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giovedì, marzo 25, 2021

Continua la 'disputatio' su Andrea Camilleri

 Camilleri e Montalbano, pro e contra. 

Qui (clicca) c'è il post iniziale. Adesso pubblichiamo il nuovo intervento di Alida Pardo, che replica a Giuseppe Alù. 


...non c’è nessun giallo ambientato in Sicilia, bensì c’è una “favola” che utilizza una trama purchessia, che si svolge in un paese inventato che adombra una strana e irreale Sicilia e che offre allo spettatore scene piacevoli e diversive.

Ciao, Giuseppe. Hai scritto veramente un bel testo, ricco di osservazioni acute e di momenti letterari pregevoli (dici che le scene deserte e immobili di Vigata ricordano De Chirico).

Dimentichi però una cosa, che quando un giudizio è dettato da autentico sentimento e non da partigianeria o, peggio, fanatismo, tale giudizio non può essere modificato. Riguarda il gusto personale, non l’intelligenza o la cultura, non è “attaccabile” da parte della ragione, è insomma insindacabile perché appartiene alla sfera delle emozioni. Io non sto contestando la natura di favola dei racconti del Commissario Montalbano, ma la loro grossolanità, l’insuperabile rozzezza. Tant’è vero che tu stesso dici:

i personaggi. Essi sono fissati nei loro immodificabili ruoli, come nella commedia dell’arte

La commedia dell’arte, se non ricordo male, è la forma più primitiva di teatro, essa è nata per il popolo e ad esso è inscindibilmente legata. È al livello di Claudio Villa, è come il Pappagone televisivo che faceva impazzire le comari il sabato sera. Se vogliamo fare un esempio attuale, è come Barbara D’Urso. Io sono (noi siamo) per Woody Allen e per Fabrizio de Andrè. Certamente Montalbano è un po’ meglio, ma solo un poco. Io stessa in quella paginetta ho detto che l’attore protagonista è bravo, che i suoi due collaboratori sono ben tratteggiati e ben recitati, che le ambientazioni sono stupende.



Aggiungi bei panorami, mare, paese arroccato sulla collinetta, donne bellissime scese da Vanity Fayr (siciliane?Ah ah!), casa sulla spiaggia che tutti sognano, ecc. Spettacolo che con garbo fa godere minuti di relax senza l’affanno dei soliti pensieri.

Qui sono sbalordita. Tu come immagini le siciliane di oggi, con baffi, scialli neri, gambe pelose, occhi bassi? Il tuo referente è Danilo Dolci, la Sicilia oscura dei primi anni del Novecento? C’è una gioventù tanto ignorante quanto bella fisicamente, ragazze alte un metro e ottanta, anche bionde di origine normanna, donne splendide che farebbero svegliare un impotente. Ragazzine che vanno in giro letteralmente nude, con pantaloncini sgambatissimi, (una esagerazione), una grande libertà di comportamenti, una sostanziale equiparazione al resto dell’Europa. Ma mi fermo qui perché è solo della bellezza che tu parlavi.

Con garbo. Non c’è garbo, per me, in un parlare sboccato e sguaiato, in comportamenti inventati sì, ma provinciali e analfabeti, ammiccanti per il portiere, seducenti per la parrucchiera.

Particolarmente sono stati apprezzati i comprimari-caratteristi, mogli, vecchi, notai, medici, tutti di una bravura straordinaria, assolutamente autentici nella loro recitazione.

Anche questo è un giudizio del tutto personale. A me i comprimari sono sembrati spesso caricature dalla recitazione forzata.

Noi siciliani siamo portati alla tragedia

Osservazione corretta e incontestabile. Ma, per controbilanciare, non bisogna abbandonarsi a “Favole” strapaesane e volgari. Mi citi i francesi con Maupassant esempio di leggerezza. Anche qui siamo in disaccordo: Maupassant è tremendamente serio, i suoi romanzi a tema sono più vicini alla tragedia che alla commedia. Di favole poetiche sono stati capaci al massimo livello La Fontaine e Saint-Exupéry.



Quasimodo non avrebbe mai scritto una poesia come quella di Montale che scende i gradini con la moglie Di leggerezza.

