sabato, giugno 28, 2008

100 anni fa la terribile esplosione sui cieli della Siberia

Tra le ipotesi la disintegrazione di un asteroide, ma anche lo «scontro» con un blocco di antimateria cosmica

 

Un'immagine della foresta carbonizzata (da www.americandigest.org)
Un'immagine della foresta carbonizzata (da www.americandigest.org)

Un secolo fa, esattamente il 30 giugno 2008, in piena Siberia (e per fortuna che non accadde in una regione della Terra abitata dall'uomo!), si verificò un'esplosione equivalente a mille bombe nucleari di tipo Hiroshima. Molte le ipotesi su quel terribile fenomeno o "incidente". Alcuni sostengono addirittura che si sia trattato di un esperimento dell'inventore Nikola Tesla, il quale avrebbe voluto testare il suo "raggio della morte"...
Tante le supposizioni, tanti i tenui indizi, e ancora nessuna ipotesi definitivamente provata. Caduta di una cometa o di un asteroide? Esplosione di una bolla naturale di gas metano? Oppure, per tornare a scivolare sul fantascientifico, collisione fra il nostro pianeta e un grumo di antimateria? Oppure lo schianto di un’astronave aliena?

You Tube: A visit to the site of the Tunguska explosion ('New Scientist')

You Tube: Tunguska Explosion 30 Juny 1908 (contiene riprese filmate dell'epoca)

ACCECANTE COME UN SOLE - Il 30 giugno 1908 alle 7,14 del mattino, quando sull'altopiano siberiano è già giorno, appare un oggetto simile a un disco solare, con una luminosità ancora più accecante del Sole. Sfreccia da Sud-Est a Nord-Ovest, riempiendo il cielo di bagliori intermittenti blu e bianchi e lasciandosi dietro una scia di fuoco e fumo. Fende l'aria con un sibilo, poi piega verso il suolo e inonda l'orizzonte di un rosso cupo, prima di scomparire con un sordo boato. Questa è almeno una delle versioni, riferita da veri o presunti testimoni oculari. Costoro affermarono di aver visto distintamente il disco luminoso, contornato da tutti i suoi fenomeni accessori; altri lo percepirono "soltanto indirettamente", come un lampo, una colonna di fumo, un tremendo tuono che fa vibrare l'aria e il terreno. L’oggetto sembra cadere in una zona disabitata, immediatamente a Nord della Tunguska, uno di quei grandi fiumi che dalle alture orientali si tuffano nel bassopiano siberiano a ingrossare le acque dello Jenisej. Il paesaggio è quello tipico dell'altopiano siberiano: catene montuose e vallate che si succedono monotone, ricoperte dalla taiga, la fitta foresta di conifere secolari. Tutto attorno, una complessa rete fluviale, punteggiata da paludi malsane. La zona, d’inverno, è il regno delle nevi e dei ghiacci, con temperature che scendono oltre i 50°C sotto lo zero. Ancora nel 1908 era poco esplorata, e difatti le carte geografiche erano assai vaghe nel riportarla. Vi vivevano, disseminati in migliaia di chilometri quadrati, popolazioni di cacciatori nomadi. L'oggetto non identificato scelse una depressione naturale per scatenare tutta la forza del suo impatto: una conca circondata da colline e montagne e ricoperta da alte conifere. Le esatte coordinate geografiche, determinate soltanto 19 anni dopo il fatto, sono 60° 53’ 09” di latitudine Nord; 101° 53’ 40” di longitudine Est.

