domenica, maggio 03, 2020

Quando gli U.S.A. volevano far esplodere un ordigno nucleare sulla Luna

Correva l'anno 1958 quando il fisico Leonard Reiffel fu avvicinato da alcuni ufficiali dell'Air Force degli Stati Uniti d'America che lo invitarono a collaborare a un nuovo progetto. Il progetto, rigidamente "top secret", recava la sigla A119 ed era  pomposamente denominato A Study of Lunar Research Flights. 
Il compito di Reiffel era di investigare sulle possibili conseguenze di una detonazione nucleare sulla Luna, e soprattutto di calcolare il tasso di visibilità del fungo atomico da qualsiasi punto del nostro pianeta. 



"Si sarebbe trattato di una sorta di esercizio di public relation in grande stile" ha affermato nel 2000 Reiffel, che, al momento di "sbottonarsi", aveva ormai 73 anni. "L'Air Force desiderava un fungo atomico immenso, tanto da poter essere visto dalla Terra a occhio nudo. E ciò perché, nella corsa alla conquista dello spazio, gli Stati Uniti stavano perdendo terreno sull'U.R.S.S." 

C'era anche un obiettivo tecnico dietro al piano: quello di risolvere alcuni problemi di astronomia ed esogeologia. Ma, soprattutto, lo "sfregiare" la faccia di Selene sarebbe servito ad alzare il morale dell'opinione pubblica statunitense, che cominciava a sviluppare un complesso di inferiorità nei confronti del gigante sovietico.

Lo storico inglese David Lowry commentò la notizia in questo modo: "E' semplicemente pazzesco pensare che il primo biglietto di visita degli esseri umani a un altro corpo celeste sarebbe stato... una bomba atomica! Se il progetto fosse stato realizzato, noi non avremmo mai avuto la romantica immagine di Neil Armstrong e del suo 'passo da gigante per l'umanità' ('one giant step for mankind')." 







Un'idea matta, senza dubbio, se il fine era quello di dimostrare alla nazione nemica e al mondo intero quanto fossero potenti gli Stati Uniti d'America. Certo è però che, al momento del concepimento del progetto A119, i giornali (The Pittsburgh Press in particolare) parlavano di una voce secondo la quale era l'Unione Sovietica a pensare di far esplodere una bomba all'idrogeno sulla Luna! Una fonte anonima, citata da un agente dei servizi segreti americani, affermava che la potenza comunista intendeva commemorare l'anniversario della Rivoluzione d'Ottobre provocando un'esplosione nucleare sul satellite della Terra in concomitanza con l'eclissi lunare del 7 novembre. Immaginiamoci quali grandiosi effetti scenici sarebbero nati!

Poi, per fortuna, né l'una né l'altra parte mise in atto il piano.

Lowry - esperto di energia atomica e delle sue conseguenze - ipotizzò che il progetto A119 potesse avere una certa rivelanza persino al giro di boa del Millennio, dato che in quel torno di tempo gli Stati Uniti sembravano più che mai determinati a impiantare un sistema di difesa missilistica attorno all'orbita terrestre. "Gli U.S.A. hanno sempre covato il desiderio di militarizzare lo spazio e alcune delle idee attualmente in corso di realizzazione non appaiono meno curiose e meno stravaganti di quella - risalente agli anni Cinquanta - con cui si proponevano di bombardare il nostro satellite naturale." 

Il progetto A119 fu sviluppato dalla Armour Research Foundation di Chicago (poi ribattezzato Illinois Institute of Technology Research). 

Reiffel racconta: "Era previsto di far esplodere l'ordigno sulla faccia nascosta della Luna, sulla 'dark side' dunque. Il fungo che ne sarebbe risultato, affiorando oltre l'orlo lunare, sarebbe stato illuminato in pieno dal sole, e quaggiù chiunque avrebbe potuto vederlo a occhio nudo." 

La bomba in questione avrebbe dovuto avere la stessa potenza di quella sganciata su Hiroshima.

"Io feci osservare che l'esplosione avrebbe rovinato l'ambiente lunare. Ma l'Air Force non pensava certo in termini ecologici! A loro interessava soprattutto che i 'nemici' potessero vedere l'esplosione e rimanerne impressionati." 

Secondo Reiffel, per la Terra non ci sarebbero state conseguenze dirette, ma di certo il corpo lunare sarebbe risultato "sfigurato" in eterno.  

Sulla fattibilità del piano lo scienziato non nutriva alcun dubbio. Già a quei tempi la tecnica missilistica era abbastanza sviluppata, tanto che si sarebbe potuto centrare un bersaglio pur così distante "con uno scarto massimo di due miglia o poco più".

Ovviamente, se il progetto fosse stato reso pubblico si sarebbero sollevate proteste a livello globale; per tacere delle polemiche che ci sarebbero state dopo la sua messa in atto. Ma agli Stati Uniti importava solo di dimostrare la loro superiorità militare. Da un'idea praticamente "rubata" agli avversari, insomma, sarebbe risultato un atto intimidatorio senza precedenti.



Gli archivi del governo americano sono tuttora strapieni di documenti che risalgono agli anni della Guerra Fredda ed è lecito pensare che molti di quei dossier rimarranno sigillati e intedetti al pubblico per chissà quanto tempo ancora. Il progetto A119 è venuto alla luce soltanto perché lo scrittore Keay Davidson vi accennò in una sua biografia dello scienziato e astronomo Carl Sagan. 

Sagan, morto nel 1996, aveva acquisito enorme fama scrivendo articoli e libri che rendevano accessibili a chiunque i grandi temi della scienza. Egli si dedicò inoltre allo studio delle possibilità di presenze biologiche su altri pianeti. All'Armour Foundation di Chicago fu contattato da Reiffel, il quale lo spinse a improntare un modello matematico sull'espandersi di una nuvola di polvere nell'orbita lunare. Questo modello era naturalmente la chiave per stabilire il grado di visibilità di una simile nuvola dalla Terra.  

Sagan credeva (come molti scienziati di allora) che la superficie lunare pullulasse di microorganismi e, preoccupato, fece  osservare che un'esplosione atomica avrebbe certamente distrutto ogni forma di vita. Tuttavia, secondo la testimonianza resa da Reiffel, alla fine fornì ugualmente i calcoli richiestigli.  

Quasi trent'anni più tardi - nel 1987 -, i risultati di quegli studi furono distrutti dai dirigenti della fondazione di Chicago. Ma non è da escludere che alcune copie siano tuttora conservate nelle segrete blindate dell'Air Force.  

Leonard Reiffel disse di ignorare come mai il piano fosse stato poi accantonato. Comunque, mostrò di esserne più che lieto: "E' terribile pensare che una pazzia del genere fosse stata ideata soltanto per impressionare l'opinione pubblica." 

Quando la notizia scoppiò, più volte interrogati sulla veridicità o meno dell'esistenza del progetto A119, i responsabili del Pentagono non diedero nessuna conferma... ma neppure smentirono. 


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