Tom Wolfe (Richmond, 1931), da non confondersi con Thomas Wolfe (1900-1938), è una delle grandi firme della Letteratura Americana degli ultimi decenni. Può essere considerato un intellettuale conservatore, ma solo per ciò che riguarda i contenuti (e non sempre), non certo per la forma.
Cominciò con una prosa fatta di suoni onomatopeici, neologismi, frasi incastrate tra di loro... per passare a stilemi meno avventati, ma sempre ricorrendo, "naturalisticamente", all'uso di slang e dialetti.
Come giornalista, si proponeva di raccontare i fatti di cronaca in maniera letteraria, lasciando libera la fantasia, alla maniera di Hunter S. Thompson (Paura e disgusto a Las Vegas).
A proposito di Thompson, mi piace ricordare che la sua scrittura si ispirava a quella (automatica, o "prosodia bop") degli esponenti della beat generation, Jack Kerouac in particolare. E Kerouac aveva, tra le sue fonti ispiratrici, il quasi-omonimo di Tom, ovvero Thomas Wolfe...
"Noi non volevamo fare una carriera mediatica o nell'editoria. Volevamo scrivere. E diventare famosi scrivendo." Così Tom Wolfe descrive i suoi inizi.
Nel 1963, venne inviato dalla rivista Esquire nel Sud California per lavorare a un articolo sulla nuova cultura anticonformista. Wolfe spedì al suo editore Byron Dobell una lettera con il risultato delle sue ricerche. Questi rimosse semplicemente le prime due parole ("Dear Byron") e pubblicò la missiva così com'era, con il titolo "There Goes (Varoom! Varoom!) That Kandy-Kolored Tangerine-Flake Streamline Baby." A molti il pezzo piacque e ciò segnò la nascita del "New Journalism". "The Kandy-Kolored Tangerine-Flake Streamline Baby" fu poi pubblicato insieme ad altri simili resoconti nel volume The Electric Kool-Aid Acid Test (L’acid test al rinfresko elettriko, un resoconto delle avventure "all'LSD" dell'autore Ken Kesey e dei suoi Merry Pranksters, una crudele e riuscitissima parodia dei radical chic statunitensi).
Wolfe è l'intellettuale disorganico che meglio fotografa i mutamenti, le stupidità, i trend, le manie di una società in perenne ribollio. Mentre in America era già un'istituzione, da noi lo conoscevano in pochissimi, finché non pubblicò Il falò delle vanità, un romanzo che riassume cupidigia, disperata povertà, sfarzo, tensioni razziali e corruzione della New York Anni Ottanta. (Alcuni di voi avranno visto l'omonimo film, interpretato da Tom Hanks, da Bruce Willis e da Melanie Griffith).
Ormai ha alle spalle, oltre agli acclamatissimi saggi e alle raccolte di reportages, diversi romanzi che sono tutti bestsellers (anzi: long sellers), e il suo nome viene affiancato a quelli dei più grandi scrittori americani, soprattutto i "realisti": Norman Mailer, Saul Bellow, John Updike, Philip Roth...
Per chi vuole leggere un buon prodotto narrativo di Tom Wolfe, consiglio, oltre a Il falò delle vanità, gli altrettanto formidabili (perché caustici, molto ben documentati, iperrealistici) Un uomo vero e Io sono Charlotte Simmons.
Personalmente, considero Un uomo vero il suo capolavoro assoluto.
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