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sabato, febbraio 09, 2019

Prova d'assaggio - lettura gratis. 'I dolori di Cyberius'

   Prova d'assaggio gratis



I dolori di Cyberius






Take one



Appoggiò i polpastrelli sui tasti che conosceva in ogni incavatura. HAL, a quei tempi ancora un'architettura 486 a 33 MHz e con 240 MB di spazio su disco fisso, troneggiava nell'angolo migliore del suo soggiorno. Pochi ancora possedevano un computer: era un'apparecchiatura troppo costosa e complicata. Anzi, i conoscenti gli domandavano che diavolo ci facesse lui con un aggeggio simile. Era un patito dell'elettronica, vabbe', ma... addirittura un calcolatore? «E che vuoi calcolare tu?» gli rideva in faccia Schmidt, suo vicino di casa.
Con pazienza, spiegava a quell'odioso gnomo e agli altri dileggiatori che non si trattava di fare calcoli. Non precisamente. Raccontava di essere cresciuto in mezzo ai computer o pseudo tali. Nei suoi 17 anni di vita era passato per Vic20, Spectrum, C128, C64, Plus4, Amiga, 386... Per amore dei giochini, sicuro, ma non solo. Era la dedizione al programming, alla sperimentazione, a una creatività allora definibile solo con termini inglesi dal suono futuristico. Le persone non stavano a sentirlo. Non capivano. Si rivelavano ottuse nei confronti di questa specie di febbre delle paludi che prendeva lui e l'insieme degli accoliti quando sedevano davanti alla sfera di cristallo. Sacerdoti di una setta dedita a chissà quali pratiche. Eccoli lì, fusi alla macchina e ai suoi codici. Avevano impiegato poco per entrare in simbiosi con il PC e non lesinavano soldi e tempo per potenziarlo, perfezionarlo, corredandolo di nuovi elementi, schede video e audio... e un modem.
A quell'epoca i modem più veloci erano a 14.400 bit e costavano sui 500 marchi, o 500.000 lire. Internet era ancora di là da venire, ma ci si collegava con le mailbox, che inizialmente funzionavano solo su piattaforma MS-DOS. Serviva una certa competenza tecnica per usare il BBS, cioè il Bulletin Board System. Stiamo parlando degli albori della telematica. I messaggi che ci si scambiava apparivano su schermo nero... Lui era iscritto alla 'Blue Box' gestita dall'amico Richard, che abitava in piena campagna bavarese, in un villaggio di autentici contadini. Richard medesimo era un contadino, ma viveva secondo il motto ''progress oblige!''
Si mandavano dispacci di questo tenore:


Ho smontato il congegno, ho fatto una pulizia accurata, la polvere era =
ovunque, e per quanto concerne la memoria RAM, l'aggiorner=F2 quando i =
prezzi ridiscenderanno. Qu=EC a Trostberg per un SIMM di 8 MB pretendono 200 marchi. Tu sai dove posso trovarne di piu' convenienti? Cmq poi ti =dir=F2, sar=E0 stata la polvere, ma sembra che ora la scatola giri meglio.


Ci volle qualche annetto perché arrivasse il più agevole Win 3.1 di Bill Gates & Co. Per far funzionare bene quell'arcaica versione di Windows era d'obbligo mettere mano al config.sys e all'autoexec.bat... E finalmente arrivò anche in Europa internet, versione pubblica della rete militare statunitense Arpanet. L'unico provider affidabile era quello di Compuserve, con sede nell'Ohio. I primi forum erano tutti in inglese. franc’O doveva allacciarsi a un nodo distante un centinaio di chilometri da Mühlwaldshausen e perciò la sua bolletta telefonica toccava cifre astronomiche. Ma l'avvento del web rappresentò per lui, che era straniero – sia pure allogeno –, il superamento di ogni confine. Era un territorio di caccia, ampio, virtualmente aperto a tutti. Unica prerogativa: la conoscenza dell'inglese. Ma c'era chi, come Richard, ne faceva a meno e andava lo stesso a caccia. A ogni modo, presto la Rete si internazionalizzò e, in un futuro non lontano, persino nanerottoli spirituali del rango di Schmidt si sarebbero vantati di essere provetti ''navigatori''.
Chiuse per qualche secondo gli occhi arrossati, massaggiandosi la mano destra. Il suo musculus palmaris longus era innaturalmente gonfio, e non per l'eccessiva masturbazione. Da fuori provenivano voci in tutti gli idiomi: i bambini che giocavano sotto casa. Il russare che arrivava da un'altra stanza era invece causato da Benno, il suo coinquilino italiano. Benno: un gigantesco insetto; tanto ingombrante quanto puerile.
Con un sospiro rialzò le palpebre e tornò a smanettare spostando il mouse e pigiando sui tasti. Dai due altoparlantini situati ai lati del monitor giunse il brusio della linea. Bit sparsi, caratteri su caratteri su caratteri che probabilmente sarebbero andati a finire su qualche nastro di backup della NSA, per essere conservati qualora contenessero qualcosa di succoso per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti... ''Le mie innocenti paranoie archiviate in un rifugio blindato, con piantoni annoiati e un impiegato all'interno che si prende la briga di passare in rassegna ogni cosa: l'ultimissima copia delle nostre e-mail, dei nostri siti, dei miei posting, che tra cinquant'anni saranno distrutti, perentoriamente cancellati...'' Si rivolse mentalmente a Schmidt: ''Mi chiedevi e mi chiedi perché. Semplice: perché l'informatica è eccitante. C'è sempre qualcosa da risolvere, ci sono continuamente rogne e rognette da grattare...''
Tanto, disse a se stesso, osservando l'immagine di Gina sul desktop, ovvero della sua ex ragazza, che lo aveva mollato poche settimane prima perché si sentiva trascurata, tanto, si disse con lo sconforto cinico, quasi allegro, che caratterizza parecchi diciassettenni, tanto che cosa abbiamo da perdere, se non la vita? E quella è persa comunque.
Voglio – concluse trionfalmente – che questo divenga il mio mestiere!





