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giovedì, maggio 01, 2014

Oggi Primo Maggio... e la tivù rimane morta


Che vergogna! Neppure oggi, che è ufficialmente la Festa del Lavoro, la televisione italiana riesce a tirare fuori qualche asso dalla manica. Sia RAI che Mediaset rimangono fedeli a se stesse, proponendo servizi scialbi, interviste idiote e condotte malamente, nonché telefilm e "formats" per rincretiniti. Nessun impulso, nessuna trovata coraggiosa. E di film nemmeno a parlarne. 



Perché non offrirci una retrospettiva di pellicole comiche, o di grandi commedie e dei loro interpreti immortali (Gassman, Sordi...)? Perché non dedicare i programmi della giornata a qualche grande regista de noartri (Fellini, Monicelli, Scola, Dino Risi...)?

Non so chi ha messo queste bestie, questi babbei a capo della programmazione televisiva italica, ma comunque è certo: siamo nelle mani di veri e propri zombi dello spirito! E così, l'operaio (o anche il disoccupato, lo studente, il casalingo...) che oggi si ritrova tra le proprie quattro mura (anche se "proprie" è un eufemismo), si vede costretto a mastruparsi corpo e anima con le sconcezze per cerebrolabili, con le imbecillagini per somari che vengono allegramente offerte (con tanto di pacchetti pubblicitari caratterizzati da spot oligofrenici) ai milioni di discendenti di Dante, Leonardo, Celentano, Fo, Eco e De André.

O binomio di re d'Italia! O Renzi e Berlusconi! Licenziate  - vi esortiamo coram populo - questi dirigenti incapaci. E subito!

giovedì, gennaio 02, 2014

La vera piramide della felicità

(Ebook Amazon - per Kindle)




L'introduzione:


>> Su Internet mi sono imbattuto in svariate "piramidi della fortuna" e "della felicità". Trattasi di talismani che vengono offerti a prezzi variabili.
La nostra piramide non costa nulla. Non è un oggetto. Non viene né fabbricata né smerciata in alcun luogo. Come già illustrato in NO SMOKE – Le sigarette sono nazi, un piano determinato, una programmazione, necesse per il raggiungimento di uno scopo. Sì, di astrazioni, teorie, proposte ecc. ce ne hanno già inculcate tante, ma è bene (e va tutto a nostro vantaggio) intendere la vita come progetto.
Magari anche come opera d'arte; perché ciò che non può fare la vita, può farlo l'arte, ovvero: realizzare il sogno di un'esistenza piena.
E' bene intendere la vita come una piramide a spicchi da riempire, come una serie di piani da realizzare.
Va tutto a nostro beneficio l'azione; agire. Agire non tanto d'impeto, scagliandoci a testa bassa contro un muro, quanto più usando il metodo "step by step". <<


Questo "manuale" è dello stesso autore di NO SMOKE - Le sigarette sono nazi.



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Il sottotitolo di La vera piramide della felicità è: "Come rendere vincenti le nostre nevrosi".
Ecco due citazioni da questo trattato di filosofia pratica:



"Persuadiamoci che noi possiamo raggiungere qualcosa.
Possiamo raggiungere 'molto'.
E' un'idea che può essere confutata solo mettendola in atto.
Ci affacciamo una prima volta giustamente carichi di scetticismo e anche un po' impauriti, sapendo quanto sia subdola questa nostra società. Gli ostacoli sono già tutti lì, e ci sembrano più infidi che mai. I mulini a vento di Don Chisciotte; ma concreti, e pieni di spuntoni e spigoli affilati. Cominciamo ad affrontarli, uno dopo l'altro... e ci accorgiamo che questa nostra lotta ci dà una maggiore forza, ci infonde coraggio e, sì, un sottile senso di euforia."



