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sabato, dicembre 25, 2010

"Erano pezzenti prima, sono pezzenti anche ora"

IL CUGINO POVERO


Io Hans Kunze me lo ricordo. Oddio, proprio bene bene no, ma in fondo era mio cugino e ha vissuto sotto il mio tetto per quasi due mesi prima che riuscissi a procurargli un lavoro e un appartamento. L’appartamento era locato nella parte opposta della città: in questo fui assai furbo.
Hans aveva le lacrime agli occhi quando nel marzo 1990 bussò alla mia porta. Era vestito come un pezzente ma la sua faccia era allegra e amava parlare molto. Dopo appena due ore mi sentivo i nervi a pezzi e finii per odiare il suo dialetto, che sulle prime avevo trovato tanto buffo. Mi raccontava di cose che non capivo del tutto e che a dire il vero mi interessavano poco: “Honi” (Honecker, il loro Grande Capo), le riunioni di fabbrica, la Stasi (la polizia segreta), ecc. Nel tentativo - vano - di ammortizzare la sua loquacità, lo portai a spasso con la Mercedes e lo rivestii da capo ai piedi, godendo delle sue esclamazioni di meraviglia per questo nostro bel mondo, tanto ricco di merci, insegne colorate, vetture di tutte le marche, semafori funzionanti e prati curati.
Dopo un paio di giorni ero già stufo di lui e perciò provai un gran sollievo quando potei finalmente scaricarlo.

         
Iniziò a fare l’aiuto-magazziniere in un supermercato e, ogni volta che mi telefonava per lamentarsi del principale e dei colleghi (“Qui è peggio che da noi! Fanno le spie come agenti della Stasi…”), non mi lasciavo sfuggire il piacere sadico di mozzargli la lingua con un: “Benvenuto all’Ovest!”
Volevi il capitalismo? Volevi abbondanza, libertà di muoversi e viaggiare, una televisione con cinquanta canali? Ebbene, tutte queste cose devi imparare a guadagnartele!
Hans Hans Hans… Che ne sapevo io che era un artista! Per me era solo il tipico parente dell’Altra Parte. E ora voi venite qui e mi chiedete di lui, dite che volete scrivere una biografia… Io so solo che aveva un accento della Sassonia da potersi tagliare con il coltello e che era privo di stile, sia nel vestirsi che nel comportarsi. Guidava un Trabant che poi sono riuscito a vendere a un francese in caccia di reperti del Realsozialismus, e un po’ di tedesco come si deve glielo ho insegnato io. Come? Voi dite che è stato un grande scrittore? Non lo so… Ho i miei dubbi, sinceramente. Io so solo che cambiava un posto di lavoro dopo l’altro perché si sentiva sfruttato, preso in giro, e non andava mai d’accordo né con i superiori né con i compagni di reparto…

A questo punto devo aprire una parentesi per rinfrescare la memoria storica di tutti noi.
Il 7 ottobre 1989 la DDR compiva quarant’anni. Circa un mese dopo i cittadini della DDR prendevano d’assalto il Muro e lo scavalcavano, passando da quest’altra parte.


                                     