1


Qui Babilonia, vi parla franc'O'brain. Oggi è – finalmente! – scoppiato il sole, sun, Ra, soleil. Sto a sudare nel mio pullover di lana. E pensare che soltanto fino a dodici ore fa la temperatura si aggirava sui meno tre gradi! Sono solo, solo malgrado la folla di fantasmi tutt'attorno. Sono solo ed è gennaio.
Se l'Italia fu un incubo ben riuscito, la Germania è una fiaba alquanto sbilenca. Ma dove altro poteva quagliare la mia malinconia, se non nel purgatorio di un paese di intese precarie, prati di silenzio e nevi di rimpianto?
Là fuori, ora, boschi gocciolanti. E tu, amore, non qui; o io non lì, da te. Ci resta questo sguardo sghembo sulla retroguardia depressa della natura. Vorremmo andare incontro a quegli alberi... e montiamo sull'automobile che, intirizzita, ci ha attesi dentro il garage. Che disdetta! Tutti vogliono tornare alla natura, ma nessuno a piedi. Le strade, pertanto, non conducono certo a distese verdi.
Ricordo le campagne lunari e lunatiche del Sud, e le brulicanti cittadi... È il Nepal, la mia alma mater.
E tu, Gina, il mezzo di trasmissione per cui riesco ancora a volare.
So di avere le sembianze di un picchiato picchiatore (non ho più vent'anni, del resto: ne ho ventuno) e non poche ragazze, e nemici, fremono all'appressarsi delle mie spalle carnose, dei miei bicipiti di ferro e della mia pancia a barile. Ignorano che, a onta delle apparenze, anch'io necessito di calore, di affetto; come un bimbo. Necessito amore: percettibile, plausibile, più speziato di qualsivoglia pasticcio commestibile. E invece che cosa ho? Che cosa mi rimane?
Mi rimane la tua cartolina dal Portogallo, che mi tocca custodire come un briciolo d'oceano.
Dunque eccomi in auto mentre mi accingo a raggiungere un posto isolato – il buco del culo del mondo. Durante il tragitto (risibile, la cosiddetta carreggiata carreggiabile che si apre davanti al parabrezza: i buchi! i buchi!... Appena stamani, fuori dalla mia tana, ho udito la bambinaglia irridere – me? –: ''Il cu-cu-u-u-lo senza bu-u-uco... hi hi hi!''), spengo l'autoradio e, nel silenzio della meccanica, canticchio una vecchia canzone ispirata al tema dell'Aprés midi d'un faune. Canzone a tratti schioccante, a tratti suasiva e afosa; umido stornello: melodia del bacio. Il bacio della mamma, della prima amata, della prima moglie... La melodia diventa stonata, in sintonia con la condizione del manto stradale (buchi buchi bu'): il bacio alla russa, il bacio a tradimento di una checca (la linguaccia dapprima nell'orecchio e poi in fondo alla gola), il bacio di Giuda, il bacio di cavallo... I miei, di cavalli, muoiono sul limitare di una selva oscura, al cospetto di stalattiti e stalagmiti che rifulgono a un sole sempre più vago.
E adesso? Dovrò davvero scendere e, nudo, privo del rivestimento di latta, proseguire a piedi? Cavallo di San Francesco... Esito. È utopico credere che in questi sperduti paraggi ci si possa imbattere in qualcuno dal quale ricevere soccorso. Ogni cosa tace. E, se riaccendo la radio di bordo, curiosamente mi giungono alle orecchie le voci di fiere straziate, irose e contagiate di mondo, che dimorano nella foresta dei Grimm. No, no. Che ogni cosa rimanga muta. Preferisco il silenzio.
Intanto il sole scompare. E ripiomba l'inverno. Inverno eterno. Per sentirsi veramente un po' di calore sulla pelle, in questa stagione e a questi meridiani occorre entrare in un solarium. Ci si ritrova svestiti nella cabina, sdraiati in un sarcofago, con le lampade a UV che ci bruciano le labbra.
Freddonia. Flash di annichilamento, di sfacelo. Come un brutto videogioco. Molti se ne scappano nella Repubblica Dominicana per segregarsi in hotel-lager edificati da ditte euroamericane a ridosso di lidi prima incontaminati, e in quei bunker di lusso arieggiano i loro prosciuttoni mentre servetti bruni pescano schifezze dall'acqua della piscina. Poi, vestiti nelle uniformi stile "tipo da spiaggia", questi tedescacci (inglesacci, svedesacci, italianacci) marciano sbronzi verso i bordelli dove, per un pugno di dollari, possono sodomizzare fanciulle e fanciulli e corrispettive madri...
Quanta pace tutt'intorno! Uàaaaah! (Sbadiglio.)
Vado. L'azione è molto meglio di un crepare freudiano.
Apro la portiera e scendo. Brrr. (È il vento a farmi tremare.)
Se almeno qui con me ci fosse l'amico Manu Kyohto! Nelle nostre urbi, Manu si muove come un gorilla, impacciato, contorto. Soltanto davanti a un jardin public riesce a trovarsi a suo agio: sale sugli alberi, segue orme di animaletti e si ferma a sniffare sapientemente l'aria – robusti peli protendentisi come antenne sensitive dalle sue nari. A Manu Kyohto piacerebbe questo bosco selvaggio. Lui saprebbe guidarmi per un sentiero a me invisibile attraverso la muraglia di pioppi e abeti rantolanti perché cardiolatenti. Ma forza, forza! Al di là della selva attendono, forse, un'alba o un tramonto liberatori.
Avanzo nella giugla siberiana: pavido, nicotinante relitto, eccitato; rettile birrasciancato. Scivolo su lastre di ghiaccio. Striscio, zampetto; ratto drogato. A ogni secondo sul punto di giravoltarmi e tornare sui miei passi di corsa – le mutande smerdate –, saltando sterpi e inciampando su radici sporgenti.
In qualità di Homo metropolis sono avvezzo a determinati microclimi: il salotto con i suoi schermi e le sue tastiere, le botteghe e gli uffici luminosi, camere da letto con il riscaldamento e/o l'aria condizionata, l'abitacolo dell'automobile con i magici auto(s)parlanti... insomma, le comode nicchie della civiltà. Qua all'opposto c'è un silenzio che ruggisce, un'umidità che corrode. Una selva, appunto. Viva, reale, affatto meccanologica.
Foresta = fiaba. L'equazione si offre spontanea. Mi viene l'idea di una favola "riadattata" al nostro habitat: il Principe Dalle Labbra Di Fuoco (perché ama i cibi piccanti) bacia la Principessa Di Ghiaccio (in tanti l'hanno accusata di essere frigida, finché lei non si è convinta di esserlo). L'ardore del bacio "risveglia" la principessa e la coppia decide di andare in pizzeria. Ma la via è disseminata di ostacoli. Un nano idrocefalo, cattivissimo, perseguita i due incessantemente (hallo, Schmidt!). C'è un ruscello di ammoniaca che loro riescono a guadare cavalcando un sovradimensionale cybercigno... c'è un gufo parlante con un marcapasso d'uranio quale batteria... e altri elementi del genere. Un fantasy attuale.
Affascinante. Annota tutto, e subito!
Mi siedo su un tronco caduto e mi frugo addosso, ma scopro di non avere con me penna e taccuino. Peccato. Un'altra canzone che andrà perduta... Intanto la foresta rinuncia al suo ostinato silenzio e prende a intonare il proprio, di canto. Ogni cosa intorno a me starnazzafrullafrusciastride. Non so se rallegrarmene o se rimpiangere lo strano iato sonoro di poco fa. Poi qualcosa (qualcuno?) strepita nelle mie orecchie. Un urlo come di pazzo o sordomuto che mi raggela definitivamente il sangue. Roteo sul mio asse, le pupille strabuzzate. Finché arguisco che a urlare sono stato io. (Ma chi è, io?) E adesso qualcos'altro mi tallona...
''Raphèl mai amèch zabì almì'' mormoro a mo' di esorcismo, prima di tornare a procedere, perduto, tremante e scacazzante, nella foresta nordica che, impazzita, ride in tutte le lingue e tutti i dialetti dell'Orbe.
 