LA FORESTA CARBONIZZATA - Il disastro è di vastissime proporzioni: circa 2mila km quadrati di foresta bruciata e devastata, migliaia di animali abbattuti e, stando alle testimonianze locali, molti cacciatori e abitanti di povere capanne feriti e ustionati; ma, curiosamente, nessun morto tra gli umani. Ancora oggi, a testimonianza di quel cataclisma, resistono centinaia di tronchi di alberi abbattuti e carbonizzati, a indicare con il loro orientamento gli effetti dell’onda d’urto. Al centro dell'esplosione, però, gli alberi rimasero in piedi. Ed è questo uno dei fenomeni più misteriosi, che che dà ragioni agli scienziati che tendono a credere alla teoria dell'esplosione atomica. I bagliori vennero visti fino a una distanza di 600-700 km; il rumore udito fino a ben 1000 km. Per dare un'idea della portata di tali cifre, se l'esplosione si fosse verificata a Roma, sarebbe stato vista da un capo all'altro della penisola e udita da Francoforte a Tripoli, da Barcellona a Belgrado. Il mondo rimase per parecchio tempo più o meno inconsapevole dell'evento, ma i sensibili pennini dei sismografi e dei barografi dell'Europa intera registrarono l'accaduto, che venne interpretato come uno dei tanti terremoti lontani (forse in seguito a qualche eruzione vulcanica). Molti anni più tardi, saranno gli studi comparativi delle registrazioni sismiche e barometriche a permettere di calcolare la potenza scatenata dall'esplosione della Tunguska che fu di circa 13 mila kilotoni, equivalente cioè a un migliaio di bombe come quella sganciata su Hiroshima. Le notti successive all'evento, un altro e più appariscente fenomeno s’impose alle popolazioni europee e asiatiche delle alte latitudini: molte ore dopo il tramonto del Sole, infatti, persistette una luminosità crepuscolare di straordinaria intensità. I giornali parlarono di «fantasmagorici bagliori notturni» e gli astronomi spiegarono che, probabilmente, si trattava di aurore boreali connesse all'attività del Sole.

IL CRATERE CHE NON C'E' - Trascorso il turbine della prima guerra mondiale e della rivoluzione bolscevica, bisognerà aspettare il 1921 perché un ricercatore del Museo di Mineralogia di Petrograd, Leonid A. Kulik, incuriosito dai ritagli ormai ingialliti dei giornali del 1908, decida di compiere il primo sopralluogo nella zona del disastro. Si reca, innanzitutto, nei centri più popolosi ai margini dell'area colpita, alla ricerca di testimoni oculari, e raccoglie una grande quantità di prove. Riesce a ricostruire la traiettoria del corpo, pensa che si tratti di un grosso meteorite che cadendo a terra ha scavato un cratere e ritiene di poterlo scoprire, recuperando anche i frammenti del presunto corpo celeste. Per aver successo nell'impresa occorre una spedizione ben organizzata, in grado di penetrare tra le foreste e le montagne che circondano il luogo dell'impatto. Kulik impiegherà sei anni per convincere i membri dell'Accademia Sovietica delle Scienze a finanziare l'impresa. Ma la ricognizione non dà i risultati sperati: dopo mille fatiche e difficoltà, lo studioso non trova ne’ il cratere, ne’ i frammenti del meteorite.

COMETA O ASTEROIDE? - Per superare queste contraddizioni, comincia a farsi strada un'idea, avanzata nel 1930 dall'inglese J. W. Whipple, che identifica l'oggetto con il nucleo di una piccola cometa avente circa 40 m di diametro, una stima che sarà poi rivalutata da alcuni astronomi favorevoli a tale ipotesi. Un nucleo cometario, ragiona Whipple, penetrando ad alta velocità nell'atmosfera, può dare luogo a un'onda d'urto e a un'esplosione distruttive e, nello stesso tempo, a causa della sua bassa densità e della sua struttura a conglomerato di ghiacci e polveri, può disintegrarsi completamente, disperdendo una grande quantità di piccoli grani solidi. Si spiegherebbero in questo modo il fenomeno delle notti lucenti, il mancato ritrovamento di grossi frammenti meteoritici e l'assenza di crateri da impatto. Questa, ancora oggi, è l’ipotesi sostenuta da molti scienziati russi. Quelli occidentali, invece, propendono per un piccolo asteroide, anche questo esploso e vaporizzato in aria, tra 5 e 10 km d’altezza, che avrebbe lasciato al suolo soltanto tracce microscopiche. La domanda ancora da chiarire è: come mai gli alberi presenti nel fulcro dell'impatto sono rimasti intatti? Possibile che la cometa (o asteroide, o meteorite) sia esploso al di sopra della superficie terrestre?  