Noi del “ricco e dorato Ovest” guardavamo lo spettacolo live con stupore misto a sgomento. Certo, anche loro erano tedeschi ed era giusto quindi che ci raggiungessero, visto che ne avevano così tanta voglia. Ma non così numerosi, non tutti in una volta e, per Dio, non a costo dell’annientamento dello Stato comunista, che tipi come me hanno sempre considerato una salutare controparte del nostro sistema economico.
Carovane di Trabant, macchinette costruite nell’Altra Parte, intasarono le nostre autostrade, le strade statali, le provinciali. In ogni singolo Bundesland ai nostri dialetti se ne mescolarono di nuovi che i più giovani di noi non avevano mai sentito.
Questo esercito di parenti poveri era disarmante nel suo ingenuo e incontenibile entusiasmo. D’accordo, si trattava di persone cresciute in condizioni molto particolari, ma venendo qui si aspettavano chissà che cosa!
Prima ancora che i “picchi muraioli”, ovvero i venditori di souvenirs, distruggessero completamente il Muro per smerciante i frammenti più colorati, molti tedeschi della Sassonia, della Turingia, del Brandenburgo ecc. piantarono le tende nei nostri liberi territori, illudendosi di potervi mettere radici.
Se ora li odiamo è anche perché, con la Caduta del Muro, ci è venuta a mancare un’utopia fondamentale. A parte ciò, anche i pesci hanno qualcosa di magico e misterioso, finché non li teniamo tra le mani e scopriamo che puzzano.
D’altro canto, però, noi abbiamo potuto invadere l’Est con i nostri innumerevoli prodotti, che ormai non sapevamo più a chi appioppare. Un sacco di altra gente era lì che aspettava con il becco spalancato, similmente a uccellini che hanno appena spaccato il guscio dell’uovo. Che amara sorpresa che hanno avuto quando gli è caduta addosso una valanga di merda!
Video World, Hair Boutique, McDonald’s… l’omologazione è incominciata fin da subito. Almeno per quanto riguarda le insegne e le cose da bere e da mangiare, li abbiamo occidentalizzati immediatamente. Per il resto, come detto: “mission impossibile”.
Erano pezzenti prima, sono pezzenti anche ora. Solo che oggi almeno vanno in giro vestiti come i nostri poveracci e non come quelli della Bucovina o di Vladivostock!    

Erano dei ritardati dell’Economia, mentre noi avevamo perso di gran lunga ogni traccia di moralità. Abbiamo scaraventato sulle loro teste montagne di cose inutili, ingoiando solo qualcosina dell’immondizia socialista: scorie carbonifere e scarti tessili che una volta andavano a ruba in Bulgaria, in Cecoslovacchia, in Jugoslavia. Lo abbiamo capito sull’istante: “Di questi qui ne facciamo un sol boccone!”
Chi aveva zii e cugini dell’Altra Parte ha dovuto dapprima accoglierli e, dopo tre giorni, spalancare la finestra per fare uscire il cattivo odore. Un mucchio di seccature, come trovargli al più presto un alloggio e un lavoro; insomma: la mia esperienza con Hans è tipica di molti altri tedesco-occidentali.
Avevano tutti imparato una professione a spese dei Rossi. Erano tutti ingegneri e professori, e chi non lo era, sapeva quantomeno montare e smontare aggeggi oppure imbiancare una parete. Purtroppo c’era questo problema della lingua. Con la bocca erano addirittura più imbranati degli stranieri. E, poco dopo la cosiddetta Riunificazione, i loro rampolli hanno preso a bruciare le case dei turchi e ad ammazzare per strada negri e asiatici, che fino ad allora erano stati i nostri fedeli schiavetti. Abbiamo avuto davvero un sacco di grane per colpa loro!
 
No, Hans figli non ne aveva, a quanto ne so. Voi mi dite che non si è mai sposato… Beh, lo ignoravo. I nostri contatti sono andati via via allentandosi, fino a interrompersi del tutto. Ma com’è morto? Ah, crepacuore. Peccato: lui che era sempre così vivace, così entusiasta…! Ma solo nei primi tempi, chiaro. E che libri scriveva? Romanzi? Okay, vi prometto che ne comprerò uno e cercherò di… Come dite? “La più importante voce dell’Unità Tedesca”? Mah, sentite: se proprio vogliamo parlare di “voce”, la sua ce l’ho ancora nelle orecchie e anche dopo tutti questi anni continua a risuonarmi dentro la scatola cranica e vi assicuro che non è affatto una sensazione piacevole. No, non criticate il mio atteggiamento e statemi ad ascoltare! Ora abbiamo la crisi e di chi è la colpa? E’ di chi ha voltato le spalle al comunismo! Stavamo meglio prima, con il presunto nemico dietro l’angolo. Eravamo in competizione con un altro sistema e i politici dovevano dimostrare che il nostro era più umano. Come? No, certo che non sono comunista! Io credevo nel liberalismo. Ma guardate che cosa hanno fatto i padroni del vapore e i loro manager fighetti da quando sono crollate le barriere! E inoltre la Cortina di Ferro serviva per farci sognare. Era come un film in cui ciascuno di noi sapeva di poter entrare in ogni momento, se solo avesse avuto un pizzico di coraggio: un passettino da questa parte all’altra, ed ecco sbocciare una storia d’amore con qualche bella russa o ungherese, che ora invece fanno quasi tutte le puttane da noi. Era come ne La spia che venne dal freddo, se è questo il titolo giusto. Perché tanta ilarità? Sto forse dicendo sciocchezze? Io Hans l’ho aiutato a sistemarsi anche se nessuno mi costringeva a farlo. Tutto il “senso di solidarietà” di cui si faceva un gran parlare io non l’ho mai posseduto. E’ stato Kohl, quel grassone d’un cancelliere, a combinare il pasticcio. Potevano aprire i confini pur mantenendo due Stati differenti, e invece l’ingordigia ci ha fregati, come al solito. Kohl ha incorporato la DDR per aiutare i suoi amici ricchi. Dirò di più: lui, Kohl, in qualche modo era più furfante di Honecker e di tutti gli altri alti funzionari della SED messi insieme… Oh Dio, sto usando la stessa terminologia di Hans… Comunque sia: guardatemi ora! Alla mia età mi ritrovo disoccupato e senza sapere dove andare a sbattere la testa! E di chi è la colpa, se non… ?
Eh? Diritti d’autore? Sì, sono l’unico parente che Hans Kunze aveva, credo. Il copyright sui suoi libri? Davvero? Spetta a me? E questi libri si vendono? Ah, ora che è morto si vendono bene. Capisco. Beh, fortunato non lo è stato mai…
Oh, sicuro: io Hans me lo ricordo, me lo ricordo bene. Un bravissimo ragazzo, con tante, tantissime qualità. Non mi sono mai pentito di avergli dato una mano. Ma… a quanto ammonta la cifra?
(…)
Un ragazzo perbene, anzi perbenissimo, sul serio.