2


«Maledetto gringo!» mi accoglie Benno. «Dove sei stato?»
Gli passo accanto trattenendo il respiro: lui è il Sultano di Bacteria, non so ogni quanto si lava... se mai decide di farlo.
Ein Italiener. Come me, in qualche modo. Proviene dalla Brianza: un pulènt quindi, mentre mio padre è uomo del Sud. Il mio genitore, sì, è un terrone, se volete. E per riflesso lo sono anch'io. È mia madre che è tedesca, ma il parentume mi giura che ho preso maggiormente da papà.
Benno mi tallona fino all'"angolo soggiorno", che sarebbe la mia stanza.
«Ti devo parlare, señor
«Mmpf.»
«Solo dieci minuti!» implora.
Dieci minuti preziosi della mia vita.
«Occhèi, sputa. Ma presto!»
Lui ride annuendo. Si vede che è compiaciuto. Ha gli occhi stellati per la contentezza.
«Ho conosciuto una squaw...»
Da quando Toni, un emigrato italiano, gli ha regalato la sua enorme collezione di Tex prima di rimpatriare, Benno si esprime come gli eroi di quel celebre fumetto. Il mondo per lui è diventato il Selvaggio West e Kit Carson è il suo Zingarelli o la sua Treccani.
«Uhm» faccio, accendendo la Scatola Magica e buttandomi sulla seggiola girevole. «Bella?»
«Stupenda. Dobbiamo festeggiare! Dove hai nascosto quella bottiglia di bruciagola?»
A casa devo sempre nascondere ogni cosa. Davanti a Benno non si salva nulla. Non ha il minimo senso del risparmio. Forse non si rende conto che siamo praticamente poveri... Inoltre quest'abitazione è, obiettivamente, troppo minuscola per due della nostra stazza.
Mi spiego: l'appartamento – intestato al sottoscritto – è una piccola barca. L'ingresso è a poppa, mentre a prua c'è il cucinino. A dritta (o tribordo, se amate Salgari) sono piazzati il mio letto e quel rottamaio di plastica e metallo che ho assemblato con un lavoro certosino, e a sinistra (babordo) l'apparecchio televisivo e l'impianto stereofonico. Sempre a sinistra, mimetizzata mediante carta da parati, c'è la porticina che introduce al loculo di Benno, uno spazio che, osservato dalla strada, si presenta come un bovindo sulla facciata settentrionale della casa o, per attenersi all'immagine marinaresca, come una scialuppa attaccata allo scafo.
Sciaguratamente, lui nello stanzino non ci rimane quasi mai. Trascorre una cospicua parte del suo Dasein sul ponte del battello, tra tivù e frigorifero...
Certo, oltre al cesso abbiamo un bagno con tanto di vasca, adiacente al suo minivano, ma Benno Bamba sembra misconoscerne l'esistenza.
«Il whisky?» gli dico. «L'ho regalato a Manu quando ha fatto il compleanno.»
«... e bisogna pure comprare qualcosa da mettere sotto i denti, señor» blatera lui insistentemente.
Roteo su me stesso e lo squadro. Ha la faccia butterata e, in generale, la sua figura non è propriamente quella del bamboccio ben nutrito. In effetti non sbaglia quando afferma che dovremmo andare a fare la spesa: aprendo la credenza, ho visto sgusciare fuori un topo con le lacrime agli occhi per la fame. Ma possibile che dobbiamo acquistare tutto con i miei quattrini? Ovvero, con i quattrini che mi mandano i miei?
Torno a rivolgermi al monitor, dove pian piano si sta caricando Windows.
«Corri al Lidl» gli dico con nonchalance. «Prendi anche del pane... e un paio di birre, così brindiamo al tuo incontro con quella... con quella.»
«Corpo di mille bufali, sìiii!» esclama Benno girandosi e correndo via. Sento intanto che si conta gli spiccioli in tasca. «Si chiama Anna» aggiunge gridando. Attende per un po' sulla soglia che io contribuisca all'acquisto di roba mangereccia porgendogli qualche banconota, poi desiste e sbatte la porta, prima di scendere le scale a rompicollo.
Facendo scorrere le dita sul quadrante della tastiera, scuoto la testa. «Anna?» mormoro. «Semmai "Hanna"...» Al pari di molti stranieri, il mio bizzarro coinquilino non fa uso dell'acca aspirata.
Avrà due-tre anni più di me, ma, per quel che riguarda intelligenza e maturità, potrebbe essere il mio fratello minore. Minorato. I suoi genitori lo hanno mandato qui, Oltralpe, nella speranza che si dimentichi dell'eroina e di tutte le altre schifezze che a casa sua si iniettava sniffava fumava e via mastuprando.
Non si può dire che tra noi due corra buon sangue, eppure siamo amici. O meglio: amigos. Difficile da spiegare ma è così. La spesa lui non la fa quasi mai, ma versa abbastanza puntualmente la sua parte di affitto (suo padre è un industriale di medio calibro, a quanto ho capito: il grano, a questi meneghini, non manca...) e il suo apporto è di notevole sollievo sia a me sia soprattutto a mia madre.
Certo che mandarlo in Germania nell'illusione che si allontani dalla droga è quasi un paradosso! Finora comunque lo stratagemma sembra funzionare: a quanto ne so, oggi Benno si fa solo di spinelli e... di Tex.