"Vogliamo migliorarci? Miriamo a una meta alta, 'de facto' irraggiungibile. Facendo così saremo forse tacciati di utopismo, ma, scalando e scalando, avremo conquistato una posizione in tutti i modi favorevole rispetto a quella che occupiamo oggi. Tradotto in valori di scala sociale: dal punto 0 saremo arrivati forse al 10, al 100. E, anche se il 1000 pare ancora l'Everest, ci ritroveremo meglio situati di quanto non lo fummo all'inizio dell'arrampicata."


giovedì, settembre 26, 2013

A cosa porta essere troppo solitario?

Per la serie: Voi chiedete, io rispondo


Your question:


Sono una persona estremamente solitaria che, ad esempio, non esce con gli amici perché, appunto, non ne ha o che durante l'intervallo a scuola rimane al banco senza far nulla. 

Sono sempre stato solo nella mia vita, non ho mai avuto un amico d'infanzia, un migliore amico o qualcuno con cui stare assieme e condividere qualcosa. Tanto meno una ragazza. Certo, sì, non avrei mai rifiutato la proposta romantica di stare assieme ad una ragazza che mi attira ma nessuna l'ha mai fatto, nessuno s'è mai avvicinato forse per colpa mia principalmente perché do l'aria dello snob ma non lo sono affatto. Sembrerò strano forse. 
Non so capire se così sto bene oppure no, non riesco ad essere aperto e socievole, non è da me.
Comunque ora ho 16 anni ma tutto questo può ripercuotere il mio futuro gravemente, secondo voi?




My answer:

Beh, hai 16 anni, non esageriamo adesso: per me puoi anche benissimo essere normale. Hai letto Il giovane Holden? O visto il film Donnie Darko? Ti faccio questi due esempi che vengono dal mondo dell'arte (e della vita) perché sono gli estremi di un'unica realtà. Chi tu vedi comportarsi "normalmente" è magari invece solo omologato, o troppo codardo per uscire dagli schemi. Chi insiste a stare in gruppo non è necessariamente più "sano" di chi sta solo. La solitudine in fondo può essere anche segno di timidezza; o anche di serietà. Lo "snobbismo" non c'entra per forza.
Le ragazze? Quelle vengono prima o poi, vedrai.

Alquanto strano trovo il fatto della mancanza di un amico d'infanzia. Forse non te ne ricordi bene, ma un amico devi averlo avuto! Comunque, se posso permettermi di citare il mio caso: io il mio migliore amico l'ho conosciuto a 19 anni; quelli che vennero prima erano sì delle buone lenze (come si suol dire), miei alleati (pur se non sempre!), ma più che altro fungevano da compagni di gioco; trattavasi il più delle volte di vicini di casa, figli di genitori "amicati" con i miei...
E la mia prima ragazza "vera" l'ho conosciuta quando avevo 17-18 anni (in precedenza c'erano state storie solo superficiali, anche se io mi sentivo alquanto scombussolato sentimentalmente...).

Tu comincia a relazionarti con gli altri (anche se ti sembra una cosa stupida, piena di gesti e di parole al limite della follia: e difatti lo è!) agendo "step by step".
Io inizierei a valicare questa sorta di muro sociale partendo proprio dalla scuola, e cioè non trascorrendo l'intervallo da solo in classe bensì andando vicino ai compagni, sorridendo rilassato, scambiando con loro qualche frase, ma senza voler essere "comunicativo" a tutti i costi.
(Parole d'ordine: "relax" e "coolness".)

Tu non sei strano: è la vita stessa a esserlo, e "normalità" - lo ribadisco - è un concetto assai astratto, certamente vago; e manipolabile.


domenica, ottobre 14, 2012

Recensione di 'Asini'

C'è chi apparentemente non sa far nulla e magari crede nella dignità del lavoro, e nello stesso tempo c'è chi ti dimostra che anche non far nulla di immediatamente utile può essere... utile.


Asini è carino e pieno di significati, quasi una gemma nel panorama di nuova "commedia all'italiana" davvero desolante - desolante anche ai tempi in cui il film uscì nelle sale (1999).



Un Claudio Bisio in forma smagliante incorpora il quarantenne-o-giù-di-lì semifallito, antieroe di un'Italietta dove chiunque non si dimostri funzionale al sistema viene bollato come "asino" senza dapprima aver indagato su quelli che che possono essere i suoi talenti nascosti, i suoi pregi, le sue apirazioni.

