolt Brecht) e abbiamo registrato la nuova società.
Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti! In seguito ad alcune - a quanto pare inevitabili - scocciature con gli organi del burokretinismus (che anche gli amici italiani tanto bene conoscono), abbiamo dovuto fare un "tuning" delle nostre vedute sul mondo letterario: ora finalmente sappiamo che non basta la pura passione, ma che bisogna pure arrabattarsi con diverse difficoltà di ordine... ehm... tecnico.
La particolarità maggiore della Eloy, rispetto alla marea di altre piccole case editrici attive sul mercato tedesco, è quella di intrattenere stretti rapporti con scrittori di lingua anglosassone, tutti sempre ben disposti a pubblicare per noi, evidentemente allettati dalla possibilità di estendere la loro fama anche in Europa.
Diociaiuti è il nostro "public relations man": nessuno meglio di lui conosce la scena della letteratura fantastica britannica e statunitense (soprattutto nel campo dell'horror). Io sarei l'esperto di fantascienza, anche se, a causa di attività extraeditoriali, ho ben poco tempo a disposizione, e mi limito perciò principalmente ad occuparmi dell'homepage. "Professor" Thomas Gleich, invece, era l'esperto di giallistica e responsabile del settore redazionale (correttorato incluso); nel frattempo ha abbandonato la Eloy, emigrando in... Italia, al seguito di una studentessa di lingue di Cuneo. Ora per il lettorato ci affidiamo a collaboratori/collaboratrici esterne, cosa che del resto è sempre avvenuta per il servizio di traduzioni e per grafica & layout.
La Eloy funziona secondo il principio: ogni libro deve finanziare quello successivo. Finora le cose sono andate benino, anche perché il nostro programma editoriale è di tutto rispetto, ovvero comprende molte firme autorevoli dell'horror, della fantasy e della science fiction. I grattacapi maggiori li abbiamo con la distribuzione: non bastano la homepage e una manciata di librerie sparse per tutto il territorio, bisognerebbe riuscire a distribuire in modo capillare, continuo, e soprattutto senza dover cedere il 60% del ricavato su ogni copia venduta (già: è questo che i distributori tedeschi pretendono).
Il passaggio da piccola casa editrice a casa editrice piccolo-media, dunque, si prospetta molto difficile. Per fare le cose veramente bene, ci vorrebbe un capitale minimo di 50-60 mila euro... Per fortuna, c'è l'entusiasmo a sorreggerci!
Abbiamo inserito nel programma anche il primo nome italiano: Danilo Arona, del quale stiamo traducendo un eccellente romanzo. Per il futuro prossimo venturo, contiamo su qualche partnership con case editrici italiane; finora abbiamo trovato molta disponibilità ma scarso impegno...
sabato, ottobre 15, 2005
Per Cat - Cap. V
Domenica. Finalmente una giornata libera. L'ho trascorsa stravaccato senza far nulla, a parte sorbirmi volontariamente le fesserie in tivù: quelle voci e quelle facce artificiali mi aiutano a non pensare troppo spesso a Cat. Verso il tardo pomeriggio ho deciso di uscire per arieggiare i miei polmoni, ma è stato un errore. Percorrendo le scialbe vie del mio quartiere e quelle ricche del centro, ho incominciato a riflettere sul lavoro, sul denaro e sui giochi di potere, sui rapporti interpersonali, sulla mia vita e su quella degli altri.
Dovunque io sia andato a lavorare, ho incontrato robot antropomorfi. Camminando per strada, mi imbatto in anime trasportate dal vento in balia del nulla. E il peggio è che non c'è scampo da nessuna parte. In questo Paese o in un altro è lo stesso: siamo una massa amorfa di imbecilli rimbambiti da programmi televisivi assurdi e spot pubblicitari.
Finalmente rientrato, mi sono preparato per mettere a segno uno dei colpi del "misterioso killer psicopatico", come mi definiscono i giornali.
Io ho una morale? Forse non più. Ma ho almeno uno scopo nella vita: vendicare la scomparsa del mio amore.
Cat...
Non sono stati dei teppistelli ad ucciderti, non è stato il gesto insensato di un automa dall'involucro umano. E' stata una società in coma irreversibile. Guardali: hanno occhi vividi, e molti vestono pure bene. Si muovono, parlano, vantano affari amorosi e coltivano passatempi vari. Queste persone sono al servizio della Grande Macchina e dei suoi pescecani; fanno parte dell'entourage di sgualdrine e sfruttatori. Sono i tuoi assassini.
Si diventa così per mancanza di sogni, ideali... forse illusioni. Loro sono quelli che già a scuola ti rovinavano la giornata. Soffrono e fanno soffrire. Eliminandoli, rendo un favore anche a loro.
Certo, sono un illuso: sono in troppi, è come combattere contro i mulini a vento. Ma io, se non altro, alla mia illusione so dare un corpo.
Il mio obiettivo stanotte è nuovamente uno di questi tormentatori tormentati. Si tratta di un politico locale. Sui trentacinque anni, l'aspetto di manager, gira in una decappottabile sportiva, è ancora scapolo, sniffa coca, imbarca spesso delle tredici-quattordicenni dell'Est Europa.