"Figlio di cento puma! Manigoldo!"
Direi che l'aria puzza di linciaggio.
"Puah! Che postaccio!"
Sgozzavitelli!
Pezzo di carciofo!
"Cameron ha la faccia dello smargiasso."
All'inferno quel demonio!
"Non perdiamoci in piagnistei."
Il ranger non era solo, che il diavolo se lo bruci!


Smetto di pensare all'amico-Bimbo e mi immergo nel mondo virtuale. Che è, in concreto, il mondo vero, e non un universo parallelo come sostengono tanti. Accanto alla tastiera c'è un flacone di aranciata, mezzo vuoto, risalente alla settimana scorsa o a un paio di settimane fa, e briciole di pane costellano la scrivania e gli interstizi degli stessi tasti. Ormai mangio là dove lavoro, con il busto piegato verso i caratteri alfanumerici che ingolfano il terminal. Sono considerevolmente alto per la mia età, uno e ottanta circa, e tanto scaltro da fare movimento a sufficienza ("la pancia non c'è più!"), così evito di diventare come una di quelle enormi palle di grasso che contraddistinguono i maniaci del computer: veri e propri geni, ma agli occhi della gente solo sudici pulcinella con qualche turba psichica.
Apro Netscape, il mio browser di fiducia e, dopo aver dato una scorsa alle news, compio un giro sulla pagina dei link di www.ljubo-love.mk. Mi guardo i videoclip gratuiti: degli "assaggi" per così dire, che dovrebbero invogliare gli erotomani più accaniti (quelli con la carta di credito) a iscriversi e sganciare una o più manciate di dollari al mese.
Già la sola pagina di benvenuto di questi siti assomiglia a una cloaca. Tu clicchi sul primo dei tre o quattro minifilmati e già sai a che tipo di avventura assisterai. E ti poni il dilemma, mentre liberi la verga dalla sua gabbia, di quanti altri, nello stesso istante, si stanno sollazzando guardando il medesimo porno.
Spesso l'eiaculazione arriva prima del culmine filmico. Richiudi la patta, sentendoti buffamente offeso, depredato. Non hai speso un centesimo ma hai perduto di nuovo una breve ma preziosa parte della tua giornata. Per tacere della dignità. Ora che sei più pacato, e più vuoto nel vero senso della parola, ti chiedi, truce, come mai così tante donne (tutte carine) sono disposte a fare... quel che hai visto. Per i dollari? Non soltanto "mature casalinghe vogliose", ma per giunta "appena diciottenni": davvero le donne arrivano ad autodegradarsi in questa maniera per mera pecunia? Oppure ritengono la sessualità un misto di mercimonio e passione sincera?
Ripenso a Gina, l'unica con la quale ho consumato l'atto d'amore. Se oggi avessi almeno lei... Poi provo a immaginare come può essere la "squaw" cui ha accennato Benno. Ma quale ragazza decide di mettersi con un pivello del genere? Ha forse ragione Manu Kyohto nel sostenere che le donne sono tutte puttane? (Lui, Manu, uomo di colore, dice questo perché avrà avuto le sue brave esperienze... o, viceversa, perché ne avrà avute troppo poche.)
Basta rimuginare sul sesso! Cancello i cookies, ovvero le tracce del mio passaggio sulla website erotica, e cerco aria più salubre in un forum sui linguaggi di programmazione, dove i geek prendono in giro i nerd.