martedì, aprile 03, 2007

'Lo spirito del legno'

E' il metanolo, la droga dei poveri. Un vero e proprio veleno per il corpo umano. E' usanza degli immigrati soprattutto rumeni e polacchi aggiungerlo alle bevande alcoliche (anche al vino). Sembra che la miscela abbia effetti allucinogeni. Non sorprende perciò che il caso della donna rumena che sta morendo a Palermo dopo aver ingerito della grappa sia già il 15° in Sicilia. Solo nei primi tre mesi del 2007 all'Ospedale Civico del capoluogo siculo sono morte tre donne, due delle quali ventenni, per colpa di metanolo contenuto in bevande alcoliche.

L'ultimo episodio si era verificato il 24 marzo, quando un'altra rumena si era sentita male mentre lavorava in casa, nel Trapanese. La figlia ha riferito che poco prima aveva bevuto qualcosa. Ieri al Pronto Soccorso del Buccheri La Ferla di Palermo è arrivata una trentenne (rumena), badante, da tre mesi in Italia. Accusava un forte mal di pancia; ora è in coma. I militari dell'arma hanno sequestrato, in casa sua, bottiglie di alcolici per sottoporle agli esami di laboratorio.

domenica, aprile 01, 2007

Stanco dell'attesa al Pronto Soccorso aggredisce il medico...

... e gli spezza la mano.

E' accaduto a Como. Stanco di attendere al Pronto Soccorso dell'ospedale Sant'Anna di Como dopo che a una prima visita non gli era stato riscontrato nulla di grave, un marocchino di 25 anni ha fatto irruzione in una delle salette attrezzate per le emergenze e ha aggredito un medico in servizio, provocandogli la frattura della mano e la lesione dei tendini con una prognosi di 60 giorni.
Queste le accuse che gli sono costate l'arresto: lesioni aggravate, violenza, resistenza e interruzione di pubblico servizio. Secondo quanto ricostruito dalla polizia, Sabraoui Abdelghani, residenza a Cantù e regolare permesso di soggiorno in tasca, si è presentato al Pronto Soccorso lamentando un dolore a una gamba. È stato visitato dal personale medico, non gli è stato riscontrato nulla di evidente ed è stato invitato ad attendere perché c'erano da esaminare casi più urgenti. Pochi minuti più tardi, stanco di attendere, il giovane ha fatto irruzione nella saletta: gli si è parato davanti il medico che lo ha invitato a uscire, ma Sabraoui, esaperato, lo ha colpito allo stomaco con un pugno e poi alla mano destra, provocandogli una lesione a un dito con interessamento dei tendini.

martedì, febbraio 27, 2007

Maestrina taglia la lingua al piccolo Ahmed

Una "scuola di frontiera" a Milano. Tanti immigrati. Ahmed, sette anni e mezzo, è tra gli scolari più vivaci. Parla troppo. Così la 22enne maestra di sostegno gli dice: "Vieni qui. E' solo un gioco..." Ha nelle mani le forbici. E gli fa un taglio netto sulla lingua. Il piccolo sanguina, lei gli raccomanda: "Non dire alla mamma che sono stata io." Ma sull'ambulanza crolla: "Mi spiace, signora. Non so cosa mi ha preso..."


