Al Coronavirus non poteva non essere dedicato un album di rock progressivo! Ci hanno pensato i Fascination Curve. Il titolo: Corona Time In Amerika. Che è qualcosa a metà tra il concept e un'opera rock.
Karl Lundeberg, tastierista, cantante e compositore della band, ne ha avuto abbastanza delle imposizioni legate al Covid 19 ma ancora più dello sbandamento degli Stati Uniti d'America (che è una delle sue patrie: Lundeberg, di famiglia norvegese-americana, è infatti cresciuto a Washington DC ma anche in Inghilterra e in Norvegia). Ha prodotto, insieme a questo suo gruppo, un disco che parla di razzismo, di estremismo politico e degli altri problemi a tutti noi noti. Il brano più lungo è anche quello da cui l'album prende il nome, e cioè la suite di 20 minuti intitolata appunto "Corona Time In Amerika".
I Fascination Curve sono una crew di musicisti che hanno collaborato con vari protagonisti del rock e non solo: dai Rolling Stones a John Cage, passando per Miroslav Vitous, Elton John, Rick Wakeman, Ringo Starr, Gilberto Gil, Phil Collins, Madonna, Ambrosia, Stev Vai, Steve Gadd, Keith Emerson, Michael Jackson.
Gentle Giant: rock band britannica attiva tra il 1970 e il 1980, formata dai talentuosi fratelli Shulman e da un paio di amici. Di questo gruppo, ciò che salta subito all'orecchio è la loro sofisticata ricerca compositiva, molto sperimentale anche per i canoni più audaci dell'universo progressive.
Con l'eccezione dei batteristi Malcolm Mortimore e Martin Smith, tutti i membri dei Gentle Giant erano multistrumentalisti:
Derek Shulman (nella band dal 1970 al 1980) - voce solista, sax, flauto dolce, tastiere, basso, percussioni, ukulele elettrico Ray Shulman (1970-1980) - basso, tromba, violino, canto, viola, percussioni, flauto, chitarra Kerry Minnear (1970-1980) - tastiere, voce solista (solo in studio, non dal vivo), violoncello, vibrafono, xilofono, flauto, chitarra, basso, batteria Gary Green (1970-1980) - chitarra, mandolino, canto, flauto, basso, batteria, xilofono John "Pugwash" Weathers (1972-1980) - batteria, percussioni, vibrafono, xilofono, canto, chitarra Phil Shulman (1970-1972) - voce solista, sax, tromba, clarinetto, flauto, percussioni Martin Smith (1970-1971) - batteria, percussioni Malcolm Mortimore (1971-1972) - batteria, percussioni
The Power & The Glory è un "concept album" uscito nel 1974 che racconta la storia di un uomo che entra in politica deciso a conquistare un certo potere allo scopo di fare del bene e di non lasciarsi corrompere come i suoi predecessori, e che invece finisce per abusare della sua posizione e diviene duque proprio come quelli prima di lui, impersonando ciò contro cui prima aveva lottato.
È rivoluzione? È reazione? Forse è solo azione. Ci fa riflettere molto questo Tentacles and Miracles: sull'iperbole della rivolta, che era schietta negli Anni '60, si "militarizzò" nei '70, si autoannullò nell'estetica durante il terribile decennio degli Eighties, ebbe un ritorno - ma solo a forza di suoni e letteratura e cinema, e dunque a livello di slogans e atteggiamenti - negli Anni '90... e che oggi tende a chiudersi come un cerchio, sposando estetica e lotta vera.
L'album de Il Sogno di Rubik esce domani... o dopodomani... o era l'altroieri? Ma come dobbiamo misurare il tempo se siamo rinchiusi dentro un tesseratto (inglese: tesseract) sospeso nel nulla, pare, e che rotea e muta di forma a ogni momento? Se ci troviamo all'interno di un cubo snodabile?
Iniziamo porgendo l'orecchio con fare distaccato, lontani dagli altoparlanti, magari mentre si fa altro. Peraltro, ci approcciamo all'album ignorando bellamente le note di presentazione mandate dalla casa discografica. Abbiamo il privilegio di poter scrivere di Tentacles and Miracles in anticipo su tutti, di ascoltarne i brani prima che essi vengano scagliati verso le grigie fila di uomini in marcia là fuori (il riferimento a Metropolis non è casuale).