Montale è poeta aspro ed aristocratico, freddo e tagliente come quei suoi famosi “cocci di bottiglia”. La poesia dei gradini che tutti citano e che una volta ti ho commentato, non è per me una poesia leggera, ma una poesia non riuscita, che tutti ricordano solo perché l’ha scritta Montale, con versi assolutamente prosaici e stridenti (cito a memoria “poiché quattr’occhi vedono meglio di due”). Autentico e tenero il sentimento, mancata la realizzazione artistica.

La lingua è Inventata? Certamente, e allora? Se funziona, tutto va bene.

Anche qui la risposta non può essere che personale: per me non funziona. Funziona in che senso, poi? A determinare una finzione?

Io non dico che gli episodi di Montalbano mi dovrebbero toccare il cuore, non dobbiamo fare confusione di generi. Ma almeno divertire. Il fatto è che non mi divertono. A livello popolare, quando non eccedono, riesco ad accettare perfino Ficarra e Picone, c’è in loro un poco di ironia. Ma non sono mai riuscita a vedere i film di Franchi e Ingrassia, per quanto bravi attori.

E non è un caso che l’intero pacchetto sia stato acquistato da 49 paesi nel mondo e che dovunque ha ricevuto consensi. Stranieri che vengono in Sicilia e cercano Vigata!

L’Italia è vista all’estero come folclore: la pizza, la mafia, la pasta. Certo ti sembrerò seriosa se ti dico che preferirei che venissero in Sicilia ad ammirare i Templi Greci, il Duomo di Cefalù e i Chiostri delle Università. Sarei anche ingiusta comunque perché, se una cosa ha fatto la serie di Montalbano, è stata quella di mostrare una Sicilia fascinosa dal punto di vista paesaggistico e monumentale. Ma il fatto che chiedano di visitare Vigata mi fa pensare che la serie non è percepita nella sua dimensione di favola, ma di realtà stravolta e strapaesana, come l’Autore l’ha voluta.

una “realtà di fantasia” resa con eleganza formale.

Per me nessuna eleganza formale se non nei paesaggi e negli interni spettacolari, ma qui è la ricchezza della Sicilia che si impone. Un paio d’anni fa ho discusso con tuo fratello Giancarlo su Montalbano (lui lo adora, come ti sarà noto) e lui mi ha fatto un’osservazione interessante: viene mostrata una Sicilia prospera, borghese, fuori dagli schemi della miseria, dei lutti, della malasorte, delle zolfare. Ben venga la borghesia, ben venga il benessere ma, a parte il fatto che spesso si tratta della caricatura della borghesia, in una favola atemporale non potevano essere impiegati i vecchi schemi del neorealismo. In compenso viene fatto spazio ad altri schemi: i migranti, tutti buoni; le ragazzine che fanno la traversata, violentate; il barbone, da soccorrere e curare anche invitandolo a casa propria a fare una doccia (tu lo faresti?) e non basta, la fidanzatina melensa di Montalbano gli sottrae e forza i maglioni di cachemire per darli al pover’uomo, tanto lo sappiamo che i Commissari di Polizia sono riccastri e se ne possono comprare a decine. C’è uno strizzare l’occhio al buonismo ipocrita, ai temi di moda che non disdegnano un sinistrismo inopportuno ed ambiguo.



E poi, lo ripeto, lo schema della donna presentata com’è presentata per me è insopportabile: ecco una donna a peso, fatta di curve e protuberanze, quattro chili di mammelle, otto chili di sedere, dodici chili di stupidità. Tanto che l’unico personaggio femminile simpatico e fresco (nell’inverosimiglianza) è quello dell’amica svedese, almeno si respira un po’ di aria pura, un po’ d’amore per un sesso che non sia obliquo.

Ti ho consigliato i mesi scorsi una serie televisiva di produzione belga, Professor T. Se esamini le due serie, ti rendi conto che è moderna, leggera, elegante, con voli alla Fellini, tanto quanto l’altra è fatta di risate grasse, (scassare la m… rompere i gabbasisi) di personaggi antiquati e ripetitivi, di vezzi goliardici e popolari.

Agli stranieri piace? Non lo metto in dubbio. Segna però un abbassamento di livello rispetto a quell’Italia del cinema, Zeffirelli, Visconti, Antonioni e (nell’ambito della commedia onirica) Fellini, che ci aveva resi famosi in tutto il mondo.