La sceneggiatura è dello stesso Bisio, firmata assieme a Giorgio Teruzzi. E si vede benissimo che l'attore "crede" nella storia: si trova a suo agio, difatti, nei panni del milanese precario e un po' bamboccione che finisce in un convento dopo che la sua squadra di rugby ha deciso di metterlo in panchina per raggiunta anzianità.
Bisio-sceneggiatore manda Italo, il "suo" Italo, in una sperduta comunità romagnola/marchigiana che si è prefissa di aiutare gli "asini" (asini veri, ma anche in senso figurato: i somari dell'esistenza, i semifalliti come lui) a trovare regole di vita. Lo spaesato uomo di metropoli finirà per diventare egli stesso maestro di vita, insegnando ai ragazzini a difendersi dai soprusi... inscenando tra l'altro la danza "Haka Maori" degli All Blacks (la nazionale di rugby neozelandese).

Ma procediamo con ordine.



Padre Anselmo (Renato Carpentieri), aiutato dai due frati Padre Tommaso (Stefano Bicocchi in arte Vito) e Padre Sauro (Bob Messini), sovrintende la strana scuola-albergo di somari, mussi, tovari, bardotti et asini assortiti. Il neoarrivato "supplente di ginnastica", che a Milano ha già abbastanza gatte da pelare, si sente completamente fuori posto; prova comunque un particolare interesse per l'unica donna del luogo: Anna (Giovanna Mezzogiorno), giovane suora laica che studia per diventare veterinaria e che nel convento agisce come una sorta di governante degli asini - quadrupedi e no. Nei bucolici paraggi ogni cosa sembra procedere tranquillamente e fuori del tempo, e pian piano Italo sente di potersi adattare. Ciò che ignora è che il Vaticano ha predisposto la costruzione, nel posto in cui sorge la comunità, di un enorme complesso edilizio chiamato "Città di Dio". L'ambizioso progetto viene gestito da un cardinale (Arnoldo Foà) cui tocca il compito di sfrattare gli "asini" di Padre Anselmo...

La vicenda si concluderà con un lieto fine ovviamente, ma senza sforare nel sentimentalismo gratuito.



Ottima la scelta del regista: Antonello Grimaldi infatti ama, per vocazione naturale (da alcuni definita "celentanesca"), la semplicità; Grimaldi tende ad occuparsi dei fondamentali della vita senza aggravarli di zavorra intellettualistica.

La storia - riportano le cronache - ebbe origine da un viaggio di Bisio in una vallata inglese, dove c'erano tanti asini protetti da una associazione per le adozioni a distanza.

"Nessuno vuole più gli asini" ripete un paio di volte Anna, alias Giovanna Mezzogiorno, nel corso del film.

Beh, che mi prenda un colpo se non è così! Il nome stesso del mio blog vuole essere un segnale di simpatia nei confronti di emarginati, esclusi, ribelli incarcerati... insomma: nei confronti di chi non ha più neanche la libertà di ragliare.

Roberto Nepoti, ne La Repubblica del 13 novembre 1999, scrisse in maniera azzeccata:

"Ciò che distingue Asini dalla maggior parte dei film italiani in circolazione, basati su pretesti o compilation pure e semplici, è il fatto di avere un'idea. Un'idea che può essere condensata un una formula: i buoni devono tirare fuori le unghie. Siamo lontani, però, dal paradosso rosselliniano 'i buoni devono ammazzare i cattivi' (La macchina ammazzacattivi), perché Asini sponsorizza una visione d'impronta new age, sostanzialmente benevola e ottimistica".


Una pellicola analoga ad Asini per tematica (il fallimento sociale, l'alienazione, l'emarginazione), e sempre con Bisio nei panni del protagonista, è stata realizzata nel 2008: Si può fare, per la regia di Giulio Manfredonia. Ma qui penetriamo in sfere più alte...