L'empatia, l'Einfühlung cresce con l'ascolto e ci "accorgiamo" che le casse appartengono proprio al nostro apparecchio riproduttore di suoni e che siamo stati noi stessi ad aver inserito il disc nell'apposita fessura. Ci tocca avvicinarci e prestare più attenzione - al più tardi dalla terza, potente traccia, "Tentacles" - per accertarci che non si tratta dei Dead Cross. Semmai ci sono echi (quanto consci?) dei padri: i Faith No More. Ma eravamo completamente presi, a dir la verità, già dopo la straniante fanfara ad incipit (all'inizio di "The well of miracles"). Non è sangue ciò che sgocciola dai circuiti stampati, ma olio di macchina - misto a olio di gomito.
De Il Sogno di Rubik troviamo tracce, prima di questa novità, nel 2016: in una compilation dal titolo '17 Re'. È stata una delle 16 band italiane selezionate dai Litfiba allo scopo di incidere un album con le cover dei brani contenuti in un loro disco di trent'anni prima (17 Re, appunto). E poi c'è almeno una partecipazione al Taranto Rock Festival. Okay. E Tentacles and Miracles?
Belle "pieces"! Ed è il minimo che se ne può dire. Non si può non ammirare la convinzione di fondo, la propositività distopica. Insomma: la potenza. I nostri diffusori stanno fumando e i vicini di casa... beh, loro devono essere svezzati alla / dalla buona musica.
Cosimo D'Elia - vocals and lyrics
e
Francesco Festinante - guitars, bass and midi programming
hanno svolto un ottimo lavoro. Le loro sono songs didascaliche (ma in maniera crimsoniana, e con un canto in lingua inglese spesso baritonale che ci rammenta Mike Patton) di una realtà apocalittica. C'è una fanfara composita iniziale e una suite, sgangheratamente gloriosa, a chiusura dell'album, dove tutti i vertici delle figure vanno a raccogliersi. In mezzo: marce, entrate, cambi di scena come in un'opera teatrale o in un musical da "The Day After", e gioco chitarristico assai abile. In uno o due brani scopriamo che il punk è più bello quando si serve del jazz, e in un altro ("A better nightmare", vedi video) sperimentiamo la velocità di visioni forse cibernetiche.
È progressive? Certo! Lo è nel senso di uno sperimentalismo zappiano; solo che l'ironia qui lascia il posto a un sottotono tragico, disgraziatamente attuale (pregovi dare una scorsa ai testi). È punk progressivo, metal, doom. Ma a che servono i paragoni e le classificazioni? L'originalità del progetto è indubbio. E tanto poco "italiano"!
C'è il labirinto sociale che si rispecchia nella nostra anima per un'introspezione tormentata. C'è la routine sistematica cui "loro" ci hanno costretto. E c'è la prigione, comoda se non fosse per i colori innaturali e gli angoli tagliuzzanti. I suoni, apparentemente spiazzanti quando scivolano come metallo pesante sul ristretto palco di un teatro da vaudeville ("Silky bliss and black waters"), in realtà segnano il cammino di noi tutti, che si svolge non al di là delle pareti ma "dentro" di esse: nell'immensità del data world. Le melodie servono, al nostro essere in fuga, ad appigliarsi a qualche palo d'ormeggio, per non volare via come una mongolfiera.
Quoi d’autre?
Nostri brani preferiti: "The timekeeper" (traccia n. 5), "The planet of supreme satisfaction" (n. 6), "The suite of miracles" (n. 8).
Gli strumenti utilizzati:
Chitarre : Gibson Les Paul Custom del '97, Fender Stratocaster assemblata '73-'76, Fender Stratocaster Contemporary Japan dell' '84-'86 con Duncan JB Sunior e Sl59. Martin acustica.
Basso : Stinger.
Ampli : Tutti VST. Guitar Rig e Amplitube anche per il basso. Solo su "Tentacles" Festinante ha fatto un reamp con Mesa Express 50.
Batteria : Studio Drummer.
Orchestra : IK Multimedia Miroslav Philharmonik.
Mellotron : IK Multimedia SampleTron.
Organo e synth : VST della serie TAL ed altri.
Bene. E dopo aver ignorato finora, a bella posta, la scheda "editoriale", la leggiamo e non possiamo che ricopiarne qui alcune righe, perché essenziali.
L'album esce il 21 giugno 2020, giorno del solstizio d'estate e quindi di rinascita nonché giornata dedicata alla protesta contro il Governo italiano che non ha messo in campo alcuna iniziativa a favore dei lavoratori della musica e nessuna indicazione per dare la possibilità agli stessi di LAVORARE nell'ambito culturale che più appartiene alla loro specificità. IL SOGNO DI RUBIK, insieme alla G.T. MUSIC DITRIBUTION (etichetta dell'album) e alla MICIO POLDO EDIZIONI MUSICALI (editore delle canzoni) si aggregano a questa protesta in maniera ancora più "aggressiva" ed indipendente, facendo idealmente uscire un album (di domenica!!!) quando viene, per protesta, proposta una giornata di silenzio musicale e totale.