Leggi anche: "Due pareri antitetici su Camilleri e Montalbano"

"Camilleri, il congedo" (Giuseppe Alù)

"La prima volta al Teatro dell'Opera: un racconto di G. Alù"

"I miei giorni ansiosi" (Alù)

"L'Indignazione" (Alù)


"Cercatori d'oro" (Anna Murabito)

"Quattro nuove poesie di Anna Murabito"

"Epidemia, marzo 2020" Versi di Alida Pardo (Anna Murabito)

"Le parole naufraghe" di Anna Murabito



venerdì, settembre 11, 2020

Camilleri, l'opinione antitetica

 (Alida Pardo)


Ci deve essere qualcosa che non capisco in Camilleri. Forse una di quelle antipatie inconsulte che a volte si manifestano, inspiegabili, e rimangono attaccate al pensiero come una colla velenosa. Il suo aspetto fisico non lo ha favorito, ma questa non sarebbe una spiegazione: e allora Ungaretti? E Alda Merini?

Tutti sappiamo cos’è il colpo di fulmine, l’innamoramento irresistibile e irragionevole. Io ho provato la stessa cosa per Camilleri, ma al contrario. Un contro-innamoramento, un anti-innamoramento. Una sorta di black out comunicativo me l’ha fatto rigettare alla terza pagina del primo libro assaggiato, quando ho sentito la sua lingua assolutamente falsa. E la lingua è tutto per uno scrittore. Quella di Camilleri non corrisponde a nessun dialetto, nessun autentico siciliano ci si riconoscerebbe: è marcatamente “sicula” ma inventata, è stantia, forzata, greve. Lì è avvenuto il corto circuito. Non posso giudicarlo quindi come scrittore.


Però ho avuto un’esatta percezione del mito di Camilleri. Il suo Montalbano è soprattutto un personaggio televisivo apprezzatissimo e citato anche dalla mia parrucchiera che ha fatto un pellegrinaggio fino alla “sua” casa. Una casa che dovrebbe fare inorridire gli ecologisti e i magistrati che combattono contro gli abusi edilizi.

Ho visto alcune puntate della serie, conosciuta in tutto il mondo, mentre mio marito si rifugiava nella sua camera, lui è molto più schizzinoso di me. Ma non è che mi abbiano incantato. Ho apprezzato le magnifiche ambientazioni, i raffinati interni primo Novecento, la bravura dell’attore protagonista, il bel tratteggio dei suoi due collaboratori.

Ma questo è il fumo. L’arrosto sono le trame talora improbabili e contorte; i personaggi spesso caricaturali; le macchiette ripetute fino allo sfinimento, senza pudore (“La porta mi scappò”). Ammesso che la struttura dei “gialli” sia ben congegnata e che io ne sottolinei i difetti anche solo per antipatia, non ho mai capito perché si debba pagare questo prezzo. Perché cedere inspiegabilmente al consenso dell’Italia di Pappagone?

In un ambiente provinciale da far mancare l’aria, con le strade costantemente vuote, statico e deserto come un fondale di teatro, rappresentativo di una bellezza trascorsa e immobile, in una parola falso, si svolgono le complicate vicende di “masculi” di tutte le età ed estrazione sociale e “picciotte” (o “settantine”) che si amano, si odiano, si ricattano, fanno spudoratamente sesso, si uccidono, parlando una lingua sconosciuta e fasulla il cui significato, più che “ammucciato” è irritante. Ogni episodio è contrassegnato da litanie di dubbio gusto: la rappresentazione dei notabili delle Forze dell’Ordine, descritti come inverosimili imbecilli; le tirate del medico legale a suon di turpiloquio e rottura di “gabbasisi” con nauseanti abboffate di cannoli; il rapporto di Montalbano con la fidanzata nordica e ingenua, francamente stucchevole.


Forse ciò che maggiormente non sono riuscita a digerire nei telefilm di Montalbano è la sua concezione della donna. L’ostentazione imbarazzante del corpo femminile mi pare al limite dell’offensivo, col suo erotismo greve, ammiccamenti pronunciati, accavallamenti di gambe, allusioni insistenti. Le tette esplosive, i sederi che ondeggiano, gli spacchi nelle gonne mi sembrano espressione di una sessualità primitiva e assomigliano più alle fantasie masturbatorie di un vecchio che all’ironia di Woody Allen il quale a ottant’anni immagina magnifiche giovani donne nel suo letto. Tutte le donne di Camilleri sono corpo e solo corpo. O domestiche. Oppure (la fidanzata di Montalbano) gattine stucchevolmente gelose, carine, conformiste, buoniste, occasionalmente invadenti e soprattutto cretine. Mai anima, mai testa, mai passione, mai poesia.