L'ALTRO MISTERO: QUELLO IN FONDO AL LAGO - La Tunguska ha attratto l’attenzione anche di un gruppo di studiosi italiani coordinato dal professor Giuseppe Longo, un fisico dell’Università di Bologna. Essi, dopo sopralluoghi e analisi, pensano di avere individuato in un piccolo laghetto denominato Cheko il cratere scavato da uno dei frammenti del presunto asteroide. L’ipotesi, avanzata in un articolo sulla rivista scientifica Terra Nova (agosto 2007), non è condivisa da altri esperti e richiederà ulteriori esplorazioni sul fondo del piccolo lago, alla ricerca di eventuali frammenti del corpo celeste. Fra le ipotesi più stravaganti ne esistono due che tuttavia si basano su studi scientifici qualificati. La prima, elaborata da Willard Libby, lo scopritore della tecnica di datazione col carbonio 14, si basa proprio sull’abbondanza di questo isotopo riscontrata negli anelli di accrescimento degli alberi subito dopo il fenomeno: fatto che viene attribuito alle conseguenze di una possibile annichilazione fra la materia terrestre e un blocco di antimateria spaziale venuto a contatto con l’alta atmosfera. La seconda ipotesi, avanzata da un gruppo di fisici dell’Università del Texas, riconduce i fenomeni descritti in Siberia nel 1908 allo scontro fra il nostro pianeta e un mini buco nero, come quelli la cui esistenza è stata postulata dall’astrofisico Stephen Hawking.

venerdì, giugno 27, 2008

'Pietre che cantano'


Sotto uno pseudonimo, l'Autore ha già pubblicato sul web diversi testi (anche dell'ampiezza e consistenza di romanzi) tutti denotanti la sua vasta cultura, nonché il suo piacere per l'affabulazione. Con il suo vero nome ha firmato invece Pietre che cantano, un saggio uscito per i tipi di Vozza Editore di Caserta. Il sottotitolo - Suoni e sculture nelle nostre chiese - rivela già che la guida che ci accingiamo a seguire in questo viaggio dei luoghi e della mente ha parecchio di un moderno Ruskin.




 


Andrea A. Ianniello vaga tra le "pietre" di culture anticamente stanziatesi nel meridione d'Italia, e in particolare in Campania, (ri)proponendocele con l'entusiasmo di chi ama la vita in tutte le sue forme. Basandosi su conoscenze religiose, mitologiche, folkloriche e musicologiche, ci parla con dovizia di particolari delle sculture zoomorfe presenti nelle chiese di Aversa, Benevento, Caserta Vecchia, Ravello e Sessa Aurunca.


Per lui quelle opere non hanno solo una funzione di abbellimento, ma sono il megafono di idee e significati profondi: un messaggio atavico tuttora attuale. Per comprendere il senso di tale ambascia multiforme, occorre fare ricorso alla vasta simbologia rituale delle precedenti civiltà e in particolar modo alle credenze e agli usi medievali. Pian piano, nel saggio ci viene dimostrato che quelle pietre, oggi spesso ignorate, hanno in sé scolpiti suoni e note musicali...


 


A chiusura di questa presentazione, consentitemi di spendere qualche parola di elogio per certe piccole case editrici come, appunto, Vozza Editore: esse non soltanto cercano di crearsi un circuito nazionale proponendo prodotti decisamente utili e godevoli, ma esprimono una fiducia sincera nei loro autori e nei rispettivi libri. Si tratta sì di imprenditori, ma anche di mediatori della Cultura. Cosa che i manager delle grandi case editrici non riescono più a essere.