Prodotto da Francesco Festinante e Cosimo D'Elia
In un meraviglioso digipack a tre ante con leporello a 8 facciate, artwork di Monica Cimolato.
Album teaser: https://www.youtube.com/watch?v=pjgxwbI6nHE
Ci hanno fatto aspettare tanto dall'ultimo lavoro, che si intitola Metafora di un viaggio: ben cinque anni di attesa. Sezione Frenante (formatisi nel 1974 nell'entroterra veneziano) inizialmente erano un quartetto che si chiamava Nuove Dimensioni. E indovinate qual è il titolo del loro album - il secondo! - uscito praticamente pochi giorni fa? Nuove Dimensioni!
Il loro è un rock artistico con punte melodiche, ascese e discese, progressioni... una musica che qualcuno, almeno al tempo di Metafora di un viaggio, ha paragonato a quella di gruppi prog rock tipici degli Anni 70. In particolare: Le Orme.
Gli inizi (parliamo di oltre 40 anni fa) non furono fortunati per loro. Le Nuove Dimensioni, infatti, poi ribattezzatesi Sezione Frenante, purtroppo si sciolsero nel 1978 senza aver lasciato nessun disco. Eppure, avevano fatto da "opener" o accompagnatori ad artisti del rango delle summenzionate Orme e inoltre: Perigeo, Ibis, Biglietto per l’Inferno, Tito Schipa...
Molto tempo dopo, ovvero nel 2006, tre membri originari di quel complesso - Doriano Mestriner (chitarre), Mirco De Marchi(tastiere) e Alessandro Casagrande (batteria) - si rimisero insieme e, con l'apporto del bassistaSandro Bellemo e di Francesco Nardo alla voce, riarrangiarono una loro suite risalente agli anni 70 ispirata alla Divina Commedia. Uscì giustappunto, su CD, Metafora di un viaggio (2014), contenente vecchie e nuove composizioni. "Un lavoro piacevole e di spessore che non avrebbe sfigurato se pubblicato nella decade ‘70", leggiamo su MAT2020. Nella stessa recensione apparsa sulla rivista specializzata, la band viene posta sul medesimo livello di Alphataurus, Metamorfosi, Procession.
Ora, accade un evento importante: il vecchio cantanteLuciano Degli Alimari si riunisce agli altri tre amici, prendendo il posto del pur acclamato Nardo. Ahinoi, Mestriner da parte sua abbandona la nave non molto tempo dopo (aprile 2015). Ma il sostituto di Mestriner è più che degno: trattasi difatti di Antonio Zullo, alias Master Anthony.
Abbiamo visto che Metafora di un viaggio riproponeva le atmosfere prog del decennio Settanta, con qualche accenno di Deep Purple e/o Uriah Heep, il tutto naturalmente facendo uso di tecnologie odierne e di una produzione eccellente. E il recentissimo Nuove Dimensioni (sett. 2019)?
Qui l'ensemble veneta sembra voler accarezzare l'idea di strattonare le catene, di liberarsi; almeno spazio-temporalmente. Ma gli ormeggi reggono, le funi sono spesse...
Le 8 tracce (per un totale di oltre 50 minuti) ci raccontano episodi di sviluppo scientifico e crescita tecnica dell'umanità. E, per un discreto tratto, i suoni paiono ricalcare il percorso della fisica moderna, pur se non si vola mai all'interno di una navicella quantistica bensì in una mongolfiera. Mongolfiera che oscilla tra Locanda Delle Fate e Banco. Rimaniamo attraccati a un sound decoroso, insomma, che piace, è raffinato ed estroso... e spesso stupisce... senza infrangere nulla.
L'incipit è "Kosmos", un instrumental che anticipa i timbri, gli effetti acustici, le vibrazioni dell'opera in questione. "L'era di Planck" già ci fa ascendere nel parnaso di ciò che il neoprog italiano ha potuto offrirci negli ultimi anni, con la voce di Degli Alimari a recitare una realtà alia, tuttavia concreta, solidificata dall'eccellente lavoro di chitarra, basso, batteria e tastiere. A questo punto, abbiamo già preso quota. E l'intero viaggio sembra voler condurre alle sonorità di quello che, non solo a una prima impressione, è il brano più completo: "È nata una stella" (il penultimo), esempio qualificantemente antologico del migliore italo-prog. Infine, con l'inno folk-medievalistico "Nomadi velieri", prendiamo congedo da un'opera che merita molte menzioni e - soprattutto! - vendite.