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Gina non ha mai compreso il mio attaccamento alla macchina. Inequivocabilmente lo ritiene un legame morboso, pensa che la mia sia una fissazione tipo quella dei malati del gioco d'azzardo o dei depravati che sperperano la vita nelle sale dei video game. Perciò mi ha lasciato.
Una delle nostre ultime discussioni (o forse proprio l'ultima) è stata discretamente accesa.
«Tu non hai un cervello» mi ha detto: «hai un cervello elettronico!»
«L'elettronica è in ogni caso la disciplina che aiuterà l'umanità a guizzare in avanti, a migliorarsi.»
«Lo pensi davvero?» Mi sembra di rivederla, con i capelli sciolti e formosa da inebriare, mentre tende un dito accusatore contro il Personal Computer. «Non ti accorgi di sciupare gli anni? Che mi trascuri per... per questo ammasso di cavi e ferraglia?»
«Questo sarà... anzi, è il mio lavoro! Un giorno fonderò una ditta. Noi freak, come ci chiamate voi, non viviamo solo per il presente. E non pensiamo nemmeno in dimensioni storiche. Noi... almeno quelli che come me hanno delle visioni... agiamo nel rispetto delle prossime due-tre generazioni, ma proiettati ancora più in là. Noi non pensiamo in millenni: pensiamo in eoni
«Ts-ts...»
«...Tutti dicono No nukes!, come i tuoi strani amici...»
«Non toccare i miei amici...»
«… e invece noi puntiamo decisamente sull'energia atomica. Perché un giorno il sole si oscurerà e sarà grazie all'energia atomica che riusciremo a sopravvivere.» Mi sto scaldando oltremodo, ma non posso farci nulla. Mai come adesso ho sentito di avere grandi idee e sono sicuro di stare esprimendole in maniera logica e comprensibile. Sono un profeta della Nuova Era. «No nukes? Our mind works in a different way. Lasceremo questo pianeta a bordo di razzi a fissione nucleare. La Terra, del resto, è solo la prima tappa di un lungo viaggio. E che cosa sono duemila anni? O cinquemila? O diecimila?!»
Gina mi è venuta più vicino. «franc'O, guardami: io non sono un ologramma. Fai un sacco di chiacchiere ma la verità è che non mi prendi più in considerazione. O forse, per davvero, credi che io sia uno di quei giochini, di quei fantasmi o... come dici tu... sprite? franc'O, fammi parlare! Noi non viviamo in un film di fantascienza e la vita non è basata sulla matematica binaria. Le persone non sono come i bit, non sono zero o uno...»
Al più tardi in quell'istante sarei dovuto tornare in me, rinsavire. Avrei dovuto prenderla tra le braccia, portarla fuori a divertirsi. Invece, cocciutamente le ho detto: «Ne parliamo dopo» per rivolgermi di nuovo al monitor.
Gina. Oggi il sole è una fiaccola di cobalto e tu mi corri nelle vene come il coniglietto della Duracell. Ma la tua carne è remota. Sciolta per sempre nell'acido del tempo.




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sabato, giugno 08, 2013

Ecco tre mie novelle...

... (o romanzi brevi; o racconti lunghi...) che val la pena leggere: Dossier Qonk, Hotel Biancaneve, Pac Man.


Durante la Riunificazione delle due Germanie e il Crollo dell'Impero Rosso, un cittadino della DDR ne passa di brutte.



Veniamo al mondo senza sapere dove né come. Poi, sta al mondo doverci accettare...



Conoscete il fenomeno della morte apparente? E' un evento shockante; soprattutto per i redivivi. Pochi lo sanno, ma esistono istituzioni nate appunto per rieducare questi disgraziati "zombi" alla vita sociale. L'Hotel Biancaneve è uno di questi particolari ostelli.

sabato, gennaio 05, 2013

La morte dimora nei paradisi esotici



4 gennaio 2008 - 4 gennaio 2013: nell'arcipelago di Los Roques, in Venezuela, si ripete il dramma a distanza di cinque anni esatti

Scompare un aereo da turismo. Fra i passeggeri, Vittorio Missoni con la moglie e due amici. Il velivolo sparito nel 2008 non venne mai ritrovato...

L'aereo con a bordo il figlio dello stilista Ottavio Missoni era un YV2615 BN-2 che faceva la spola tra le isole di Los Roques e la capitale venezuelana, Caracas. Sei le persone a bordo e tra queste, oltre ai 4 italiani, anche il pilota e il copilota. Il gruppo aveva trascorso Natale e Capodanno nell'arcipelago. L'ultimo contatto del velivolo si è verificato a 10 miglia nautiche da Los Roques.

Il 4 gennaio 2008, lo stesso tratto di mare fu al centro di un'altra misteriosa vicenda: un velivolo di turismo della compagnia Transaven con a bordo otto italiani scomparve mentre era in volo da Caracas in avvicinamento all'arcipelago.


Questa notizia rischia di oscurarne un'altra non meno drammatica: sempre in Venezuela, stavolta a Caracas, un trentunenne abruzzese originario di Villa Sant'Angelo (L'Aquila) è stato assassinato da alcuni malviventi che si sono introdotti nella sua abitazione, probabilmente per compiere un furto, e, trovandolo inaspettatamente in casa, gli hanno sparato. Il suo nome: Carlo Coletti.
Coletti era rimasto solo nell'abitazione mentre la famiglia si era trasferita qualche giorno al mare.
L'uomo era tornato l'estate scorsa in vacanza a Villa Sant'Angelo, dove vivono gli zii, per rivedere i parenti e visitare il paese distrutto dal terremoto del 6 aprile 2009.


Dunque, i paradisi esotici uccidono.

Quella che segue è una rassegna di notizie che riguardano solo gli ultimi anni. Le notizie erano apparse sull'ormai defunto blog Il Prato Nero...

01/10/2006 - Elena Vecoli, la 34enne pordenonese uccisa nella camera d'albergo a Los Roques, in Venezuela, era incinta da almeno due mesi. Questa la rivelazione più recente fatta dagli organi di stampa. Il marito, Riccardo Prescendi, picchiato da un gruppo di uomini, giace ancora su un letto d'ospedale, pur se con ferite non gravi.
  I due si trovavano in luna di miele. Los Roques, "La perla dei Caraibi", fino a qualche giorno fa era ritenuto un luogo sicuro. La coppia vi era giunta il 19 settembre e si era alloggiata nella posada 'La Lagunita', gestita da Andrea Piccinni e Claudia Rosati.
La banda di malviventi è entrata in azione verso le 3 di notte, assalendo, legando e picchiando i due turisti. Elena Vecoli è morta per soffocamento. 
Ieri le autorita' venezuelane hanno fermato tre persone sospettate dell'aggressione e dell'omicidio dell'italiana.
Ancora ignoti i motivi del delitto, ma si pensa a uno scambio di persone. La coppia alloggiava, infatti, nella camera del Piccinni, il proprietario dell'albergo, vittima, nei mesi precedenti, di un'aggressione avvenuta probabilmente a causa di una relazione extraconiugale con una donna del posto.