Il bidello la difende. "Impossibile che abbia perso la pazienza. E' sempre così paziente, così buona... Il piccolo deve essersi tagliato la lingua da solo."


Ad Ahmed 5 punti di sutura e 10 giorni di prognosi. E' scioccato, non riesce a dormire la notte, non vuole più tornare a scuola e fugge quando vede una lama. La ragazza, R.S., era al primo anno di insegnamento e doveva controllare la classe per pochi minuti perché la maestra di ruolo si era brevemente assentata. R.S. è stata licenziata.

giovedì, gennaio 11, 2007

Quando l’ 'Uomo Nero' in realtà è bianco

Subito dopo l’omicidio di Erba fu indicato il marito extracomunitario come colpevole, ora si scopre che a compiere il terribile delitto è stata una coppia di italiani, entrambi di Erba... Strano che non si leggano più sentenze come le leggevamo all’inizio, tra l'altro sul forum del quotidiano Corriere di Como, dove veniva indicato - anche da parte dei giornalisti - il fantomatico "Uomo Nero".

I due arrestati sono lavoratori, non extracomunitari e, meditate gente meditate, pure "cristiani"...


uomo nero che cammina

lunedì, agosto 14, 2006

Romanzo online

Giona come quando.


Forse il nome: questo nome che suscita un'eco biblica, appioppatogli in seguito a una distorsione etimologica allo sportello dell'anagrafe (i suoi genitori avrebbero voluto chiamarlo Gionni) o all'udito precario di un impiegato stressato. Un nome che lui si porta scritto in faccia e per cui viene guardato con sospetto.

Inquisiscono: «Da dove vieni? Provenienza? Nazionalità? Insomma, a quale popolo appartieni?»

Certo, un nome si può sempre cambiare, ma Giona non ha mai voluto farlo. Sa che è perfettamente inutile, con "questo mare gonfio e l'equipaggio pure". Avrebbe potuto confezionarsi una maschera su misura, come tanti altri prima e dopo di lui; ma a che serve? Lo riconoscerebbero comunque: «Giona. Sei tu, vero?»

E’ il suo destino. Quando c’è da buttare uno in mare, l’indice si punta sempre sul mio amico Giona.

Questo nome! Obbligatoriamente, un richiamo freudiano a latere. Madre Hysteria, Sorella Mysteria. L'equazione vagina = pancia di balena è di un'ovvietà tale da strappare un "A-ah!" persino ai profani della psicanalisi.

«Professione? Paese di origine?...»

Uff! E’ lunga, la strada per Tarsis.




[ Inizio di Giona. Un romanzo della Prima Repubblica. Interamente online. ]

mercoledì, giugno 14, 2006

Italia: 2 milioni di disoccupati

Non è cambiato nulla: nel nostro Paese ci sono ancora 2 milioni di senzalavoro. Almeno secondo le cifre ufficiali. Poi c'è anche una disoccupazione "sommersa" che è difficile valutare in cifre...
Inoltre, la crescita dell’occupazione sta frenando: nel 2006 aumenterà dello 0,6% e nel 2007 solo dello 0,4%. Lo rivela l’Employment Outlook dell’Ocse, da cui emerge anche un triste primato: siamo ultimi nell’Ue per l’occupazione femminile. Non solo: il rapporto rivela che oltre ad essere
sotto la media Ocse per l’occupazione, il mercato del lavoro italiano è afflitto anche da disparità regionali.
E in Europa? La disoccupazione è calata troppo poco: sono 34 milioni le persone senza impiego. Per l’Ocse l’unica soluzione è "rimuovere gli ostacoli del mercato del lavoro e intervenire sulle pensioni, eliminando quelle di anzianità".