Lui ha ucciso Cat.
Tanto per cambiare, userò il coltello, non la scacciacani.
Mi apposto tra i cespugli fuori della sua villa e attendo il suo ritorno. Le due, le tre... Ecco infine i fari della sua auto. Sguscio fuori tra le ombre mentre lui parcheggia accanto al muro, presso l'ingresso. Avanzo come un felino. Molte sensazioni, molti odori; ma l'occhio non sfugge al controllo della mente. Questa mente che si difende dal dolore e dal disordine fingendosi a tratti mefistofelica.
Vedo che barcolla leggermente mentre si avvicina alla porta. Lo becco che ha ancora un piede sulla soglia e il mazzo di chiavi in mano. Volge di scatto la sua testa rasata. Ha le palle degli occhi infiammate, grosse, come sfaccettate. Un moscone.
La propria casa è un bel posto per essere assassinati. Lo spingo dentro. Lui impreca, grida; perciò lo metto a zittire maciullandogli la bocca con pochi ma ben assestati colpi di lama. Poi, pian piano, completo l'opera. Dura quasi fino all'alba.
Io ho una morale? Chiaro che sì.
Solco con passo lento le strade solitarie guardandomi ogni tanto alle spalle. La luna sta ancora là in alto. E' appannata, non offre un bello spettacolo. Un leggero soffio di vento crea agli incroci maelstrom di rifiuti assortiti. Una merda di cane o d'uomo decora la scalinata di un edificio pubblico. Defecatio matutina bona tamquam medicina.
Tra un po' dovrò andare al lavoro, ma l'idea non mi disturba più di tanto. Quest'oggi eseguirò le mie mansioni di schiavo senza protestare.
Dovunque io sia andato a lavorare, ho incontrato robot antropomorfi. Camminando per strada, mi imbatto in anime trasportate dal vento in balia del nulla. E il peggio è che non c'è scampo da nessuna parte. In questo Paese o in un altro è lo stesso: siamo una massa amorfa di imbecilli rimbambiti da programmi televisivi assurdi e spot pubblicitari.
Finalmente rientrato, mi sono preparato per mettere a segno uno dei colpi del "misterioso killer psicopatico", come mi definiscono i giornali.
Io ho una morale? Forse non più. Ma ho almeno uno scopo nella vita: vendicare la scomparsa del mio amore.
Cat...
Non sono stati dei teppistelli ad ucciderti, non è stato il gesto insensato di un automa dall'involucro umano. E' stata una società in coma irreversibile. Guardali: hanno occhi vividi, e molti vestono pure bene. Si muovono, parlano, vantano affari amorosi e coltivano passatempi vari. Queste persone sono al servizio della Grande Macchina e dei suoi pescecani; fanno parte dell'entourage di sgualdrine e sfruttatori. Sono i tuoi assassini.
Si diventa così per mancanza di sogni, ideali... forse illusioni. Loro sono quelli che già a scuola ti rovinavano la giornata. Soffrono e fanno soffrire. Eliminandoli, rendo un favore anche a loro.
Certo, sono un illuso: sono in troppi, è come combattere contro i mulini a vento. Ma io, se non altro, alla mia illusione so dare un corpo.
Il mio obiettivo stanotte è nuovamente uno di questi tormentatori tormentati. Si tratta di un politico locale. Sui trentacinque anni, l'aspetto di manager, gira in una decappottabile sportiva, è ancora scapolo, sniffa coca, imbarca spesso delle tredici-quattordicenni dell'Est Europa.
Lui ha ucciso Cat.
Tanto per cambiare, userò il coltello, non la scacciacani.
Mi apposto tra i cespugli fuori della sua villa e attendo il suo ritorno. Le due, le tre... Ecco infine i fari della sua auto. Sguscio fuori tra le ombre mentre lui parcheggia accanto al muro, presso l'ingresso. Avanzo come un felino. Molte sensazioni, molti odori; ma l'occhio non sfugge al controllo della mente. Questa mente che si difende dal dolore e dal disordine fingendosi a tratti mefistofelica.
Vedo che barcolla leggermente mentre si avvicina alla porta. Lo becco che ha ancora un piede sulla soglia e il mazzo di chiavi in mano. Volge di scatto la sua testa rasata. Ha le palle degli occhi infiammate, grosse, come sfaccettate. Un moscone.
La propria casa è un bel posto per essere assassinati. Lo spingo dentro. Lui impreca, grida; perciò lo metto a zittire maciullandogli la bocca con pochi ma ben assestati colpi di lama. Poi, pian piano, completo l'opera. Dura quasi fino all'alba.
Io ho una morale? Chiaro che sì.
Solco con passo lento le strade solitarie guardandomi ogni tanto alle spalle. La luna sta ancora là in alto. E' appannata, non offre un bello spettacolo. Un leggero soffio di vento crea agli incroci maelstrom di rifiuti assortiti. Una merda di cane o d'uomo decora la scalinata di un edificio pubblico. Defecatio matutina bona tamquam medicina.