 


Per ordinare Pietre che cantano: http://www.vozzaeditore.it


 


domenica, giugno 22, 2008

Spagna-Italia: rischiamo le chiappe

Tra poche ore "partirà" il match contro la Spagna. Le statistiche, come spesso accade, mentono: in una competizione ufficiale contro le Furie Rosse - ci informano - non perdiamo dal 1920. Non dimentichiamo però che nell'ultima manciata di amichevoli gli iberici ce le hanno sempre suonate, e ciò vorrà pur dire qualcosa. E' d'uopo dunque andarci cauti con gli entusiasmi: vedi quello che è successo con la Romania, che molti, prima della partita (fu l'esordio degli Azzurri in questo Europeo), davano per "già battuti".
 C'è un'evidente tendenza, nella stampa e nei tifosi d'Italia, a minimizzare, se non a ignorare bellamente, la forza degli avversari. Perciò mi preoccupa questo nuovo entusiasmo "a priori e a prescindere" che sta percorrendo l'intero Stivale prima dell'incontro con i talentuosi spagnoli. Ripeto: non facciamoci troppe illusioni. L'Italia vista finora denota le solite, direi storiche incapacità a costruire azioni d'attacco. E, conoscendo Donadoni, anche stasera si prospetta una battaglia basata sul gioco difensivo e sulle ripartenze alla disperata.
Va bene, c'è la possibilità che le nostre punte si risveglino e sappino sfruttare l'arma del contropiede (che, insieme ai calci da fermo, è l'unica che finora abbiamo dimostrato di possedere), ma non ci si può affidare unicamente a vaghe fantasticherie. Sarebbe bello se la nostra Nazionale imparasse finalmente ad imporre il proprio gioco... Ma è cosa che ripetiamo da anni e non è mai - o quasi mai - accaduta.

 Se ci rimettiamo a statistiche "alternative", ovvero a quelle che calcolano la percentuale di kulo di tutti i teams, allora siamo gli incontrastati Numero Uno (tallonati da vicino solo dai panzer germanici, ancora una volta finiti in un girone alquanto comodo e ai quali ora basterà battere la Turchia per accedere alla finale). Ma finanche un sedere immenso ha i suoi confini; eppoi, eliminata la Spagna, ecco che già attende la Russia, questa Russia "olandese" di Hiddink composta da giovani arrembanti assai affamati. All'apparenza il nostro cammino a Euro 2008 sta per giungere al termine e, se non sarà davvero così, non è che nel mondo raccoglieremo maggiori simpatie arroccandoci nella nostra metà campo e cercando di colpire di rapina! Proporrei perciò al nostro C.T. di stupire tutti, persino i propri connazionali, operando una sorta di rivoluzione tecnica e tattica, con uno schieramento 3-5-3 di quelli infidi e bastardi:

.............................................. Buffon
...................... Panucci - Chiellini - Zambrotta
. Perrotta - De Rossi - Cassano - Aquilani - Camoranesi
.............. Quagliarella (o Di Natale) - Toni - Del Piero

Chissà, magari per una volta non ci nuocerebbe mostrare, insieme al posteriore, anche una bella dose di coraggio e spregiudicatezza.
 

giovedì, giugno 05, 2008

'La corona perduta', romanzo di G. Stocco

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(Edizioni Scudo - collana Long Stories)

Giampietro Stocco è redattore del TGR alla sede regionale RAI per la Liguria di Genova.
Due i romanzi da lui finora pubblicati per i tipi della Fratelli Frilli Editori di Genova: Nero Italiano (2003), un'ucronia in cui si ipotizza che l'Italia fascista non sia entrata in guerra nel 1940 e il regime sia proseguito integro fino al 1975, e Dea del Caos (2005), che è il sequel del primo libro. In entrambi i casi si tratta di opere di storia alternativa.
Nel marzo del 2006 Dea del Caos è approdata sul palcoscenico a Finale Ligure, in una riduzione curata dal Teatro Garage, con la regia di Lorenzo Costa. L'iniziativa si è ripetuta un anno dopo con quattro giorni di repliche a Genova, in un allestimento completamente rinnovato e una sceneggiatura drammatizzata.
Settimo classificato alla XII edizione 2005 del Premio Lovecraft, Stocco, con il racconto Anubis, che è già in programmazione per le future pagine di Short Stories, e, contemporaneamente, con Nuovo Mondo, è entrato nella cinquina finale del premio Fantascienza.com, inoltre ha vinto il premio Alien 2006 con il racconto L'Ospite.
Nel 2007 è uscito, pubblicato da Chinaski Edizioni, il suo terzo romanzo, Figlio della Schiera, e l'anno seguente si interessa alla nascente Scudo Edizioni, pubblicando un suo interessante racconto di invasioni aliene, Bianco come schiuma, sul primo numero della serie rinnovata di Short Stories.