01/02/2007 -Altro delitto su un'isola da sogno

Michela Aurecchione, 56enne residente nel Varesotto, sposata con un costruttore del Lago Maggiore, è stata trovata riversa nel garage della villa Bacolet Pink House nella zona di Bacolet Garden, nell’isola caraibica di Tobago.
L'uccisione è avvenuta mercoledì 24 mattina: a colpi di machete. La signora è stata decapitata nella villa dove ogni anno trascorreva diversi mesi di mare. L’assassino ha quindi cercato di ammazzare anche la cameriera, unico testimone oculare dell’omicidio. Che però è riuscita a sfuggire, barricandosi in una dependance della casa e più tardi correndo incontro agli agenti in evidente stato di choc.
Michela Aurecchione era abbastanza conosciuta a Tobago: vi trascorreva quattro-cinque mesi ogni anno. La splendida casa era stata acquistata da lei e dal consorte dodici anni fa.

L'aggressore, N’Kosi Neptune, isolano di 26 anni, si è tolto la vita ingerendo qualche veleno. Il ragazzo era un conoscente della signora Aurecchione. Aveva compiuto in passato alcune riparazioni nella villa per poi diventare amico della donna. N'Kosi Neptune e Michela Aurecchione hanno iniziato a litigare. Dalle parole si è passati agli insulti. Poi N’Kosi avrebbe afferrato il machete per colpire e uccidere brutalmente l’italiana. Bisogna ora comprendere quale fossero i motivi del contrasto, anche se la polizia parla di movente passionale.



10/02/2007 - Ennesimo omicidio in un'"oasi da sogno"

Due donne italiane sono state dapprima violentate e poi massacrate a colpi di pietra nell'isola di Sal, nell'arcipelago di Capo Verde, ex colonia portoghese al largo dell'Africa Occidentale. Un'altra ragazza, in vacanza con loro, si è salvata fingendosi morta e raggiungendo poi il villaggio turistico di Santa Maria, da dove è stata portata in ospedale. Arrestati i due assalitori e il loro possibile complice. Il primo è una guida turistica capoverdiana ("Sandro"); gli altri due un nigeriano (dapprima resosi latitante) e una terza persona della quale non sono ancora note le generalità.
I corpi delle due donne, che gli assassini hanno cercato di occultare seppellendoli in una spiaggia, sono stati recuperati nella serata di venerdì. Le vittime sarebbero state identificate in Giulia Busato, 28 anni, di Verona e Dalia Saiani, 33 anni di Ravenna.
Agnese, la diciottenne che è riuscita a sfuggire agli assassini, racconta che il delitto è avvenuto mercoledì sera, quando era stata invitata a cena insieme alle amiche dal giovane capoverdiano.
Erano salite in macchina con lui ma questi, invece di condurle nel luogo stabilito, è andato in un bosco.
 Secondo la ricostruzione di un italiano - Renato Evarchi, agente immobiliare che vive a Capo Verde -, Sandro ha tra i 22 e i 25 anni ed è conosciuto come "persona serissima". Sarebbe rimasto sconvolto per la fine del rapporto con Dalia e avrebbe tentato di tutto per riconquistarla. Dopo il barbaro omicidio, si è ripresentato al lavoro come se nulla fosse.

L'isola di Sal, Capo Verde, è un posto di grande turismo. La tragedia si è verificata a Fontona, zona balneare scarsamente abitata su una costa amata dai surfisti.



06/03/2007 - Turista leccese muore a Cancun. Ve li do io i paradisi esotici!

Un giovane bancario leccese, Simone Renda, di 35 anni, che stava trascorrendo un periodo di vacanza in Messico, è morto in circostanze poco chiare nella cella del commissariato di Cancun, dove era stato rinchiuso per ubriachezza molesta...



10/05/2007 - Chi ha rapito Madeleine?



Sabato prossimo compirà 4 anni. E' sparita sei giorni fa (giovedì) a Praia da Luz, sulla costa meridionale portoghese, paradiso dei turisti ora trasformatosi nell'inferno della famiglia McCann.

Una sera, di ritorno dall'aver cenato a meno di un centinaio di metri dal loro alloggio vacanziero con alcuni amici, Kate e George McCann (entrambi medici, provenienti da Leicester) avevano trovato una finestra forzata: la bambina, rimasta sola con i due fratellini gemelli, non c'era più. Secondo alcuni esperti non sarebbe stata la prima volta che la coppia inglese lasciava soli i figli all'interno del villaggio "Ocean Blue" frequentato da turisti inglesi e irlandesi, e questo potrebbe aver spinto qualcuno a entrare in casa e rapire la piccola.

Nessun riscatto è stato chiesto. La stampa portoghese accusa una rete di pedofili inglesi di aver rapito Madeleine.

 La madre ha lanciato un appello attraverso le tv portoghesi e britanniche chiedendo al presunto rapitore di ridarle la figlia e di "non farle del male". Ieri anche Cristiano Ronaldo, calciatore portoghese in forza al Manchester United, ha rivolto un appello per trovare la bambina. "Per favore, se qualcuno ha delle informazioni parli. È importante per tutti noi" ha detto in inglese e portoghese l'attaccante lusitano davanti alle telecamere dell'emittente della sua squadra.

Il quotidiano Publico di Lisbona ha citato anonime fonti della polizia secondo cui sia gli inquirenti portoghesi che quelli di Londra, sopraggiunti per aiutare nelle indagini, stanno seguendo la pista di una rete di pedofili britannici con ramificazioni internazionali. Publico ha scritto che l'identikit mostrerebbe un individuo di pelle scura, capelli neri pettinati all'indietro, di statura media e fra i 35 e 40 anni, che la settimana precedente era stato visto fotografare bambini a Sagres, un porto nella zona dove è scomparsa Madeleine. Un altro giornale, il Correio da Manha, propone la stessa ipotesi precisando che Madeleine potrebbe essere stata rapita "per incarico" di una rete di pedofili.