Tra un po' dovrò andare al lavoro, ma l'idea non mi disturba più di tanto. Quest'oggi eseguirò le mie mansioni di schiavo senza protestare.
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martedì, ottobre 11, 2005
Sull'ansia del nuovo
L'ansia del nuovo non è nulla di... nuovo. La vita - in senso di attività umana - si è sempre prodotta, si è sempre sviluppata (anche in direzione regressiva) imitando o ripudiando se stessa. E mai come negli ultimi decenni quest'ansia (forse innata nel genere umano) ha dato frutti tangibili.
Il mondo è, sotto la spinta della voglia di fare a pezzi il vecchio, decisamente cambiato. Ma... è cambiato in meglio?
Da un secolo e mezzo a questa parte, la tecnica ha proceduto a grandi balzi: la ferrovia, l'automobile, l'aereoplano... la posta, il telegrafo, il telefono, il telegrafo senza fili, Internet. Ma qualcosa ci dice che la palingenesi - nostra e dell'umanità intera - non risiede nel cosiddetto progresso.
Quello che ancora ci attende in questo Terzo Millennio lo abbiamo già visto tutti, soprattutto grazie al media televisivo: la globalizzazione dell'economia con conseguente aumento vertiginoso della disoccupazione, la follia terroristica di cui il 9 settembre 2001 è stato solo uno dei tanti episodi, le catastrofi (in)naturali quali il tsunami e l'uragano Katrina. L'Africa, parte dell'Asia e parte del Sudamerica sono perdute per sempre, schiavizzate da potenze senza scrupoli. Non c'è nessuna isola, nessun deserto, nessun villaggio remoto dove rifugiarsi: tutto è contaminato, lordato, rovinato per l'eternità. Ciascuno di noi è incatenato ai banali inferni di casa nostra.
Stabilito ciò, io non vedo altra speranza per l'individuo (per l'individuo, almeno, che ha la ventura di risiedere nel "dorato" Occidente) se non nella sua autoliberazione attraverso strategie alternative. Una di queste - alquanto utopistica - potrebbe essere rappresentata da una vincita al lotto o al totocalcio. L'altra è meno comoda e ugualmente difficile da realizzare: cercarsi una nicchia ai margini della società e combattere - o semplicemente sopravvivere - insieme a chi la pensa come lui. In una siffatta realtà, soprattutto l'artista deve imparare a farsi homo technologicus: in modo che almeno il suo messaggio circoli nella rete dei dati. Ma la questione principale, ovvero il procacciarsi a breve termine un tetto e cibo a sufficienza, rimane sempre irrisolta. Il pessimismo è d'uopo.
Accettasi proposte e suggerimenti su valide alternative di sopravvivenza.
Il mondo è, sotto la spinta della voglia di fare a pezzi il vecchio, decisamente cambiato. Ma... è cambiato in meglio?
Da un secolo e mezzo a questa parte, la tecnica ha proceduto a grandi balzi: la ferrovia, l'automobile, l'aereoplano... la posta, il telegrafo, il telefono, il telegrafo senza fili, Internet. Ma qualcosa ci dice che la palingenesi - nostra e dell'umanità intera - non risiede nel cosiddetto progresso.
Quello che ancora ci attende in questo Terzo Millennio lo abbiamo già visto tutti, soprattutto grazie al media televisivo: la globalizzazione dell'economia con conseguente aumento vertiginoso della disoccupazione, la follia terroristica di cui il 9 settembre 2001 è stato solo uno dei tanti episodi, le catastrofi (in)naturali quali il tsunami e l'uragano Katrina. L'Africa, parte dell'Asia e parte del Sudamerica sono perdute per sempre, schiavizzate da potenze senza scrupoli. Non c'è nessuna isola, nessun deserto, nessun villaggio remoto dove rifugiarsi: tutto è contaminato, lordato, rovinato per l'eternità. Ciascuno di noi è incatenato ai banali inferni di casa nostra.
Stabilito ciò, io non vedo altra speranza per l'individuo (per l'individuo, almeno, che ha la ventura di risiedere nel "dorato" Occidente) se non nella sua autoliberazione attraverso strategie alternative. Una di queste - alquanto utopistica - potrebbe essere rappresentata da una vincita al lotto o al totocalcio. L'altra è meno comoda e ugualmente difficile da realizzare: cercarsi una nicchia ai margini della società e combattere - o semplicemente sopravvivere - insieme a chi la pensa come lui. In una siffatta realtà, soprattutto l'artista deve imparare a farsi homo technologicus: in modo che almeno il suo messaggio circoli nella rete dei dati. Ma la questione principale, ovvero il procacciarsi a breve termine un tetto e cibo a sufficienza, rimane sempre irrisolta. Il pessimismo è d'uopo.
Accettasi proposte e suggerimenti su valide alternative di sopravvivenza.
sabato, ottobre 08, 2005
Music rules!!!
Scritta una recensione (bilingue) dell'ultimo album dei Randone (qui in italiano, qui in inglese)
e
inaugurato "Topolàin", un blog musicale rigorosamente nella lingua di Dante.
e
inaugurato "Topolàin", un blog musicale rigorosamente nella lingua di Dante.
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