Come acquistare il libro:
LA CORONA PERDUTA  è disponibile per l'acquisto sia come libro stampato (€ 14.50), 240 pagine, quaranta illustrazioni, copertina a colori, dimensione 15.2 x 22.9 cm, rilegatura termica  con costa rigida, oppure in formato PDF (€ 7) da scaricare.

Per acquistare il magazine Short Stories l'indirizzo è http://stores.lulu.com/edizioniscudo, dove è disponibile un'anteprima delle prime 11 pagine del romanzo  di Giampietro Stocco (per vedere l'anteprima, cliccare qui: http://www.lulu.com/browse/preview.php?fCID=2632613).

Si può pagare il volume tramite carta di credito (Visa o Mastercard) o PayPal (che accetta pagamenti anche tramite Postepay) sempre dal sito di www.lulu.com.

martedì, giugno 03, 2008

No al nucleare - perché



Preferisco il fotovoltaico e tutte le altre risorse energetiche pulite, o semipulite, allo sfruttamento di sostanze radioattive. Infatti: le scorie nucleari dove le portiamo? Speriamo no a Napoli! Allora? Dove? Certo, sulla Terra ci sono zone estese e mezzo disabitate come il deserto di Gobi e la Siberia, ma, vedendo quanti casini vengono combinati quest'oggi anche solo nel trasporto di bestiame e merci inanimate, presumo che molti più "incidenti" capiteranno nel tentativo di smistare l'immondizia nucleare, che inanimata non lo è. Il problema non sta nelle potenzialità distruttive dell'uranio, ma nelle teste degli stessi manager! Il problema, quello vero e serio, è l'impossibilità di garantire operazioni eticamente accettabili. Ci tocca vivere con la speranza - certamente vana - che nessuna ditta di "Logistics" prenda soldi a nero e/o incassi la somma per poi scaricare le scorie dietro l'angolo di casa nostra. Io la vedo brutta.

domenica, giugno 01, 2008

Addio a Sydney Pollack

A poco più di due mesi dalla scomparsa del suo socio Anthony Minghella, se ne è andato il cineasta “icona” della New Hollywood, forse l’ultimo dei grandi registi capaci di coniugare con sapienza e sottile leggerezza l’impegno politico e sociale con le dinamiche strutturali dello spettacolo hollywoodiano, formatosi nelle serie Tv degli anni ’60.


Nella filmografia di Sydney Pollack è difficile trovare pellicole non importanti, ma film come Non si uccidono così anche i cavalli? (1969), Corvo Rosso non avrai il mio scalpo (1972), Come eravamo (1973), Yakuza (1975), I Tre giorni del Condor (1975), Tootsie (1982), La Mia Africa (1985), Havana (1990), Destini incrociati (1999), The Interpreter (2005), sono dei magnifici modelli di un cinema fatto di cuore e di testa, di spettacolo e di sentimenti, di forza morale e sensibilità artistica.

Ad ucciderlo è stato un cancro contro cui aveva a lungo combattuto. Aveva 73 anni.



Nato il 1 luglio 1934 a Lafayette, nell'Indiana, Sydney Pollack oltre al lavoro di regista è stato  attore e produttore tra i più inventivi. Così come alcuni altri colleghi appartenenti alla Nuova Hollywood (Barry Levinson, Mike Nichols...), Pollack non ha mai rinunciato alle ambizioni artistiche, dirigendo interpreti del rango di Robert Redford, Natalie Wood, Jane Fonda, Faye Dunaway, Barbra Streisand, Tom Cruise, Harrison Ford, Nicole Kidman... e ottenendo successi di critica e soprattutto di pubblico.


Insieme a Redford fu co-fondatore del Sundance Institute, autentica istituzione del cinema americano svincolato dalle Majors, e collaborò con la Film Foundation di Martin Scorsese che si dedica alla preservazione dei capolavori del passato.


Era sposato con Claire Grisworld. La coppia ha avuto tre figli, tra i quali Steven, il primogenito, morto tragicamente nel '93 in un incidente aereo in California.