Le ricerche continuano. Sono oltre 200 gli agenti di polizia, più vigili del fuoco, uomini del servizio di emergenza e della guardia costiera, e inoltre alcune decine di volontari civili, impegnati nelle battute, con l'appoggio di cani ed elicotteri, in un raggio di più di 15 chilometri da Praia da Luz.



15/08/2008 -Ancora strage di turisti in un paradiso a pagamento


Dopo le tre italiane morte in un incidente stradale in Tunisia, è di nuovo tragedia in un'"oasi per turisti". Nella Repubblica Dominicana, uno scontro tra due autobus ha provocato la morte di 20 persone, di cui 6 italiani; 3 altri nostri connazionali sono gravemente feriti.

 L'incidente è avvenuto nei pressi della città La Romana, circa 130 chilometri dalla capitale Santo Domingo. Altre fonti del posto riferiscono di 23 morti, tra cui 9 italiani. Il Ministero degli Esteri italiano ha riferito di essersi attivato inviando sul posto personale dell’ambasciata.



12/02/2009 - Incidenti stradali in Australia e Perù: muoiono sei italiani

Tre turisti italiani sono morti tra le fiamme in un incidente stradale avvenuto in Australia, mentre altri tre connazionali sono rimasti vittime, in Perù, di un incidente che ha provocato la morte di 21 persone e il ferimento di altre 79.
 

Australia: nell'incidente avvenuto intorno alle 15, ore locali, a 55 chilometri a sud della cittadina di Mackay (presso Brisbane), sono deceduti: Lorenzo Ferrarini, 28 anni, di Reggio Emilia; Tatiana Corsari, 23 anni, e Stefania Capussela, di 24, entrambe residenti a Udine.
E' rimasta gravemente ferita Carlotta Bettini, ricoverata nell'ospedale di Mackay. La 26enne abita a Reggio Emilia ma è originaria di Rovereto.

Nel sud del Perù, scontro frontale tra un camion e due autobus lungo una strada che collega le città di Arequipa, Cuzco e Puno. Tra i 21 morti ci sono le sorelle altoatesine Barbara ed Esther Baumgartner (di 20 e di 22 anni), ed Helmuth Fink (29 anni). 



Branco di cani-killer aggredisce turista tedesca

17/03/2009 -Una torma di cani randagi ha assalito una turista tedesca di 24 anni sul lungomare di Scicli, in provincia di Ragusa. Gravemente ferita per i morsi al volto, alle braccia e alle gambe, la malcapitata ragazza è stata trasportata d'urgenza con un elicottero all'ospedale di Catania.

E' stato un gruppo di abitanti della zona a mettere in fuga le bestie. "Altrimenti l'avrebbero sbranata" ha dichiarato un testimone. "Erano una dozzina, di taglia medio-piccola ma molto aggressivi".

 E si infittiscono le critiche all'amministrazione locale. Questi cani facevano parte dello stesso branco (circa cinquanta di numero) che domenica ha ucciso il piccolo Giuseppe Brafa di Modica, di soli dieci anni, dopo aver ferito un passante quarantenne e un altro bambino.

L'uomo che "custodiva" gli animali senza dar loro da mangiare è stato arrestato nella stessa giornata di domenica, ma ci si chiede come mai non tutti "i cani-killer di Scicli" siano stati ancora catturati o abbattuti.

La notizia ha già fatto il giro del mondo e sta gettando ennesime tetre ombre sulla Sicilia e sull'Italia intera, che già non godevano di buona fama.



Italiano in vacanza in Brasile ucciso con 4 revolverate
 

27/11/2010 - La polizia brasiliana sta indagando sull'omicidio del turista bergamasco Roberto Puppo, assassinato mercoledì ad Alagoas. Il crimine ha acquisito una dimensione internazionale anche grazie alle sollecitazioni del consolato italiano: da qui l'intervento dei reparti investigativi speciali.

Quella di Puppo sembra essere stata una vera e propria esecuzione: secondo un funzionario di polizia della Questura di Maceio, il punto in cui è stato trovato il corpo - lungo la BR 424, nella città di Satuba, a 22 km dalla capitale - conferma questa tesi. "Non credo" dice il poliziotto, "che l'indagine dovrebbe seguire l'ipotesi del furto. La posizione del cadavere e il luogo fuori mano dimostrano che è stato giustiziato".

Roberto Puppo è stato ucciso con quattro colpi di pistola. I proiettili hanno colpito il mento, il braccio e il torace. Il bergamasco, secondo le indagini, sarebbe dovuto partire per il rientro in Italia ieri, venerdì 26 novembre.

domenica, settembre 30, 2012

Recensione di 'Waterworld'

(USA, 1995)

 
Un film che vedo solo ora (sì, per la prima volta!) e che mi fa comprendere in che modo la propaganda può aiutare una pellicola ma anche rovinarla, facendola fallire al botteghino. Waterworld, prodotto dalla Universal, subì le angherie della critica e anche di gran parte di pubblico (quello che non ama molto la fantascienza, evidentemente) e ciò segnò la fine del connubio artistico tra Kevin Costner e il regista Kevin Reynolds. Quest'ultimo (Balla coi lupi, Robin Hood) ebbe vita tutt'altro che facile a dover realizzare una megaopera cacotopica - tipo Mad Max - ambientata unicamente sull'acqua, e, com'era prevedibile, dovette forare (anzi: straforare) il budget. Qualcuno ha fatto i calcoli: Waterworld arrivò a costare, in totale, circa 3 milioni di dollari per ogni minuto di pellicola - e i minuti sono ben 135...
Una maledizione sembrò gravare sulle riprese, che vennero flagellate da tifoni (si girò alle Hawaii) e da una sequela di incidenti alle comparse; diversi set da migliaia di tonnellate d'acciaio sprofondarono nel mare... ;e la superstar Costner si lasciò andare ad assurdi quanto costosi capricci erotico-sentimentali. Tutto ciò ce lo comunicano i diligenti recensori italiani e no, i quali sembrano spiarsi e copiarsi l'un l'altro. Il problema è che il film in sé, quale puro spettacolo d'intrattenimento, è semplicemente geniale. I sopravvissuti dell'immane catastrofe ecologica (per chi non lo sapesse: siamo nel 2050 o giù di lì e i ghiacci dei poli si sono liquefatti) possono tenersi a galla solo tramite conoscenze nautiche nonché di elettromeccanica e idraulica applicate. I congegni da loro ripescati/reinventati sono fantasiosi almeno quanto quelli visti in Wild Wild West (altro kolossal incomprensibilmente stracciato dalla critica)...  
 
