In un'intervista con il Süddeutsche Zeitung Magazin il famoso regista americano rivela i retroscena del suo successo. I suoi genitori divorziarono quando lui era ancora piccolo, a scuola veniva preso in giro dai compagni perché gracile, non bello e dotato di una strana voce. Allora - verso i 13 anni - prese ad usare la videocamera del padre; parenti e vicini di casa costituirono il suo primo pubblico, un pubblico pieno di gratitudine che gli diede la sensazione di avere uno scopo nella vita.
"Con Indiana Jones IV ho riscoperto il mio amore per il pubblico. Cercherò di spiegarmi meglio: negli ultimi quindici anni ho fatto solo film seri, da Schindler's List al Soldato James Ryan, per tacere di quelli che si occupano della situazione attuale dell'umanità o del probabile imminente futuro, cioè Terminal, Minority Report, La guerra dei mondi... Tutte opere per me importanti sia come regista sia come uomo. Volevo sapere qualcosa di più sul mondo e su me stesso. Ma questa mia ricerca in qualche modo non ha implicato necessariamente il coinvolgimento di tutti gli spettatori. Ora però, con Indiana Jones..."
"... e grazie a un budget di 185 milioni di dollari..." puntualizza l'intervistatore. "Ma mi dica: fare film è forse un metodo per riscoprire il bambino che si nasconde in ognuno di noi?"
"Era quello che avevo sempre creduto... almeno fino al 1985, quando venne al mondo il mio primo figlio. Da allora so che il bambimbo in me viene mantenuto vivo dai miei propri bimbi. Suona banale ma è così. E' a loro che racconto le varie storie prima di darle in pasto al grosso pubblico. A loro volta, i miei figli mi raccontano le loro scoperte. Ne ho nove, sa, e la più piccola mi ha ultimamente avvicinato ai Manga, i fumetti giapponesi. All'inizio non li capivo molto... sono come un nuovo linguaggio, e bisogna essere piccoli per poter meglio imparare nuovi linguaggi... ma hanno finito per entusiasmarmi."
"In quale dei personaggi dei suoi film si riconosce maggiormente?"
"Ora dovrei dire: in Indiana Jones. Ma non è così. Il personaggio certamente più autobiografico è Elliott, il bambino di E.T. In lui si rispecchia la mia infanzia infelice."
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