Forse c’è un costante intento grottesco. Una continua strizzata d’occhio. Forse consiste proprio in questo il merito di Camilleri? Non so. Continuo a dire “non so”. So invece che ciò che ha incantato gli altri mi fa fuggire.

Non riesco a dire “de mortuis nil nisi bonum”. Ma mi piace ricordare Camilleri nel suo lungo, colto, commovente fino allo strazio “Dialogo con Tiresia”. Camilleri era anche altro da ciò che abbiamo visto con “Il commissario Montalbano”.


Expressioni, blog dell'autrice

 

 

sabato, maggio 28, 2011

Domani un racconto di Camilleri su la «Domenica»


«Sintì lo sguillo del tilefono e satò fora dal letto per annare ad arrisponniri. Era Catarella.
"Addimanno compressioni e pirdonanza per l'orata matinevoli, ma un frutto ci fu".
"Avvirtisti a Fazio?".
"In loco è, ma tilefonò ora ora dicenno che se ci va macari vossia è meglio".
Montalbano santiò...».


Ecco l'incipit del racconto che Andrea Camilleri ha scritto appositamente per la Domenica del Sole 24 Ore, domani in edicola.
Non avete capito niente?
Neanch'io, e sono siciliano!
Evidentemente però agli italiani piace questo slang, o dialetto che dir si voglia (non si parla in tutta la Sicilia, ma principalmente nell'Agrigentino...), giacché il simpatico quanto vetusto scrittore (macari communista fu!) conduce ormai da anni la classifica dei best- e dei longsellers.

Sarvaturi Camilleri: nu scritturi sicilianu di l'ùrtimu sèculu... e du novu!
Tremendo. Impariamo l'italiano per prima cosa, va'.



 

venerdì, novembre 24, 2006

Andrea Camilleri: 'Vi racconto Montalbano'

camilleri - vi racconto montalbano Si può certamente essere estimatori o meno del Camilleri scrittore (e il "meno" si riferisce in primis a chi non ama i termini dialettali incastonati nell'italiano), ma il Camilleri uomo non può che suscitare apprezzamenti. Il volume di interviste Vi racconto Montalbano è una sorta di Who's Who dell'uomo di lettere siciliano e del suo universo. I personaggi, le situazioni e i luoghi della sua vita (e dei romanzi) vengono qui passati in rassegna dallo stesso Camilleri con l'energia e l'entusiasmo che contraddistinguono l'ormai ottantenne, sempre sanguigno scrittore di Porto Empedocle.



Dal libro:

Quando ha capito che le cose stavano cambiando?

Ho avuto dieci anni di rifiuti dalle case editrici. Pensavo, in virtù della mia concretezza, che quella non era la mia strada. Quando Garzanti mi ha pubblicato Un filo di fumo, le tremila o cinquemila copie mi andavano bene.


A quel punto ha iniziato a considerarsi uno scrittore professionista?

Una volta Aldo Busi in una trasmissione, col suo consueto amore per il paradosso, disse che uno scrittore può dirsi tale quando ha venduto cinquemile copie. Perciò, io sentivo di avere la patente. E quando Elvira Sellerio mi disse che Il Birraio di Preston era arrivato a diecimila copie, esultai.


(...)

Ora, la cosa che più mi colpisce, essendo marxista da sempre, da quando sono nato e non lo sapevo, è non riuscire a non capire come nei miei riguardi si stia verificando l'auspicato fenomeno gramsciano di uno scrittore nazional-popolare. Perché mi legge gente che non ha mai letto nessun libro; mi legge il piccolo operaio, mi legge anche una minima parte di intellettuali. Nessuno ha considerato sociologicamente la mia letteratura. E, invece, avrebbe interessato me per primo uno studio di questo tipo. Invece, una parte dei critici mi ama, una minima parte; la maggior parte dei critici mi disprezza (non ci sono altre parole da poter usare), anche se sono critici marxisti.


Quindi il fatto, per esempio, che un Pietro Citati non si occuperà mai di lei non...

Mi lascia completamente indifferente, amico mio! Non è che si scrive per i critici, si scrive per il pubblico. Io scrivo per i miei lettori, non scrivo affatto per queste persone.





Andrea Camilleri
Vi racconto Montalbano. Interviste.
Casa editrice datanews