  

La storia:
L'intero pianeta Terra è stato sommerso dalle acque. Kevin Costner è Mariner, mutante palmipede e con le branchie che vive su un catamarano di propria costruzione. Il suo nemico per la pelle è Denis Hopper, capo degli "Smokers", che sono una specie di operai metallurgici-terroristi la cui base è il relitto di una petroliera. Altri gruppi di sopravvissuti vivono invece su atolli improvvisati. Ovviamente, ogni cosa, al di sopra del blu oceano, è sporco, rappezzato. Inoltre, come si può facilmente pensare, il lusso più grande è l'acqua potabile. In questa costellazione disperata, tutti quanti sognano "Dryland", la "terra asciutta". Ma dove si trova? E, soprattutto: come poterla raggiungere?
L'ubicazione approssimativa di quel leggendario rimasuglio di terra firma è tatuato sulla schiena di una bambina (Tina Majorino), la quale si ritrova così a essere una sorta di mappa vivente contesa da più parti. In quanto al modo in cui appressarsi a Dryland, no problem: i nostri eroi voleranno alla fine su un rudimentale mongolfiera... e noi scopriremo che l'ultima spiaggia dell'umanità è costituita dalle cime montuose della Svizzera.
 

 Dennis Hopper
 
Certo, nel film un paio di momenti sciocchi ci sono, e anche diverse incoerenze della sceneggiatura (il copione è stato scritto e riscritto dozzine di volte), ma non bisogna perdere di vista la natura delle cose e tenere in mente che abbiamo a che fare solo con un fumettone di lusso. Dalla visione di Waterworld ci resta quantomeno una speranza, e cioè che anche in un'era post-apocalittica ci si possa imbattere in donne appetibili come Helen, alias Jeanne Tripplehorn.
 
 
Regia: Kevin Reynolds
Con: Kevin Costner, Jeanne Tripplehorn, Dennis Hopper, Tina Majorino, Jack Black, R.D. Call, David Finnegan, John Fleck, Neil Giuntoli, Michael Jeter, Robert A. Silverman, etc.



 
Uno dei rari commenti positivi in Italia:
"(...) Il "flop" annunciato della coppia Kevin Costner-Kevin Reynolds è una sorpresa: discontinuo, non di rado inutile, un po' demenziale, ma con sprazzi di grande cinema (...)". (Roberto Nepoti da Rivista del Cinematografo)
 
DVD su Amazon.it

 

sabato, giugno 02, 2007

Città dell'Alfabeto

"Vidi una scrivania a vetro, due sedie girevoli, una libreria in legno. Gli scaffali della libreria si piegavano sotto il peso di volumi rilegati. Alla mia immaginazione apparve una Parigi moribonda assalita dalle termiti, i buchi nei libri della Sorbonne, boulevards con gli alberi infestati... In questa nicchia del Primo Mondo la letteratura aveva trovato salvezza.
Accarezzai con lo sguardo decine di titoli finché gli occhi non mi si appannarono. Amaramente pensai a quante e quali vie avevano percorso queste opere, prima di finire nelle mani errate. Mi volsi via con astio e livore.
Come il lettore avrà capito dal canone lessicale di questa cronaca, almeno ai libri non avrei dovuto rinunciare. Ho (ri)formato il linguaggio del mio spirito metabolizzando stile ed estetica di autori delle epoche più svariate. Non solo romanzi: articoli, saggi critici, opuscoli, pamphlets, racconti, manuali, trattati, monografie... Nei libri io finirò per bruciarmi e annegare..."




Hardcover, 122 pagg, formato 15x23 cm. Prezzo: €16.00
Download eBook (.pdf): €2.50

"... se questo romanzo di Peter Patti venisse reso cinematograficamente ad es. da una Troma Co., quella che ha prodotto l’Uomo Tossico per intenderci, sarebbe il più grande tecno-trash del mondo." (Stefano Donno)


Nel mondo odierno, superbia, invidia e avarizia sono le tre fiamme che tengono accesi i cuori. Ciò vale tanto più nel futuro prossimo venturo descritto in questo romanzo, in cui gran parte della popolazione vive per strada, l'acqua è un miraggio e fioriscono traffici come quello degli organi umani. Alvo, l'io-narrante, vive nella megalopoli mondiale per eccellenza. Alphabet City è una piovra di cemento che si estende per buona parte dell'East Coast di quelli che una volta furono gli Stati Uniti d'America: una bolgia di desperados, ratti, avvoltoi e cani rabbiosi sui quali grava l'ombra cupa della multinazionale che detiene il potere politico.
Il protagonista riesce a sopravvivere solo perché sostenuto da un'idea fissa: ritrovare un suo amore di gioventù. Vuole inoltre scoprire cosa accadde veramente a suo fratello, scalzare dal suo trono il misterioso Mister Info e riuscire a compiere la più estrema delle imprese: scappare dalla megalopoli e incominciare una nuova vita, una vita vera, nell'hinterland, al di là delle Paludi del Non-Tempo e del Mare della Putrefazione.



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