I Sezione Frenante sono: Alessandro Casagrande - batteria, percussioni Mirco De Marchi - piano, organo Hammond, mellotron, moog, synth Sandro Bellemo - basso Antonio Zullo - chitarre Luciano Degli Alimari - voce solista
Ospiti in Nuove Dimensioni: Deborah Barbiero (backing vocals in 4 degli 8 brani), Mauro Martello (flauto, in 3 brani) e Francesca Rismondo (violoncello, presente in 2 tracce dell'album).
Brani preferiti da Topolàin: "Principe del vuoto", "Venere" e soprattutto "Orizzonte degli eventi" nonché quel vero e proprio compendio del buon prog rock che è "È nata una stella (giostra a catena)".
Alessandro Casagrande mi fa notare che in realtà, tra l'ultimo disco e Nuove Dimensioni, non sono passati affatto cinque anni. Nel 2017 infatti, sotto label Ma.Ra.Cash., è stato pubblicato Metafora di un viaggio rivisited, dove la voce è quella di Luciano. Disco completamente rimasterizzato; rifatte le chitarre acustiche con l'aggiunta di tre bonus... Con due inediti: "Fonte" e "Dieci Giovani. Dieci Giorni. Cento Storie" (brano sul Decamerone di Boccaccio). Inoltre: "Carro di fuoco", che è un omaggio alle Orme - una versione italiana del loro "Truck Of Fire" (e per questo sono arrivati i complimenti degli autori, Tony Pagliuca, Aldo Tagliapietra... e anche quelli di Michi. Michi Dei Rossi).
Dopo il sorprendente Forme Libere (2017) e aver fatto aspettare forse un tantino più del necessario i loro non pochi apprezzatori, Gli Aliante se ne sono usciti, due anni dopo, con questa prova - anch'essa prettamente strumentale - che a tratti sembra un tour de force meccanizzato da una certa urgenza, in altri un'opera meditata, ragionata, programmata con attenzione. Fatto sta che, così come per il primo album, abbiamo anche qui un misto di rock progressivo e jazzrock, tra pastelli un po' più relaxed - quasi ambient - e pennellate che virano verso il tempestoso.
Il disco si divide in due parti: "Sul confine" (a sua volta suddiviso in sette parti, che sono comunque vere e proprie canzoni a sé stanti e non frammenti di una suite) e "Nel cielo", che, con i suoi "appena" 4 minuti e rotti - è un finale degno dell'album.
Troviamo qui il trio toscano alle prese con motivi vari ("La rana"... "Cigno nero"... quadretti fortemente impressionistici) che, tutti insieme, sembrano momenti e istantanee di un viaggio. È un viaggio, e, se l'album reca l'appellativo Sul confine, è proprio perché viene tematizzata una condizione - descritta come felice - tra due sponde, tra due terre, tra due o più culture. Vedere le note di copertina per approfondire. Non è difficile, ad ogni modo, ipotizzare anche un senso traslato del titolo: la musica stessa è musica di frontiera, con passaggi, transits, tra più mondi sonori, narrati dall'hammond e dal synth (Filippi), ben rincalzati dalla sezione ritmica (Giusti & Capasso). Cambi di tonalità ed effetti sonori ad hoc decorano le melodie portanti, e uno o più brani vengono sublimati grazie a gocce pianistiche (anche da new cool jazz).
Opera seconda da assaporare a lungo... andando a rispolverare magari Forme libere per capire appieno dove sono le corrispondenze e quale elaborazione ulteriore Gli Aliante si sono addossati per cercare di deliziare le orecchie amiche nonché i critici, sviluppando la propria arte in coerente progressione.
Brani preferiti da noi: "Metzada" e - davvero vertiginoso! - "Il quadrato"
Tracklist
1 Sul confine 48:08
1a Viaggio nel vento 8:50 1b Metzada 8:49 1c Ai confini del mondo 6:39 1d La rana 5:49 1e Cigno nero 7:00 1f Il quadrato 6:15 1g Tenente Drogo 4:46
2 Nel Cielo 4:17
Distributed By – G.T. Music Distribution
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Gli Aliante sono: Jacopo Giusti (batteria, percussioni) Alfonso Capasso (basso, effetti) Enrico Filippi (keyboards, pianoforte)
Il violino presente nella traccia 1c, "Ai confini del mondo", è suonato da Marianna Vuocolo.
P.S.: Ammettiamo la nostra ignoranza! È stato necessario "googlare" le parole "tenente Drogo" (vedi scaletta dei brani, brano 1g) per apprendere/ricordarsi che si tratta del personaggio principale del capolavoro letterario di Dino Buzzati, Il deserto dei Tartari.